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Autore: Dreamhunter    25/11/2008    1 recensioni
Un au giallo rosa, con i personaggi tutti in versione umana (ma il più possibile in character). Sexy, divertente, avventuroso (almeno spero).
Genere: Romantico, Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angel, Winifred Burkle
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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*CAPITOLO UNDICI*

Che razza di giornata, pensò Lorne... Più proseguiva, più si movimentava. Proprio mentre passeggiava tra le sue preziose rose era scoppiato un violento temporale e insieme ai fulmini erano giunte visite non del tutto inattese. Così ora, nell'atrio principale della villa, c'erano due agenti dell'FBI e un ispettore di Scotland Yard, accompagnati dal sovrintendente Duprez, della polizia di Parigi. Tutti con le scarpe fradice e infangate.
Una visita di cortesia, per carità. Con le conoscenze che aveva nei piani alti, nessuno in città si sarebbe mai sognato di firmare un mandato di perquisizione per Chateau Caritas, però era ugualmente seccante.
Se non altro l'agente donna era una bella creatura...
“Sovrintendente...”, li accolse gioviale. “Cosa posso fare per lei e questi signori? Gradite qualcosa di caldo? La temperatura si è abbassata...”.
“No, grazie, non occorre”, rifiutò con un sorriso Duprez, che probabilmente si era comprato quel bel completo firmato con la gratifica che Lorne gli aveva offerto il Natale precedente. “Le ruberemo solo pochi istanti. I miei colleghi dall'Inghilterra e l'America sono sulle tracce di un pericoloso criminale internazionale...”.
“Uh, nientemeno...”, commentò Lorne ostentando meraviglia.
La federale sorrise. Il suo compagno dagli occhi sfacciatamente blu lo squadrò con strafottenza. L'inglese forse non colse il tono ironico. Dei tre sembrava il più coinvolto nell'indagine. I suoi occhiali dalla montatura di metallo erano appannati dal vapore della pioggia.
“Si tratta di un killer professionista. Un assassino senza scrupoli”, precisò l'uomo.
“Comprendo ma...”. Lorne esibì un'espressione di assoluto candore. “... perché lo state dicendo a me?”.
“Il killer ha rapito una donna”, gli rispose il giovane federale, fissandolo. “E alcune fonti ci confermano che lei sta ospitando un uomo ed una ragazza, giunti qui proprio nei giorni successivi al rapimento”.
“E' vero. Ospito un uomo ed una ragazza”, ammise sereno Lorne. “Come immagino, statisticamente, stia accadendo in molti luoghi d'Europa... Comunque, considerando che probabilmente voi avrete degli identikit delle due persone che cercate, vi posso presentare i miei amici. Sono persone molto affabili. Saranno certamente lieti di collaborare...”.
Duprez annuì compiaciuto. Gli altri tre si scambiarono delle occhiate sospettose e seguirono Lorne sino ad uno dei salotti del piano terra.
Ammiccando lui bussò. “Sapete... sono sposati da poco...”.
E infatti, quando aprì la porta, la coppia sul divano sobbalzò.
Lei, una brunetta vistosa, con una scollatura mozzafiato, sedeva in braccio all'uomo, un tipo vestito di pelle, con un volto scolpito dagli zigomi alti e arroganti e i capelli biondo platino. Le stava accarezzando una coscia.
“Ehi... cosa...”, protestarono all'unisono.
“Scusatemi, ragazzi”, iniziò a dire Lorne. “Ma è che...”.
“Lasci stare”, lo interruppe l'ispettore dello Yard, una nota rassegnata nella voce. “Non sono loro”.
“Se preferite posso anche farvi il giro dell'intera villa... Vi assicuro che questi sono i miei unici ospiti”, precisò Lorne e al contempo richiuse la porta, con un cenno malizioso agli sposini avvinghiati.
“Non serve”, tagliò corto l'agente dell'FBI. “L'avevo detto che avremmo perso tempo”. E pronunciando quelle parole astiose guardò tracotante l'inglese.
Mmm... qualche attrito tra sbirri, eh?
Il giovanotto americano dallo sguardo di ghiaccio azzurro doveva essere Mc Donald, quello di cui gli aveva parlato Angelus. Lorne lo studiò di sottecchi. Aveva intuito, sapeva leggere le persone e, che Dio lo fulminasse, quel ragazzo aveva un'anima nero catrame. L'oscurità traboccava da lui. Accidenti... Come se Angelito non avesse già abbastanza barracuda alle calcagna...


Dal divano li sentirono parlare e allontanarsi verso l'ingresso.
Faith sbuffò. “Fammi subito scendere”.
Spike non si mosse. Con la mano le indugiò sulla coscia. “Perché? Hai paura di eccitarti troppo?”.
Sdegnata, lei scivolò via dalle sue ginocchia. “Non mi eccito per così poco”.
Lui s'imbronciò.”Non ho avuto tempo di fare qualcos'altro...”.
“Oh, per favore”, sogghignò lei.”E' così che tenti di avere una vita sessuale? Rubando le battute ai film? E c'è qualche femmina così stupida da bersele?”.
Con un lampo di sfida negli occhi, Spike appoggiò un gomito allo schienale del divano e la scrutò. “E tu fai questo, invece? Giochi alla donna che non deve chiedere mai?”.
“Sicuramente non ho nulla da chiedere a uno come te”, ritorse Faith, incrociando le braccia sul seno rigoglioso. Nella mente di Spike si formò l'immagine di due arance mature e succose... Lui andava pazzo per le arance... Ma la grinta di quella ragazzina arrabbiata gli fece passare l'appetito: poteva scommettere che tutto in lei doveva avere un sapore acido.
“E' una fortuna, gattina. Qualsiasi cosa mi chiedessi... non te la darei”.
Si alzò, impedendole di proseguire la battaglia verbale. Andò ad una delle finestre. Oltre le tende, scorse i poliziotti che salivano sulle auto scortati dagli uomini di Lorne armati... di ombrelli.
“Non posso credere di aver coperto la fuga ad Angelus...”.
“Non dire cazzate”, sibilò Faith alle sue spalle. “Non l'abbiamo fatto per lui. Ma per noi. I federali non lo devono trovare. Angelus è nostro”. Un'esitazione e poi si corresse, rabbiosa. “E' mio”.
Spike si voltò. Sola e corrucciata, rannicchiata sul divano, gli parve terribilmente giovane. “Senti un po'... so che sei incazzata con lui, ma per quale motivo? Non te l'ha dato?”.
Rise. E poi smise di ridere. Lo sguardo carico di furore di lei era eloquente.
“E' così?”, esclamò Spike. “Davvero è per quello? Perché non te l'ha dato?”.
Faith non si scompose. “Ora sai come reagisco se non mi dai quello che ti chiedo”.


Il vento trasportò l'odore della pioggia sino a lei e Fred aprì piano gli occhi, chiedendosi che ora fosse. Il fienile sembrava così buio... Le rispose il bagliore di un fulmine, immediatamente seguito dal boato di un tuono. Per la sorpresa lei scattò a sedere e la giacca che aveva addosso le scivolò dalle spalle.
Le idee le si schiarirono. Esausta per la nottata insonne, doveva essersi appisolata sul sedile posteriore del SUV e Liam l'aveva coperta con la sua giacca... Sbirciò il sedile davanti. Vuoto.
Dov'era lui?
Un secondo lampo illuminò l'interno del fienile e una figura immobile sul portone divelto per metà. Liam rimirava il temporale con le mani in tasca, appoggiato alla parete cadente. Oh, wow... Che peccato non avere una macchina fotografica...
Fece per alzarsi, attenta a non fare rumore. Quasi le dispiaceva disturbarlo...
Poi lo sentì.
Qualcosa che le camminava addosso.
Una cosa viva.
Sotto il suo pigiama sdrucito.
L'urlo eruppe dalla gola di Fred come una sirena. “Oddio!! Oddio!! Oddio!!”. Schizzò fuori dal SUV ed iniziò a saltare in tondo, mulinando le mani come improprie armi di sterminio.
Furono quelle più grandi e salde di Liam a bloccare la sua danza impazzita. “Fred!! Fred!! Che ti succede?”.
Lei per un attimo lottò anche contro la sua stretta, quindi si arrese tremante, la crocchia di capelli ormai sciolta a coprirle la faccia. “Ho un animale addosso!! Una BESTIA!!!”.
Liam sbatté le palpebre sbalordito. “Cosa?”.
“Sì, sì, un animale!!!”. Ma perché non sembrava capire? Era colpa dell'antibiotico?. “Toglilo!! Uccidilo”.
“Ok, calmati!!”, la zittì lui. “Credo comunque che l'abbia già fatto tu. Ai tuoi piedi c'è una piccola poltiglia con molte zampe...”. Si chinò. “Sì, doveva essere un ragno...”.
“Io odio i ragni!!!”, piagnucolò Fred.
“Penso che se ne sia reso conto anche il ragno, in effetti”, commentò Liam. E la fissò. Serio. All'improvviso, lei realizzò un particolare.
Nella foga si era tolta il pezzo superiore del pigiama e adesso stava di fronte a quell'uomo bellissimo con il solo reggiseno... Si ravviò i capelli dal volto, il cuore ancora agitato dallo spavento che accelerava di nuovo. Di più. Oh, mamma...
Cosa avrebbe fatto Liam, ora? Cosa stava pensando?
Gli piaceva quello che vedeva? Lo desiderava?
Nel giro di pochi, brevi istanti, nella mente di Fred si formarono svariati scenari da romanzo erotico ambientati tra la paglia dei fienili... Già, non leggeva solo buona letteratura. Colpevolmente, ogni tanto, comprava quei libri con in copertina i disegni di due amanti in costumi d'altri tempi e ritratti in ardenti pose plastiche...
Deglutì e la travolse un panico persino più cieco di quello provato a causa del ragno. Non era all'altezza di nessuno di quegli scenari bollenti. Suvvia, lei era Winifred Burkle... Santissima miseria.
Cominciò a sudare. “Liam, io...”.
Mentre balbettava senza coerenza, però, lui si mise le mani sui fianchi.
Assolutamente non con l'aria di uno in procinto di coinvolgerla in un amplesso appassionato. Mmm... no. Anzi. In verità la sua pareva proprio un'espressione di rimprovero.
“Te ne sei andata da Chateau Caritas soltanto con questo pigiama?”.
Eh?! Era per quel motivo allora che la stava fissando così intensamente?
Per rimbrottarla come una bambina dell'asilo?
Empatizzò con il ragno in poltiglia.
“Uh... sì...”, bofonchiò attonita. “Avevo fretta...”. E serrò le braccia sul seno, congelata dall'imbarazzo.
Scuotendo il capo, Liam riaprì il portabagagli del SUV e prese una delle sue camice dalla valigia. “Metti questa, per adesso. Non appena il temporale sarà passato, ripartiremo. Strada facendo cambieremo l'auto e ti compreremo dei vestiti”.
“Dove...”. Fred ingurgitò, la voce che le cedeva, le dita nervose che scivolavano sui bottoni della camicia. Alla fine decise di infilarla dalla testa, abbottonata. Tanto era enorme. “... dove siamo diretti di preciso?”.
Non le importava un fico secco, ma doveva pur darsi un contegno.
“In Italia”, le rispose Liam. “A Torino”.


  
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