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Autore: Nausicaa Di Stelle    27/12/2015    7 recensioni
"Non so da dove cominciare! Mi sento così in colpa... e non so se esiste un modo per rimediare al guaio che ho combinato. No, non io in verità... Tutto è iniziato a causa di Tadashi e della sua imprudenza, ma chi ci ha rimesso più di tutti è stato il capitano. Non ho ancora avuto il coraggio di andare a trovarlo in infermeria per vedere come sta! Del resto, le ultime notizie non sono confortanti."
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IL MIO CAPITANO




Dal diario di Yuki

Sembrava un sogno uscito da una delle mie notti agitate. Ero seduta sullo sgabello di fronte alla sedia del capitano a bere insieme a lui quel vino che tante volte aveva condiviso con Mime. Nella cabina regnava un’intimità ovattata e il cigolio della nave cullava i nostri pensieri come una ninna nanna. Era questa l’atmosfera che Mime aveva il privilegio di assaporare ogni giorno, sola con lui?
Quante volte avevo desiderato di poter essere al suo posto, per partecipare di quelle preoccupazioni che così spesso avevo visto trasparire sul viso di Harlock, per poterle alleviare con una parola gentile, una carezza, o con la sola presenza. E adesso finalmente stavo davanti a lui, e non c’era nessun altro.
Non mi importava che non fosse un uomo: aveva un anno in meno di me, ma sarebbe cresciuto. Soprattutto, lo avremmo fatto insieme. Non mi sarei persa nulla della sua vita, delle sue esperienze, persino delle sue sofferenze.
- Ascolta Yuki.
La voce di Harlock mi ha ridestata da queste fantasticherie. Ha spezzato il silenzio come una cometa fa con il buio, ma vi riconobbi un tono grave che inutilmente mi sforzai d’ignorare.
Era stato tanto gentile con me solo poco prima, lasciando che mi calmassi contro il suo petto. E mentre gli chiedevo scusa per la mia reazione mi ha sorriso senza fare commenti.
Proprio la sua improvvisa tenerezza, quell’abbraccio tanto a lungo cercato senza alcuna speranza di riceverlo, mi avevano fatto perdere il controllo, come una bambina. Sentivo ancora il viso in fiamme per la vergogna.
Harlock aveva voluto che mi sedessi a bere qualcosa.
Siamo rimasti sempre in silenzio, mentre il mio imbarazzo si stemperava in una tranquillità non priva d’inquietudine. Stava per succedere qualcosa che avrebbe cambiato per sempre il mio rapporto con lui, ne ero certa e, di qualunque natura fosse, non potevo fare a meno di avere paura.
- Apprezzo i tuoi scrupoli, e quelli di Tadashi, - ha ripreso. - Ma non devi temere per me. Non ho accettato la proposta di Raflesia senza un minimo di assicurazioni da parte sua.
- In che cosa dovrebbe consistere questa cura?
Mi sforzai affinché la voce suonasse ferma, priva di emozioni e mi sembrò funzionare fin troppo. Sembrava asettica e professionale come quella di un medico. Meglio così, mi dissi.
Era questo l’ultimo sistema che avevo a disposizione per tentare di convincerlo: dimostrargli che i miei timori erano frutto di una pacata analisi e non di turbamenti emotivi.
- Nell’iniezione di un antidoto capace d’invertire la trasformazione, - ha risposto.
- Non sarebbe più prudente analizzare questa sostanza, prima?
- Anche se lo facessimo non saremmo in grado di capire se funziona.
- Ma potremmo verificare che non contenga nulla di tossico o, peggio, di velenoso.
- Il dottor Zero sarà presente durante tutta la procedura. Gli chiederò di fare un’analisi prima dell’intervento.
- Si terrà sull’Arcadia?
Quasi le avesse preparate in anticipo, il capitano possedeva una risposta adeguata per ogni questione che sollevavo. Del resto doveva averne già ampiamente discusso con il dottor Zero. La possibilità di raggiungere il mio scopo mi appariva sempre più remota.
- Ci incontreremo in un luogo il più possibile neutrale. Una nave ospedaliera mazoniana sosterà nei pressi dell’Arcadia. L’intervento avverrà lì, alla presenza del dottore e di un medico mazoniano.
- Ma perché non sull’Arcadia? Non oserebbero giocarci un tiro mancino se fossero a bordo della nostra nave.
- Perché lì hanno tutte le attrezzature necessarie. Inoltre il medico sembra essere uno piuttosto importante. Raflesia aveva a cuore la sua sicurezza.
- Si tratta solo di un’iniezione. Si potrebbe fare ovunque...
- Non è così semplice, Yuki.
Si è alzato per osservare le stelle oltre il graticcio delle finestre. Steso sul suo volto vedevo il velo dell’inquietudine e mi chiedevo a cosa stesse pensando, lui che non temeva nemmeno la morte. O forse con quell’intervento...
Un dolore freddo mi ha colto d’un tratto alla bocca dello stomaco. Al di là della minaccia costituita dalle nostre letali nemiche e dai trucchi di Raflesia, Harlock correva un pericolo reale con quella nuova trasformazione.
Nella mia mente lo vidi di nuovo nelle condizioni in cui l’avevo riportato sull’Arcadia, semi incosciente e in preda a dolori atroci. Avrebbe dovuto di nuovo attraversare tutto questo?
Harlock, non lo devi fare se questo è il prezzo. Non lo devi fare!
Avrei voluto gridargli queste parole stringendolo a me per impedirgli di correre incontro al proprio destino. Avrei voluto trovare un modo per dirglielo senza apparire spaventata, senza che lui capisse quanto avevo paura di perderlo. Ma Harlock ha ripreso a discorrere come se nulla fosse, e io non ho potuto fare a meno di seguire la scia della sua calda voce, come un pesce che nuota nella corrente.
Quando ci ripensai, mi resi conto che le sue confessioni avevano il sapore dolceamaro di un addio. Fui sciocca a non accorgermene subito. Avrei provato a trattenerlo con maggiore determinazione e forse non avrei perduto quel poco che avevo conquistato. Colui che avevo di più caro al mondo. Ma ciò che disse aveva esattamente lo scopo di allontanarmi, cercava solo un modo delicato per farlo.
- C’è un’altra cosa di cui ti devo parlare, - riprese.
Rimasi in silenzio aspettando che proseguisse, mentre dentro di me l’ansia cresceva come l’aria in un mantice.
- Avrei dovuto farlo tanto tempo fa, ma solo ora vedo con chiarezza cose che probabilmente ho a lungo ignorato, chiamandole con un nome che non apparteneva loro.
Si è voltato verso di me e il suo sguardo limpido, schietto, mi diceva dolorosamente che non mentiva.
- Ti sono grato per i tuoi sentimenti, Yuki, ma sbagli a rivolgerli a me. Io non sono in grado di ricambiarli.
Credo di aver pronunciato il suo nome sottovoce. Ricordo la pressione delle mie stesse dita al centro del petto. Come se mi sentissi nuda di fronte ad un’arma ho cercato di proteggermi il cuore. Le parole di Harlock mi facevano del male come proiettili, i suoi occhi arrivavano dritti all’anima come strali veloci. La verità a lungo cercata e fuggita, il segreto di ciò che provava per me, era ora reale e sgradito come il peggiore dei doni.
- Il buio che mi porto dentro è troppo vasto per poter essere illuminato dalla tua luce gentile, per poter essere cancellato da questa miracolosa trasformazione che ha riportato indietro per un po’ il mio tempo. Chiuso nel profondo, c’è il me stesso di sempre, prigioniero di una specie di sarcofago tirato a lucido che è questo corpo.
- Non è così! Questo non è un sarcofago. E’ carne calda e giovane, e io l’ho sentita fremere contro di me. Questa è vita che può essere di nuovo vissuta!
Mi sono alzata di scatto, gridando e, senza accorgermene, in un attimo ero vicina a lui e gli stringevo le mani ancora prive di guanti. Riuscivo a sentire il suo respiro sul viso e il calore che s’irradiava verso di me, come l’energia di una stella nera che non si è ancora spenta.
Harlock mi ha accarezzato la guancia, sciogliendo lo stupore di un attimo prima in un’espressione carica di tenerezza. Avrebbe potuto essere quella di un innamorato, se non avesse appena detto quelle parole, che pesavano su di me come tutta la Terra. Mi sentivo schiacciata, spinta sempre più fuori dalla sua vita, simile a un inutile rifiuto.
Harlock ha sorriso, vagamente sarcastico.
- Sono un trentenne nel corpo di un quindicenne, Yuki. E tu sai che dico il vero. Il mio tempo e il tuo sono così lontani... troppo.
Si è staccato da me per versarsi un altro po’ di vino, ma invece di berlo si è limitato ad osservarne i riflessi danzanti.
- Incontrerai qualcuno simile a te, un giorno. Qualcuno con la tua stessa luce interiore.
Ho fatto un cenno di diniego con il capo, ma lui non è parso rendersene conto.
- Presto questa guerra finirà e ti ritroverai con il futuro ancora tutto da scrivere. E ci saranno persone che potranno farlo insieme a te, persone che forse hai già incontrato su questa nave.
L’unica persona con cui vorrei scrivere le pagine della mia vita sei tu, Harlock. Perché non mi vuoi al tuo fianco?
Questo pensiero, gigantesco come una montagna, mi oscurava la mente e lo ascoltai appena mentre lasciava cadere con noncuranza una frase fra noi, come si fa con un piccolo sasso nell’acqua.
- Anche per Tadashi è lo stesso. Quando alla fine avrà saziato la sua sete di vendetta, avrà bisogno di un nuovo scopo per cui vivere, di qualcosa da costruire piuttosto che da distruggere.
Si è girato verso di me, fissandomi negli occhi.
- Potreste farlo insieme, non credi?
Faticai a comprendere il senso di quelle parole. Erano come una sagoma confusa dietro il vetro appannato della mia mente disorientata. Mi stava davvero suggerendo di pensare a Tadashi come ad un compagno di vita? Qualcuno con cui restare anche dopo aver lasciato l’Arcadia? Non sarebbe stato piuttosto l’amaro surrogato di colui che avrei perduto abbandonando la nave, come il caffè solubile di cui ci si accontenta in mancanza di una buona miscela?
Scossi la testa con decisione.
- No... no.
- Yuki, non puoi pensare davvero di trascorrere il resto dei tuoi giorni su un’astronave pirata insieme a un rinnegato. Io non ho niente da offrirti, niente che valga veramente la pena. Anzi, forse la mia presenza t’impedisce di vedere quanto sono importanti le persone che hai accanto, quanto ti vogliono bene.
- Non credo che Tadashi sia interessato a me. E anche se lo fosse, io avrei il diritto di non ricambiare i suoi sentimenti.
- Non pensi che potresti semplicemente non esserti mai resa conto di quello che provate l’uno per l’altra?
- Se avesse provato qualcosa... me lo avrebbe fatto capire già da tempo. E’ da tanto che siamo insieme su questa nave. - Anche se non volevo, la mia voce suonò più flebile, mentre l’imbarazzo cresceva insieme al riaffiorare di ricordi che avrei preferito cancellare. - Non penso che ci sia posto per nessun altro nel suo cuore, proprio come nel mio, perché c’è già qualcuno che gli interessa molto più di me.
Harlock ha inarcato un sopracciglio e mi ha fissato come se lo cogliessi alla sprovvista.
- E chi sarebbe? - ha chiesto, bevendo un sorso di vino quasi per darsi un contegno.
Ho abbassato la testa, mentre arrossivo per la vergogna.
- Vi ho visti mentre vi baciavate.
Piegandosi in avanti, Harlock ha iniziato a tossire, il vino che gli andava di traverso sfregandogli la gola come carta vetrata. Credevo che soffocasse. Mi sono precipitata su di lui, ho afferrato il bicchiere che alla cieca stava tentando di posare da qualche parte, e l’ho costretto a raddrizzarsi e a guardare verso l’alto per farlo respirare di nuovo. Ha faticato un po’ a riprendere fiato e a smettere di tossicchiare. Aveva le lacrime agli occhi e il viso arrossato. Soltanto un ragazzo in una situazione imbarazzante. Ma quanto era bello anche in quel momento.
- Va meglio? - ho chiesto, mentre lui si lasciava cadere pesantemente sulla sedia, una mano a nascondergli la faccia.
- Quando... come sei riuscita a vederci?
Mi sono morsa il labbro, distogliendo lo sguardo. Non riuscivo a fissarlo mentre ripensavo a quella scena, alla ragazza snella e bionda appoggiata contro la parete metallica del corridoio dell’hangar, la ragazza che io stessa avevo creato e che Tadashi baciava con tanta passione.
- Sono tornata sui miei passi quando sei caduto a terra. Mi sentivo responsabile se eri impicciato nella corsa... il travestimento era opera mia. Ma quando vi ho visti mi sono fermata, e poi sono fuggita via da sola, allontanandomi dalle mazoniane per un breve tratto, - ho fatto una pausa prima di aggiungere. - Ero sconvolta, avevo bisogno di riflettere almeno qualche istante.
- Non mi sono neppure accorto che eri ancora nei paraggi.
- Quando vi ho raggiunti nella zona delle toilette, è stato un vero sollievo per me rivederti con addosso la tua divisa da capitano.
- Chissà cosa avrai pensato quando ci hai visto uscire insieme dal bagno...
Sono arrossita di colpo. In verità non avevo pensato proprio a niente, in quel momento. Rivederlo di nuovo in uniforme, maschile come sempre, era stato quasi un segno per me. Sembrava volesse dirmi che quello che era accaduto poco prima era stato solo un incidente, una faccenda di poco conto, della quale potevo attribuire la colpa a Tadashi. Forse avrei dovuto preoccuparmi di più?
- Comunque sia non è successo niente. In bagno, voglio dire. Tadashi si è soltanto scusato. E ha voluto che conoscessi le ragioni di quel gesto così assurdo. - Harlock mi ha guardata dritta negli occhi, un’espressione grave sul volto che ormai aveva ripreso il suo solito colorito. - Penso che sia giusto che le conosca anche tu.
Sono avvampata di nuovo, mentre rispondevo senza riflettere con un laconico “Ne farei volentieri a meno.”
- Non è come pensi, Yuki. Non è affatto come pensi. Anche se credo che dovrebbe essere Tadashi a parlarti personalmente di queste cose.
- Di che si tratta? - ho mormorato, sedendomi.
Temevo mi occorresse una buona dose di coraggio per ascoltare le parole del capitano, ma ad ogni modo ero certa che fosse soltanto dalla sua voce che volevo sentire un simile racconto. Sembrerà strano, ma non avevo davvero idea di quale potesse essere la misteriosa causa di un comportamento tanto inspiegabile.
- Possibile che tu non abbia capito, dopo quanto ti ho detto poco fa?
Ho scosso la testa, sul viso un’espressione confusa. Harlock si è sporto verso di me, allungando una mano a stringere le mie. Il mio cuore ha preso a correre come i motori dell’Arcadia lanciati a tutta potenza.
- E’ a te che pensava Tadashi mentre mi baciava. Eri tu l’oggetto proibito del suo desiderio, la stella inaccessibile sulla quale non ha mai potuto planare.
Incredulità, smarrimento, rabbia. Uno dopo l’altro, questi sentimenti sono spuntati nel mio animo, simili a fiori cattivi su di un prato concimato con veleni. Ah, beffa crudele! Sentire la tua voce che mi dice queste parole, e le dice a nome di un altro!
Quante cose avrei voluto risponderti. Non volevo l’affetto di un altro, ma soltanto il tuo cuore di uomo, bianco come quello di un fanciullo. Volevo te perché era te che amavo. E non capivo perché Tadashi non avesse mai provato a confessarmi i suoi sentimenti, perché avesse aspettato fino a generare un simile incidente. “Ma, dopotutto”, mi dicevo, “cosa sarebbe cambiato se anche l’avesse fatto prima?” Conoscere la verità mentre condividevo ancora la mia vita con entrambi, dentro l’involucro di metallo dell’Arcadia, avrebbe solo potuto rendere ancora più stridente ai miei occhi il contrasto tra l’uomo eccezionale che avevo scelto e la persona che si offriva a me in cambio, un ragazzo che doveva ancora crescere.
E sopra a tutti questi pensieri, come un ronzio confuso, continuavo a chiedermi per quale maledetta ragione gli uomini non abbiano mai il coraggio di essere sinceri sui propri sentimenti. Pensavo a Tadashi, ma più di tutto pensavo a te. Perché ero certa che ci fosse ancora qualcosa che mi nascondevi, nonostante tutto.
Qualcosa che sapevi mascherare come nessun altro.
Solo ora so che avevo ragione.
   
 
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