Luna Lovegood
“Mamma, mamma! L’ho ritrovato! Sono così felice, mamma. È proprio come avevi detto tu!”
Una donna alta dai lunghi capelli biondi posò una mano sulla
testolina dorata della figlia di 8 anni che, tutta trafelata,
l’aveva appena raggiunta da chissà dove. Le
scompigliò amorevolmente i capelli un poco più scuri dei
propri e la guardò con infinita dolcezza.
“Che cosa hai ritrovato, tesoro mio?”
“Il braccialetto che avevo perso!”
La donna cercò di ricordare quale dei tanti braccialetti, la sua
Luna aveva perso – e appena ritrovato – questa volta. Una
rapida occhiata al polso sinistro della figlia le fece ricordare quanto
accaduto appena tre giorni prima. Luna, in lacrime, le aveva confessato
di non trovare più il braccialetto con gli strass e le perline
blu e bronzo, i colori della Casa di Corvonero, Casa nella quale non
vedeva l’ora di essere smistata quando finalmente avrebbe avuto
l’età giusta per andare a Hogwarts.
“Oh, ma certo! E dove l’hai ritrovato?” la sfumatura
di attenta curiosità nel tono della madre fece sorridere Luna
che incominciò entusiasta a raccontare di come, in un
rocambolesco gioco da lei inventato, fosse finita vicino al fiume dove
aveva visto un Plimpo d’acqua dolce nascondere sotto le squame il
suo braccialetto.
“Non avrei mai pensato di ritrovarlo laggiù. Ne tanto meno
di trovarlo incastrato ad un Plimpo! Non è stata una vera
fortuna, mamma?”
La donna sorrise e presa per mano Luna, la condusse in casa.
“Cosa ti avevo detto, Luna?”
“Le cose che perdiamo trovano sempre il modo di ritornare da
noi,” recitò tutto d’un fiato la ragazzina.
“Anche se non sempre come noi ce le aspettiamo*” concluse
trionfante.
“Esatto, tesoro. Ricordalo sempre.”
“Sì, mamma. Lo farò.”
13 Febbraio 1995
“Lo farò, lo farò” biascicò con la voce ancora impastata dal sonno.
Luna si svegliò un po’ confusa. Le ci volle un momento per
capire dove si trovasse. Era a Hogwarts, nel dormitorio di Corvonero
che condivideva con altre quattro ragazze
del suo stesso anno. Si mise a sedere sul letto a gambe incrociate e
rimase a fissare le cortine di seta blu notte che la nascondevano alla
vista degli altri letti a baldacchino. A giudicare dalla debole luce
che filtrava da uno spiraglio delle tende, doveva essere ancora molto
presto, forse era da poco sorto il sole.
Si lasciò ricadere sul letto e cominciò a ricomporre i
pezzi del sogno che aveva appena fatto. Aveva sognato sua madre. Erano
5 anni che non sognava più sua madre in modo così vivido.
Da quando era morta, cioè da quando lei aveva 9 anni, le era
capitato di sognarla solo un paio di volte e l’aveva sempre vista
molto distante, nonostante avesse sempre quell’aria affabile e quel
sorriso dolce che riservava solo a lei. Invece questa volta aveva
sognato un episodio preciso della propria vita, accaduto un anno prima
della scomparsa prematura della madre ma, la cosa stupefacente, era che
sua madre le aveva parlato! Certo si era trattato solo di poche frasi,
ma il punto era che le aveva parlato!
Pensava di non ricordare più tanto bene la voce della madre
eppure, dopo quel sogno, era come se quella voce l’avesse sentita
solo il giorno prima.
Luna rimase a fissare la tenda superiore del letto a baldacchino e si
perse a fantasticare tra le pieghe traslucide della seta scura.
Si sentiva felice come non lo era stata da molto tempo. Certo, aveva
ancora un papà che non le faceva mancare nulla e che le voleva
molto bene. Aveva dei buoni amici dei quali Ginny era sicuramente una
delle migliori. Ma a volte si sentiva incompleta, come se le mancasse
qualcosa che prima possedeva e che poi aveva perduto. Luna non era una
stupida, non per niente il Cappello Parlante l’aveva smistata in
Corvonero. E sapeva perfettamente cosa le mancava, cosa aveva perso:
sua madre.
Si ricordò in quel momento, con precisione, le parole che sua
mamma le aveva insegnato e che, come un mantra, aveva ripercorso in
sogno.
Le cose che perdiamo trovano sempre il modo di ritornare da noi … anche se non sempre come noi ce l’aspettiamo.
E di colpo capì.
Senza fare rumore, sgusciò fuori dal letto per controllare il calendario Babbano raffigurante uno strano gruppo musicale immobile che una delle sue compagne teneva appeso vicino alla porta del dormitorio.
Sorrise sognante quando una data le confermò la sua ipotesi.
Era infine giunto il 13 Febbraio, il giorno del suo compleanno. Sempre
sorridendo beata e muovendosi come un gatto nella notte, Luna si
accoccolò sul davanzale della finestra, guardò spuntare
il primo raggio di sole e sussurrò: “Sei ritornata, mamma.
Sei ritornata da me per farmi gli auguri di buon compleanno.”
E anche se nessuno le rispose, Luna sapeva che, da qualche parte, sua madre la stava guardando e sorrideva con lei.
*: Cit da Harry Potter e l'Ordine della Fenice.