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Autore: Geo_L_C    30/12/2015    1 recensioni
Un ragazzo italiano si trasferisce in California per raggiungere il suo sogno: diventare scrittore e vivere nel suo stato preferito, l'America.
Comincerà la nuova vita lasciandosi un passato un pò stressante per ricominciare tutto da capo. Però farà l'incontro di una persona famosa che cambierà la sua vita.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tyler Posey
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Cari lettori...
Oggi vi scrivo il terzo capitolo dandovi anche un augurio di buon anno a tutti!
Spero che vi piaccia, a presto!!!


 
 

Chapter Three




Non avevo mai visto alcun interesse da parte di Pat nei miei confronti negli svariati mesi che avevo lavorato per lui. Eppure, quel bacio, sembrava significare davvero qualcosa. Passarono diversi giorni. Nulla. Lui non fece nulla per fare quel gesto in più per farmi cambiare idea su di lui, mettermi finalmente l’anima in pace.
Mentre stavamo lavorando, Pat rimaneva serio e professionale. Lo guardavo in maniera torva anche se quel giorno la caffetteria era gremita di gente. Prendevo gli ordini, li portavo in cucina e lo guardavo ma lui non batteva ciglio dalla cassa.
Tin, suonò il campanello dalla cucina.
-A che tavolo?- chiesi a Oscar.
-Numero 11, non sbagliare come prima- rispose il padre di Pat. -Ma dov'è mio figlio?
-Alle prese con la cassa.
Lo dissi con un tono troppo duro che, quando voltai lo sguardo su Pat, storse il naso e disse: -Porta rispetto, sono pur sempre il tuo capo.
-Già...
Portai i piatti al tavolo e, non appena tornai, Pat mi prese da parte portandomi nello sgabuzzino, le spalle al muro.
-Mettiamo in chiaro una cosa. Quello che è successo non deve avere ripercussioni sul lavoro ok? Io sono il capo e tu il dipendente, chiaro?- disse.
Non trattenni più nulla e, puntandogli il dito contro risposi, volevo, dovevo sapere:
-Sono passate tre settimane, vuoi dirmi cosa cazzo significava quel tuo bacio!
-Non mi sembra il momento di parlarne.
-Io credo di si invece.
-Igor, ne parliamo dopo. Promesso.
-Si... Certo.
Tornai in sala e avevo gli occhi di Elsa che mi fissavano stranita mentre sparecchiava un tavolo. Io continuai il mio lavoro indisturbato. Non m'importava quello che aveva fatto ne tanto meno cosa voleva fare dopo con me.
Esatto, Pat mi stava coinvolgendo emotivamente in quell'assurda situazione.
Pochi minuti dopo entrò Tyler, prese solo la sua solita birra e mi fece compagnia scambiando due chiacchiere. Vedeva che c'era qualcosa che non andava. Così, sotto voce e avvicinandosi a me sul bancone chiese:
-Che sta succedendo?
-Non ho molta voglia di parlarne- risposi finendo di sistemare la lavastoviglie.
-Hei, sai che con me puoi parlarne- per un'attimo guardò Pat che lui, a sua volta, fulminò Tyler. -Hai discusso col capo?
-Ehm... Più o meno- risposi. Poi lui guardò ancora Pat, rimase a fissarlo in cagnesco. Ovviamente Tyler si fece qualche domanda.
-Perché mi guarda così male?
-Sei geloso Pat?- intervenne Elsa alle mie spalle.
Lui alzò un sopracciglio limitandosi a sospirare riprendendo la penna scrivendo, chissà cosa, su di un quaderno nero. Elsa mi fece l'occhiolino come per dire che era dalla mia parte. Sembrava che lei sapesse sempre già tutto prima ancora di venire aggiornata.
Mi morsi l'interno della guancia per capire bene la situazione. Dovevo fare mente locale, un  l'elenco delle cose che mi erano successe nell'arco di pochi giorni: avevo conosciuto Tyler Posey, Pat mi aveva baciato e non sapevo nemmeno che intenzioni avesse con me.
Se Pat non si fosse sempre comportato solo come un amico e collega, in quel momento non sarei rimasto così maledettamente logorato dalla voglia di spaccare qualcosa pur di capire. La mia vita andava bene anche senza nessuno di loro due. Dannato il destino... già, è colpa del destino se mi ritrovo tutt'ora confuso di quello che è successo.
-Io stacco alle 18- dissi, quasi sottovoce, a Tyler. -Mi andrebbe di uscire se per te non è un problema.
-D'accordo- rispose sorridente.
Finito il turno, Tyler ed io ci avviammo alla sua moto e, dopo essermi infilato il casco, partimmo per un viaggio che non dimenticherò mai. Odiavo e odio tutt'ora viaggiare in moto, ma non dissi nulla a riguardo.
Dentro di me ero terrorizzato, avevo paura di cadere o morire su quel motore infernale. Non avevamo una meta ben precisa, anzi, non l'avevamo proprio.
Mi aggrappai al suo addome e guardai dritto avanti a me, saldo e stretto a lui ma con un gesto Tyler mi tranquillizzò e lui guidò con molta prudenza.
Ammirai le strade e la zona in cui stavamo viaggiando. Le spiagge, la gente che salutava Tyler riconoscendolo ai semafori. E poi lo zizzagare tra una vettura e l'altra come se ci stavamo facendo spazio per far capire agli altri che, in quel momento, c'eravamo solo noi. Però, mentre stavamo viaggiando, Tyler inchiodò troppo forte ed io lo strinsi.
Sentì i suoi muscoli contrarsi e... Dio l'imbarazzo che provai in quel momento.
-Scusa- disse lui voltandosi verso di me. -Non porto nessuno in moto.
-In che senso?
-Tu sei il primo. Mi piace solitamente viaggiare da solo ma ho visto che tu ne avevi bisogno.
Ero il primo, nemmeno la sua ex era mai salita a bordo. Sentì il battito del mio cuore scoppiare ma non capivo se fosse per la pausa o perché Tyler era così dolce che avevo solo voglia di... stare con lui.
In quel preciso istante decisi di dire la verità, non mi ero stretto a lui per la frenata ma perché non vedevo l'ora di toccare a terra.
-Ok, siamo in vena di svelare i propri segreti- dissi. -Dimmi che la prossima è la nostra fermata?
-Perché?
-Ho il terrore delle moto.
Lui scoppiò in una risata, io non seppi nemmeno di che colore fosse la mia faccia ma sentì le mie guancia così a fuoco che capì il rossore che avevo marchiato in volto.
Partimmo nuovamente, svoltammo poco più avanti e parcheggiammo di fianco ad un posto molto carino. Era uno di quei locali hawaiani con i tavoli all'esterno e i camerieri erano vestiti tutti con una camicia a fiori bianchi e neri e pantaloni scuri. Accogliente ed allo stesso tempo elegante.
Ci accolse un giovane ragazzo e ci fece sedere al nostro tavolo. Ordinammo un paio di cocktail tropicali con all'interno della frutta da gustare dopo.
-Che è successo tra te e il tuo capo?- chiese. Io rimasi fisso a guardare il mio cocktail mentre giravo il liquido rosa con la cannuccia.
-Nulla di che...- sospirai ripensando a quella sera. Le parole uscirono da sole. -Mi ha baciato qualche giorno fa… e dopo quel gesto non ha fatto nient'altro che starsene li a fare nulla. Come se non fosse mai successo.
Tyler era visibilmente scioccato da quell’ultima rivelazione, poi però rise e cercò di elaborare tutte le informazioni.
-Cioè, Pat è... Innamorato di te?- chiese.
-Non lo so, non me l'ha voluto dire. Mi ha solo... baciato.
-Bel casino.
-Già, bel casino.
Lui posò i gomiti sul tavolo e si avvicinò a me, le mani unite.
-E tu cosa provi per lui?
Quella domanda mi fece uno strano effetto detta da Tyler. In più non sappi cosa rispondere perché io... cosa provavo per Pat?
Si, lui era sempre stato un ottimo amico ma, avrei mai voluto qualcosa in più?
Quindi risposi:
-Non lo so...
Tyler mosse la sua mascella storta e si limitò a sorridere.
Finito il nostro drink, mi chiese se volevamo fare qualcosa di diverso e io accettai. In realtà accettai qualsiasi cosa se c'era anche lui. Mi piacevano le sue uscite, erano decisamente diverse.
Ci avviamo ad una festa che c'era a casa di un suo amico li in zona. Prendemmo la moto e in meno di dieci minuti arrivammo sul luogo.
La casa era una villa dipinta di verde marcio, tutta in legno con il portico gremito di una dozzina di ragazzi. La media d'età degli invitati era dai diciotto ai venticinque anni. Qualcuno era già ubriaco, altri amoreggiavano in un angolo e alcuni addirittura erano rinchiusi nelle stanze chissà a far cosa. Ci raggiunse il proprietario di casa accogliendoci e Tyler non ebbe nemmeno un secondo per presentarmi che quello se n'era andato con due ragazze.
Eric, mi disse che si chiamava. Era un ragazzo dai capelli scuri, carino e con un fisico asciutto. Insomma, non mancava nulla. Le feste dei ragazzi americani le immaginavo così ma non pensavo fossero realmente in questo modo.
La musica rock picchiava nelle casse, fiumi di alcol e giochi alcolici imperversavano in tutta casa. Tyler mi passò un bicchiere di carta con dentro qualcosa di colorato. Provai ad annusarlo ma non riconobbi subito il contenuto quindi bevvi un grosso sorso. Il sapore era fortissimo e dolciastro.
-Che… roba è?- chiesi poi a Tyler mentre tossivo di tanto in tanto.
-Assenzio, non ti piace?- rispose.
-No... È buono ma fortissimo.
-Esatto, quindi vacci piano se non vuoi ridurti uno straccio.
Guardai disgustato quella bevanda e la posai su di un tavolo li vicino.
La festa stava iniziando a degenerare, io e Tyler ci separammo, mi sentivo un po' a disagio con tutte quelle gente che beveva e si divertivano mentre io me ne stavo in un angolo ad osservare i ragazzi. Sembravo un supervisore.
Poi vidi una persona a me molto familiare. Elsa, ubriaca, si stava baciando con un ragazzo, o meglio, con il proprietario di casa. Appena stacco quelle labbra da sanguisuga da lui, volse lo sguardo verso di me e, barcollante, mi arrivò di fronte inciampandomi addosso.
-Anche tu qui?- chiese con voce decisamente poco sobria.
-Eh...già- risposi. -Come conosci il proprietario?
-Uscivamo qualche volta. Poi ci siamo lasciati e ora ripresi poi… ma non lo so...- d'un tratto barcollò troppo in avanti per cadermi addosso. La presi al volo e lei mi ringraziò, però mi guardò dubbiosa. -Tu che diavolo ci fai qui?
-Mi ha invitato Tyler.
-Ah... quello è un ragazzo d'oro. A lui piaci molto sai?
-Beh, si, siamo ottimi amici.
-Ma che amici!!!- sbraitò allontanandomi.
Ero confuso più di prima. Cosa voleva intendere? Feci comunque finta di niente e cercai di aiutarla a rimettersi a posto. La portai dentro casa e la feci sedere sul divano.
Pensai di andare a prenderle dell'acqua ma non appena cercai di dirigermi verso il frigorifero, lei mi bloccò da un polso. Mi trascinò verso di lei facendomi sedere accanto. Che situazione stupida, non dovevo nemmeno essere lì. Guardai l'ora e ormai erano le dieci di sera passate. Il giorno dopo avrei fatto il primo turno.
Esattamente, il giorno dopo saltai il lavoro ma per una questione ben precisa. Ma un passo alla volta...
Avevo perso le tracce di Tyler, pensai che si fosse appartato con qualcuna o si stava semplicemente divertendo per i fatti suoi. Elsa stava li, raggomitolata addosso a me. Non sapevo come liberarmi dalla sua morsa. Ma non mi dispiaceva, se già a inizio serata non mi stavo divertendo, non poteva che finire peggio e avrei preferito rimanere qui con lei che annoiarmi da solo.
La festa stava volgendo al termine, ormai da trenta ragazzi pazzi e sbronzi eravamo rimasti una dozzina. Molti ancora ubriachi, altri erano sparsi addormentato ovunque. Ebbene si, ero l’unico sobrio in quella casa.
Mentre ero lì a giocare col cellulare, sentì un tonfo assurdo al piano superiore. Ormai la mia amica era addormentata, mi liberai facilmente da lei e mi avviai su per le scale. Vidi che non c'era nessuno, quindi pensai che forse il rumore proveniva da tutt'altra parte. Stavo per tornare giù quando lo risentì e andai verso la camera da cui c'era quel fracasso. Era probabile la cameretta di Eric, il proprietario. Vidi un braccio sbucare fuori dall'altra parte del letto. Sentì dei lamenti e, avviandomi, lo vidi.
Tyler era steso a terra, la faccia schiacciata contro il pavimento. Era evidente che lui fosse ubriaco marcio.
-Tyler? Stai bene?- chiesi. La sua risposta fu un altro gemito. Non stava soffrendo, stava solo cercando di sopravvivere alla sbornia.
-Il letto si sposta- disse con un filo di voce. Alzai gli occhi al celo e scrollai il capo. Che idiota.
Cercai di aiutarlo a risollevarsi ma un metro e ottanta di ragazzo era abbastanza pesante da sollevare da solo.
-Forza, rimettiti in piedi- risposi sforzandomi di aiutarlo. Lui si diede una mano e cercò di alzarsi. Barcollava pesantemente e cercava in tutti i modi di alzarsi. -Credo che rimarrai qui stanotte.
Non potevo andarmene, non ero capace di guidare la sua moto e in più ero terrorizzato da quel mezzo. Quindi pensai di tornare con l'ultimo bus di mezzanotte. Lo feci sedere sul letto, lui si sdraiò sul fianco e scoppiò a ridere.
 -Il letto gira- disse.
-E tu cerca di fermarlo- risposi.
Gli tolsi le scarpe, poi cercai di metterlo meglio sul letto ed in fine Tyler era a posto. Stavo per andarmene quando disse:
-Pat non ti merita.
Mi voltai, Tyler mi guardo voltandosi verso di me sdraiandosi a stella sul letto. Avevo lo sguardo interrogativo anche se avevo colto con chiarezza la sua domanda. Poi mi avvicinai e lui si sollevò mettendosi seduto cercando di reggersi con le mani sul materasso.
-Pat… si certo. Non sa nemmeno lui cosa vuole- risposi. -Quindi non posso dire niente al contrario.
-Io ti voglio Igor.
-Cosa?
Tyler mi sorrise e io... merda, il cuore mancò un battito.
Mi sentivo così stupido nel guardare lui. Non sapevo nemmeno cosa rispondere, però poi ricordai a me stesso che era ubriaco e non sapeva nemmeno cosa stava dicendo. Mi sedetti sul fondo del letto e ricambiai il suo sorriso.
-Non sai quello che dici Tyler- dissi. Lui si avvicinò lentamente, guardandomi, il mio respiro aumento e il cuore stava per esplodere dal petto. Avvicinò una sua mano al mio viso e mi accarezzò il volto.
Lentamente i suoi occhi si stavano avvicinando a me e poi le sue labbra si mischiarono con le mie. Ci baciammo con passione. Non so nemmeno descrivere la sensazione splendida che provavo quando lui mi toccava o baciava. Forse la sto dimenticando.
Pian piano mi avvicinai a Tyler e le mie mani si spostarono verso i fianchi. Lui, con forza, mi trascinò sopra. Le mie mani fecero per conto proprio, gli tolsi la maglietta nera scoprendo i suoi tatuaggi che avevo sempre visto il tivù, con le dita li sfiorai entrambi: le maschere sul fianco e le due fasce al braccio.
Lui mi guardava con occhi diversi, non erano più quelli di un amico ma… di qualcosa di più.
Con delicatezza mi girò posandomi la mia schiena sul materasso ed iniziò a baciarmi ovunque solleticandomi il collo. Il respiro si affannò e l'intensità di quel momento si stava evolvendo in qualcosa che non avrei mai più dimenticato.
Lentamente mi tolse la maglietta ed io tolsi i suoi pantaloncini di jeans lasciandolo solo con i boxer. Tyler per un momento si bloccò sopra di me, guardandomi.
Le mie parole uscirono da sole:
-Non sei sicuro di quello che sta per accadere, vero?
-No...- rispose lui. -Ma da quando sei entrato nella mia vita io non riesco a pensare che a te.
Le sue labbra si fecero strada fra le mie, prepotenti. Lo volevo, non riuscivo più ad aspettare. Le mie mani accarezzarono quella chioma scura, tutto di lui mi provocava qualcosa di diverso. Non avevo mai provato questa sensazione… nemmeno con Pat.
La sua mano destra si posò sul bottone dei jeans che tolse con mano esperta e fece calare la zip lentamente. Quella stessa mano entrò dentro i pantaloni iniziando ad esplorare sotto i boxer. Gemetti di piacere, lui continuava a massaggiare quella zona così dolcemente che ero perso da quella situazione così stranamente assurda.
Levò poi tutti i vestiti lasciandomi nudo davanti ai suoi occhi. Tyler si tolse i boxer e si mise sopra di me sfiorandoci lentamente. Era così bello sentirlo, sentire il suo corpo su di me.
-Voglio farlo- disse gemendo. -Mi fai impazzire.
-Si...- dissi, non volevo più aspettare, lui si spostò guardandomi, serio e allo stesso tempo eccitato. -Ti voglio.
Così, senza aspettare oltre, lentamente entrò dentro di me. La notte trascorse come se avessimo aspettato una vita intera per farlo.
Infine ci addormentammo, intrecciati nudi l'uno all'altro.



 
   
 
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