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Autore: KALINKA89    16/07/2015    0 recensioni
Il grande rapporto di amicizia-amore tra Yeul e Noel. Il loro primo incontro durante l'infanzia. Il ritrovamento dopo 6 anni... Problemi e tragedie di vita reale e quotidiana. La grande forza dell'amore eterno che può arrivare a tutto quando è sincero e vigoroso. Giacchè, come suol dire Noel: “Sono convinto che uno vero eroe debba dire e pensare: Dallo spirito riecheggia la forma delle cose, è lo spirito che da forma non la forma che contiene lo spirito. Questa è la mia via”.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO 4- La vendetta è un piatto che va servito freddo

“Scusi, posso aiutarla ragazzo?”, mi gridò da lontano un’infermiera mentre varcavo come una furia le doppie porte del reparto. Non avevo tempo per registrare la mia presenza. Dovevo trovare la mia Yeul.
Avevo le mani sudate e neanche la più pallida idea di cosa era successo. Yeul, dopo avermi detto dov’era, aveva riattaccato.
L’avevo lasciata da sola – ferita – ancora una volta. Non sarebbe accaduto di nuovo.
 
“Rallenta, amico”. Snow mi arrancava dietro. “Ci sbrigheremo prima se chiediamo dove possiamo trovarla”, aggiunse. Non mi ero nemmeno accorto che mi avesse seguito. Il pavimento era composto da mattonelle rotte e fredde, scricchiolava sotto i miei piedi mentre avanzavo imperterrito lungo i corridoi, scostando una tenda dopo l’altra, fino a quando non trovai la povera Yeul.
Sedeva su un letto con le braccia tremanti e le mani sulle guancie per tenersi la testa.
“Yeul!”, tuonai.
La luce fluorescente del lampadario a neon sul soffitto si proiettava sul viso di Yeul con riflessi cristallini e celestiali sul suo volto. Mi pareva avvolta da una luce angelica, paradisiaca, sovrumana e incantevole. Il suo viso era sciupato e tramortito. Le brillavano gli occhi colmi di lacrime e negli stessi, balenava un lampo di terrore come se si fosse appena svegliata da un terribile incubo.
 
“O Noel!” si alzò dal letto e per poco non cadeva di lato, si sosteneva a malapena in piedi, inciampò ma senza cadere e subito si gettò tra le mie braccia rompendo in un pianto straziante.
“O Noel! Sapessi cosa mi è successo! E’ stato terribile. Ho avuto tanta paura. Sembrava un inferno. Solo un incubo e invece era la realtà! O Noel!”, il suo pianto si fece sempre più sconsolato, addolorato. E quando Yeul stacco il volto affondato nel mio petto per alzarlo, in alto, verso il mio, aveva un’espressione indifesa, totalmente disarmante. Restai immobile senza dire niente. Nulla poteva essere detto in circostanze simili. I miei occhi erano colmi di rabbia e di compassione per quella povera ragazza straziata dal dolore. Avevo lo sguardo inerme perso nel vuoto. Non ero in grado di reagire al cospetto di cotanta miseria. E Yeul non cessava di piangere avvinghiata al mio torace potevo percepire la sua disperazione non solo dalla sua voce tremante e dalle sue parole toccanti ma anche perche mi stava bagnando la maglietta nera con le sue lacrime. L’ho fatta piangere ancora, non riesco a crederci. Ma stavolta non per colpa mia. Serrai i pugni e afferrai con le mani le spalle di Yeul staccandola dal mio petto, ma lei non si riusciva a reggere in piedi, era molle, e perso il mio appoggio cadde rovinosamente ai miei piedi mentre continuava a urlare con tutte le sue forze, con tutta la voce che aveva in gola tanto che accorsero gli infermieri e medici allarmati dalle potenti urla “Cosa sta succedendo qui?!”, disse un’infermiera parecchio agitata spalancando la porta.
Snow era attonito, immobile, non interveniva. Mi inginocchiai davanti a Yeul per arrivare alla sua altezza e la scossi con foga per le spalle “Basta! Mi hai sentito?! BASTA TI HO DETTO! Non sopporto vederti piangere!”, smettei di scuoterla perché vidi che la sua testa stava cedendo all’indietro e gli occhi erano strabuzzati, persi in uno stato comatoso. La mia rabbia aumentò. Non ce la facevo, scoppiai in lacrime e gridai “Ti vendicherò! Ti vendicherò! E’ una promessa Yeul! O Yeul!” e la strinsi forte al mio petto, tra le mie braccia. Più forte che potevo. Restammo così abbracciati a piangere per circa mezz’ora. Quando ci fummo calmati entrambi, notai che aveva dei punti di sutura sulla fronte,probabilmente aveva battuto la testa.
 
“Noel!”, abbaiò una voce femminile alle mie spalle, ma non capii che si rivolgeva a me, avevo pianto così tanto che non ero più lucido.
Snow mi afferrò la spalla con forza e mi diede uno scossone
“Riprenditi!” poi sorrise “Sapevo che ci tenevi a Yeul. E’ nelle circostanze estreme che si nota quanto siamo legati a una persona”  e detto ciò si rimise a braccia conserte.
“Che accidenti vi  è successo?”. La domanda dell’infermiera era rivolta a Noel.
“La colpa è di Caius!!! Suo padre!” mi rialzai in piedi e portai il pugno della mano vicino al mio viso “La pagherà cara!!!”. Yeul si era addormentata sul pavimento con il suo camice bianco che le avevano prestato i medici, quello che si dona ai malati. Ma Yeul non era malata. Era solo vittima di un’ingiustizia. I suoi capelli lunghi, neri e lucidi, ricadevano disordinatamente sulle sue spalle e sul suo viso smorto e pallido. Yeul aveva la bocca digrignata e respirava a fatica. Evidenti segni di stress psicologico.
Aveva la carnagione talmente pallida che le si vedevano le vene.
Volevo rivedere il suo luminoso sorriso. Yeul doveva ritornare a sorridere di nuovo.
La donna in divisa alle mie spalle si schiarì la gola. “Non sappiamo cosa gli sia accaduto”, sbottò. “Non ce lo ha detto del tutto, ma il fatto ora sembra più chiaro anche se non conosciamo la dinamica dell’evento”.
 
Dinamica del’evento? Fatti chiari?
La rabbia mi assalì nuovamente, avevo la vista annebbiata. Stavo per scoppiare di nuovo in pianto. Mi trattenni. Ma … “Ma quale dinamica dei fatti?! Che me ne importa di come o cosa diavolo sia successo?! L’unica cosa evidente è che Yeul è distrutta dal dolore!” dissi rivolgendomi all’infermiera che rimase in silenzio con lo sguardo scioccato e torvo. 
Non mi voltai per vedere con chi stavo parlando e per guardarla in faccia. Poteva essere un dottore, un’assistente sociale, non mi importava. Oppure la polizia, poco importava! Con me si comportavano tutti nello stesso modo: come se avessi solo bisogno di qualche sculacciata. Per un attimo mi chiesi se anche Yeul avesse un posto nel quale si sentiva al sicuro, protetta e innocente. Mi ricordai del nostro albero, quello su cui ci siamo arrampicati da bambini.
Per tutto il tempo Yeul era rimasta con suo padre Caius da quando aveva quattordici anni, e non ha mai fiatato sugli abusi che riceveva.
Quello schifo era stato il suo pane quotidiano. Per non parlare della casa-famiglia in cui si trovava adesso: Perfetti sconosciuti. Yeul mi guardava come se fossi tutto il suo dannato mondo, ma io non avevo le risposte. Non avevo potere. Non avevo la possibilità di proteggerla.
Quando Yeul si riprese era già nel letto.
 
“È stato Caius a farti questo?”, le dissi “Non è vero?” insistetti. L’assistente sociale era sopraggiunta e ascoltando la conversazione mi allontanò da Yeul che sembrava ancora scossa e con gli occhi spalancati per il terrore, e stanchi, ma senza più lacrime. Io continuai a urlare mentre l’assistente sociale mi strattonava per le braccia nel tentativo di cacciarmi dalla stanza
“Mi senti Yeul! Ti vendicherò! Farò come ti ho detto! Lo giuro!”.
Yeul era in coma, fissava il vuoto e non il mio volto contorto dalla rabbia. Mi dimenai dalla presa della donna e voltai le spalle a tutti. Corsi sulla soglia della porta e parlai dando le spalle a tutti.
“Bastardo! Caius!”, feci a mezza voce, ora, con tono più tranquillo. Cercavo di tenere le mie emozioni sotto controllo per il bene di Yeul, ma sentivo un vuoto allo stomaco.
Per tutta la sua vita, lei aveva dormito in letti strani e vissuto con persone che non la volevano tra i piedi.
Ma quando è troppo, è troppo. Yeul e io ci appartenevamo. Insieme eravamo più forti. Era solo questione di tempo, poi quel che restava della sua innocenza sarebbe svanito e il cuore della piccola Yeul si sarebbe indurito troppo per permettere a qualcosa di buono di mettere nuovamente radici. Non potevo permettere che Yeul diventasse come me, e io volevo urlare a tutta quella gente che potevo amarla più di chiunque altro. I ragazzi non hanno solo bisogno di cibo e di un posto in cui dormire. Hanno bisogno di sentirsi al sicuro, amati. Hanno bisogno di avere fiducia in se stessi. In fondo quella volta quando stava partendo io l’avevo tradita, perché nel mio cuore sapevo che volevo allontanarmi da lei per il suo bene, per non ferirla o farla soffrire a causa mia.
 Ancora una volta.  
Non meritavo nemmeno di guardarla in faccia.
Ma una cosa la sapevo. Sapevo come vendicarmi.
 
 
“Stiamo andando dove penso?” disse Snow quando mi vide abbandonare la stanza, camminava accanto a me e accorgermi che era ancora al mio fianco mi diede un po’ di conforto.
Era un buon amico, anche se non lo trattavo bene come avrei dovuto.
“Non devi venire anche tu”, lo avvisai.
“Tu non lo faresti per me?”, mi chiese. Lo guardai come se fosse una domanda troppo stupida per meritare una risposta.
“Esatto”, annuì.
“Proprio come pensavo”.
Snow si mise alla guida e raggiungemmo la casa di Caius mezz’ora dopo. Saltai giù dalla macchina prima ancora che si fosse fermato. Era tardi, era tutto buio, e il quartiere sembrava senza vita: il profondo ruggito della nostra Lambroghini pareva l’unico rumore nel raggio di chilometri.
Mi voltai e lo fissai. “Vattene”.
Lui sbatté le palpebre, come se non avesse capito bene.
Gli avevo appena fatto passare un mese d’inferno, e non se lo meritava. Certo, le risse erano pericolose. E anche proteggere quella ragazza, Serah, era il mio compito per essergli grato. Non era stato male, ma Snow non si sarebbe buttato dal precipizio se non fossi stato io a condurlo fin lì.
Si sarebbe spinto fin sul ciglio, senza dubbio.
Avrebbe guardato giù.
Di sicuro.
Ma non si sarebbe buttato. Ero sempre io a spingerlo o a lasciare che cadesse. Prima o poi però non si sarebbe rialzato e sarebbe stata tutta colpa mia.
“No”, disse risoluto. “Io non vado da nessuna parte, Noel”.
Feci un mezzo sorriso, ben sapendo che sarebbe stato impossibile convincerlo ad andarsene.
“Sei un buon amico Snow, ma non intendo trascinarti sul fondo insieme a me”.
Presi il cellulare dalla tasca dei jeans e composi il 122.
“Salve”. Non distolsi lo sguardo da lui. “Sono al 1248 di Sanctum street. Qualcuno ha fatto irruzione a casa nostra. Abbiamo bisogno che venga la polizia. E un’ambulanza corrispondente alla chiamata d’emergenza all’118”.
Riattaccai e lo fissai. Snow aveva gli occhi sgranati.
“Saranno qui in circa otto minuti”, gli dissi.
Snow non aveva capito il senso di quella telefonata.
Mi incamminai sul vialetto che conduceva all’ingresso della casa a più piani in mattoni rossi e riuscii a sentire i rumori della televisione che provenivano dall’interno. Mi fermai davanti ai gradini,
infastidito perché non avevo sentito la macchina di Snow allontanarsi, e allo stesso tempo stupito dal fatto che il mio cuore continuasse a battere a un ritmo normale. Non avrei dovuto sentirmi nervoso? O eccitato?
Neanche stessi entrando in un bar a chiedere un frullato.
Strabuzzai gli occhi quando vidi la luce proveniente dallo schermo della tv, dentro l’appartamento, e trassi un profondo respiro.
Quel figlio di una’abbattona era ancora sveglio.
Bene.
 
Mentre salivo i gradini del portico, sentii i passi di Snow alle mie spalle. Entrai dall’ingresso principale e mi diressi in soggiorno, fermandomi sulla soglia.
Bussai.
Caius, il padre di Yeul, aprì ma non batté ciglio quando mi vide.
“E chi diavolo sei tu?”, ringhiò lui.
Lo afferrai per la cravatta e lo strattonai.
“Hai fatto del male a Yeul”, gli dissi in tono pacato. “Sono qui per saldare i conti”. Stranamente ero più calmo del solito. Quel pianto fatto nella stanza d’ospedale quando Yeul mi era corsa incontro afflitta, mi era servito indubbiamente.
Al cuor non si comanda
   
 
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