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Autore: Gloria Gerald    23/12/2015    5 recensioni
Quando Georgie udì quegli spari e lo vide accasciarsi al suolo pensò con orrore di averlo perso per sempre. Ma a volte la vita riserva una seconda chance...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Georgie Gerald
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era da tantissimo tempo che non aggiornavo più questa storia a me particolarmente cara. Purtroppo a volte la vita di tutti giorni è così carica di impegni che finisce con l'alienarti da altre cose, forse meno concrete, ma comunque importanti. E così ho finito con l'accantonare questo racconto, ma non ho mai smesso di pensarci, sapevo perfettamente come svilupparlo e come concluderlo. Dovevo solo trovare di nuovo un po' di tempo per me. Lo volevo davvero. Amo Abel e Georgie, adoro la loro coppia e "Immortal Love" è il mio modo per render loro giustizia rispetto al manga. Non ho mai accettato la morte di Abel, l'ho trovata una stupidaggine incredibile da parte dell'autrice e così ho inventato una storia alternativa tutta mia, come del resto molte altre persone hanno fatto, basta leggere i bellissimi racconti pubblicati in questa sezione per rendersene conto.
Oggi finalmente, dopo tantissimo tempo, mi sono riappropriata dei miei spazi e sono tornata a dedicarmi a questa mia "creatura". Ci tenevo a continuarla e ora sono determinata ad andare avanti.
Spero vi faccia piacere leggermi di nuovo. E per chi non conosce la mia storia... beh, questo è il momento giusto per farlo! Spero vi piaccia.
Volevo ringraziare le persone che mi seguivano in precedenza e che mi lasciavano recensioni. Ho ricevuto anche messaggi privati che mi chiedevano notizie sugli aggiornamenti. Non ho risposto a tutti, ma volevo cogliere l'occasione per scusarmi e dire che ora sono pronta a proseguire.
Non voglio dilungarmi troppo, perciò ora lascio spazio al nuovo capitolo. 
Grazie ancora a tutti, di cuore.




19 – Un nuovo inizio
 


Georgie venne svegliata dalla luce del sole che filtrava dalle finestre e si rigirò nel letto.
Stava così bene sotto quelle coperte che non avrebbe mai voluto alzarsi. Si sentiva calma, riposata, ristorata e così appagata da quella notte di riposo che nemmeno si ricordò dove si trovava.
Poi all’improvviso tutto le tornò alla mente. Spalancò gli occhi e guardò il soffitto con stupore. Era tornata a casa. Nella sua amata Australia. La sua terra che tanto le era mancata.
Si sentì pervadere da un’ondata di calore. Finalmente era ritornata alle sue origini e non se ne sarebbe andata mai  più.
Ma poi una profonda tristezza tornò a turbarla. Il ricordo degli avvenimenti della sera prima riaffiorò.
Arthur. Il suo caro Arthur. La reazione incontrollata che aveva avuto alla notizia di lei ed Abel. E quel dolore che lo lacerava, che lo aveva trasformato in una persona diversa, irriconoscibile.
Cosa stava passando il suo adorato fratello? Quale fardello stava portando da solo?
Mentre faceva questi pensieri, il suo sguardo venne attirato da un movimento.
Voltò il capo sul cuscino e vide Abel seduto di schiena sul letto accanto al suo, intento a vestirsi.
-       Buongiorno – disse lei stiracchiandosi nel letto.
Abel si voltò, le rivolse un debole sorriso e rispose – Buongiorno a te Georgie, sei già sveglia? E’ presto sai, perché non torni a dormire ancora un po’?-.
Il dolce sorriso che Georgie stava rivolgendo al marito lentamente lasciò il posto ad un’espressione triste e pensierosa.
Aveva colto nella voce di Abel una nota di tristezza. Il suo bel volto era tirato. Stava cercando di mascherare il suo stato d’animo, ma non poteva ingannarla. Non poteva mentire. Non a lei, che lo conosceva meglio di qualunque altra persona al mondo. Non a lei che lo amava più della sua stessa vita e che ora come non mai aveva bisogno di sprofondare in quel suo caldo abbraccio, che aveva il potere di farla sentire a casa, al sicuro. Ma in quel preciso momento lui non era in grado di darle tutto questo, perché stava soffrendo e molto per giunta. E non sarebbe bastato quel debole sorriso ad ingannarla sul suo reale stato d’animo.
- Abel come ti senti stamattina? – chiese allora lei preoccupata, mentre lui finì di vestirsi.
- Bene, grazie – rispose calmo e freddo – una notte di riposo ha fatto il miracolo - .
Non la guardò negli occhi. Non era capace di mentirle con lo sguardo. Non voleva farla preoccupare, lei aveva bisogno di tranquillità. Non voleva far trapelare quello che davvero sentiva dentro di sé. Era ancora scosso per le parole di Arthur e non stava affatto bene.
Georgie rimase di stucco a quella fredda reazione. Ma davvero Abel pensava di averla convinta? Era ovvio che stava passando un brutto momento ed era comprensibile. Quello che lei non capiva era il suo atteggiamento. Perché non si apriva con lei? Perché la tagliava fuori dalle sue preoccupazioni? Lei era sua moglie infondo. Aveva tutto il diritto di stargli vicino e cercare di farlo stare meglio.
Avrebbe voluto dirgli chiaro e tondo che non se l’era bevuta, che aveva capito tutto, ma non volle iniziare la giornata litigando. Era già stato abbastanza difficile affrontare Arthur e i suoi demoni interiori. Era il momento di dare una tregua al povero Abel. E così decise di stare al gioco.
Si sedette sul letto con ritrovata energia e cercò di sorridere ed essere positiva, nonostante l’atmosfera pesante.
- Bene, allora mi vesto subito e poi vado a preparare la colazione per tutti. Magari davanti ad una tazza di thè e a delle frittelle calde riusciremo a parlare e a tenere calmi gli animi – esclamò Georgie propositiva.
Del resto, anche se Arthur aveva esagerato la sera prima, era pur sempre loro fratello. Forse bastava un gesto banale per riuscire ad avvicinarsi di nuovo a lui.
E sperava che così anche Abel avrebbe potuto avere l’occasione di chiarirsi con lui e lasciare da parte l’astio.
- Grazie per il pensiero gentile, Georgie – la interruppe Abel – ma io non ho fame ora. Magari mangerò qualcosa più tardi alla locanda giù al porto -.
Georgie sgranò gli occhi per lo stupore – Al porto? E cosa ci vai a fare oggi al porto? –gli chiese incredula.
Abel non volle fissarla negli occhi, mantenne lo sguardo basso – Ho da organizzare il lavoro. Il signor Allen si aspetta che io apra il mio studio al più presto. Non intendo deluderlo – spiegò.
- Ma siamo appena tornati e tu già pensi al tuo studio? Non credo che il signor Allen intendesse che tu ti mettessi subito all’opera – disse lei a quel punto – E comunque potresti rimandare tutto almeno fino a domani. Oggi abbiamo bisogno di parlare con Arthur. Di quello che è successo ieri sera. Non possiamo evitarlo, sarebbe sbagliato. Se ora ci allontanassimo da lui, si verrebbe a creare un muro tra noi e non possiamo permetterlo -.
Abel ascoltò con attenzione quelle parole e finalmente trovò la forza di incontrare i suoi bellissimi occhi verdi.
- Ma infatti tu rimarrai qui con lui – proseguì Abel con calma – Sono io che me ne vado. Non voglio essere di troppo. Non mi sembra il caso. Approfitto del mio lavoro per lasciarvi lo spazio necessario per riavvicinarvi. Non voglio che lui ce l’abbia con te per causa mia -.
Georgie trasalì a quelle parole. Ma cosa aveva per la testa suo marito?
- Che stai dicendo? – esclamò lei spazientita – Questa è casa tua, perché mai dovresti essere di troppo? Perché ti rifiuti di parlare con tuo fratello? Tu hai bisogno di riavvicinarti a lui più di me. Dovete parlare e mettere a posto le cose. Quello che è successo ieri è stato spiacevole, tesoro, lo so. So che ci stai male ora e che sei ferito. Ma so anche che se oggi te ne vai perderai un’occasione importante per riappacificarti con lui. So quanto lo ami, quanto hai sofferto quando hai pensato che fosse morto. Ma dopo tutto il dolore che hai provato, ora hai la fortuna enorme di averlo qui. Non scappare. Resta e lotta per il vostro rapporto. Non farti abbattere dalle sue parole. Ieri era sconvolto, non sapeva nemmeno quello che diceva -.
Abel scrollò il capo ostinato e continuò con fermezza – E invece sapeva benissimo quello che stava dicendo, amore mio – disse con un’espressione triste e sofferente – Ha detto che mi odia. E’ stato chiaro in merito. E per quanto io gli possa voler bene, per quanto vorrei abbracciarlo e dirgli che io per lui ci sono e ci sarò sempre, so che non mi crederà. Che non mi darà mai la possibilità di stargli accanto -.
Si interruppe solo un istante e si voltò verso la finestra, perdendo il suo sguardo oltre il cortile di casa, verso le praterie sconfinate. Le stesse verdi praterie che li avevano visti crescere tutti e tre insieme, li avevano visti giocare felici.
Come gli sembrarono lontani quei bei tempi. Eppure nulla era cambiato da allora in quei luoghi, tutto sembrò rimanere fermo lì, al suo posto.
Erano loro che non erano più gli stessi. Erano dovuti crescere in fretta. Gli equilibri si erano inesorabilmente spezzati, portandosi via la felicità che aveva caratterizzato la loro infanzia.
- Non intende perdonarmi. Ti ho portata via da lui. E ora più che mai lui avrebbe avuto bisogno di te al suo fianco – sospirò mestamente, abbassando il capo – E’ normale che ora lui provi rancore per me. Mi sono preso tutto e ora lui si sente tradito -.
Georgie si avvicinò a lui, toccandogli gentilmente una spalla e lo fece voltare, affinchè la guardasse.
- Che cosa vuoi dire con questo Abel? – chiese lei stupita – Che sei pentito di noi? -.
Abel la guardò dispiaciuto. Non voleva vederla così preoccupata. Era visibilmente scossa dalle sue parole e stava in pena.
- No amore mio, no, questo mai – la rassicurò lui, accarezzandole dolcemente una guancia – E’ solo che in questo momento non posso difendere il nostro amore con lui. Se le circostanze fossero state diverse, allora non gli avrei permesso di dire quelle cose -.
A quel pensiero Abel si rattristò ulteriormente e spiegò alla moglie le sue sensazioni – Arthur sta molto male. Ha passato un inferno nei giorni in cui è stato prigioniero dei Dangering. E ora è segnato – una lacrima gli rigò la guancia – Come posso io tenergli testa ora? Come posso convincerlo che sta sbagliando con me? Lo hanno svuotato Georgie, gli hanno portato via tutto. La libertà, la dignità, la salute, la serenità. Tutto. E ora arrivo io e gli sbatto in faccia la mia felicità. Gli dico che ho sposato la ragazza che ho sempre amato e che ha sempre amato anche lui. Gli dico che sto per diventare padre. E pretendo che tutto questo venga accettato da lui senza batter ciglio? No, non è possibile. Non sarebbe giusto. Lui sta soffrendo molto e non può sopportare altri affronti. Non da suo fratello, almeno -.
Georgie sentì una morsa al cuore a quelle parole. Povero Arthur e povero Abel. Che avrebbe potuto fare lei per aggiustare le cose? Sembrava tutto terribilmente difficile. Sembrava davvero che non ci fossero più speranze per una nuova vita loro tre insieme.
- Io capisco, ma se tu provassi a parlarci … - disse lei in preda alla disperazione – Magari riuscireste a ritrovarvi. Non scappare da lui oggi, resta qui e affrontalo. Fagli capire quanto tieni veramente a lui -.
Abel sorrise intenerito dai tentativi della moglie di farli riappacificare. Sapeva benissimo quanto lei ci tenesse a vederli andare d’accordo.
- Non oggi, Georgie – rispose fermo Abel – Non oggi. Oggi voglio rispettare i suoi tempi e lasciargli i suoi spazi. Non voglio essere il solito egoista. Voglio che sappia che lo rispetto. Sono sicuro che lui preferisce trascorrere questa giornata con te, piuttosto che avermi tra i piedi e io non voglio forzarlo. Lavorerò tutto il giorno, così terrò la testa impegnata e non penserò ad Arthur. Tornerò stasera al tramonto -.
Georgie scrollò la testa in segno di disapprovazione – Sinceramente non capisco il tuo punto di vista – continuò – Oggi te ne stai alla larga. Va bene. Ma poi domani? E dopodomani? Cosa sarà cambiato se non vi vedrete? Se non proverete a chiarirvi? Che farai? Starai tutti i giorni alla larga da casa tua per rispettare i suoi tempi? Abel, ti rendi conto che è assurdo?-.
- No, non lo è invece – rispose lui convinto  - capirà che non gli voglio mettere fretta e lo apprezzerà. Starò alla larga il tempo necessario, non mi importa -.
- Cosa? – esclamò Georgie sempre più confusa – Starai lontano da qui il tempo necessario? Ma lo sai che significa questo? Che non sarai con me, ecco che significa. Perché dobbiamo fare questo? Che senso ha, scusa? Perché dovrei rinunciare a te? Partiresti tutte le mattine all’alba e torneresti al tramonto, non saremmo mai insieme -.
- Georgie, ti prego, ragiona – cercò di calmarla lui – Sarà per un breve periodo, fin quando Arthur non dimostrerà di tollerare la mia presenza qui. Non possiamo essere egoisti e pensare solo a noi stessi. Che pretendi che faccia? Che stia qui sapendo che lui mi odia, mentre mi guarda che sto con te? Che ti bacio? Che faccio l’amore con te? Non posso ferirlo ancora di più, non me la sento -.
Georgie sentì che stava perdendo la pazienza.
- Mi stai dicendo che in qualche modo il nostro amore può essere un’offesa per Arthur? Non saremo più liberi di amarci per non farlo soffrire? – chiese lei al limite del pianto – Non era questa la vita che avremmo voluto vivere una volta tornati a casa. Non era così che avremmo dovuto interagire con Arthur. E poi che farai quando nascerà il bambino? Lo terrai nascosto da lui per non recargli altro dolore? Mi stai forse dicendo che dovrei limitarmi? Che dovrei vergognarmi del nostro amore e di nostro figlio? -.
Abel la strinse forte a sé. Non voleva vederla così, né sentirle dire quelle stupidaggini.
- Amore mio – prese a dirle con dolcezza per calmarla - Nessuno qui deve vergognarsi. Il nostro amore è la cosa più bella che mi sia mai capitata e non vedo l’ora di stringere nostro figlio tra le mie braccia. Quello che voglio dire è solo che per i primi tempi voglio andarci piano. Ora non saprei come affrontarlo. Non saprei come placare la sua ira. Lui mi detesta in questo momento e l’unico regalo che davvero apprezzerebbe è non vedermi intorno a lui per un po’. Lasciami tentare, Georgie. Vorrei che lui si abituasse a questa nuova situazione pian piano. La fretta è cattiva consigliera -.
Georgie si scostò da quell’abbraccio per guardarlo in volto e con gli occhi colmi di lacrime singhiozzò – Ma così noi dovremo vederci poco e… -.
Ma lui la azzittì mettendole dolcemente l’indice sul labbro e accennando un lieve sorriso – E’ solo per poco tempo, te lo prometto – insistette lui – Proviamo a fare come dico io. Te lo ripeto, non voglio forzarlo. In questo momento Arthur è la priorità. Sono già felice di saperlo sano e salvo. Questo mi basta, mi sono tolto un peso dal cuore. Ora non sono più angosciato per la sua morte. E questo è già molto per me. Il resto lo vedremo. Spero di riconquistare la fiducia di mio fratello con il tempo. Ma per fare questo tu devi aiutarmi. Devi solo avere un po’ di pazienza -.
- Io pazienza non ne ho più. L’ho esaurita tutta ultimamente – rispose Georgie, facendo il broncio come quando era piccola.
Abel si lasciò sfuggire un piccolo sorriso. A volte la sua Georgie faceva i capricci, proprio come quando era una bambina. E questo lo intenerì molto, perché li stava facendo per lui, per averlo accanto a sé. Come avrebbe voluto accontentarla, stare sempre con lei, tenerla tra le braccia tutto il giorno, amarla appassionatamente….ma questa volta non poteva.
- Ma io ti amo – proseguì lei sconsolata – E non ti forzerò. Anche se non credo che sia questo il modo giusto per fare pace con Arthur -.
Abel sorrise e la baciò dolcemente.
- Grazie amore mio – sussurrò sulle sue labbra – Ti sono grato per questo. Ti prometto che cercherò di porre fine al più presto a questa situazione -.
Georgie sospirò e non aggiunse altro. Che poteva fare del resto? Quando Abel si metteva in testa una cosa, era impossibile fermarlo.
Dopo poco Abel si congedò da lei con estremo rammarico. Prese il cavallo e si diresse verso il porto, lasciandola sola nel cortile di casa, mentre lo guardava preoccupata sparire all’orizzonte.
 
 
Si voltò per rientrare in casa. Avrebbe preparato la colazione e deciso come affrontare Arthur.
Ma non fece in tempo a fare un passo, che sussultò per un piccolo spavento.
Arthur era alle sue spalle, immobile, che la fissava con espressione incerta.
- Oh cielo! – esclamò Georgie presa alla sprovvista – vuoi forse farmi morire di paura? -.
Arthur indietreggiò in evidente imbarazzo ed abbassò lo sguardo.
- Scusami – sussurrò – non era mia intenzione… -.
Notò che rispetto alla sera prima sembrava decisamente più calmo e tranquillo. Aveva perso la baldanza. Anzi, sembrava molto a disagio.
Rimase stupita. Come era possibile un cambiamento del genere? In lui non sembrava esserci più traccia dell’odio e dell’ira che aveva dimostrato nei loro confronti la sera prima e questo, tutto sommato, le faceva piacere. Forse ora sarebbe stato più facile ragionare con lui. Forse il fatto di trovarsi solo, faccia a faccia con lei, lo aveva disarmato.
- Vado a preparare la colazione – disse Georgie risoluta – Non tardare a raggiungermi -.
Sentì crescere la sicurezza dentro di sé. Doveva dimostrare ad Arthur che non lo temeva. E fargli anche capire che era seccata con lui per le parole e i toni che aveva riservato loro.
Stava soffrendo ed era loro preciso dovere aiutarlo. Ma forse un po’ di severità poteva fargli bene.
Entrò in cucina, seguita da lui, e si mise subito all’opera. Arthur, silenziosamente, si avvicinò e le diede una mano, accendendo il fuoco e preparando la tavola per loro due.
Non chiese nulla in merito ad Abel, nemmeno lo menzionò e questo ferì Georgie.
Come potevano due fratelli uniti come loro essere così distanti uno dall’altro? Non poteva accettarlo. Era determinata a porre fine a quella stupida situazione al più presto.
Mangiarono in silenzio, seduti uno di fronte all’altra.
Arthur di tanto in tanto volgeva uno sguardo furtivo a Georgie, ma lei non alzò mai il capo per incontrare i suoi occhi. Non accennò ad un sorriso, ad una parola. Era evidentemente arrabbiata e lui sapeva fin troppo bene il motivo e se ne crucciò.
- Perdonami Georgie – disse a quel punto lui – Non avrei dovuto dirti quelle parole -.
Lei trasalì. Lui si stava scusando. Aveva capito l’errore. Forse era davvero possibile sistemare le cose.
- Ti ho offeso in vari modi ieri – continuò guardandola dritto negli occhi – E me ne dispiace. Non lo meritavi. Sono stato un idiota -.
Lei chiuse per un istante gli occhi, fece un profondo sospiro e rispose – Sì, hai esagerato Arthur. Hai detto cose cattive ed ingiuste e mi sono sentita davvero male per questo. Davanti a me avevo un estraneo, non il fratello che adoravo. Mi hai sconvolto con la tua reazione e ho temuto davvero di averti perso per sempre, ma per fortuna ora vedo un uomo diverso qui davanti a me. Intravedo di nuovo il mio Arthur e questo non può che rendermi felice. Vorrei solo capire che accidenti ti è preso ieri sera per dire parole così gravi nei nostri confronti -.
Arthur scosse la testa – Non puoi capire, Georgie. Non hai idea di cosa sto passando. Sto davvero male e sono  molto cambiato. Ho spesso sbalzi d’umore e a volte sento una rabbia incontrollabile scoppiarmi dentro. Vorrei domarla, ma non ci riesco -.
Abbassò il capo, come sconfitto, e iniziò a singhiozzare.
Georgie sentì una morsa al cuore nel vederlo così. Allungò una mano e coprì la sua, abbandonata sul tavolo mentre piangeva.
Non sapeva che dirgli. Quali parole sarebbero state giuste in quel momento, senza il rischio di suonare vuote e banali?
Al dolce contatto con lei Arthur alzò nuovamente il capo e si asciugò le lacrime.
- Scusami – disse sommessamente – Non voglio che tu mi veda in questo stato. Ma è difficile per me essere forte ormai -.
Georgie  prese la sua mano fra le sue e la strinse, per infondergli calore e sicurezza.
- Arthur non devi preoccuparti – disse con dolcezza – Non devi giustificarti con me. Sii semplicemente te stesso e vivi le emozioni che senti dentro di te liberamente. Che siano positive o negative. So che hai passato momenti durissimi e non ti biasimo se ora stai male. Noi siamo qui per te, perché ti vogliamo bene e vogliamo che tu stia meglio. Ti aiuteremo senza indugi. Però voglio che tu capisca che le offese di ieri sera sono state esagerate. Non ce le meritavamo. Abel e io ti vogliamo bene. Non puoi allontanarci da te -.
Appena sentì quelle parole Arthur ebbe un sussultò e di scatto tolse la sua mano da quelle di Georgie.
- Non ci siamo capiti – disse lui a quel punto – Io mi sto scusando con te. Solo con te. E’ con te che voglio ricostruire un rapporto. Non con Abel. Per me lui è morto -.
Georgie sentì il mondo crollarle addosso. Come era possibile tutto questo? Come poteva Arthur odiare tanto suo fratello.
Lui si alzò e iniziò a camminare nervosamente per la cucina.
- Mi ha tradito, capisci? – urlò – Si è preso la donna che amavo. Si è costruito una vita felice con lei. E ora vorrebbe che io gli fossi amico? Mai! E’ il solito egoista, Georgie. Non pensa ad altri che a se stesso. Se ora io sto così male, è solo colpa di Abel! -.
Aveva di nuovo cambiato umore, era agitato, arrabbiato e per un attimo Georgie ebbe paura. Non sapeva come avrebbe potuto reagire. Era davvero sconvolto.
- Quando te ne sei andata – proseguì con la voce rotta dal pianto – Lo implorai di non seguirti, ma come al solito non mi diede retta. Lasciò tutto e partì per l’Inghilterra. Abbandonò me, la mamma, la nostra casa. Tutto. Non ebbe un briciolo di buon senso. Non si preoccupò di nulla, solo di se stesso. Lui voleva te e ti avrebbe avuta a qualunque costo. Non si preoccupò nemmeno per un istante dei suoi cari. La mamma è morta senza rivederlo un’ultima volta. E’ rimasto tutto sulle mie spalle. Dov’era il mio caro fratello in quei momenti? Ero solo, Georgie, completamente solo  -.
Georgie non seppe trattenere le lacrime a quelle parole. Arthur aveva portato un fardello enorme tutto da solo e lei si sentiva in colpa.
- E’ colpa mia – lo interruppe lei – sono scappata da lui e da voi senza nemmeno venirvi a salutare un’ultima volta. Non ho avuto il coraggio. Sono stata meschina ed egoista. Se solo non mi fossi mai imbarcata su quella maledetta nave, oggi…. – ma non ebbe il tempo di finire la frase che Arthur la interruppe.
- Tu non c’entri nulla, mia cara – disse lui in tono consolatorio – che potevi fare? Eri sconvolta dalle ultime rivelazioni che ti aveva fatto la mamma. Sei fuggita perché sentivi che la tua vita era stata un’enorme menzogna. Non ti biasimo per questo. Non hai colpe. Ma Abel sì. Lui avrebbe dovuto ragionare, essere meno impulsivo. Invece è partito immediatamente, senza curarsi di nessuno. Come lo vuoi chiamare questo? Per me è stato puro egoismo -.
- No, non è vero Arthur e tu lo sai – rispose allora Georgie – Abel è sicuramente un ragazzo impulsivo, spesso testardo e agisce d’impeto. Questo sì. Ma non è un egoista. Ha un cuore grande Arthur. Tu non puoi sapere quanto -.
Si interruppe un momento, vinta dall’emozione, ma poi riprese il suo discorso – Lui ha mollato tutto per seguire me. Perché mi amava e soprattutto perché non voleva lasciarmi sola in una grande città così lontana. Mi ha cercata ovunque, finchè non mi ha trovata. E tu non sai quanto io sia stata crudele con lui, Arthur. Gli ho spezzato il cuore. L’ho fatto soffrire, senza preoccuparmi minimamente dei suoi sentimenti. Se qui qualcuno è egoista, beh quella sono io. Ho solo pensato a me stessa. Ero decisa a stare con Lowell e così ho calpestato le speranze di Abel, senza pietà. E nonostante questo lui mi è stato vicino sempre. C’era comunque per me. Mi ha aiutata con Lowell e mi ha accolta quando sono stata costretta a lasciarlo e a riportarlo da Elisa. Non mi ha mai serbato rancore. Ha continuato ad amarmi in silenzio, senza pretendere nulla da me. Voleva solo che fossi felice, anche se questo comportava vedermi con un altro -.
Si asciugò una lacrima che le aveva rigato la guancia e poi riprese – Per non parlare di te, Arthur. Tu non hai idea di cosa abbia fatto tuo fratello per te, per salvarti. Non hai idea di quanto abbia rischiato. Ha lottato tra la vita e la morte per parecchi giorni. E tutto questo per te, per liberarti dalla tua prigionia. Era devastato dall’idea di saperti prigioniero di Dangering. Era perfettamente consapevole del tuo stato e avrebbe fatto qualunque cosa per sostituirsi a te. Era il suo pensiero fisso. Doveva liberarti. Doveva provvedere a te. E ha rischiato di morire per farlo. Se tu sei riuscito a fuggire da quell’inferno è grazie ad Abel. Se non fosse stato per lui, ora saresti ancora tra quelle mura -.
Arthur ascoltò in silenzio e molto attentamente il racconto di Georgie.
Lei gli spiegò tutto nel minimo dettaglio, rivivendo nella sua mente quei giorni così angosciosi e raccontandogli tutto quello che Abel aveva passato per lui, compreso il forte dolore che aveva provato quando tutti credettero che il suo amato fratello fosse morto, annegato nel Tamigi e di tutte le peripezie che ne erano seguite, come il travagliato viaggio a Telford.
Arthur ascoltò con stupore il racconto di Georgie, in particolare di quello che suo fratello aveva fatto una volta sostituitosi a lui nella cella presso i Dangering. Aveva rischiato molto e tutto questo per salvarlo. E di come si fosse dannato l’anima pensando che lui fosse morto.
Ascoltando quelle parole pianse. Sapere che Abel lo amava così tanto lo emozionò. E poi molti ricordi riaffiorarono alla mente. Erano sempre stati uniti e aveva sempre potuto contare sulla protezione di suo fratello maggiore.
- Non mi ha mai portato via da te – Georgie interruppe i suoi pensieri – Semplicemente sono io che ho scelto lui. Se devi essere arrabbiato con qualcuno per il fatto che ora noi siamo insieme, quella sono io, non Abel –.
Arthur aggrottò la fronte, non capendo appieno le parole di Georgie.
- Lui non ha fatto nulla – continuò intenerita lei – mi ha amata, mi ha sempre amata, ma non mi ha mai obbligata a stare con lui. Anzi, fino ad un certo punto mi sono comportata male. L’ho ferito, l’ho fatto soffrire. Ma poi improvvisamente le cose sono cambiate. Mi sono resa conto che lui per me era molto importante. Ho capito che la sua presenza al mio fianco era diventata essenziale. Mi mancava moltissimo quando non era con me e non hai idea di quanto ho sofferto quando ha deciso di sostituirsi a te in quella cella. Ha compiuto un atto di enorme coraggio e soprattutto di amore nei tuoi confronti, ma contemporaneamente ha gettato me nel panico più profondo. Sentivo che lo avrei perso e ho temuto di impazzire. Ho capito allora di amarlo. Ho capito allora che non avrei potuto più fare a meno di lui -.
Arthur vide Georgie commossa come non gli era mai capitato prima. Parlava di Abel con una dolcezza disarmante. I suoi occhi lucidi per l’emozione di quei ricordi erano fissi in un punto indeterminato nel vuoto. Aveva un triste sorriso sulle labbra. Era bellissima. Ed era Abel che le faceva quell’effetto.
- Quando ho lasciato Lowell mi sono sentita molto triste e spaesata. Ma indovina chi è stato accanto a me per confortarmi? Lui. Sempre lui. Nonostante tutto, lui era lì per me. E alla fine ho capito. Solo che ho temuto che fosse troppo tardi. Avrei potuto perderlo. Sarebbe potuto morire. Anzi, a dire il vero non so come abbia fatto a sopravvivere. E’ stato un vero miracolo -.
Lo guardò negli occhi e aggiunse – Avrei potuto innamorarmi di qualcun’ altro… di te per esempio. O avrei potuto continuare a star male per aver perso Lowell. Siete entrambi due persone molto importanti per me. Avrei potuto scegliere voi. Ma non è andata così. E sai perché? – disse lei sorridendo – Perché ho capito che nulla si può contro le scelte del cuore. E il mio era di Abel. E forse lo è sempre stato, anche quando credevo fosse mio fratello. Non so spiegarti il motivo a parole. Credo che certi tipi di amore, così viscerali, così profondi, così duraturi nel tempo sfuggano alla ragione e siano solo comprensibili al cuore. Lo amo, Arthur, lo amo tantissimo e non potrebbe essere diversamente. Se lui quel giorno fosse… ho paura solo a pensarlo… se lui fosse morto quel maledetto giorno e io fossi tornata in Australia e avessi ritrovato te, come è successo ieri, beh non avrei scelto comunque te, perché io appartengo ad Abel. Sono sua e di nessun altro. E non lo dico per ferirti, ma per farti capire che ci sono situazioni che non si possono decidere, ma semplicemente capitano. Ti voglio bene Arthur, te ne voglio davvero molto. Ma come un fratello, niente più. Non odiare Abel a causa dei sentimenti che provo per lui. Nessuno ti ha rubato niente. E’ stato semplicemente il cuore a fare la sua scelta e so che il mio ha fatto la cosa giusta -.
Arthur ascoltò quelle parole e alla fine sospirò – Non era proprio destino tra noi, eh Georgie – disse Arthur arrendendosi – Ma io del resto lo sapevo. L’ho sempre saputo che eri sua. Lo avevamo capito tutti, anche la mamma e lo zio Kevin. Voi due avete sempre avuto un legame speciale e non era di certo un sentimento fraterno quello che vi legava. Forse tu ai tempi non ne avevi preso piena coscienza, perché ti credevi nostra sorella, ma c’era un qualcosa di diverso tra te e Abel. Qualcosa che non avevi con me e con nessun altro. In effetti mi sono stupito quando ti sei innamorata di Lowell. Dentro di me ero convinto che prima o poi Abel ti avrebbe raccontato la verità e tu saresti corsa tra le sue braccia -.
Georgie sorrise – No Arthur, Abel non l’avrebbe mai fatto. Non è mai stato l’egoista che tutti credevano. Mi ha raccontato che stava malissimo per via di quel segreto e che molte volte avrebbe voluto togliersi il peso raccontandomi tutta la verità. Ma poi gli mancò il coraggio di farlo, perché non voleva ferirmi. Mi ha sempre protetta e amata, sempre. In ogni momento della nostra vita – chinò il capo e proseguì – Non so che successe quando mi innamorai di Lowell. Lui era così… diverso da noi. Era bello, raffinato, colto, elegante. Mi sono innamorata di quello che rappresentava. Dei suoi modi. Dell’idea che lui mi dava dell’amore. Ma in realtà è stata solo un’ infatuazione. Ho capito solo tempo dopo cos’era davvero l’amore. E l’ho capito con Abel -.
- E per me, invece, non hai mai provato nulla – sentenziò deluso Arthur.
Georgie lo guardò stupita – No! Io ti voglio davvero bene, Arthur. Ma non in quel modo. Non come Abel. Sei e sarai per sempre un fratello. Una persona speciale. Non è questione di intensità di sentimenti. Li provo fortissimi per entrambi, ma di natura diversa. Tutto qui -.
- Già – disse Arthur rassegnato – e io sono quello che rimarrà per sempre relegato nel ruolo dell’amico fidato…. La mia solita fortuna! Non riuscirò mai ad essere felice, ad essere amato da una donna -.
Georgie gli mise una mano sulla spalla e disse – Queste sono solo stupidaggini! Il fatto che io non ti ami in quel modo, non vuol dire che non ci sarà mai una donna nella tua vita che ti renderà felice. Arthur, guardati. Sei un ragazzo bellissimo, dolcissimo, generoso e pieno di premure verso il prossimo. Sei una brava persona. La donna che ti avrà sarà la più fortunata del mondo -.
Arthur rise sarcastico a quelle parole – Chi, Georgie? Chi? Dimmi seriamente chi sarebbe disposta a passare la vita con uno come me. Uno con i demoni che dimorano in un passato oscuro. Demoni che tornano a tormentarmi ogni giorno. Chi può decidere di amarmi nonostante tutto questo e portare con me il fardello pesante delle atrocità che ho subito? -.
Georgie non seppe trattenersi e gli accarezzò dolcemente il volto. Quelle parole erano cariche di dolore e disperazione e lei avrebbe voluto alleviare quel tormento.
- Passerà Arthur, passerà anche questo e tornerai a sorridere. E non temere, perché non è così difficile innamorarsi di te. Vuoi un nome? Beh io ce l’ho. Maria. Lei era sinceramente affezionata a te e posso assicurarti che quel sentimento si stava trasformando in amore. Poi purtroppo sono successe le cose che sappiamo e anche lei ha finito con il credere che tu fossi morto. Non ti dico quanto ha sofferto. E soffre ancora, poverina, perché non sa che sei riuscito a sopravvivere -.
Al nome di Maria, l’espressione sul volto di Arthur si addolcì.
Maria. Bellissima Maria. Lei era un raggio di sole in quella prigione infernale. L’unica cosa bella per cui valesse la pena vivere quelle terribili giornate. Era gentile con lui e riusciva a trasmettergli un po’ di calore umano. L’unica persona in quella casa che ancora ricordava con piacere.
Ma non riuscì davvero a conoscerla o a valutare i sentimenti che lei suscitava in lui, perché troppa era la sofferenza che provava a causa di suo fratello e di suo padre. Troppe le torture che aveva dovuto subire.
- Sai cosa ho notato, Arthur – disse Georgie riportando il fratello alla realtà – che mentre Abel non ha mai amato davvero altre donne oltre me, tu invece mi davi l’impressione di provare qualcosa per Maria. Non so cosa fosse e forse non lo sai neanche tu, ma credo che se le circostanze fossero state diverse, avresti potuto innamorarti di lei. Forse sopravvaluti il sentimento che ti lega a me, perché non hai potuto conoscere meglio Maria. Chissà, se fosse successo magari ora le cose sarebbero diverse e non saresti così arrabbiato che alla fine io abbia scelto Abel -.
Arthur sorrise a quelle parole. In effetti Maria aveva toccato qualcosa di intimo e profondo dentro al suo cuore. Ma non aveva avuto il modo e il tempo di realizzarlo e di viverlo.
- Chissà – ribattè lui rattristato– non lo sapremo mai. Maria è rimasta a Londra. Lontano da qui….. lontano da me -.
 Georgie lo abbracciò per consolarlo. In effetti Arthur era molto sfortunato. Aveva avuto la possibilità di essere felice con una persona sinceramente interessata a lui e l’aveva persa.
Il suo pensiero andò anche a Maria. Alla povera Maria, ormai sola, abbandonata da tutti, con la tristezza nel cuore. Se solo Maria avesse saputo che Arthur era vivo…
Poi si rese conto che non tutto era perduto. C’era ancora una speranza. Doveva scrivere a suo padre e raccontargli tutto. Forse sia per Arthur che per Maria c’era ancora una possibilità! Si, doveva tentare. Subito, senza indugi. Non poteva perdere tempo. Era sicura che una nave sarebbe salpata l’indomani per Londra. Doveva assolutamente far partire una lettera con quella nave e mandarla al conte Gerald. Prima che suo padre lasciasse l’Inghilterra, ovviamente.
Si sentì improvvisamente raggiante! Era felice per quell’idea che aveva appena avuto. Avrebbe voluto spiegare tutto ad Arthur, ma preferì trattenersi. Se il suo piano fosse fallito, il povero ragazzo avrebbe ricevuto l’ennesima delusione e non sarebbe stato giusto.
Avrebbe tenuto tutto per sé per il momento. Era sicuramente meglio. E se le cose fossero andate per il verso giusto, il suo caro Arthur avrebbe ricevuto una bellissima sorpresa nei prossimi mesi. E forse le cose si sarebbero sistemate una volta per tutte.
Si, quella era davvero l’ultima occasione. Doveva solo provarci e l’avrebbe fatto!
- Che cosa ti sta passando per la testa, Georgie? – chiese Arthur curioso, ridestandola dai suoi pensieri.
Georgie lo guardò, cercando di non far trapelare nulla. – Niente di che – rispose vaga – Stavo solo pensando che sta per tramontare il sole. Tra poco arriverà Abel e…. beh si….. mi chiedevo che intendi fare con lui… -.
Arthur sospirò e le chiese – Ti rende felice? -.
Lei sorrise e arrossì lievemente –Sì, molto – sussurrò.
- Bene – esclamò Arthur – Vuol dire che per questa volta lo perdonerò. Si è preso lui la ragazza, ma almeno so che sei felice. Ed è questo quello che conta -.
Georgie non seppe contenere la gioia per quelle parole. Saltellò felice intorno al fratello, come una bambina impaziente e lo abbracciò con vigore.
- Grazie! Grazie! Grazie! – urlò felice lei – Vedrai che non te ne pentirai!!! -.
- Va bene, va bene – ridacchiò Arthur di fronte a quella manifestazione di entusiasmo – Ma ora torna dentro. Aspetterò io Abel qua fuori. Voglio parlargli da solo -.
Georgie obbedì a quella richiesta. Era giusto lasciare un po’ di intimità ai due fratelli, dopo la scenata del giorno prima. Dovevano chiarirsi e dovevano farlo da soli.
E poi a lei era tornato l’appetito dopo quel discorso con Arthur e aveva intenzione di preparare una cenetta con i fiocchi per celebrare il loro ritorno in Australia e finalmente allentare un po’ la tensione. Inoltre aveva anche un’importante lettera da scrivere.
Diede un bacio sulla guancia del fratello e sussurrò – Grazie. Sono felice che tu ci stia provando -. E poi rientrò.
Arthur sorrise alle sue esternazioni e restò seduto sulla staccionata, guardando il sole tramontare, in attesa che Abel facesse ritorno.
Si rese conto che per la prima volta, dopo tanto tempo, era riuscito a trascorrere una giornata senza pensare alle brutte cose che gli erano capitate nei mesi prima.
Georgie era riuscito perfino a farlo sorridere.
Forse il ritorno di Abel e Georgie avrebbe finito con fargli bene davvero. Forse c’era ancora speranza per lui… per loro tre. Come ai vecchi tempi.
Sì, forse sarebbe riuscito a tollerare anche il loro amore. Forse li invidiava, ma alla fine era felice per loro.
Forse Georgie aveva ragione. Forse lui aveva mal interpretato il sentimento che lo legava a lei. Forse non era amore, almeno non quel tipo di amore. Oh, se solo ci fosse stata Maria lì con lui, ma quello non era un discorso plausibile, purtroppo.
Chissà la vita cosa aveva ancora in serbo per lui… lo avrebbe scoperto solo se avesse avuto il coraggio di perdonare il fratello e ritrovare la voglia di ricominciare con lui.
Si, lo voleva, lo voleva davvero. Voleva lasciarsi tutto alle spalle e ritrovare suo fratello.
 
 
Abel era stanco. Aveva cercato di non pensare ai suoi problemi per tutto il giorno, concentrandosi sul lavoro, ma non era riuscito bene nel suo intento.
Le parole di Arthur gli risuonavano nella testa e lo tormentavano. Aveva un groppo allo stomaco, come se qualcuno lo avesse colpito forte.
Cercava di non forzare le cose con il fratello, ma di sicuro era difficile.
E poi aveva sentito terribilmente la mancanza di Georgie.
Negli ultimi tempi erano sempre rimasti insieme e oggi non averla accanto a sé era stato spiacevole.
Gli era mancato parlare con lei… baciarla…. stringerla forte….accarezzarle i capelli…. perdersi nei suoi bellissimi occhi verdi…. il profumo della sua pelle morbida, calda…. Gli era mancato tutto, tutto.
Quanti giorni avrebbe dovuto ancora trascorrere lontano da lei? Dalla sua casa? Da Arthur?
Mentre si interrogava su queste questioni, intravide la sua fattoria. Era arrivato a casa e non sapeva se esserne felice o meno.
Di sicuro non vedeva l’ora di riabbracciare sua moglie, ma poi come avrebbe dovuto comportarsi con il fratello?
Giunse nei pressi della stalla e scese da cavallo e lo portò dentro.
Tolse la sella e la ripose, poi cercò dell’acqua per abbeverare l’animale.
- Lascia stare, Abel – disse una voce dietro alle sue spalle – ci penso io -.
Si bloccò per un istante e spalancò gli occhi. Quella voce…. non era una voce qualunque…quello era….
Si voltò per guardare in viso chi gli aveva parlato ed esclamò – Arthur! -.
Arthur era di fronte a lui. Lo guardava, ma non c’era aria di sfida nei suoi occhi, né rancore.
Sembrava tranquillo e soprattutto ben disposto nei suoi confronti.
La cosa lo lasciò meravigliato. Ma che era successo? Come mai quel cambiamento?
Arthur accennò un sorriso e proseguì – Sarai stanco, sei stato fuori tutto il giorno. Ci penso io al cavallo. Tu vai a darti una rinfrescata -.
Abel rimase immobile, fissandolo con stupore. Non seppe che dire e non riuscì nemmeno a muoversi, tanto era lo sbigottimento per le parole del fratello.
Ma nonostante questo, Arthur si avvicinò a lui e prese a badare al cavallo.
Allora Abel ritrovò la forza di parlare e gli disse – Arthur, io…mi dispiace -.
Arthur interruppe il suo lavoro e lo guardò sorridendo – E per cosa esattamente ti dispiace? Sono io quello che si deve scusare, non tu -.
Chiuse per un istante gli occhi, come per raccogliere le idee e poi riprese il discorso – Abel, non ho scuse per le cose terribili che ti ho detto l’altra sera. Non le pensavo davvero. Volevo ferirti, come tu avevi ferito me, ma in realtà sono stato solo uno stupido e non avrei dovuto. Come potrai immaginare, oggi ho avuto un bell’ incontro chiarificatore con Georgie e lei mi ha aperto gli occhi. Ho capito molte cose e volevo dirti che sei libero di vivere la tua vita e il tuo amore. Non ti sarò di ostacolo -.
Abel sentì gli occhi inumidirsi. Quelle parole lo avevano emozionato. Era felice di vedere che Arthur stava meglio e che era disposto ad aprirsi di nuovo a lui.
- E infine – proseguì – Devo anche ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me a Londra. So quello che hai rischiato, Georgie mi ha raccontato tutto e non potrò mai sdebitarmi con te. Tu mi hai salvato. Se non fosse stato per te, non sarei mai riuscito a fuggire e non so proprio che fine avrei fatto - .
Nel terminare la frase si lasciò vincere dalla commozione e pianse incontrollatamente.
Abel sentì una stretta al cuore nel vedere il fratello così e senza indugi si avvicinò a lui e lo abbracciò. Forte. Saldo. Per fargli capire che non era solo.
- Non pensarci più, fratello mio. So che avresti fatto la stessa cosa per me, se ci fosse stato il bisogno – sussurrò dolcemente Abel – Non rammaricarti più. Ora sei qui con noi e nessuno potrà più farti del male -.
Rimasero ancora qualche minuto così, in silenzio, abbracciati. Poi si staccarono e sorrisero, come se entrambi si fossero tolti un peso.
Sistemarono il cavallo ed uscirono dalla stalla.
Si sedettero sulla staccionata che cingeva la casa e rimasero ancora un po’ fuori a parlare. A raccontarsi tutto l’accaduto di quei mesi.
Venne fuori che il ragazzo avvistato a Telford era veramente Arthur. Aveva trovato un uomo buono che lo aveva salvato dal Tamigi e che lo aveva curato. Finse di essere suo padre per proteggerlo, per far sì che Dangering non scoprisse mai che lui era sopravvissuto alla fuga da casa sua.
- Se solo ti avessi ritrovato prima – esclamò Abel – Ho fatto quel lungo viaggio solo per te, perché speravo davvero che si trattasse di te. E il destino non ci ha fatti incontrare. Non hai idea di come ci rimasi male. Ero davvero abbattuto. Mi sentivo in colpa. Per tutto. Per aver abbandonato te e la mamma. Per averti lasciato solo quando è morta. Per quello che ti è successo a Londra. Ho fatto tante scelte sbagliate e tu ne hai pagato le conseguenze. Sono mortificato, io… -.
Ma Arthur lo interruppe, mettendogli una mano sul braccio – Basta Abel, ne abbiamo già parlato. Tu hai seguito il tuo istinto. Quello che è successo dopo non è colpa tua. Sono stato sfortunato, ma non è corretto che tu ti prenda la responsabilità. Prima ero così arrabbiato con te che mi veniva comodo scaricare su di te tutte le colpe. Ma ora che sono più sereno e razionale, so che non è giusto. Tu non c’entri nulla. Anzi, hai fatto tanto per me e io te ne sono infinitamente grato -.
Rimasero insieme ancora un po’, finchè Arthur disse – Ora va da lei. Non l’hai ancora abbracciata da quando sei tornato. E credo che le farebbe molto piacere. Io vi raggiungerò tra poco -.
Abel ringraziò il fratello per quella premura e si congedò da lui per raggiungere la moglie.
 
 
 
Appena aprì la porta di casa, la vide. Era intenta a preparare la cena e sembrò non accorgersi della sua presenza.
Era bellissima, semplicemente bellissima. Quella scena così semplice di vita familiare era per lui un sogno che si avverava.
Rincasare dopo una giornata di lavoro, scambiare quattro chiacchiere con il fratello e poi tornare da sua moglie, mentre stava preparando la cena per tutti. Era perfetto.
Se agli occhi di molti quello poteva essere un quadretto di quotidianità normale, per lui era la cosa più preziosa del mondo.
Dopo tutte le sofferenze, gli ostacoli, le lunghe separazioni, le liti, finalmente erano uniti tutti sotto lo stesso tetto. Ed erano in pace tra loro. Era semplicemente meraviglioso.
In quel momento Georgie notò che qualcuno era entrato in cucina e si voltò per poi vedere il marito sull’uscio che la guardava amorevolmente, con un’espressione rilassata e serena sul volto.
Era evidente che lui e Arthur avevano parlato e ora le cose erano decisamente migliori.
Gli sorrise radiosa. Uno di quei meravigliosi sorrisi che solo lei sapeva donare. Con gli occhi che brillavano per la gioia.
Non perse tempo e gli corse incontro, per poi gettarsi tra le sue braccia con un impeto di felicità.
Gli saltò al collo, mentre lui la sorresse, cingendogli le braccia intorno alla vita.
Lo baciò con passione e poi si staccò dalle sue labbra per un istante, con lo sguardo pieno d’amore.
- Bentornato Abel! – disse sorridendo – Mi sei mancato tantissimo -.
Abel era incantato da lei. Dalla sua bellezza, da quella gioia contagiosa che la contraddistingueva da chiunque altro.
- Grazie, amore mio – sussurrò lui – mi sei mancata anche tu, non hai idea quanto. Non vedevo l’ora che arrivasse questo momento -.
Si baciarono ancora e ancora, felici per quel momento speciale.
Poi Abel rimise Georgie a terra e lei le chiese impaziente – Allora, ti ha parlato? Avete fatto pace? -.
Abel sorrise e annuì – Si, tesoro mio. Ed è tutto merito tuo. Grazie. Come farei senza di te? -.
Georgie ridacchiò lusingata e rispose – Ahhh caro Abel, senza di me non ci potresti stare…. Come io senza di te del resto! -.
E si baciarono ancora, travolti dalla passione, incuranti di tutto il resto.
Vennero ridestati da un colpo di tosse. Si girarono verso la porta e videro Arthur.
- Oh scusa – disse prontamente Abel, facendosi serio – non ti avevamo sentito arrivare. Noi… -.
Ma non riuscì a finire la frase, perché il fratello lo interruppe – Non scusatevi, ragazzi. Va bene. Davvero. Non mi da fastidio. Anzi, è bello vedere qualcuno che si ama e che se lo dimostra con tanta naturalezza -.
- Sei sicuro Arthur ? – domandò Georgie timorosa – non vorremmo mai metterti a disagio o mancarti in qualche modo di rispetto -.
Arthur sorrise e scosse la testa – Ti ho detto di no. Davvero. Riesco a sopportarlo, non c’è problema. Sono felice per voi e mi mettete di buon umore. Non badate a me -.
Abel e Georgie si tranquillizzarono a quelle parole, ma decisero comunque di non esagerare con le effusioni davanti ad Arthur.
Proseguirono la serata in allegria, cenando tutti insieme, parlando e scherzando.
Quando l’ora iniziò a farsi tarda, Georgie decise che per lei era arrivato il momento di andare a dormire. Aveva bisogno di riposare, del resto era stata una giornata impegnativa.
Si congedò dai ragazzi e raggiunse la camera da letto, la stessa che era stata di Abel e Arthur in gioventù.
In cucina i due fratelli rimasero soli a parlare ancora un po’. Era bello per entrambi aver ritrovato l’intesa.
Ad un certo punto però Arthur disse – Ora però devi andare da lei. Sicuramente avete bisogno di avere un po’ di tempo per voi -.
Abel era incerto – Sicuro che non ti dia fastidio? – chiese – Resto volentieri ancora un po’ qui con te -.
Ma Arthur scosse la testa – No, fratello. Ti ho detto di andare da tua moglie. Avete la vostra vita e non dovete modificare le vostre abitudini per me. E poi scommetto che non vedi l’ora di raggiungerla – ammiccò con fare malizioso.
Abel sentì le guance arrossire. Non era certo un timido, ma non era abituato a parlare di certe cose con lui e tantomeno se la persona in questione era Georgie.
Ridacchiò imbarazzato e disse – Beh, si… direi che è normale per un uomo voler…. beh sai…. stare con la donna che si ama per… beh per… insomma, hai capito… -.
Arthur era incredulo. Abel si stava vergognando davanti a lui per caso? Si lasciò andare ad una sonora risata, divertito per l’atteggiamento insolito del fratello.
- Certo che ho capito! Siete marito e moglie, no? E allora vai e raggiungila, invece di stare qui e arrossire come un ragazzino alle prime armi! – disse Arthur.
Abel scosse la testa sorridendo per quel momento di ilarità e si congedò dal fratello per andare in camera sua.
 
 
 
Georgie era a letto, al buio. Avrebbe tanto voluto dormire, ma non ci riusciva. Se ne stava lì, immobile, a fissare il soffitto.
Era felice, davvero felice. Tutto sembrava aver preso la giusta piega.
Non riusciva a fare a meno di pensare agli avvenimenti della giornata e alla bella serata che avevano appena trascorso insieme.
Era riuscita a cancellare dai suoi ricordi quanto successo la sera prima. Finalmente un po’ di serenità.
Finì per pensare anche ad Abel. Guardò il letto vuoto poco distante dal suo e sospirò.
Da quando erano ritornati a casa non erano ancora riusciti a dormire insieme. Come aveva detto la sera precedente Abel, quella non era di certo la loro priorità, perché avevano problemi ben più seri da risolvere, però la rattristava starsene in quel letto tutta sola.
Avrebbe tanto voluto un letto matrimoniale da condividere con il marito. Le mancava dormire stretta nel suo caldo e protettivo abbraccio. Le mancavano le coccole mattutine e far l’amore con lui prima di addormentarsi la sera.
Ma decise di non tirare fuori la questione con Abel. Sarebbe stato lui a decidere quando portare un bel letto grande tutto per loro in quella stanza.
Nel frattempo lei avrebbe aspettato pazientemente, dimostrandosi adulta e matura.
Ma certo, non averlo accanto durante la notte la rattristava, quello era innegabile.
Improvvisamente la sua attenzione venne attirata dal rumore della porta che si apriva.
Era Abel.
Si tirò su e gli sorrise e lui contraccambiò.
- Sei ancora sveglia – le disse avvicinandosi – Ne sono felice -.
La baciò a fior di labbra e poi accese una candela.
Dopodichè prese il suo letto e lo trascinò verso quello di Georgie, per congiungerli.
- Ma che fai? – esclamò lei stupita.
Lui si fermò, la guardò sorridendo e rispose – Voglio dormire vicino alla donna che amo, che domande! -.
Georgie rimase a bocca aperta e senza parole, ma era molto contenta di quella reazione del marito.
Lui riprese a sistemare il letto accanto al suo e facendole l’occhiolino aggiunse – Sia ben chiaro che domani voglio un letto matrimoniale vero e proprio qua dentro! -.
- Ma non avevi detto che quella non era una priorità per noi? – chiese lei.
Abel sbuffò divertito e le rispose – Quello l’ho detto ieri mentre avevo la testa da un’altra parte. Ma oggi ti posso assicurare che il letto matrimoniale è una priorità per noi. Eccome se lo è! -.
Georgie rise divertita a quell’esternazione e Abel la guardò incantato, pensando che fosse la donna più bella del mondo.
Si avvicinò a lei e riprese a baciarla, ma questa volta più appassionatamente. Aveva perso la voglia di ridere e scherzare.
Voleva lei. La voleva disperatamente.
La fece stendere sul letto e la coprì con il suo corpo, continuando a baciarla.
Poi per un attimo si fermò e si guardò attorno.
- Che c’è? – domandò Georgie.
Lui sorrise e disse – Niente… è solo che mi è venuto in mente che siamo nel mio letto, quello che occupavo da ragazzino -.
Georgie aggrottò la fronte. Non capiva cosa lui volesse dire con quelle parole.
- Quando credevi ancora di essere mia sorella – spiegò – io impazzivo di desiderio per te. Ti amavo, avrei tanto voluto dirtelo, stringerti tra le mie braccia e fare tutto quel che facciamo ora quando ci amiamo. Ma non potevo. Dovevo tacere per il tuo bene e reprimere tutti i miei sentimenti e le mie emozioni. Non sai quanto soffrivo. Allora la notte, mentre mi rigiravo nervosamente in questo letto in preda ai miei pensieri su di te, finivo per abbracciare questo cuscino, immaginando che fossi tu. Immaginando quanto sarebbe stato bello abbracciarti e baciarti davvero. Mi sembrava un sogno irrealizzabile. A volte finivo con il piangere per la frustrazione. Era una tortura -.
Georgie lo stette ad ascoltare intenerita e anche un po’ triste. Quanto aveva sofferto Abel per amore di lei nella sua vita? Quante rinunce aveva fatto? Quante delusioni aveva subito?
Lo accarezzò dolcemente sulla guancia, come per consolarlo, ma lui le sorrise.
- Adesso finalmente ho la mia rivincita – disse scherzosamente – Finalmente mi rifarò per tutte quelle notti insonni e travagliate. Ora sei con me – continuò con voce più leggera e seria – sei mia, solo mia e posso amarti come ritengo più opportuno, senza dovermi nascondere o vergognare-.
Georgie sorrise e lo baciò. Poi lo guardò maliziosamente e disse – Bene, allora dobbiamo proprio iniziare a vendicarci di questo letto -.
Abel ridacchiò e rispose – Con molto piacere -.
Si baciarono ancora, ma Georgie si staccò e disse – E comunque se ci fossero altri luoghi di cui vuoi vendicarti, non esitare a dirmelo. Vedremo che si può fare… -.
Abel la guardò divertito – Non sfidarmi contessina, potresti stupirti di quanti posti ci sono da elencare … vuoi qualche esempio? La stalla, la cucina, il prato davanti casa, la grotta dove avevamo costruito il nostro rifugio, il mio studio giù al porto…. ah sì, il fiume…. Devo continuare?-.
Georgie rise a quelle parole e fece per replicare, ma lui soffocò ogni sua frase con un bacio appassionato.
- Sssstt – sussurrò – Ora basta ridere e scherzare. Ora si fa sul serio -.
E così dicendo la strinse forte a sè, proseguendo quel bacio, portandola con sé tra i vortici inebrianti dell’amore.
 
Qualche ora dopo rimasero nudi, stremati, abbracciati uno all’altra e lentamente si abbandonarono a Morfeo, felici e appagati. Consci che finalmente stavano realizzando il loro sogno. Una nuova vita, un nuovo inizio, tutti e tre insieme.
 
 
 
 
TBC….
 
 

 
 
 
   
 
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