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Autore: QueenVLondon    22/06/2015    5 recensioni
Quando a Sarah viene affidata un’intervista con George Wellington, uno dei suoi attori preferiti da sempre, la ragazza non riesce a credere alla propria fortuna. Ma durante il loro primo incontro l’uomo si mostra totalmente diverso dall’idea che lei aveva costruito di lui e, dopo una serie di sfortunati eventi, Sarah sembra pronta a metterci una pietra sopra.
Tuttavia, cosa succederebbe se il fato decidesse di farli incontrare di nuovo? Sarah sarà capace di resistere al suo fascino e a non permettere a se stessa di lasciarsi coinvolgere da lui?
Dopotutto ogni sogno ha il suo prezzo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Temo che il mio angelo sia mutato
 in diavolo, non ne sono certo;
ma sono entrambi lontani, fra di loro amici,
credo l’angelo nell’inferno dell’altro.
Non lo saprò mai, vivrò nel dubbio
finché l’angelo cattivo avrà bruciato il buono.

William Shakespeare
 
 
Capitolo 1

 
La hall dell’hotel era colma di avventori con indosso abiti dall’aspetto costoso. Poveri facchini si lanciavano sguardi di rammarico, mentre si apprestavano a svolgere il proprio lavoro con aria professionale ed espressione neutra.

Seduta su una poltrona di pelle nera, una giovane donna stava controllando la propria corrispondenza, facendo scivolare con disinvoltura l’indice destro sullo schermo dell’iPhone.

Un uomo dall’aspetto elegante le lanciò un’occhiata, apparentemente interessato, ma lei non se ne accorse, perché non era lui quello che stava aspettando. Le sue labbra sottili si schiusero in un sorriso quasi di sollievo quando scorse un uomo di corporatura media e dalla carnagione olivastra andare verso di lei.

«Miss Kant, di Inside The Movies Magazine?», le domandò gentilmente.

Parlava con voce stanca come se fosse reduce da una lunga notte, o da una sfiancante discussione.

«Sì, sono io», gli assicurò lei.

«Mi spiace per questo ritardo. Mr Wellington la raggiungerà fra pochi minuti».

«D'accordo», disse educatamente.

Non era entusiasta di essere stata costretta ad arrivare con un’ora di anticipo per poi dover pazientemente attendere che lui si degnasse di apparire, ma dai suoi lineamenti dolci non trasparì alcuna irritazione.

«Come ho già detto, qualunque domanda che esuli dall’ambito prettamente professionale implicherà la fine dell’intervista», le ricordò Stephen Olsen in tono pratico.

La giornalista annuì appena e dopo che gli ebbe assicurato che non avrebbe toccato tali argomenti, l’uomo si scusò di nuovo e la congedò.

Trascorsero altri quindici minuti e di George Wellington neppure l'ombra. Stava veramente iniziando a innervosirsi. Era sempre stato noto nell'ambiente per la sua puntualità per cui quel ritardo era decisamente inaspettato.

Per fortuna pochi istanti dopo finalmente l’attore comparve di fronte a lei e la ragazza tirò un sospiro di sollievo.

Erano passati più di tre anni dall'ultima volta che lo aveva visto, quando era ancora soltanto una stagista, e non avrebbe mai sperato di avere la chance di intervistarlo. Quando Mr Bones le aveva affidato quel compito si era mostrata impassibile, ma il suo cuore aveva perso un battito.

Cercando di essere il più professionale possibile, Sarah lo salutò con un sorriso cordiale e gli strinse la mano, che l’uomo le stava porgendo.

L'attore la guidò nella Club Loungue Board Room dell'hotel.

«Mi scusi per il ritardo, Miss Kant», disse.

Il suo tono pareva un’eco di quello del suo agente.

«Nessun problema. Ne ho approfittato per portarmi avanti con del lavoro arretrato», replicò lei con voce neutra.

La giornalista tirò fuori il registratore e gli pose le prime domande. Iniziò con quelle standard sul suo nuovo film, Otherside e su com’erano i rapporti con i colleghi. Gli chiese quale fosse la scena che aveva preferito girare e come l’aver trascorso sei mesi nel deserto lo avesse aperto a nuove prospettive.

George rispose a ogni quesito, ma lo fece senza mai guardarla negli occhi e la ragazza ebbe l’impressione che avrebbe preferito trovarsi in qualunque altro luogo fuorché lì.

Probabilmente aveva già ascoltato quelle stesse domande un’infinità di volte e le sue risposte erano finite con il divenire delle semplici battute che si limitava a ripetere intervista dopo intervista.

Da parte sua Sarah conosceva quasi a memoria quello che lui stava dicendo, ma il giornale non la pagava per le proprie parole, bensì per le sue. Così recitò quel copione insieme a lui.

Cinque minuti dopo che l'intervista era iniziata, George fece una smorfia e si portò una mano alla tempia, massaggiandosela. Incerta sul da farsi, e assolutamente consapevole che non avrebbe potuto fare cosa più stupida e meno professionale, mise il registratore in pausa.

«Tutto apposto?», gli domandò, non riuscendo a trattenersi e sperando di non perdere la propria credibilità in un nanosecondo.

Lui annuì.

Il tuo colorito verdastro sembra dire il contrario, pensò lei, ma stette ben attenta a tenere per sé le proprie considerazioni.

«Sì, grazie», rispose, brusco. «Possiamo proseguire?»
 
«Certo».

Riaccese il registratore e continuò con la serie di domande che si era preparata.

Stava per porgli l'ultima, quando il cellulare dell’attore squillò.

George si scusò e controllò chi lo stesse cercando.

La sua fronte si aggrottò. Di qualunque faccenda si trattasse, il suo già precario umore non dovette giovarne, poiché quando mise l’iPhone nella tasca dei pantaloni, la sua espressione era ancora meno cordiale.

«Abbiamo finito?», chiese a Sarah, guardandola per la prima volta negli occhi.

 «In realtà credo che ci sia il tempo per un'ultima domanda».

Quando i loro sguardi si incrociarono per un momento la ragazza si sentì mancare il respiro: gli occhi di George erano dello stesso colore dell’oceano, solo molto più profondi.

«Certo... Prego», acconsentì lui, senza preoccuparsi di apparire garbato.

Sarah gli chiese qualcosa riguardo a un nuovo progetto, ma l'attore tergiversò. Forse stava solo cercando di confonderla, oppure stava giocando. Oppure non aveva idea neppure lui di quello che stava dicendo. O semplicemente non voleva rispondere.

Fatto sta che alla fine Sarah si arrese, lo ringraziò per il suo tempo ed uscì, insoddisfatta, dal Ritz.

 
Una volta rimasto solo, George rientrò nella sua suite e si stese sul letto. Il suo mal di testa era in crescente aumento e un'idea continuava a balenargli nella mente, nonostante cercasse in ogni modo di scacciarla. Estrasse l’iPhone dalla tasca e fissò il display.

Aveva la mascella serrata, mentre scorreva i numeri della rubrica. Chiuse gli occhi per un attimo e poi gli riaprì, scorse di nuovo l'elenco e decise di chiamarla.

Il telefono squillava a vuoto. George sospirò e fissò di nuovo quell'apparecchio inutile. Odiava i telefoni. Lo gettò dall'altra parte del letto e si alzò proprio mentre Stephen, il suo agente, entrava nella stanza.

L'uomo sembrava molto nervoso e George si augurò di non doverlo affrontare di nuovo.

«Allora. Com'è andata l'intervista?», gli domandò, guardandolo con una certa preoccupazione.

Solitamente restava con lui nella stanza per assicurarsi che i giornalisti si attenessero al loro copione; tuttavia – onde evitare ulteriori discussioni – aveva deciso che forse era meglio lasciare l’attore da solo per questa volta.

«Routine», tagliò corto lui.

«Nessuna domanda...?», insistette l'altro, lasciando la frase sospesa a metà, certo che il suo interlocutore avrebbe capito a cosa si stesse riferendo.

George scosse la testa. Poi senza prestare attenzione all'uomo accanto a lui, andò in bagno e prese un paio di analgesici, sperando che il suo tormento finisse.

«Stasera c'è...», cominciò Stephen, ma l’attore lo interruppe.

«No».

Il suo tono non ammetteva repliche, ma l’agente non si arrese e tentò di farlo ragionare.

«Si tratta di un evento...», ripeté Stephen per la milionesima volta.

L'attore smise di ascoltarlo. Conosceva a memoria l'importanza di quel party per il lancio dell'ultimo film di Ryan Gosling, ma non aveva la minima intenzione di farsi vedere. Non avrebbe sopportato le inutili chiacchiere di rito, non avrebbe tollerato di stringere mani e sorridere. Tanto meno di trovarsi di fronte fan urlanti.

Non quella sera e Stephen lo sapeva bene.

Sapeva che la sua presenza era stata confermata, ma il suo agente avrebbe trovato una scusa. Lo aveva già fatto in passato. Inoltre, aveva già altri programmi per la serata che non includevano un abito elegante, né tanto meno persone ipocrite.

Erano soltanto le 9:45AM e non desiderava altro che quella giornata fosse già finita.


Ciao a tutti!
Avevo in cantiere questa storia da un bel po' e finalmente sono riuscita a metterla "su carta".
Se qualcuno ha già fatto incursione nelle mie storie precedenti potrebbe notare una certa somiglianza con i primi tre capitoli di una mini-long autoconclusiva di tre anni fa: i personaggi infatti sono gli stessi, ma stavolta ho deciso di portare avanti le loro vicende e di dare a Sarah la possibilità di capire le ragioni che si nascondono dietro alla freddezza (e al comportamento) di George.
E' la mia prima long originale e spero che vi piacerà! Se vi andasse di lasciare un commentino, ne sarei felice. ;)
Intanto colgo l'occasione per ringraziare chi mi ha sostenuto in questa impresa e chi ha aspettato questi tre anni per sapere cosa sarebbe successo dopo! Mi auguro di non deludervi!
A presto
Vale

 
  
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