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Autore: QWERTYUIOP00    10/01/2016    3 recensioni
Dopo la caduta di Bravil, Titus Mede è finalmente pronto per iniziare la rivolta che lo porterà sul trono imperiale, ma la sua ascesa sarà duramente ostacolata dal monarca al potere Thules, immerso nei giochi di potere della Città Imperiale.
Terza storia della serie "Downfall"
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Downfall'
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Attenzione: questa storia è la terza parte di una serie che comprende “Segreti nella baia” e “La rivolta del Niben”, si raccomanda la lettura di queste storie prima di cominciare questa.
 
Le assi scricchiolavano.
Il legno emetteva quello strano rumore preoccupante sotto i piedi dei prigionieri che avanzavo incerti.
La fila avanzava mestamente, il capo basso, che guardava l’acqua torbida che scorreva sotto di loro trascinando con sé le lame metalliche che luccicavano sotto la fredda luce del sole autunnale e i corpi che, essendo sprovvisti della pesante armatura metallica, non erano ancora affondati.
Gli sconfitti continuarono a camminare lentamente, dondolandosi pigramente, solo uno, l’ultimo, proseguiva senza la teatralità che contraddistingueva i suoi compagni, mantenendo però la stessa velocità.
Superato il piccolo ponticello, i prigionieri indirizzati lungo un corridoio che si era formato tra le due file di soldati armati che esibivano gli emblemi delle città di appartenevano.
Il gruppo sfilò sotto gli stendardi raffiguranti il lupo di Kvatch, la quercia di Chorrol, gli spicchi di luna di Skingrad, le punte di freccia di Anvil e i numerosi vessilli che circondavano l’esercito di Elsweyr che ondeggiavano dolcemente.
In lontananza, vicino i cancelli cittadini, sventolava un enorme drappo che esibiva il drago imperiale.
Sullo sfondo della marcia vi erano i macabri resti delle baracche carbonizzate, sommerse nel silenzio.
Il muto corteo arrivò alla piazza antistante alla distrutta Cappella di Mara dove, davanti alla statua della Signora fortunata, era stato posto un tendone da campo di fronte al quale vi era un uomo completo di armatura proveniente da Anvil.
Il soldato, dai capelli castani corti davanti e dietro raccolti in un codino e dai glaciali occhi azzurri, avanzò verso il gruppo, raggiunto da un addetto che teneva una lista in mano, assieme ad un carboncino per scrivere.
-Prigionieri- iniziò il soldato di Anvil –Ora dobbiamo identificarvi, perciò comunicate la vostra identità e la vostra mansione-
Lentamente l’ufficiale marciò davanti al gruppo che si era disposto in fila, facendosi dire i nomi e i lavori della servitù del castello mentre l’altro li segnava sul foglio, per poi  fermarsi davanti ad una Khajiit, la penultima della compagnia.
-Suppongo tu sia Dro’Nahrahe- disse con aria compiaciuta.
-Sei una vera volpe, Hieronymus- rispose sorridendo amara la sovrintendente del Castello di Bravil –di quelle furbe, sai, grandi, grigie…-
Gli occhi del comandante si fecero stretti, due fessure cariche d’odio diretto tutto sulla Khajiit.
-Molto divertente- convenne sprezzante l’Imperiale alzando la mano per preparare un manrovescio.
-I prigionieri non devono essere toccati- lo fermò l’altro soldato –e lei, in quanto sovrintendente di Bravil, è di estrema importanza per il conte-
Lentamente la mano rivestita col guanto di ferro scese mentre Hieronymus si ricomponeva convenendo: -Ma certo. E lui?-
I due passarono all’ultimo prigioniero, un giovane Bretone che aveva osservato la scena attentamente, senza dire nulla.
-Chi sei?- chiese il soldato con in mano la lista.
Il Bretone inspirò profondamente, poi rispose: -Mi chiamo Rodrick Saine-
I due ufficiali si guardarono negli occhi per qualche secondo, per poi tornare al ragazzo.
-Sei Rodrick Saine, attendente di Servatus Bantos?- chiesero.
-Lo è- confermò Dro’Naharahe –O almeno lo era, suppongo ne sappiate qualcosa-
-Nessuno ti ha chiesto nulla, Khajiit – la zittì Hieronymus.
-Lo sono- confermò il Bretone, inspirando un’altra volta prima di parlare.
-Comandante Lex, dobbiamo portarlo dal conte- parlò il soldato con la lista.
-Ormai non è più importante, la guerra è finita!- ribatté scocciato l’altro, per poi cedere sotto l’insistenza del compagno –E va bene, seguimi-
Rodrick fece come gli era stato ordinato, camminando dietro a Hieronymus Lex, che si dirigeva verso il tendone.
“Dunque conoscerò questo Titus Mede” pensò il Bretone eccitato, ma anche nervoso e spaventato.
Riusciva a sentire lo sguardo di tutti fissato su di sé, specialmente quello di Dro’Nahrahe, che sembrava preoccupata.
Aveva richiesto uno sforzo immane parlare con sicurezza davanti a tutte quelle persone, ma ce l’aveva fatta; rimaneva soltanto riuscire a farlo con Titus Mede.
Arrivati all’ingresso del tendone, Lex sollevò un lembo all’ingresso ed entrò, seguito da Rodrick.
L’interno era austero, ma allo stesso tempo raffinato; sulla sinistra vi era un letto, mentre al centro vi erano due scranni, sui quali erano seduti un uomo e una donna che ridevano mentre stavano sorseggiando del vino, e un tavolo.
In fondo, vi era una scrivania dietro il quale era seduto un altro uomo che sorrideva leggermente; dietro di lui, c’era un’armatura d’ebano placcata per assumere una colorazione violacea, al centro della placca pettorale vi era lo stemma del lupo di Kvacth mentre alla vita era appesa una katana akaviri dorata finemente decorata che splendeva grazie sia alla luce delle candele che a quella esterna.
-Signori- si scusò Hieronymus chinando il capo –desolato di dovervi disturbare, ma ho con me una persona che il conte Mede aveva richiesto personalmente-
La coppia seduta al centro del tavolo si voltò verso l’uomo dietro alla scrivania, che fissava il comandante con la fronte aggrottata.
-E chi sarebbe questa persona?- chiese volendo lo sguardo sul Bretone.
Il ragazzo ricambiò lo sguardo dell’uomo.
Quello indossava una semplice ma elegante tunica nera avvolta in un mantello di pelle tinto di viola, era pelato e sul volto aveva soltanto una corta barba brizzolata che partiva dalle basette, i suoi occhi erano marroni scuri e duri.
Un respiro profondo.
-Sono Rodrick Saine- rispose il Bretone, aggiungendo poi, e chinando il capo: -mio signore-
Una scintilla parve passare per un attimo sugli occhi di Mede, che si alzò dalla sedia, seguito dagli altri due.
-Miei signori- disse –se volete scusarci-
La coppia uscì e Hieronymus parve accennare a seguirli quando venne fermato dalla mano del conte di Kvacth, ce si era solennemente alzata.
-Comandante Lex, ho un lavoro per i suoi uomini- comunicò Mede –cercate tra le macerie della cappella qualche pezzo intatto. Potrebbe essere utile per la ricostruzione della Cappella di Akatosh a Kvatch-
Il comandante chinò il capo in segno di assenso e uscì lasciando Rodrick da solo con Mede.
-E, quindi, finalmente ti ho trovato, Rodrick Saine- cominciò l’Imperiale, ridacchiando –non hai idea di quanto siate stati utili tu e quel Bantos-
Il Bretone piegò la testa di lato, stupito e confuso.
“Utili?” pensò il ragazzo.
-Utili?- chiese per avere conferma.
-Esattamente- annuì Mede –Vedi, questa era la mia situazione prima di tutto ciò: io ero il cittadino più potente di Kvatch, ma senza nessun titolo, con buoni rapporti con i conti della Colovia e complottavo per far passare la linea di rifornimento principale per la capitale per il mio territorio, questo suppongo tu lo sappia, no?-
Rodrick annuì, continuando a non capire.
-Ora- proseguì l’Imperiale –per decreto del monarca Thules, per ricompensarmi dei i servigi svolti nel reprimere la Rivolta del Niben, sono stato insignito del titolo di Conte di Kvatch, ho radunato in un unico esercito ai miei comandi tutti gli eserciti della Colovia e di Elsweyr, e ho in mano anche Leyawiin, la contessa Caro è figlia della contessa Valga di Chorrol, di sicuro lo sai, e Bravil è rasa al suolo. E quindi possiedo anche il Niben ora, e , come ultimo tocco, ho in mio potere entrambe le vie di rifornimento per Città Imperiale. Non capisci? Ora sono l’uomo più potente di Cyrodiil-
Il Bretone spalancò gli occhi.
“Tutto quello che abbiamo fatto…” pensò “tutte quelle morti…”
Gli tornò alla mente K’Rahttad.
“È stato tutto inutile” convenne alla fine, amaro.
-Del resto- continuò Mede alzandosi  e versandosi del Brandy Cyrodillico–se vuoi che le cose siano fatte alla tua maniera, devi usare la forza. E gli inganni. Credi che il supporto di tutti questi conti sia gratuito? Offerte, persuasioni, ricatti, specialmente ricatti. Non hai idea di quante cosa questi nobili abbiano da nascondere…  inganni, inganni. Il solo pensiero di aver dovuto collaborare con una persona come Maudelaire mi disgusta…- bevve un sorso –Ma erano cose che dovevano essere fatte. Grazie a te e al tuo padrone, ora sono in condizione di prendere quella maledetta città. La legione imperiale si è mossa appena mi ha visto arrivare verso il forte dove si è rifugiato Terentius, dove si sta dirigendo anche Alessia Caro. Appena il forte sarà caduto… schiacceremo da ambo i lati la legione e la guerra potrà cominciare-
“Quindi non è ancora finito? Ci sarà un’altra guerra?” pensò Rodrick, ritornando ai pensieri che faceva poco prima che il castello cadesse.
-Ed ora…- concluse Mede –Tu sai tutto questo, ma non devi preoccuparti, ormai è troppo tardi perché tu riesca ad evitare la rivolta, quindi… cosa me ne devo fare di te?
Rodrick guardò verso il pavimento, il suo cuore cominciò a battere più velocemente, le parole di Tersitus gli tornarono alla mente.
“Scegli!”
Il Bretone sollevò lo sguardo verso Titus Mede, che lo osservava duro e paziente, come lo era stato per tutti quei mesi.
-Io…- rispose –voglio combattere-
Le sopracciglia del Conte i Kvatch si alzarono, stupite, mentre la bocca si piegò in un sorriso.
Un sorriso di vittoria.
 
 
 
 
   
 
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