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Autore: MaryMatrix    30/01/2009    4 recensioni
In passato li abbiamo visti lottare per le loro vite.
In passato li abbiamo visti compiere azioni rocambolesche.
In passato li abbiamo visti sorridere. Combattere. Uccidere.
Adesso è il passato che li vuole.
Perché forse
le loro azioni
non sono state
quello che sembravano.
ANNA, la ragazza forte e orgogliosa.
GEREMIA, il bellissimo ragazzo che ha rischiato la vita per farla ricca
STUB, il killer che l'ha salvata.
E' il passato che li pretende.
E' il passato che li chiama.
E' il passato che li avrà.
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 17

O Fortuna

      ... and a bottle of rum!

 

Capitolo 17:
Back to the future

Mary si stava facendo portare da Rogers, in un altro salottino come quello dove era stata ricevuta da Lavinia.
La prima cosa che notò di Rogers fu che era ferito. Lo guardò con noncuranza: Rogers non era il tipo da farsi abbattere da una semplice ferita: poteva essersi rammollito in quegli anni da governatore è vero, ma negli prima era stato un valido corsaro, questo lo ammetteva anche lei.

- Siediti. - il suo più che un invito suonava come un ordine.

Lei scosse la testa. Non si fidava di quella falsa gentilezza, avrebbe mille volte preferito risolvere la questione con la spada, una volta per tutte. Tuttavia non la sfoderò, voleva prima vedere dove sarebbe andato a parare.
Infatti lui cominciò a parlare. - Sei una vigliacca. - la accusò.

- Mai. - fu la secca e fredda replica sua.

- Ne sei sicura? - domandò lui. - Eppure a me sembra di sì. L'altro giorno potevi uccidermi e invece non l'hai fatto: mi hai lasciato ferito. Paura di uccidere? -.

Mary non fece una piega. - Tu non hai la minima idea di quante persone ho ucciso io tra la guerra e la pirateria. Tu mi accusi di essere vigliacca. Ebbene, sappi che non sono vigliacca ed è un bene per te ch'io non lo sia, perché se lo fossi adesso tu non staresti qui a mettere in dubbio il mio onore Rogers. Siamo soli, in una stanza, e tu sei ferito. Se fossi vigliacca ti ucciderei adesso, senza nessun tipo di problema. - sorrise. - Ma mi hai presa in un giorno in cui mi sento particolarmente generosa quindi credo che ti lascerò vivere. -.

- Molto generoso da parte tua. -.

- C'è altro? - Mary cominciava a stancarsi.

- Chi ti dice che però io mi senta generoso con te? -.

Mary sorrise. - Pensavo che ti fossi rammollito. - portò la mano sull'elsa della spada. - Risolviamo questa cosa alla vecchia maniera? -.

- Io non posso combattere. -.

- Chi è il codardo adesso? - domandò lei.

Si divertivano entrambi. Quelli erano solamente i preliminari, avrebbero finito per combattere, lo sapevano entrambi. Solamente che avevano opinioni discordanti su chi sarebbe stato il vincitore del loro duello imminente.
Rogers si alzò e prese la sua spada. - A noi due quindi. -.

E ricominciarono a duellare.
Rovesciarono i tavolini, il servizio da tea andò completamente distrutto, i divani furono graffiati. Le loro spade si colpivano ripetutamente in una danza di affondi e parate, ma Mary era in netto vantaggio, infatti con poco più di 3 passi e una giravolta riuscì a puntare la sua spada alla gola di Rogers.
Lui si immobilizzò. Lei lo guardò.
Era ferito.
Che cosa ne sarebbe stato del suo onore se l'avesse ucciso in quel momento? Uccidere un uomo ferito era un'azione degna solamente dei vili e dei codardi. Abbassò quindi la sua spada, pur non abbassando la guardia: dubitava del codice d'onore di Rogers e si aspettava un suo attacco. Che non arrivò.

- Abbiamo una pirata leale. - commentò sarcastico lui.

- Prova a dire che sono codarda adesso. - le sue parole uscirono dalla sua bocca come se fossero un sibilo.

No. Non lo era e Rogers non lo avrebbe detto: era in gamba quanto bastava per rendersi conto che il nemico che aveva davanti non era un codardo né un vigliacco. E forse avrebbe anche provato ammirazione nei confronti di quel nemico, ma la verità era che non sopportava che fosse donna. Aveva impiegato anni in cui aveva messo le sue capacità a servizio della corona, anni in cui aveva rischiato la vita per mare, anni in cui aveva fatto il corsaro. Quel posto da governatore se l'era guadagnato con fatica e non avrebbe permesso che una donna glielo portasse via. Una donna che era incapace di battere: o meglio i loro duelli finivano sempre in parità, mai una volta che fosse possibile decretare chi dei due fosse il migliore. E forse lui nemmeno voleva sapere la risposta a quella domanda.
Per quel motivo più che per altri decise che contrattare con quella furia fosse l'unica via che potesse portare ad un risultato soddisfacente per entrambi.

- Un accordo. - disse solamente.

- Accordo. - ripeté Mary come se volesse soppesare quella parola. - Sentiamo cosa proponi. -.

Rogers trasse un respiro: era una grande concessione quella che stava per fare. - Ti lascio andare. - le disse. - Con i tuoi uomini che probabilmente ce la faranno a fuggire in tempo. Prendete la vostra nave e salpate: la prossima volta che vi vedrò nelle mie acque vi prenderò e allora non ci sarà pietà, per nessuno. -.

- Chi mi assicura che manterrai il patto? - domandò lei.

- Lo giuro sul mio onore. -.

Mary sorrise: si poteva fidare. L'onore era una cosa che persino Rogers tirava in ballo solo quando si trattava di cose importanti.
Si strinsero la mano.
Mary era convinta di poter onorare quel loro accordo: le sarebbe stato sufficiente convincere Anne e poi a Calico ci avrebbe pensato lei, che aveva delle arti persuasive più efficienti di quelle di Mary.

E poi nel silenzio sentirono il rumore di una serie di esplosioni. Mary si voltò verso la porta. - Ma che diavolo... - non trovò le parole per finire la frase.
Rogers le rispose velocemente, dicendole che sarebbe esploso tutto, quindi uscì dalla porta: conosceva dei passaggi segreti che gli avrebbero resa possibile la salvezza. Quanto a Mary si trovò a correre tra le fiamme in cerca dei suoi compagni.

 

Durante l'esplosione del primo microfono, mentre Mary veniva portata da Rogers e Antonella raggiungeva le prigioni Stub aveva gettato Anna per terra e poi era scivolato fuori dalla stanza tirandosela dietro. Quello era esattamente il momento buono per uscire.
Ma l'allarme della loro fuga era stato dato, quindi tutti i soldati li stavano cercando.
Stub si era appiattito nell'ombra di un corridoio secondario, con tutti i sensi all'erta.

Anna non faceva domande, come se sapesse che gli occorreva il silenzio. Tuttavia quella non era più una sua protetta, né tanto meno una sua vittima, era la sua ragazza, quindi pensò che dovesse essere messa al corrente del piano d'azione.

- Dobbiamo muoverci molto cautamente. Nell'ombra. - le disse a voce bassissima, tanto che Anna dovette avvicinarsi a lui per sentirlo. - Per fortuna abbiamo deciso di agire di sera, le tenebre ci saranno favorevoli. Ci saranno soldati fuori, scendere scalando la rocca non sarebbe prudente: dobbiamo raggiungere l'uscita. -.

I corridoi non erano un problema, lo sapevano entrambi: se le cose si fossero messe male sarebbe bastato scivolare all'ombra di un mobile o in un corridoio non illuminato da fiaccole. Il problema vero erano le scale, lì se avessero incontrato delle guardie non avrebbero potuto nascondersi in alcun modo.
Rischio.
Era quello che Anna avrebbe dovuto affrontare in quel momento, un rischio che molto probabilmente avrebbe portato ad uno scontro. Anna si rigirò nelle mani la Magnum di Antonella e la guardò un po' ammirata, un po' preoccupata. Avrebbe dovuto usarla, quella volta non poteva scampare, avrebbe dovuto uccidere utilizzando un'arma da fuoco. Non sapeva cosa le sarebbe riuscito meno: avere la forza di uccidere un uomo oppure avere la capacità prettamente pratica di utilizzarla. Ignorava quasi del tutto come dovesse fare per ricaricarla, senza contare che non sapeva come fosse la sua mira. Se a queste sue incapacità pratiche si fossero aggiunti anche la paura e il senso di colpa alla fine l'unica che ci avrebbe rimesso le penne sarebbe stata lei.
"Oh, andiamo" pensò tra sé e sé. "Non potrà essere più difficile che uscire da una casa in fiamme sul surf o fuggire da una prigione di un centro di assassini." ripensò alle imprese che aveva compiuto quell'estate. A quando aveva provato a fuggire.
Aveva una pistola in mano anche in quell'occasione.

E acquistò sicurezza: fece ruotare la pistola usando il dito come pernio. 

Fu lei a dire a Stub quando andare.
Stub la seguì, senza darle contro.
Anna si muoveva velocemente e attenta a non far rumore: in quel campo un po' di addestramento lo aveva fatto, ammise con sé stessa, per tutte le volte che doveva scivolare in silenzio fuori di casa per andare a fare kite senza che sua madre venisse a saperlo. Sorrise tra sé a quei ricordi. D'altronde aveva sempre sentito che prima o poi l'arte dello sgattaiolare le sarebbe tornata utile.
Stub aveva più stile, su quello non c'era dubbio, ma era o non era l'assassino più bravo del mondo?

Arrivarono alla prima rampa di scale senza essere scoperti. Scesero correndo di un piano. Non c'era nessuno. Si fermarono. Nemmeno nelle loro più rosee previsioni avevano considerato la possibilità che il corridoio sarebbe stato completamente privo di guardie.
Per un attimo entrambi pensarono che si fossero nascoste pronte a scattare.
Poi Stub abbassò la guardia. Non c'era nessuno per davvero.

- Non promette bene. - commentò Anna.

E come a conferma delle sue parole sentirono delle esplosioni provenire dall'uscita. - Cerchiamo di raggiungere il piano più basso possibile e saltiamo dalla finestra. - suggerì Stub. La rossa non aveva soluzioni alternative, quindi abbandonarono ogni prudenza, coscienti del fatto che ormai tutte le guardie erano fuori.
Mai come in quel momento ad Anna sembrò che una rampa di scale fosse così infinita.
Ancora il fuoco non li aveva raggiunti.
Stub si stava stancando. Risentiva ancora della ferita alla gamba. Anna si rese conto di questa sua difficoltà e lo costrinse a fermarsi.

- Non possiamo perdere tempo. - protestò lui.

- No, quello che non possiamo è permettere che tu ti faccia male seriamente. - obiettò lei. - Killer, santo cielo, sei tu la mente, e una mente che pensa "accidenti quanto mi fa male la gamba" è una mente che elabora piani dell'ultimo minuto a metà. A me non serve la tua mente a metà. Quindi adesso ti riprendi per un minuto e poi pensi a qualcosa che non preveda la nostra trasformazione in arrosto, ok? -.

Era una domanda retorica, e la voce di Anna suonava come se stesse rasentando l'isteria. Respirò profondamente. Non potevano più scendere nemmeno di un piano, lo sapeva bene e inoltre stavano cominciando a respirare fumo. Non proprio un toccasana per la salute.
Si sporse dal corridoio sulle scale per vedere in che condizioni di non agibilità fosse il piano di sotto. La gamba gli fece più male del previsto, e perse la concentrazione. Con essa l'equilibrio.
Fortunatamente Anna era pronta di riflessi e riuscì ad afferrarlo per una mano. Strinse la presa e lo afferrò anche con l'altra mano, inginocchiata sul margine. Sotto di loro il fuoco.

- Maledizione killer! E' possibile che tu non ne faccia mai una giusta? - era arrabbiata. Provò a tirarlo su ma la massa muscolare del ragazzo pesava troppo e Anna non ce la faceva. Sarebbe caduto tra le fiamme. Sarebbe morto. Era talmente furiosa con lui per aver rischiato la vita inutilmente in quel modo che non riuscì a trattenere le lacrime. Le si inumidirono gli occhi e presto le sue guance diventarono il letto di un fiume in piena.
Stub a quella vista sorrise amaramente.

- Piangi per me ragazzina? - le domandò. Incredibile quanto riuscisse a mantenere la calma anche in quella situazione.

- Per te, brutto assassino che non sei altro. Non dovevi. -.

Stub le sorrise, senza amarezza, sereno, come se con quel sorriso potesse calmarla. Era quel sorriso. Lo stesso sorriso di quel giorno di quell'estate.

- Adesso lasciami. -.

Quelle parole.

Anna ebbe il flash di lui che si metteva davanti e prendeva un proiettile in petto al posto suo. Di lei che lo abbracciava, di lui che le diceva di lasciarlo con le stesse parole e lo stesso sorriso di serenità in volto. Lei che lo lasciava. Lui che precipitava dall'aereo.
Tirò su col naso.

- Non stavolta. - scosse la testa lei. - Stavolta non ti lascio, puoi starne certo. -.

Anna richiamò a sé tutte le sue forze e fece finta che invece di tirar su lui dovesse far virare il kite col vento contrario. Chiuse gli occhi immaginando la scena, richiamando a sé tutte le forze necessarie. Quindi aprì gli occhi e cominciò a tirarlo su.
Lui rimase colpito da quel gesto.

- Non ce la puoi fare. - le disse. - E' inutile lo sforzo che fai. -.

- Sta' zitto. - lo zittì lei. - Aiutami piuttosto. -.

Stub si arrese e la aiutò e alla fine riuscì a risalire. Era salvo. Era seduto proprio sul ciglio del pianerottolo e quasi rischiò di cadere di nuovo dallo slancio che la rossa aveva preso per abbracciarlo. Stava ancora piangendo.

- E' finita. - le disse lui. - Stavolta è finita davvero. Sono qui con te. Sono vivo. Non ti lascerò. -.

Questa volta non lo aveva lasciato precipitare. Questa volta aveva trovato la forza in tutti i sensi di tenerlo stretto a sé. Prima poteva immaginare che senza di lui la vita forse non sarebbe stata più la stessa. In quel momento, nel passato, seppe che avventure del genere avrebbero potuto capitarle solo con lui, e che quindi decisamente la vita di Anna non sarebbe stata più la stessa senza di lui.
Smise di piangere, nell'idillio di quell'abbraccio.

L'idillio fu però rotto nel peggiore dei modi. Stub le fu letteralmente strappato via dalle braccia.
Opera di Lavinia.

La ragazza lo aveva allontanato da Anna e gli teneva le mani dietro la schiena, puntandogli una pistola alla tempia.
Il gesto di Anna di puntare la pistola contro Lavinia fu involontario. Fu un riflesso.

- Quasi mi è dispiaciuto interrompervi. - sorrise Lavinia. - Ma era necessario. Adesso non ho intenzione di perdere tempo perché devo mettermi in salvo e se me lo farete perdere vi ucciderò tutti e due. Invece non è mia intenzione uccidere il killer, nonostante tutto. Quindi facciamo le cose velocemente: Anna tu sai quello che voglio. Abbassa la pistola, consegnati e lascerò liberò lui. Altrimenti... - e poggiò il suo dito sul grilletto.

Non sarebbe successo.
Stub non si sarebbe preso un proiettile al posto suo anche quella volta. Non l'avrebbe permesso. Appoggiò la Magnum per terra.

- Non farlo. - quello di Stub non era la richiesta di un innamorato che preferiva sacrificarsi per la ragazza che amava. Era semplicemente un ordine detto con il distacco e la freddezza con cui un generale dà un comando ad un suo sottoposto. - Riprendi la Magnum. Adesso. -.

- Se lo farai, lui morirà. -.

Quello che era stato a sorprendere Anna era stato appunto il tono di comando usato da Stub. Lo guardò interrogativa senza osare obbedirgli.

- Anna ascoltami. Tu prenderai la Magnum, lei mi sparerà e contemporaneamente tu sparerai a lei. Sarà la fine di tutto. - era un ragionamento logico, Stub aveva la mente lucida. Se si fossero trovati in quella situazione degli assassini sarebbe stato esattamente quello lo schema che avrebbero adottato.

Anna rimase immobile piegata verso la pistola con gli occhi puntati su sua cugina. - Lui non c'entra. - riuscì a dire. - Lui non ti ha fatto nulla. La questione è tra me e te. - lasciò perdere la pistola e la guardò dritta negli occhi. - Adesso tu lo lascerai e metteremo fine a questa storia una volta per tutte. -.

Lavinia però non mollò la presa sul killer, anzi, sembrò rafforzarla: Stub stava respirando sempre più velocemente, sempre più faticosamente: oltre al braccio si Lavinia intorno al collo, che sembrava volerlo strozzare più che impedirgli di muoversi, il fumo aveva cominciato a diffondersi anche in quel piano. Cominciò a tossire, anche se tossire con quel braccio intorno al collo significava non respirare.
Avrebbe dovuto fare qualcosa, avrebbe dovuto liberarsi, ma la presa di Lavinia era salda e nessun movimento che avrebbe potuto fare lui sarebbe potuto essere più veloce del dito di Lavinia sul grilletto.

Era calato il silenzio sulle due cugine.
Lavinia non aveva nessuna intenzione di accettare la proposta di Anna.

- No. - scosse la testa follemente, scoppiando a ridere. - Ho aspettato troppo tempo per compiere la mia vendetta. -.

Anna a quelle parole decise di rischiare tutto. Decise di dare ascolto al killer una volta tanto. Di fare come lui diceva. Velocissima si allungò verso la Magnum di Antonella.
Fece appena in tempo a sentire uno sparo.

BANG!

Alzò lo sguardo, impaurita. Stub aveva abbassato la testa. 

Dietro di lui Lavinia aveva gli occhi spalancati, e aveva lasciato la presa sul collo di Stub.
Lo sparo era venuto da un punto non ben precisato in mezzo al fumo.

Entrambi guardarono in quella direzione.

Si stagliava l'immagine di una figura. Imponente. Maestosa. Come un demone infernale.
Che quando si stagliò ben visibile stava soffiando ancora sopra la sua pistola.

- Anch'io ho aspettato troppo tempo per la mia. - disse solamente la figura emersa dalle fiamme.

Anna era rimasta senza parole.

Stub si spostò da Lavinia, che cadde in ginocchio, senza più traccia di follia negli occhi, solo di dolore e paura. Respirava a fatica.

- Che tu... sia maledetta... Mary Read. - queste furono le sue ultime parole, l'ultimo rumore prima di quello del suo corpo che si schiantava sul pavimento.
Lavinia era morta e quella volta per davvero.

Mary fece roteare una volta la pistola tra le mani prima di rinfoderarla. - Non c'è di che. - disse senza spettare nemmeno i ringraziamenti dei due.

Anna e Stub si guardarono increduli: e infine era così che doveva andare. La loro battaglia era stata vinta da una pirata che con i loro affari non c'entrava nulla. Nessuno dei due sapeva come sarebbe finita se non fosse intervenuta Mary.
Ma Stub avrebbe tanto voluto saperlo: quasi rimpiangeva l'intervento di Mary, che invece Anna aveva accolto con entusiasmo. Il fatto era che non sapeva come funzionavano lui e Anna come coppia, come squadra; intuiva però che come squadra non avrebbero funzionato, che il suo mondo era diverso da quello di lei. Lui era un killer, lui rischiava la vita continuamente, e con lui la rischiavano tutti quelli che gli volevano bene. Forse era per questo, si ritrovò a pensare, che non aveva amici al di fuori dell'agenzia.
Anna invece era una ragazza normale, cresciuta in una famiglia normale, senza nessun tipo di problema, una buona media a scuola, una passione per uno sport, aveva i suoi amici, aveva una vita completamente diversa dalla sua.
Sapeva che l'avrebbero spesso pensata diversamente, forse troppo diversamente, su troppe cose.
Intuiva questo perché tutte le volte che si trovavano insieme davanti ad un ostacolo qualcosa finiva sempre per andare storto: le cose si raddrizzavano solamente quando venivano separati, come nel caso dell'aereo, o quando avevano un intervento esterno, come quello di Mary in quel modo.
Erano due caratteri forti e contrastanti: lui non avrebbe potuto rinunciare alla sua vita, e lei non avrebbe potuto né voluto rinunciare alla sua, e quella verità la sapevano entrambi. L'unica via di uscita era accettarsi per come si era, ma poteva Anna accettare il fatto che lui fosse un killer? Poteva lui accettare che Anna fosse normale?
Anna aveva esitato quando lui le aveva detto di prendere la pistola. Era stata una fortuna in quel caso, ma per una coincidenza, nulla di più: poteva lui accettare una ragazza che esitava davanti a scelte rapide da prendere e davanti a situazioni pericolose come quella?
E tutti quei pensieri semplicemente perché si era affezionato ad una delle sue vittime. E poi ne era rimasto affascinato. E alla fine si era trovato addirittura tra la vittima e il proiettile. Ah, l'amore.

Quando smise di dedicarsi a quei pensieri Anna e Mary si erano già calate dalla finestra grazie alla corda che Mary aveva rubato in una delle stanze del forte quando Rogers era fuggito lasciandola sola. Afferrò la corda e cominciò a calarsi giù, con la leggiadria di chi non vuol farsi notare: sembrava quasi mimetizzarsi con le pareti. ci impiegò pochissimo tempo per arrivare a terra.

- Sei pronto Stub? - gli domandò Mary.

- A fare che? - domandò lui senza nemmeno pensarci.

Mary sorrise. - A rivedere tua madre finalmente. -.

 

Non trovarono nessun tipo di difficoltà per tornare alla nave, che era pronta a partire. Mary e gli atri furono gli ultimi a salire.
Stub si guardò intorno alla ricerca di sua madre. E la vide, sul castello, che lo stava aspettando. Stub si immobilizzò per qualche secondo. Poi a passi lenti, sicuri e decisi cominciò a dirigersi verso di lei.
Sentì che la nave stava partendo. Nessuno stava facendo caso a lui.

Le arrivò davanti: si accorse di essere più alto di lei ma comunque le sembrava bellissima, illuminata dalla luna, le stelle erano corone sulla sua testa, il cielo il suo manto.

Si guardarono.

Isabella stava piangendo. Poi allargò le braccia verso di lui.

A lui occorse qualche secondo prima di rendersi conto che sua madre era davvero viva, era davvero davanti a lui. Erano di nuovo insieme.

- Stub... - lei non fece in tempo a dire nulla.

Stub l'abbracciò, stringendola a sé forte forte, come se con quell'abbraccio avesse potuto recuperare tutti gli anni che erano stati rubati ad entrambi.

- Mamma. - fu l'unica cosa che disse.

Aveva appoggiato la testa sulla sua spalla, quindi si lasciò sfuggire una lacrima di commozione che gli illuminò il viso. Ma nessuno lo vide. E quando l'abbraccio fu sciolto non sembrava che si fosse commosso. Sarebbe stato il suo segreto. Il segreto suo e delle stelle brillanti nel cielo.

 

Nel frattempo Tom era stato portato nella stanza di Mary ed Anne, e con lui c'erano Allison e Antonella.

- Stai tranquillo Tom. - cercò di rassicurarlo Allison. - Partirete presto e vedrai che nel futuro tutto si rimetterà a posto. -.

- Ne... ne sono convinto. -.

Antonella guardò Allison interrogativa. - Che significa "partirete" Allie? -.

- Quello che ho detto Nell. - rispose Allie sorridendo. - Io resto qui. -.

- Co... cosa? - Thomas era stupito.

- Io resto qui. - ripeté Allison. - Ma lo capite o no l'inglese? -.

Antonella scacciò la domanda con un gesto della mano. - Come mai hai deciso di restare? -.

- Perché quest'epoca è stupenda, perché potrò rimanere con le mie eroine... -.

Nell sbuffò. - Ti rendi conto che tra pochi mesi sarete presi e uccisi tutti? Ti rendi conto che a novembre morirai a meno di non rimanere incinta? -.

- E tu ti rendi conto che non è detto? - Allison sorrideva radiosa. - Andiamo Anto, ti devi rilassare. Adesso ci sono io qui, che vuoi ci succeda? Ne sono una in più del Diavolo figuriamoci se non ne so una in più di Rogers. No, io resto qui, con le mie eroine e cambieremo la storia! - per enfatizzare il discorso aveva sollevato il braccio destro indicando una cosa non bene precisata verso l'alto. - Sono nata per questo. - aggiunse abbassando il braccio.

- Per sparare sciocchezze? - domandò Antonella sarcastica.

Allison scosse la testa, sempre sorridendo. - Pensala come la vuoi Antonella. Questa è la mia scelta e la seguirò. Ecco. - le porse dei fogli, scritti a mano. - Li affido a te. -.

- Cosa sono? -.

- Una lettera per i miei genitori dove spiego loro quello che è successo e le mie motivazioni in un foglio. Nell'altro c'è il mio testamento: lascio ad ognuno di voi qualcosa delle mie cose, armi comprese... soprattutto abbiate cura di quelle, sono tutta la mia vita. -.

Antonella annuì solennemente. Era sempre un triste giorno quello in cui un killer abbandonava le sue armi. Era uno strano rapporto quello che avevano loro con le armi: le armi di un killer lo accompagnavano in ogni momento della sua carriera, erano le uniche cose su cui si poteva veramente contare, che non tradivano, che tiravano fuori dai guai. Ognuno aveva le proprie, ognuno aveva le sue preferite e non potevano essere riciclate: molto spesso alla morte di un killer si usava sotterrarle con lui. Ma Allison non avrebbe avuto una tomba dove sotterrare tutte le sue armi mascherate. Probabilmente quindi sarebbero state messe in una teca alla base dove Allie lavorava.

Proprio in quel momento la porta si aprì. Dentro la stanza entrò tutto l'equipaggio, compresi Anna e gli altri del nostro secolo. Tra loro c'era anche Geremia. Aveva deciso di seguire Antonella: si rendeva conto che lei non sarebbe mai rimasta in quel secolo e lui non si trovava troppo male nel futuro: aveva degli amici, adesso aveva anche una ragazza, frequentava l'Università ed era felice. No, non avrebbe lasciato tutto per riprendere una vita che aveva lasciato molto tempo prima.
Ognuno dei presenti provava tristezza al pensiero di abbandonare quella nave che aveva portato un po' di gioia nel cuore di tutti. Dal canto loro invece i pirati avevano cominciato a considerare quegli strano ragazzi come dei compagni che avevano deciso di darsi all'impresa e non avevano mai pensato al fatto che un giorno sarebbero tornati da dove erano venuti.
Il modo di fare dei pirati non era così brusco come si erano aspettati tutti e i saluti furono molto malinconici.

A Isabella fu consegnato il Jolly Roger con la firma di tutti i membri dell'equipaggio, o almeno di tutti quelli che sapevano scrivere. Thomas ricevette un bacio da Anne, e fu al settimo cielo. Allison sarebbe mancata a tutti, e lei abbracciò i suoi amici uno per uno, con stampato in volto un tale sorriso da trasmettere allegria a tutti, per quanta ne potessero provare in quel momento.
Anne fu la più affettuosa, Calico strinse la mano a tutti atteggiandosi a vero signore, Noah si congedò con delle sonore pacche sulla schiena e battiti di mani, Mary non lasciò trapelare nessuna emozione: abbracciò tutti piuttosto freddamente e solamente alla fine concesse qualcosa che assomigliava molto ad un sorriso a Anna e Antonella.

Quindi tutti misero le mani sull'Acchiappa-Sogni e aspettarono di addormentarsi. I pirati attesero pazientemente che tutti si addormentassero, e videro i loro corpi evaporare nel nulla: ebbero la certezza che quei ragazzi e la loro Isabella ormai erano lontani anni da loro.

Il minuto di silenzio che seguì fu interrotto da Calico Jack, che si guardò intorno. - CHE CI FATE ANCORA QUI! AL LAVORO SIGNORI! - sbraitò, mentre tutti correvano ai propri posti. - Voglio aver messo mezzo oceano tra noi e Rogers entro l'alba. - e mentre usciva per raggiungere i suoi uomini fece un cenno a Mary e Anne, che capirono al volo.
Le due donne infatti si girarono contemporaneamente verso Allison. Anne le si avvicinò sorridendo.

- Benvenuta a bordo, compagna! - le batté una mano sulla spalla.

Mary la guardava appoggiata allo stipite della porta e le rivolse un sorriso, quasi di sfida. - E adesso è arrivato il momento di mostrarti come si lavora nell'impresa... - le si avvicinò, tendendole la mano. - compagna. -.

 

 

 

 

L'angolo della Matrix
Di nuovo in ritardo. Di nuovo più di un mese. Di nuovo mi scuso.
Questa volta la colpa non è solamente della scuola. Questa volta devo ammettere che la colpa è anche un po' mia in quanto mi è presa l'ispirazione per un'altra storia. E poi c'è il problema del computer: il mio è rotto e sto provando la brutta esperienza di avere un computer condiviso, e siccome il computer condiviso in questione è quello di mio padre su cui lui lavora quasi ogni sera scrivere è diventata pressoché un'impresa.

Ma stasera, col torcicollo, i tendini del gomito infiammati e un'infiammazione ad entrambe le ginocchia, ho preso il computer e ho deciso di aggiungere un capitolo. Il penultimo, dal momento che il prossimo sarà la conclusione. Mary sarebbe fiera di me, che dite?

Credo che vi siate accorte che ad un certo punto lo scambio di battute tra Anna e Stub è uguale a quello che si scambiano nel penultimo capitolo del primo episodio della saga: l'effetto voluto era un qualcosa che si avvicinasse al romantico, l'effetto ottenuto non so quale sia.
Quanto al duello tra Mary e Rogers, non so se duellavano veramente e non so se i loro duelli finivano sempre in parità, ma ho preferito adottare questa soluzione per rispetto a entrambi: infatti nonostante tutto sto rivalutando molto Woodes Rogers. E' vero, sta dall'altra parte rispetto alla mia, però è stato un uomo valido e questo bisogna riconoscerglielo.
Per quello che riguarda Allison ho trovato giusto nei miei confronti farla restare lì con loro: in fondo Allison è la mia caricatura e io sarei rimasta con loro, alla facciaccia dell'impiccagione... in fondo quando la storia non è ancora stata scritta si può sempre cambiare, no?

Credo di aver detto tutto, quindi passo senza ulteriori esitazioni a ringraziarvi una per una (e per la spiegazione sul nome di Stub leggere la fine della recensione a DamaArwen88)

  • DamaArwen88: ciao!!! Sì, concordo pienamente, la storia di Anne è contorta. Molto contorta. E concordo anche sul fatto che non sia avventurosa come quella di Mary... però penso che come storie siano diverse proprio perché Mary e Anne sono diverse. Mary è diventata pirata perché era alla ricerca di qualcosa, Anne lo è diventata per seguire il suo amore.
    Follia allo stato puro, dici? Può essere. Diciamo che ho preso ispirazione da un pomeriggio passato a studiare fisica ^^
    Per quello che riguarda il romanticismo tra Anna e Stub, forse ce n'è un po' di questo capitolo, non so perché ma rileggendolo mi sembra quasi stucchevole. Per il vero nome di Stub... beh, è ovvio che Stub ha un vero nome, ma lui non lo ricorda. E probabilmente nemmeno sua madre. Dietro questo c'è una semplice spiegazione, è il fatto che per me Stub si chiama Stub... dargli un nome vero gli toglierebbe la sua identità.
    Spero che questo penultimo capitolo ti sia piaciuto, fammi sapere che ne pensi. Bacione!

  • Lallix: ti giuro che quando ho letto lo spelling di "mitica" sono quasi caduta dalla sedia per le risate xD Sei fantastica, davvero.
    Sono davvero contenta di averti fatto venire i brividi... mi dai sempre grandi soddisfazioni Lallix!!
    Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Bacione!

  • Levsky: ciaooo!! Allora rispondo subito alla tua domanda su Antonella... il prestare la pistola ad Anna era il suo modo di dire che finalmente ha deciso di buttare giù il muro tra loro due. Nel capitolo è spiegata l'importanza delle armi per un killer, quindi beh, interpreta quel prestito come un segno d'amicizia.
    Quanto ad Anna e Stub: beh alla fine la reazione di Anna mi è sembrata la più spontanea e banale che alla fine sarebbe venuta a chiunque. E' vero, l'essere killer è ciò che rende speciale Stub... però ha le mani macchiate di sangue, ha sulla coscienza decine e decine di omicidi e questo Anna non può ignorarlo... credo che uccidere qualcuno a sangue freddo non sia fico come può apparire nelle storie; è anche per questo che lei non è pronta a diventare una killer... la tua osservazione mi ha dato comunque modo di riflettere su come sia buffo il fatto che a volte può capitare che ti chiedano se sei disposto a morire per una persona, mai se sei disposto ad uccidere per quella persona...
    Spero comunque che ti sia piaciuto anche questo capitolo e ti mando un bacione!

  • myki: sono contenta che non trovi le mie trovate banali nonostante il loro ripetersi. In particolare in questo capitolo avevo dei dubbi sulla ripresa del penultimo capitolo del primo episodio della saga... che te ne pare? Mi sembrava un espediente un po' romantico... solo che ho paura che stucchi... comunque per quello che riguarda le armi forse da questo capitolo avrai capito perché perdo tempo a descriverle e a cercare di renderle meno banali possibili.
    Per quello che riguarda il bacio ti ho già risposto a voce, quindi spero che non ti arrabbierai se non riscrivo tutto (il mio gomito e il mio collo ti stanno implorando, fallo per loro *__*): mi raccomando però voglio critiche anche per questo capitolo.
    Per quello che riguarda il lavoro di Stub puoi leggere la parte finale della risposta a Levsky... devo dire però che mi ha colpita la tua ultima frase... "non lo faresti neanche tu"... e hai ragione. Non lo farei neanch'io.

Buonanotte a tutte!!!

@matrix@

 

 

  
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