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Autore: Kary91    21/11/2015    3 recensioni
[One-Shot|Pre-Saga|Katniss&Gale]
“Prendi noi due” esordì a quel punto il ragazzo, arrotolando il filo di ferro. “Tu per me non sei che una ragazzina qualunque, uguale ad altre centomila ragazzine. Il Giacimento ne è pieno: non ho bisogno di te; e neppure tu hai bisogno di me.”
Katniss lo ascoltava con attenzione, nonostante il cinismo ben piantato nel suo sguardo.
“Ma se uno dei due addomesticasse l’altro…” mormorò, senza concludere la frase.
“… Allora avremmo bisogno l’uno dell’altra” proseguì Gale, agganciando il coniglio morto alla sua cintura. “Ma sinceramente non è una cosa a cui sono interessato.”
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I don't love you (but I always will); '
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Premessa. Questa one-shot è ambientata prima della saga; Katniss ha dodici anni, Gale quattordici e sono passate solo poche settimane dal loro primo incontro. Le frasi sottolineate sono passaggi riadattati del dialogo fra il piccolo principe e la volpe del libro “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry. La one-shot partecipa alla challenge “La banca dei Prompt” indetta da Eireen_23 con il prompt “Rumore.”

 

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Se tu mi addomestichi

 
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Quando Gale era piccolo, suo padre qualche volta lo chiamava lince.

Questo perché già a sei anni ce la metteva tutta per diventare un perfetto predatore di selvaggina: era rapido e silenzioso, con un udito molto fino. Tutte doti essenziali per un cacciatore che si rispetti, ma anche tipiche delle linci selvatiche[1].

 

C’era poi un secondo motivo per cui il padre lo chiamava lince, ed era il fatto che spesso i capelli gli si arricciassero a formare dei ciuffetti sopra le orecchie come quelli del felino. Questo, tuttavia,  preferiva tenerlo nascosto.

 

Per via del suo soprannome, Gale era da sempre convinto che, se avesse mai incontrato una lince nei boschi, sarebbe riuscito a tenerla a bada. Di certo, non si era mai aspettato di imbattersi in una bambina che avrebbe finito per addomesticarne una.

 

“Senti un po’ chi arriva…” mormorò il giovane, avvertendo l’ormai familiare scalpiccio di foglie dietro di sé. “… Catnip del Giacimento.”

 

La ragazzina aveva intuito e un’ottima mira, ma doveva imparare ad annullare il rumore dei suoi passi se voleva ottimizzare le sue abilità da cacciatrice.

 

“Il mio nome è Katniss” rispose secca la giovane, chinandosi per esaminare una delle sue trappole. “Queste sono diverse da quelle che mi hai insegnato a costruire l’altro giorno.”

 

“Sono diverse perché servono a tutt’altra cosa” si limitò a rispondere Gale, dandosi un’occhiata attorno. “Che fine ha fatto la tua lince?”

 

Alludeva alla lince selvatica che il pomeriggio prima l’aveva seguita per mezzo bosco, nella speranza di rimediare qualcosa da mangiare. Quando Gale l’aveva incontrata nella radura con il felino alle calcagna gli era venuto spontaneo soprannominarla Catnip: in fondo, inizialmente aveva creduto che si chiamasse proprio così.

 

“Ho dovuto abbatterla” replicò la ragazzina, indurendo lo sguardo quando intercettò quello scettico di Gale. “Con arco e freccia: spaventava la selvaggina. Mi è dispiaciuto, perché mi teneva compagnia. Più di te, se non altro…” aggiunse, strappandogli un mezzo sorriso. “… Ma ho già promesso la sua pelle, mi frutterà un bel po’.”

 

Gale non la stava già più ascoltando: il suo sguardo, come sempre, si era spostato a rincorrere un guizzo in mezzo ai cespugli.

 

“È un peccato…” riprese infine, controllando la fonte del rumore. “Avresti potuto fartela amica. Una lince domestica che ti guarda le spalle nei boschi non sarebbe male.”

 

“Beh, per quello ci sei tu, no?” azzardò Katniss, pentendosene subito. Arrossì, quando lo sguardo cauto del ragazzo l’analizzò con attenzione. Tuttavia, continuò a mostrarsi decisa.  “Il nostro patto è ancora valido, giusto? Tu mi insegni tutto quello che sai sulle trappole ed io trovo il modo di procurarti un arco.”

 

“Sì, ma il nostro accordo si limita a quello” precisò Gale, mettendosi a braccia conserte. “Per quanto riguarda il resto, ognuno va la per la sua strada. Non ti seguirò come un’ombra: non sono addomesticato come la tua lince.”

 

Katniss tornò a squadrarlo con decisione.

 

“Mi sta bene” approvò, posando a terra l’arco e la faretra per potersi dedicare alle trappole. “Non mi serve qualcuno da addomesticare. Posso farcela benissimo da sola.”

 

Gale le rivolse un’occhiata poco convinta, prima di chinarsi per smontare una delle trappole: quel giorno era stato fortunato. Buona parte di quelle che aveva piazzato avevano catturato qualcosa.

 

Mentre lavorava, Katniss si avvicinò di qualche passo per osservare meglio le sue operazioni. Nella maggior parte delle situazioni le cose funzionavano così tra loro due: Gale si limitava a mostrarle in silenzio come svolgere una particolare azione e Katniss studiava i movimenti delle sue mani.

 

Mentre trafficava per sganciare il coniglio ormai morto dal filo di ferro, Gale sbirciò verso la ragazzina dall’aria attenta, ma diffidente almeno quanto la sua. Notò che si assomigliavano, un po’ come tutti i ragazzi del Giacimento. Si chiese se un giorno Posy sarebbe diventata come lei. Immaginò sua sorella a dodici anni – una bambina magra e vigile, con le stesse trecce nere di quella che aveva di fronte – costretta a sostenere da sola il peso di una famiglia. Gliel’avrebbe permesso? Probabilmente no. Ci sarebbero sempre stati lui, sua madre e i suoi fratelli a condividere con lei quel fardello.

 

Catnip, invece, doveva fare tutto da sola.

 

“Sai almeno che cosa significa?” chiese all’improvviso, con fare distratto. “Addomesticare.”

 

La giovane lo guardò storto.

 

“Secondo te?”

 

Il ragazzo ignorò l’ironia nel suo tono di voce.

 

“Secondo mio padre vuol dire creare dei legami” rispose infine.

 

Ricordò con malinconia le volte in cui sua madre arruffava giocosa i capelli di Joel Hawthorne, scherzando sul suo animo ribelle. Allora non era rado sentirle dire che era stata l’unica in grado di addomesticarlo. E lui, proprio quel pazzo scatenato, era stato l’unico in grado di fare lo stesso con lei. 

 

“Prendi noi due” esordì a quel punto il ragazzo, arrotolando il filo di ferro. “Tu per me non sei che una ragazzina qualunque, uguale ad altre centomila ragazzine. Il Giacimento ne è pieno: non ho bisogno di te; e neppure tu hai bisogno di me.”

 

Katniss lo ascoltava con attenzione, nonostante il cinismo ben piantato nel suo sguardo.

 

Ma se uno dei due addomesticasse l’altro…” mormorò, senza concludere la frase.

 

“… Allora avremmo bisogno l’uno dell’altra” proseguì Gale, agganciando il coniglio morto alla sua cintura. “Ma sinceramente non è una cosa a cui sono interessato.”

 

La freddezza con cui si ostinava a ribadire quel concetto irritò la ragazzina.

 

“Nemmeno io, se per questo” replicò, recuperando il suo arco e la faretra. “Perciò perché non lasciamo perdere i discorsi e passiamo al motivo per cui siamo qui?”

 

Gale la squadrò con fastidio, prima di scoccare un’occhiata all’arco che teneva in mano. Il pensiero di potersene finalmente procurare uno lo spinse a collaborare.

 

Fece segno a Katniss di accovacciarsi di fianco a lui; con calma, incominciò a spiegarle alcuni nodi basilari adatti alle trappole. Si accorse in fretta che la ragazzina era sul serio intenzionata ad assorbire il maggior numero di informazioni possibili;  non lo interrompeva mai, nemmeno quando era evidente che fosse sul punto di chiedere qualcosa. Inoltre, sembrava imparare in fretta.

 

La concentrazione di Katniss, tuttavia, sembrò scemare quando i due giovani incominciarono a fare il giro delle trappole. Il silenzio distaccato con cui Gale districava i nodi di ognuna di esse sembrava infastidirla. Dopo una ventina di minuti, si sentì costretta a cancellare quell’assenza di dialogo.

 

“Sono curiosa…” sussurrò, senza perdere d’occhio i movimenti delle mani di Gale. “… So come capire quando un animale si fida di me. So come si addomestica una bestia, ma non ho idea di come funzioni all’incontrario: come fai ad accorgerti che qualcuno ti ha addomesticato?”

 

Gale le rivolse un’occhiata confusa; assorto nei suoi pensieri e nella caccia, si stava già dimenticando della conversazione avuta poco prima.

 

“Penso sia come con gli animali” concluse, indicando la trappola a Katniss con il mento per suggerirle di provare a disfarla. “A volte riconosci il rumore dei suoi passi. Pensa alla tua lince: il passo di qualsiasi persona l’avrebbe fatta nascondere, ma il tuo l’ha fatta uscire dalla tana.”

 

 

“È per questo che quando cammini non fai mai rumore?” lo interrogò Katniss, mentre si sforzava di replicare i passaggi eseguiti da Gale poco prima. “Hai paura di addomesticare qualcuno per sbaglio?”

 

Gale sorrise, ma non rispose.

 

*

 

Nel corso dei giorni successivi, la stessa scena si verificò più volte. Pomeriggio dopo pomeriggio, Katniss si allontanava da scuola di corsa per intrufolarsi nei boschi attraverso un’apertura nella recinzione e, quando arrivava al punto d’incontro suo e di Gale, il ragazzo più grande era già lì ad aspettarla.

 

Nel giro di un mese, Katniss imparò tutto ciò che avrebbe dovuto sapere sulle trappole e diversi posti segreti che avrebbero potuto rivelarsi utili per procacciare cibo. Più avanti Gale le insegnò a pescare e in cambio Katniss gli offrì le sue conoscenze in materia di erbe e frutti commestibili.

 

Continuavano a cacciare separati, limitandosi a controllarsi con la coda dell’occhio, ma con il tempo incominciarono ad avvicinarsi, senza mai scambiarsi una parola. Katniss prestò a Gale uno dei suoi archi e il ragazzo prese il vizio di dimenticare qualche trappola nei punti in cui cacciava lei, per lasciarle i conigli. Più i giorni trascorrevano e più si arrischiavano a compiere qualche passo verso l’altro. Si studiavano in silenzio, accettavano la rispettiva presenza; incominciavano a sentirsi a proprio agio nel riconoscere i movimenti dell’altro nel silenzio della foresta.

 

E poi un giorno, senza nemmeno rendersene conto, i due giovani diventarono una squadra. Incominciarono a dividersi i compiti e il guadagno, e ad assicurarsi che entrambe le loro famiglie avessero da mangiare a sufficienza.

 

Avevano impiegato mesi a fidarsi l’uno dell’altra, ma alla fine era accaduto l’inevitabile: Gale se ne rese conto un pomeriggio mentre riposava appoggiato al solito sperone di roccia.

 

Dopo qualche minuto, un rumore di passi lo raggiunse alle spalle: istantaneamente un sorriso si arrampicò sul suo volto.

 

La sua andatura si era fatta più silenziosa rispetto ai primi tempi, ma Gale l’avrebbe riconosciuta ovunque.

 

“Ehi, Catnip” esclamò senza voltarsi, ancor prima che la ragazzina prendesse posto accanto a lui.

 

Katniss lo raggiunse e appoggiò a terra la faretra, per poi sedersi a sua volta.

 

“Ciao, Lince” scherzò, premendo la punta del suo arco contro un ciuffetto di capelli neri arricciato all’altezza dell’orecchio del ragazzo.

 

Il giovane la freddò con un’occhiataccia: alla fine, sua madre si era lasciata sfuggire quel particolare mentre parlava con la nuova amica del figlio.

 

Katniss incominciò a tirare fuori dalla bisaccia alcune cose da scambiare al Forno, per valutare assieme a lui il guadagno che avrebbero potuto ricavarne.

 

Mentre parlava l’amico la osservava in silenzio, la mente rivolta a tutt’altri pensieri:  l’indomani Katniss avrebbe compiuto tredici anni, ma per quanto il suo fisico si fosse rinforzato e le sue abilità di cacciatrice stessero migliorando notevolmente, ai suoi occhi continuava ad essere la stessa ragazzina pallida e smunta a cui forse, un giorno, sua sorella avrebbe assomigliato.   

 

Quel pomeriggio, tuttavia, un moto di affetto gli avviluppò lo sterno mentre la guardava. Ripensò ai mesi di solitudine che aveva trascorso prima di trovarla e a quanto le battute di caccia andassero meglio da quando avevano incominciato a collaborare, guardandosi le spalle a vicenda.


Se Katniss inizialmente era per lui solo una ragazzina uguale a centomila altre, adesso era diventata qualcosa di più. Ne aveva fatto un’amica e, volente o nolente, avrebbe sempre sentito il dovere di prendersene cura.

 

Sorrise fra sé, mentre l’immagine sbiadita di suo padre gli strofinava la mente. Ricordò una frase che doveva avergli mormorato lui una sera di quando era piccolo, mentre erano entrambi intenti a pavoneggiarsi per essersi aggiudicati il cuore della mamma.

 

Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato.”

 

 

Note Finali.

 

Era da tempo che sognavo di scrivere qualcosa su questi due che “si addomesticano”, ma siccome ho già scritto del piccolo principe in tutte le salse, perfino in questo fandom fra “Guerriero” e “Qualcosa da Chiamare Blu(e)” (nel mio head-canon il piccolo principe è il libro preferito della sorellina di Gale), me ne vergognavo un po’. Alla fine ho ceduto, perché ho trovato dei prompt davvero carini, come quello che ho inserito come immagine all’inizio di racconto. Ne ho utilizzato un altro per scrivere una one-shot ispirata alla famosa citazione sui tramonti del piccolo principe, ma è un po’ meh, non so ancora se avrò il coraggio di pubblicarla o meno xD E niente, Gale lince quattordicenne è stato difficile da descrivere, perché sappiamo davvero poco del suo rapporto con Katniss prima che diventassero migliori amici. Ho cercato di basarmi il più possibile su quel poco che racconta Catnip nel primo libro della saga. Il riferimento alla lince pazza che insegue la ragazzina nei boschi, così come il patto dei due ragazzi e il modo in cui pian piano si avvicinano sono tutti aneddoti raccontati nella saga.

E niente, spero di averli resi abbastanza IC!

Grazie mille a chiunque sia passato a leggere!

 

 



[1] Riferimento alla flash-fiction “Baby Lince”, dove viene appunto raccontata la nascita di questo soprannome per un piccolissimo Gale.

   
 
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