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Autore: ___Lilith    30/11/2014    6 recensioni
Marco è un ragazzo solo, emarginato dalla società a causa della sua sessualità.
È il giorno del suo diciottesimo compleanno, a Natale, quando incontra Michael. Il mondo gli sembra diventare improvvisamente un posto migliore.
Qualcosa di quel ricciolino lo colpisce subito. Sembra triste e solo, proprio come lui...
Dal Prologo:
Ed ora si ritrovava da solo. L'unica compagnia che aveva era quella sigaretta, ormai quasi mezza bruciata, che possedeva il magico potere di alleviare un po' il suo dolore.
Fece un respiro profondo, inalando tutto quel fumo tossico che creava una bolla irrespirabile intorno a lui. Solo così riusciva a sentirsi meglio.
Un fruscio, un lieve spostamento d'aria intorno a lui, attirò la sua attenzione. Voltò lievemente la testa di lato e quasi sobbalzò quando notò che una figura snella e riccioluta si era seduta accanto a lui.
Se ne stava immobile, con una bottiglietta di birra nella mano destra e il resto della confezione nella sinistra. Nella penobra riuscì a intercettare lo sguardo del ragazzo. Era puntato verso il nulla, su un punto imprecisato davanti a loro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo.





Marco sorrideva sornione mentre il suo sguardo era attratto da quello che il piccolo oblò gli mostrava. Sembrava non aver mai visto nulla di così bello, un bambino che apriva gli occhi per la prima volta. E Michael sorrideva guardando lui sorridere.
Era da un bel po' che il riccio non lo faceva, le sue labbra erano rimaste statiche in un'espressione cupa, triste. Ma ora finalmente tornavano ad allargarsi e a mostrare al mondo i suoi grossi dentoni. Stava rinascendo pian piano.
Michael si spostò lungo il sediolino, finendo ancora più vicino a lui e, approfittando della sua distruzione, lo intrappolò in un ferreo abbraccio, lasciandogli poi un piccolo bacetto sulla guancia. Il leggero strato di barbetta che ricopriva il suo viso gli punzecchiò le labbra.
Il sorriso che Marco aveva dipinto sul faccino gli si allargò ancora di più e, voltando il capo leggermente verso Michael, lasciò che i loro sguardi si scontrassero. In quel momento l'impietrito cuore di Michael tornò a battere.
«Tuoi occhi è bellissimi» gli disse. E non mentiva affatto, quegli infiniti pozzi color cioccolato erano così srabondanti di amore che Michael non avrebbe desiderato altro che poter rimanere incastrato in quello sguardo per il resto della sua vita.
«Sarà la centesima volta che me lo ripeti da quando sono 'tornato'» sbuffò Marco.
Michael scrollò le spalle. «Mi è mancati tanto e io non vuole più farne a meno.»
Sulle labbra di Marco il sorriso gli si affievolì un po'. «Mi dispiace» parlò come se lui fosse il colpevole e non la vittima, «prometto che starò più attento quando attraverserò la strada e che dei miei occhi non dovrai più farne a meno.»
«È una promessa» sottolineò Michael, «E le promesse sono fatte per essere mantenute.»
«Certo, amore» avvicinò le labbra a quelle di Michael. L'impatto tra le loro bocche fu fatale. Si scontrarono prima l'una con l'altra, per poi finire col mescolarsi e fondersi insieme.
Dolci, calde, morbide... Assaggiare le labbra di Marco era sempre così bello. Se Michael non voleva vedere altro che i suoi occhi, allo stesso modo non voleva gustare altro che la bocca del ragazzino.
«Ti amo» sussurrò ragazzo e il fiato solleticò le labbra di Michael. In quel momento fu proprio come rinascere. Il cuore aveva ricominciato a voler sfracassare la gabbia toracica e lo stomaco aveva preso a contorcersi su se stesso.
Ora che Marco era tornato a poter guardare la luce del sole, Michael stava pian piano uscendo da quello stato di morto vivente nel quale aveva rischiato di inabissarsi.
«Me too» rispose. Marco ridacchiò e fece una smorfia contrariata con il volto.
«Non parlarmi in inglese» lo canzonò, «lo sai che non lo capisco per niente.»
«Dovreste iniziare ad imparare. Tra poco noi è a Londra.»
Marco annuì e Michael, sorridendo, gli prese il piccolo faccino tra le mani, riattirandolo sulle sue labbra.

Una ventina di baci dopo, una voce metallica proveniente dagli altoparlanti aveva avvisato i viaggiatori che l'aereo stava per atterrare.
Quando l'impatto col suolo avvenne, i due scesero dall'aereo, andando a recuperare i loro bagagli.
Michael si offrì di prendere anche quelli di Marco che, dopo aver opposto non poca resistenza, glieli lasciò. Michael sosteneva che il ragazzino fosse ancora debole e non voleva farlo sforzare. In fondo, si era risvegliato solo da qualche settimana.
Fuori il tempo non era per nulla sereno. I soliti nuvoloni grigi ricoprivano il cielo e una pioggerella scaltra si abbatteva al suolo.
Si ripararono sotto una piccola sporgenza appena fuori dall'aeroporto, in attesa che qualche taxi passasse e li portasse all'appartamento di Michael.
«Come si dice pioggia?» gli chiese Marco, osservando l'acqua aumentare minuto dopo minuto intensità.
«Rain» rispose Michael, sfoggiando il suo perfetto accento anglicano.
«Rain» ripeté il ragazzino, battendo le mani, «la mia prima parola in inglese, mi piace.»
Non passò molto prima che un taxi si accorgesse della loro presenza e, dopo aver caricato i bagagli ed essersi infilati il più velocemente possibile nella vettura, partirono in direzione di quello che sarebbe stato il loro nuovo nido d'amore.
Marco si perse nuovamente ad osservare il mondo all'esterno. I suoi occhi sembravano catturati dal paesaggio che, nonostante fosse offuscato dallo scrosciare della pioggia, era comunque chiaramente visibile.
«Londra è... È...» blaterò il ragazzino con la faccia praticamente schiacciata contro il vetro.
«Wonderful?!» gli suggerì il riccio.
«Beh.. Sì, quello che hai detto tu.. Qualsiasi cosa voglia dire.»
Era tutto esattamente come Michael aveva sempre sognato. Persino quel temporale e i lampi che squarciavano il cielo non facevano altro che rendere il suo sogno sempre più meraviglioso. In fondo, la pioggia aveva accompagnato la loro storia sin dall'inizio, era stata una sottospecie di cupido. Solo che, al posto delle frecce, erano state pesanti gocce d'acqua a colpirli.
Il taxi si fermò davanti ad una casetta modesta, né troppo lussuosa, né troppo piccola. Graziosa, con un cancelletto in ferro battuto e un piccolo giardino che appariva un po' abbandonato. Ma era normale, Michael aveva lasciato incustodita quella casa per quasi un anno.
Scesero dall'auto. Da perfetti idioti, avevano dimenticato di portare degli ombrelli. L'acqua si accanì su di loro.
Michael aprì con una chiave il cancelletto, che cigolò mentre la porta si spalancava. Corsero lungo il breve viale e raggiunsero l'entrata. Il riccio aprì anche quella e insieme fecero il loro ingresso in quella casa.
Erano fradici e il pavimento color rosa antico sotto di loro si impregnò d'acqua al loro passaggio.
«È davvero molto bella» disse il ragazzino, girando su se stesso per avere una panoramica completa della casa.
«Mai bella quanto te, amore» Michael gli cinse il bacino con le braccia e attirò quell'esile corpo a sé, facendolo scontrare col suo petto.
«Dobbiamo recuperare un bel po' di tempo che noi ha perduto» gli sussurrò. Il viso di Michael s'intrufolò nell'incanvo tra il collo e la spalla del ragazzo e gli lasciò un dolce e tenero bacio sulla morbida pelle. Inspirò a fondo il suo odore. Quel giorno profumava della pioggia che s'era abbattuta su di lui e aveva impregnato il corpo di Marco del suo profumo. Un aroma che gli si addiceva alla perfezione.
E quello era l'unico odore che il suo naso avrebbe mai voluto annusare.
«Mh...» Marco sorrise, «e come avresti intenzione di recuperare questo tempo?!»
«Oh, adesso io ti fa vedere come.»
Un braccio del riccio si strinse intorno alla vita di Marco, mentre l'altro si posizionò all'altezza delle sue ginocchia, che, facendo un po' di pressione, si lasciarono andare alla presa di Michael. Sollevò il suo corpo senza sforzo, quasi come pesasse meno di una piuma. Il ragazzino scalciò e lanciò un urletto stridulo, alimentando la ridarella del riccio che già aveva cominciato a farsi sentire da qualche secondo.
Di fronte a lui si ergeva una breve rampa di scale che portava al piano di sopra, dove vi erano due camere e un bagno. Divorò il piccoli gradini in un lampo ed entrò nella prima stanza che gli si parò davanti. Era la camera di Michael e nel suo mezzo splendeva un enorme lettone a due piazze.
Gettò Marco sul materasso, che ricadde di schiena a peso morto, dopodiché gli saltò letteralmente addosso.
«Io vuole recuperarlo così» con fare malizioso gli passò un dito sul bordo della camicia che indossava e ne slacciò il primo bottone. «E poi...» gli stampò un bacio là dove il prezzo di stoffa aveva lasciato scoperto un lembo di pelle, «noi deve inaugurare il nuovo letto...»
«Oh...» Marco si morse con fare sensuale il labbruccio inferiore, «Credo che farò molti corsi di recupero.»
Eccola, Michael la sentiva. La vita stava tornando a scorrere nelle sue vene. Marco se l'era portata via e ora lui stesso gliela stava ridonando. E sensazione più bella non poteva esserci di quella che il ricciolino provò quando pian piano ogni sensazione dentro di sé riaffiorò.
Gli posò una mano sul petto e cominciò a farla vagare sotto la camicia ancora mezza abbottonata del ragazzo.
E così come altra cosa all'infuori di lui non avrebbe voluto guardare, come altra cosa all'infuori delle sue labbra non avrebbe voluto assaggiare e altra cosa all'infuori del suo profumo non avrebbe voluto respirare, anche per le sue mani vigeva la stessa regola... Altra cosa all'infuori del suo corpo non avrebbe voluto toccare.

«Michael...» un sussurro dolce e lieve arrivò alle sue orecchie, «Michael, svegliati» ma la voce non era affatto quella di Marco. Era una voce femminile, un po' roca, di una donna anziana. E decisamente quello non era il suono che Michael avrebbe voluto sentire.
Si svegliò spalancando le palpebre. «Marco?!» Si guardò intorno, spaesato.
«Lui dorme ancora.» Era la madre di Marco quella che gli stava parlando.
«No... Lui non...» cercò di dire, ma il suo sguardo ricadde sull'ancora immobile corpo di Marco disteso su quel lurido lettino d'ospedale.
«Ma... Marco era sveglio...» blaterò, sentendosi pian piano il cuore spegnersi così come si era riacceso, «Io l'ho visto... Era...»
«Era un sogno, Michael» ecco che la vita tornava a prosciugarsi, «solo un meraviglioso e bellissimo sogno.»
Si alzò dalla sedia sulla quale si era addormentato con una tale violenza che quest'ultima ricadde all'indietro, schiantandosi col freddo e nudo pavimento.
Di fronte a lui c'era una piccola e buia finestra. Nel vetro Michael riusciva a vedere il suo viso riflesso... Pioveva.





#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Beh, finalmente l'ultimo. Vi siete liberati di me.
E, ovviamente, mica la vostra Lady Malvagità poteva lasciarvi con un "Happy Ending"?! No, non poteva.
È nella mia natura, mi dispiace. xDD
Arrivata a questo punto non mi resta che ringraziarvi.. Senza di voi questa piccola Lady Malvagità non sarebbe nulla.
Vi amo. ❤
A presto (spero) :*
Un bacio, _Lollipop_96
  
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