Fanfic su artisti musicali > Adam Lambert
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Autore: Emo pumpkin    22/05/2015    2 recensioni
okay allora, è la mia prima e unica fanfiction su Adam e boh, non so cosa ne sia venuto fuori esattamente.
Concerto di Amsterdam, 2010, lo ricorderete no? E' quando c'è stato quel fantastico bacio tra Adam e Tommy ed è proprio questo di cui parla la ff (quindi se non vi piace la coppia non leggete, io vi ho avvisate u.u).
Dal testo: "Non poteva venirmi un attacco di panico in un altro momento? No! Ovviamente prima del concerto di Amsterdam!
Ero rimasto da solo dentro al camerino riservato ai musicisti, tutti gli altri erano fuori, dietro le quinte o nei dintorni, tanto per sciogliere la tensione, o fare le ultime prove. Malgrado le pareti del camerino fossero quasi del tutto asonorizzate, sentivo lo stesso i cori delle migliaia di fan radunate sotto al palco che urlavano –Adam! Adam!- scandendo accuratamente tutte le sillabe."
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Adam Lambert, Tommy Joe Ratliff
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ringraziamo il giro d’Italia, che domani passa per il mio paese e perciò la Prefettura ha decretato la chiusura di tutte le scuole della provincia, così oggi posso scrivere questo terzo capitolo senza prendermi indietro con lo studio.
Ci si vede alla fine per tutti i ringraziamenti.
 
 
CAPITOLO 3
 
Durante tutti i venti minuti di viaggio pensai ad Adam, a quel nostro bacio.
Era stato il bacio più bello della mia vita, potrà sembrare scontato e ridicolo, ma in quei secondi tutto si era annullato, per me non era esistito niente che non fosse Adam o le sue labbra premute con forza sulle mie.
Poi tutto era andato letteralmente a puttane.
Chissà da quanto durava quella scommessa, per quello che mi ricordavo, Adam aveva iniziato a provarci con me appena un paio di mesi dopo che avevamo iniziato a lavorare insieme, e, se non mi sbaglio, a quel tempo lui aveva avuto una storia con uno che si chiamava Harrison… forse tutto era partito da lì.
Anche se erano passati dei mesi, sapevo che Adam era molto determinato e non si tirava indietro fino a quando non aveva quello che desiderava, nulla poteva farlo desistere.
-‘Fanculo- sbottai a denti stretti.
Il tassista mi rivolse uno sguardo comprensivo dallo specchietto retrovisore.
Non riuscivo a capacitarmi di come potesse piacermi uno come lui. Era sarcastico, strafottente, narcisista, egocentrico e egoistico, oltre ad avere spesso crisi isteriche da prima donna, e in più amava stare al centro dell’attenzione.
Il mio opposto insomma.
Eppure… eppure quando mi sorrideva non ce n’era per nessuno, quando mostrava quel sorriso tenero e innocente sembrava tutta un’altra persona.
-Sono tredici euro-
La voce del conducente mi tirò fuori dai miei pensieri, pagai con una banconota da venti.
–Tenga il resto- dissi aprendo la portiera.
-Ragazzo- mi bloccò il tassista voltandosi verso di me. –tutto si risolverà. Sei ancora troppo giovane per soffrire per amore-
-Lo spero-
Entrai nell’hotel e mi sfilai il cappuccio; sotto lo sguardo severo e critico della receptionist chiesi la chiave della mia stanza, la 419.
Presi l’ascensore e con il pugno schiacciai il  tasto del quarto piano, quando le porte in lucido metallo si aprirono di fronte a me, la prima cosa che notai fu il color arancione della tappezzeria del corridoio. Eravamo in quell’albergo da due giorni e solo adesso mi ero accorto di quel dettaglio. Digrignai i denti e svoltai nel corridoio di destra, quel colore era troppo acceso, troppo… esplosivo, feriva quasi gli occhi.
E mi ricordava Adam.
Infilai la chiave nella serratura della mia camera e dopo un paio di mandate quella si aprì rivelando l’interno buio della stanza.
Cercai a tentoni l’interruttore sulla parete e l’improvvisa luce dorata proveniente dalla lampada sul soffitto mi fece strizzare gli occhi; mi sfilai il cappotto e lo lanciai sul letto, perfettamente sistemato dalle cameriere. Mi sedetti sul copriletto blu per sfilarmi i pesanti anfibi, malgrado le loro suole spesse almeno quattro centimetri faticavo ancora a raggiungere il metro e settanta. Li lanciai in un angolo della stanza e mi distesi, sprofondando sul morbidissimo materasso. Nascosi il viso nell’incavo del gomito, perché dovevo rimanerci così male?
La prima sbandata in assoluto che mi prendevo per un uomo era per Adam Lambert. Niente di più assurdo.
Lui era talmente diverso da me che sembrava impossibile potessimo stare insieme nella stessa stanza per più di un determinato lasso di tempo, infatti durante le prove mi toccava uscire dalla sala per poter respirare almeno un po’.
“Ma non è sempre così…” mi fece notare la mia coscienza.
Iniziavo ad odiare quella vocina impertinente.
“Dai Tommy! Ammettilo, adori quando Adam fa lo stupido, quando sei triste riesce sempre a strapparti un sorriso”
Scossi la testa: dovevo togliermelo dai pensieri, se avessi continuato su quella strada avrei finito solo con il farmi del male, e, come aveva detto quel tassista, ero troppo giovane per soffrire per amore.
Con un colpo di reni mi sollevai e entrai nel piccolo bagno, il mio riflesso nello specchio poto sopra al lavandino mi restituì uno sguardo accigliato. Gli zigomi erano accentuati da molto fard viola, quasi nero, mentre il resto del viso era ricoperto da uno strato di fondotinta chiarissimo, il risultato era che il mio viso sembrava un teschio.
I miei occhi nocciola erano contornati dall’ombretto nero che li faceva sembrare più grandi e profondi, mentre sulle labbra avevo le tracce residue di un rossetto viola che però era andato via quasi del tutto per il mio brutto vizio di morsicarmi le labbra.
“E per il bacio con Adam” mi ricordò ancora la mia coscienza.
Scossi la testa come a mandar via quel pensiero, i capelli mi finirono sugli occhi, sbuffando li risistemai. Si vedeva la ricrescita scura, avrei dovuto rifarmi la tinta così mi appuntai in memoria di trovare una parrucchiere durante la prossima tappa del tour.
Mi sfilai la giacca e la camicia e le posai, ben piegate, sullo sgabello accanto alla doccia, le costumiste mi avrebbero mangiato vivo se non avessi riportato indietro quegli abiti perfettamente in ordine.
Iniziai a sfilarmi i jeans con non poca difficoltà, erano strettissimi e, manco a dirlo, era stata un’idea di Adam.
-Mettigli i pantaloni più stretti che hai- aveva detto infilando la testa nel camerino dove la costumista stava scegliendo i miei vestiti per quella sera.
Inoltre il sudore non aveva fatto altro che rendere le mie gambe ancora più appiccicose. Ficcandomi la lingua tra i denti, mi appoggiai alla porta con la spalla per restare in equilibrio e non cadere come un sacco di patate. 
Dopo che riuscii a sfilarmeli, li ripiegai con cura e li appoggiai sopra alla giacca.
Aprii il getto della doccia e mentre aspettavo che l’acqua si scaldasse mi sfilai anche i boxer, entrai nel piccolo cubicolo della doccia e mi richiusi le porte in vetro alle spalle. Il getto bollente mi sciolse i muscoli delle spalle.
“Devo dimenticarmi di lui”
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi di nuovo! Sono tornata con il terzo capitolo a rompervi le scatole, so che questo non è molto avvincente o minimamente interessante, ma mi serve per introdurre il prossimo capitolo quindi confidate in me.
Un ringraziamento speciale va a Carota26, My angel Chris Colfer, Glambertommy e Bea13_1991 che hanno recensito lo scorso capitolo 
  
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