Capitolo 7: Nella tana del lupo
La sfilata durò a
lungo. Si provarono praticamente tutti i costumi da ballo in maschera della
cabina armadio, ridendo, scherzando e facendo le sceme, sempre chiacchierando su
tutto ciò che stava capitando in quei giorni ad Aurora.
Aurora scelse tutti i
vestiti più anticonformisti, ma quando uscì dal camerino in versione Spongebob,
Ariel le mise fra le mani qualcosa di gran lunga più provocante.
Quando Aurora capì di
cosa si trattava, sorrise diabolica e corse a
provarlo.
Aurora camminava a
passi lenti con al fianco Ariel e Eric. Camminava sulle pietre bianche levigate
che portavano al portone del suo ex-castello, pietre che avevano riflessi rosa e
arancio per il tramonto. Osservò il giardino quasi con dolcezza, le piante e gli
animali, unici suoi amici in quei mesi di prigionia dopo il matrimonio. Il
profumo di pino che aleggiava nell’aria quasi le scioglieva il cuore, come aveva
sempre fatto nei suoi unici momenti di libertà fuori dal palazzo e
dall’etichetta che imponeva. Le sue scarpe ticchettavano gentilmente sulla
pietra bianca, mentre quelle di Ariel, che erano stivali, non facevano alcun
rumore.
Eccolo lì, l’ingresso
della prigione. L’enorme portone del castello, fatto pitturare di bianco e rosa
dopo il matrimonio in onore di Aurora. Il bianco della purezza e il rosa del
vestito che indossava quel giorno. “Che banalità” pensò la ragazza storcendo il
viso in una smorfia disgustata.
“Rora… ascolta,
attieniti al piano. Noi entriamo prima, tu rimani ancora un po’ qui in giardino
e entri fra poco. Io ed Eric forse siamo abbastanza identificabili, e se ti
presento come una mia amica tutti capiranno che sei la nota principessa fuggita.
Ci vediamo tra poco, quando vuoi parlarmi, viemmi incontro come per caso. Tutto
chiaro?”
“Ariel!” intervenne
Eric sorridendo “Gliel’hai già spiegato tre volte! Rora ha
capito!”
“Sì, mammina!” la
canzonò Aurora con un sorriso infantile “Tutto
chiaro!”
Ariel le scoccò un
bacio veloce su una guancia e poi si diresse all’entrata sottobraccio a Eric.
Il palazzo intero si
girò, quando il granciambellano li presentò come: “Elisabeth Turner e Jack
Sparrow”
Ariel doveva
ammettere di essere bellissima. Si era vestita con un meraviglioso completo da
uomo, con pantaloni e stivali, confezionati uguali uguali ai costumi di
Elisabeth nel terzo film dei Pirati dei Caraibi. Era così… comoda. Si sentiva
perfettamente a suo agio. E la maschera sul volto (fatta di un semplice foulard
marrone con due buchi per gli occhi che le copriva il viso fino a metà naso),
unita alla parrucca castano chiaro la rendeva irriconoscibile. Un po’ meno a suo
agio si sentiva il povero Eric, siccome lui avrebbe voluto vestirsi da Will
Turner ma la ragazza lo aveva obbligato a portare l’abito del tuo attore
preferito, Johnny Depp. Così camminava con passo sgraziato sugli stivaloni
pirateschi del film, mentre una parrucca rasta con perline gli copriva la chioma
nera e un foulard messo tipo a sciarpa gli copriva il volto dal naso in giù.
Ariel aveva deciso per una maschera sulla parte inferiore del volto in modo che
tutti potessero vedere il trucco sui suoi occhi: la ragazza ci aveva messo un
sacco a creare l’ombreggiatura con la matita e l’ombretto e voleva che tutti la
notassero.
Mentre Ariel avanzava
verso il centro della sala (la pista da ballo) tutta contenta, Eric si lasciava
trascinare un po’ rassegnato.
“Daaaiii balliamo,
amore!!”
“Ariel…”
“Ti avevo detto di
non chiamarmi così! Ci potrebbero sentire” e fece guizzare lo sguardo da un
parte all’altra, totalmente presa dal gioco di ruolo “chiamami
Elisabeth”
“Va bene Elisabeth…
Me lo concedi questo ballo?”
Ariel sorrise: “Ad un
pirata come te? Perché no in fondo… Will è impegnato per una certa
maledizione…”
Questa volta fu Eric
a sorridere… poi le posò una mano sul sedere, pizzicandola
leggermente.
“Beh, visto che tuo
marito non c’è… approfittiamone, no??”
Scoppiarono a ridere,
poi Eric la strinse a sé e cominciò a ballare.
Fuori, Aurora
aspettava paziente il momento di entrare. Nel suo giardino, la fretta,
l’impazienza e l’agitazione non esistevano. Era così bello stare lì. Per un
attimo pensò di non entrare affatto.
In fondo erano già
passati quasi due giorni interi dalla fuga e tutti a palazzo dovevano essere
sull’attenti ad ogni minimo sospetto. Per un attimo si chiese se fosse stato
meglio tornare a casa.
Poi si disse che era
una fifona, che ciò che mancava nella sua vita era un po’ di brivido e che
avrebbe potuto movimentare un po’ la serata.
Si decise a entrare.
Camminò spedita sui
tacchi alti fino al gigantesco portone. Entrò, poi si diresse senza indugio dove
sapeva essere la stanza da ballo.
Salì i quattro
gradini che la separavano dal portone della sala, poi si avvicinò al
granciambellano sulla soglia e sussurrò il suo
nome.
Anche per lei, la
sala intera si girò quando il ciambellano gridò: “Selina Kyle, alias
Catwoman!”
Aurora era
irriconoscibile.
Si sentiva un po’ a
disagio perché quella non era lei, lei era una ragazza semplice, non se la
tirava come Halle Berry nel film, ma quel giorno voleva proprio esagerare. E
poi… proprio perché non era da lei, nessuno l’avrebbe
riconosciuta!
Scese ancheggiando la
scalinata della sala, mentre molti degli uomini in sala rimanevano con la bocca
spalancata ad ogni suo movimento.
Aveva un bustino nero
di pelle molto provocante e un paio di pantaloni di pelle nera (ancora integri,
diversamente da quelli del film), il tutto unito a un paio di guanti neri lunghi
fino a sopra il gomito e un paio di stivali con un tacco esagerato. La maschera
nera sul suo volto (ovviamente a forma di muso di gatto) la copriva interamente,
con dei buchi per gli occhi, il naso e la bocca. L’aveva scelta così ampia
perché non voleva correre rischi di venire
riconosciuta.
Si era messa anche
una parrucca, fatta di capelli neri corvini e pettinati in dolci onde fino
all’ombelico.
Nessuno l’avrebbe
presa per la ragazza introversa e silenziosa che partecipava ai party solo
perché obbligata e stava sempre in disparte per non attirare l’attenzione.
Tutta la sala la
osservava e lei ci prese anche gusto a sculettare davanti alle signore
scandalizzate e ai loro mariti sbavanti.
Una mano su una
spalla la fermò mentre si avvicinava al buffet delle bevande.
Lei si girò e vide un
uomo vestito da Re Sole Luigi XIV che le sorrideva.
Quando l’uomo le
chiese gentilmente: “Mi concedete questo ballo?”, lei riconobbe rabbrividendo la
voce.
Era
Filippo.
Waaaaa!!! XD
Scusatemi per il ritardo pauroso, miei gentilissimi e
affezionatissimi lettori!...
o_o’’
…ok ci ho provato a fare un po’ la ruffiana per cercare di farmi
perdonare, ma purtroppo non ho mai tempo per mettermi al computer a scrivere in
santa pace! Mi spiace! Vedrò di fare più presto il prossimo capitolo!
XD
Sono perdonata?
Fede… Black Pearl