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Autore: Nox7    18/03/2016    1 recensioni
“Era uno di quei giorni, in cui la vita ti mette davanti una di quelle scelte che si scontano per il tempo restante, di quei momenti in cui devi decidere quale strada prendere.
Ed io, scelsi te.
E non passa giorno in cui non mi chiesi se anche tu, in quel preciso istante, scegliesti me.
Perché, mentre tu ora starai ridendo con chissà chi, io sono qui a pensarti.
A pensare che, se potessi tornare indietro a quel momento sceglierei ancora te. Sempre.”
Anonimo
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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. I can’t
 
 
 “Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno. È come se noi non fossimo mai esistiti. Se c’è un luogo, al mondo, in cui non puoi pensare a nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. È tempo, tempo che passa e basta …”
Alessandro Barrico
 
Ian
 
Autunno 2014
 
“Era tutto buonissimo”.

Assaporo l’ultimo boccone della splendida cena preparata dalla mia ragazza e la bacio sulla tempia quando si avvicina a me.

Nikki mi sorride felicemente compiaciuta “Grazie”.

Si lascia coccolare mentre accetta che le versi un altro goccio di vino frizzante nel bicchiere.

Ne bevo un sorso anch’io per riscaldare e rilassare le mie membra.

Un sabato così impegnativo non lo vedevo da un po’. Ho fatto telefonate a intermittenza, finto qualche progetto e cercato malamente di dare un ordine ad delle scartoffie con poco successo vista la pila di roba che sta ancora inerme sulla mia scrivania a formare una montagna alta quasi quanto l’ Everest.

Avevo promesso a Nikki una cena fuori, in un ristornate appena aperto, ma non mi ero nemmeno reso conto di aver superato un orario decente per mettere qualcosa sotto ai denti.

Con mio enorme sollievo, ci aveva pensato lei.

Ci pensa sempre lei, ultimamente.

Aveva portato a spasso i cani, ripulito casa e preparato una cena degna di un gran galà con tanto di antipasto, primo, secondo, e candele annesse.

A volte mi sorprendo di quanto si dimostri così attenta e premurosa nei miei confronti, è un aspetto di lei che apprezzo come ho apprezzato poche cose nella mia vita; mi tranquillizzano i suoi modi e i suoi gesti d’affetto, sono semplici e silenziosi che,talvolta, nemmeno me ne accorgo.

“Lo sai che ti amo, vero?”

Alza lo sguardo dal suo piatto, mi osserva per un istante che sembra quasi infinito, vittima di pensieri fugaci che le fanno assaporare quel momento, poi mi sorride e si rilassa perché preme di nuovo le sue labbra sulle mie, catturandomi con maggior passione.

“È tardi e tu domani devi andare al lavoro” ridacchia quando passo ad assaporare il suo collo sottile mentre le mie mani le toccano i fianchi.

Sospira forte e si arrende quando torno a fissarla occhi negli occhi, a pochi centimetri da lei.

“Va bene, hai vinto” la bacio a fior di labbra e l’aiuto ad alzarsi dalla sedia catturando la sua mano per accompagnarla in camera.

Sono sereno e le parole di Nina, quelle che mi ha sputato addosso due giorni fa,  non cambieranno tutto questo.

Nikki ed io siamo felici, tutto ciò vale molto di più di tutto quello schifo che c’è tra me e Nina, quello non ha più importanza.

Lei non vuole andare oltre e l’ho capito ma ciò non m’impedisce di farlo per conto mio e se non vorrà parlare, non parleremo, se non vorrà ridere o avere una sana convivenza lavorativa con me, bene, lo avrà.

Come ha sempre avuto tutto.

 
Autunno 2009
 
Devo dire che questi cambi di temperatura, quando non li prevedo, sono fastidiosi.

S’insinuano inaspettati nei giorni autunnali per avvertirti che l’estate non sta effettivamente tornando ma che ti devi preparare a mesi di duro e inesorabile freddo.

Tuttavia a me piace scappare a Los Angeles, dove il tempo è sempre più mite, alla faccia di quel ventaccio gelido che ora come ora mi spettina i capelli, non volendo lasciare tregua nemmeno alle mie dita ormai del tutto insensibili al tatto mentre entro in un bar del centro.

È un luogo accogliente e non c’è mai tanta gente da dovermi nascondere qui, è uno dei posti ideali, insieme ad altri due o tre dove noi del cast decidiamo spesso di trascorrere le serate a bere drink e scommettere su chi farà la prossime scene importanti.

Il mio sguardo vaga tra i tavolini di legno della saletta prima di scorgere dei lunghi capelli castani, un po’ scompigliati ma lucidi sebbene fuori ci sia anche dell’ umidità.  

“Finalmente Smouldy, mi stavo preoccupando”

Gli occhi grandi di Nina sembrano placare il freddo che ho sulla pelle quando la raggiungo e mi siedo accanto a lei.

Ha una sciarpa scura legata al collo e un maglione rosso che le risalta perfettamente la carnagione.

“Hai già preso qualcosa senza di me?” le faccio notare indicando la tazza che dal profumo che emana ha tutta l’aria di essere una dolcissima e ristorante cioccolata calda.

“Stavo congelando e avevo fame”.

 Mi fa notare, un po’ colpevole, alcuni biscotti accanto alla sua mano sinistra.

“Oh, ottima idea”.

Ne acciuffo tre dal piattino rotondo protetto da Nina “Ehi!” e li infilo tutti nella mia bocca l’istante successivo.

“Ti ha mai detto nessuno che ti rendi antipatico quando rubi biscotti ai tuoi amici?”

 “Mmm …”

Mastico soddisfatto il mio furto e faccio segno a un cameriere di portarci dei listini.

“Sto sperando in un soffocamento, sappilo” mi lancia un’occhiata guardinga prima di sorseggiare altra cioccolata.

“Non ti facevo così vendicativa Neens” rubo anche la sua tazza prima che possa fermarmi e ne gusto felice il contenuto il quale mi aiuta a mandare giù il resto.

Nina mi osserva scherzosamente imbronciata, piegando le braccia al petto.

“Non sai contro chi ti sei messo Ian”

“È una minaccia?” mi sporgo verso di lei mantenendo il contatto visivo.

Come se potessi davvero distogliere lo sguardo da quegli occhi.

Sono così profondi che mi fanno paura, sembra vogliano essere uno specchio, una verità, così espressivi e spontanei che quando voglio che venga bene una scena con lei non devo far altro che guardare in quelle due pozze scure e vagarci dentro per tutto il tempo necessario.

“Può darsi” risponde lei sogghignando ingenua e divertita.

Il cameriere smorza l’atmosfera, interrompendoci, appoggiando i listini acconto a noi.

Il resto del pomeriggio trascorre così, con un’altra cioccolata calda e dei biscotti, tra le nostre risate che prendono in giro Paul e la sua dannata tendenza a trafficare con il telefono anche durante le riprese e i momenti di pazzia di Julie quando pretende che tutto vada per il verso giusto.

Usciti dal bar, qualche ora dopo, le luci delle strade sono già accese.

“Ehi, ehi cos’ha intenzione di fare con quella, ragazzina?”

Nina fruga nella sua borsa alla ricerca di un accendino per fumare la sigaretta che tiene tra le dita.

“Senti, primo, non chiamarmi ragazzina, secondo, sono sicura che tu ti sarai certo permesso di fumare di peggio nel corso della tua giovinezza quindi non hai il diritto di giudicarmi”.

“Potremo aggiungere al tuo curriculum il titolo di ‘fumatrice incallita’ accanto a quello di ‘ragazzina coordinata’” .

Nina sorride e manda gli occhi al cielo prima di mettersi tra le labbra la sigaretta e accenderla, si prende il tempo di socchiudere le palpebre e assaporare il fumo sulla bocca.

“Va tutto bene?”

Forse me ne sono reso conto solo adesso, qui fuori, al freddo, mentre camminiamo verso le macchine, che ha delle profonde occhiaie a solcarle il viso leggermente pallido.

“Sì, certo” fa spallucce “fumare mi aiuta a non pensare” rivela sincera continuando a camminare.

 “A cosa non vuoi pensare?”

La fermo, afferrandola per un braccio e lei mi guarda spaesata e triste.

Nina abbassa lo sguardo e fissa i suoi stivaletti neri un po’ sgualciti, alcune ciocche le ricadono sul volto, prende un bel respiro e mi guarda ancora.

“Ho litigato con Ben ieri sera; pesantemente” ammette distendendo le labbra in un sorriso che non le esce.

“Però non me la sento di parlarne adesso”.  Aggiunge quando mi avvicino “ è stato un bel pomeriggio e non mi va di rovinarlo pensando a quello che mi ha detto Ben”.

Non dico niente, non saprei davvero cosa dire, Ben, il suo ragazzo, non lo conosco così bene da poter esprimere sentenze su di lui anche se non mi è mai andato troppo a genio quelle poche volte che ha avuto la decenza di presentarsi sul set.

E Nina è triste, lo vuole mascherare ma i suoi occhi tradiscono quelle emozioni.

Faccio un altro passo e le sfilo la sigaretta dalla mano, aspiro e butto fuori percependo il sapore si lei di là del filtro.

“Ti va di non pensare insieme?”

Qualcosa s’illumina in lei in una frazione di secondo. Riprende la sua sigaretta, fa un tiro e me la ripassa.

“Ci sto”.

 
Autunno 2014
 
I capelli di Nikki mi solleticano il torace quando socchiudo le palpebre, dalla porta lasciata aperta a metà, s’intravede uno spiraglio di luce provenire dalla cucina, deve essere rimasta accesa.

Sospiro stanco e mi ostino ad allungare lentamente il braccio, cercando di non fare rumore.

Le 4.17.

Nikki dorme tranquilla, lo sento da come respira; mi scalda tutta la parte destra del corpo, siamo praticamente incollati nel centro del letto.

Un altro sospiro e mi viene improvvisamente voglia di prendere un po’ d’aria.

Con movimenti calcolati sposto il suo braccio da me e le avvicino, con l’aiuto dell’altra mano, il cuscino che sta sotto la mia testa.

Lei non si accorge nemmeno quando mi alzo e m’infilo i jeans e una maglietta raggiungendo a piccoli passi la cucina, dove il tavolo è ancora apparecchiato e le candele si sono spente da poco.

Cerco dell’acqua e un bicchiere per bagnarmi la bocca ma alla fine preferisco bere direttamente dalla bottiglia. Sfioro il mio cellulare sulla mensola e ho davvero troppe notifiche per perdermi nei meandri dei social network.

Evito di fermarmi ad analizzare le cause che mi spingono a svegliarmi di soprassalto nel cuore della notte perché è sempre una.

Sempre la stessa.

Ma perché?

Perché ci devo pensare?

È passato più di un anno da quando è finita tra noi ed io, sono qui, in una cucina vuota, con la mia ragazza che dorme nell’altra stanza, alle quattro del mattino, a pensare a lei.

Sono patetico.

O un ipocrita.

Sbuffo e mi siedo sulla sedia, metto da parte anche il pensiero che questa settimana dobbiamo metterci all’opera per organizzare la festa a sorpresa per Steven.

Dopo ben sei anni di riprese se ne va, passa oltre, come se fosse la cosa più facile del mondo.

Beh a quell’età è sempre tutto più facile.

Io ero il Re del ‘mi butto tutto alle spalle’, chiudevo un capitolo con la netta e bruciante certezza che se ne sarebbe aperto uno migliore, più difficile e diverso dai precedenti ma indubbiamente, migliore.

Sfortunatamente nessuno ti dice che capita che un bel giorno si apra, inaspettatamente, il capitolo preferito del romanzo della tua vita, e per giunta, senza che tu te ne renda conto, non potrai più tornare indietro, non potrai più riviverlo, per ogni singola cosa che hai fatto, con le persone con le quali hai passato momenti belli o brutti che siano, con chi ha saputo segnarti dentro da mancarti poi.

Va tutto, inesorabilmente, a perdersi in un mare di ore in cui accatasti i tuoi dannati ricordi.

Una fitta mi sovrasta la parte alta del petto e gli occhi scuri di Nina mi appaiono chiari nella mente come un cielo primaverile quando la limpidezza quasi ti acceca.

Lo capirà anche lui, forse presto o forse tardi ma lo capirà.

Mi mancherà quel moccioso gonfiato di muscoli e supereroi dei fumetti. Ha sempre detto che gli ricordo Capitan America per i miei punti fermi, per i miei principi tradizionali, perché vivo in una realtà che non esiste più, in cui alle persone sembra importare davvero dell’ambiente e, infatti, mi sono già comprato lo scudo per buttarlo a terra, quel pappa-molla che alla fin fine è il doppio di me e per una volta, dopo tanto tempo, l’avrò vinta io su di lui.

Erano tutti eccitati quando, la settimana scorsa, ci siamo riuniti in un angolo dietro la libreria di casa Salvatore per accordarci sulle cose di cui avremmo avuto bisogno.

Kat avrebbe comprato le maschere e Zach delle pistole giocattolo, Paul ha blaterato qualcosa ma, a dire la verità, non l’ho davvero ascoltato, stavo guardando Nina che rideva come una bambina all’idea di fare una festicciola d’addio tutti in costume e ogni pensiero intorno a me è come sfumato distante dagli assidui preparativi.

D’altro canto, io ho solo comprato il mio splendente e fantastico scudo e, in un modo contorto, almeno dietro a quello potrò stare tranquillo e ignorare tutto quello che dicono di me e Nikki, evitare i fan e i giornali impazziti e anche quella tristezza mista a delusione sul volto di Nina oscurato dalla luce del suo camerino.

Ecco, quell’espressione ferita era da un po’ che non mi faceva sprofondare così.

Il senso di colpa mi attanaglia le viscere dall’interno; e aveva ragione lei quando mi diceva, tra un bacio e l’altro, che pensavo troppo, ho pensato talmente tanto anche a noi due che alla fine non ho più davvero saputo cosa fare.

Essere amici mi sembra ancora la cosa migliore, la cosa più giusta dopo tutto quello che abbiamo passato, ma forse mi illudo e Nina, come Steven, ha bisogno di crescere, deve capire che non c’è più niente da unire o da ricongiungere.

Ormai siamo solo fili troppo sottili e sfibrati per essere ricuciti da qualche parte.

Dobbiamo solo adattarci a tutto questo e le cose saranno facili per tutti, soprattutto per lei e per me.

E Nina deve aiutarmi in questo perché altrimenti io so che da solo non ce la farò.

Cerco il mio cellulare sulla mensola, per sviare effettivamente sui social sperando che mi inducano ad una bella dormita sotto alle coperte insieme a Nikki quando una scatolina blu e bianca in un angolo della cucina cattura la mia attenzione.

Frugo sotto alcune cartelle ed eccole.

Avevo cercato ovunque quel dannato pacchetto di sigarette.

Una sera prima della fine delle riprese della quinta stagione, c’era Nina con me, qui a casa, abbiamo guardato film senza senso e, dopo averla fatta spogliare quasi tutta sul tavolo della cucina, eravamo finiti a rotolarci sul divano mentre fuori pioveva e faceva ancora un freddo. Fu una delle ultime notti che passammo insieme, ignari di quello che sarebbe accaduto qualche mese dopo.

Aveva quel pacchetto tra le mani quando l’ho preso tra le dita e l’ho nascosto lì sotto per evitare che fumasse ancora.
Lei non aveva mai davvero fumato tanto, solo quando le andava.
 
“Ian! Dove le hai messe?”
“Sarò io a non farti pensare questa notte”.
 
Apro il pacchetto nuovo e ne sfilo una dopo aver tolto la carta. Esco sul piccolo terrazzo che si apre sul mio salotto e mi stringo nelle spalle mentre l’aria fredda della notte mi sferza il viso.

Adotterò il suo metodo, sperando di non essere costretto a diventare un fumatore di alti livelli vista la mia scarsa tendenza a non riuscire a deviare in zona Nina.

Piego la testa, sorreggendo la sigaretta con le labbra, e le do fuoco, riparando la piccola fiamma arancio e blu che si sprigiona dall’accendino.
Chiudo gli occhi e mi appoggio al muro, sotto di me non sento nemmeno un rumore, nessuno si trova in strada a quest’ora, è tutto ovattato da una placida oscurità.

Il gusto del tabacco m’invade la pelle e i nervi, facendomi tendere i muscoli a poco a poco; scarico la tensione in quel minuscolo pezzetto di carta arrotolato e quando sono ormai all’ultimo, la spengo e la getto nel piccolo cestino lì accanto.

Credo che abbia funzionato … relativamente, non è mai stato il fumo a non farci pensare alla fine, lo sapevamo entrambi.
Riprendo il cellulare tra le mani e scorro sulla rubrica, supero il nome di Nikki e seleziono quello di Nina aprendo la voce “nuovo messaggio”.
Che cosa faccio adesso?

Le mando un messaggio a quest’ora della notte per scacciare definitivamente la colpa?

Sospiro sconsolato e tengo testa alla battaglia che ho creato con quel nome scritto in blu sul display.

“Ian? che ci fai qua fuori?”

Mi giro quando l’aria silenziosa è interrotta da una voce sulla porta.

Nikki indossa una mia maglia che le ricade larga e le lascia le gambe nude, si stringe su se stessa per affrontare la brezza notturna.
“Stavi fumando?”

Tentenno nel risponderle, mi sembra quasi di deludere alcune sue aspettative costruite sulle mie buone abitudini.

“Sì” ammetto con un sorriso tirato e colpevole “ Non riuscivo a dormire e ho pensato che una di queste mi avrebbe rilassato”.

Nikki mi guarda comprensiva e mi fa segno di entrare.

“Sono sicura che a letto ti rilasserai di più”.

 
Autunno 2009

Studio il copione seduto sul divano, da ore ripeto allo sfinimento poche righe che non so bene come interpretare.
Perché dovevano assegnarmi proprio il personaggio più complicato?

Abbiamo le riprese notturne e sono a punto e a capo con queste battute, rimpiango i primi episodi in cui finivo per cibarmi di qualcuno.
La porta scricchiola e Megan fa il suo ingresso con tre grandi sporte della spesa.

“Ecco qui ho preso tutto quello che mancava”. Annuncia mentre la raggiungo in cucina per darle un aiuto.

La bacio e le appoggio le borse sul tavolo.

“Com’è andata oggi?”

“Giornata dura, sono sfinita, a te invece?”

Accatasta qualche scatoletta di tonno e un barattolo di latte nella credenza.

“A meraviglia” infilzo lo zucchero vicino al caffè “Abbiamo fatto le prime scene del nuovo episodio che dovremmo finire questa notte”.

“Almeno hai pranzato?” la mia ragazza mi guarda scettica da sotto in su.

“Sì, a dire il vero, Nina mi ha praticamente costretto”.

I fazzolettini di carta tra le sue mani scivolano a terra e il suo sguardo si fa un po’ confuso quando torna su di me.
“Sei andato a pranzo con Nina anche oggi?” la voce le esce incrinata.

“Sì, ma lo sai che siamo amici” dichiaro sostenendo i suoi occhi, non dice niente e distoglie la visuale andando a raccogliere i pacchettini sparsi sul pavimento.

Megan non è mai stata gelosa, perché mai dovrebbe esserlo di una mia collega di lavoro?

“Ehi, Megan” brucio le distanze e la raggiungo, la prendo per le spalle, costringendola a guardarmi ancora “non ti devi preoccupare per Nina, io amo te e voglio passare il resto della mia vita con te” scandisco bene le parole per rendere chiaro il concetto.

“Ne sei convinto Ian?” il suo tono non è duro ma arrendevole, gli occhi si fanno lievemente lucidi quando incontrano i miei.
“Perché non ti ho mai visto guardare nessuna come guardi lei, inclusa me”. 

Un fulmine a ciel sereno, quelle due ultime sillabe mi colpiscono con tanta forza da non riuscire a calibrare bene il senno di poi.

Megan sorride triste mentre una lacrima le solca la guancia destra, mi ridesto lievemente quando lei cerca di sfuggire alla mia stretta.

“Megan stare con Nina mi fa stare bene, con lei mi diverto ma l’unica cosa che conta davvero per me sei tu” le sollevo il mento “ e se ti farà stare meglio, non ci andrò più a pranzo fuori”.

Megan è alla ricerca di ulteriori riposte che si possano tradurre in parole dai miei gesti, dal mio sguardo che vuole negare quello che teme di più, poi scuote la testa e tira su con il naso “Scusami, sono stanca e affamata, non volevo fare la fidanzata gelosa”.

La stringo a me, mi aggrappo alla sicurezza del suo corpo tra le mie braccia e la rincuoro dolcemente prima di sentirla sussurrare.

“Sono sicura che dopo aver cenato, starò meglio”.

 
Autunno 2014

L’odore del caffè nel bicchiere di plastica mi costringe a sentire ancora di più le fitte che mi colpiscono da quando mi sono alzato dal letto per correre al lavoro.

Marguerite mi sorride comprensiva “Hai fatto le ore piccole questa notte?”

“Qualcosa del genere” finisco prima del previsto il liquido caldo.

“Credo che ne prenderò un altro”.

“Va bene Ian, ci vediamo dopo in scena”.

La saluto con la mano, non ho davvero la forza necessaria per salutarla a parole, e inserisco le monetine nella macchinetta.

Infilo le mani nelle tasche della giacca di pelle mentre aspetto che l’espresso faccia la sua schiuma, stringo il pacchetto tra le mani; ho promesso a Nikki di buttarle ma qualcosa mi blocca, mi stordisce.

Non posso farlo.

Prendo il caffè e mi avvio verso i camerini, saluto Candice, anche lei questa mattina sembra particolarmente assonnata, controllo che non ci sia nessuno nei paraggi ed entro in quello con il nome di Nina accanto alla porta.

Non posso farlo, non riesco a farlo.

Lei non è ancora arrivata, è sempre in ritardo in effetti, probabilmente ho ancora un buon quarto d’ora prima che si presenti.

Appoggio il pacchetto sul tavolino, in segno di scuse o di resa, nel tentativo di dimostrarle che ha torto, non so nemmeno se ricorderà che quel pacchetto era stato suo un tempo.

Perché alla fine è sempre questione di tempo.

Il tempo che passo a convincermi che ciò che la riguarda non è importante.

E anche se adesso non saremo niente, la verità è che -che io voglia ammetterlo o no- siamo stati qualcosa di troppo forte, selvaggio e ostinato per essere buttato semplicemente via.

 
 
Angolo autrice:


Ciao!
Mi complimento con voi per essere riuscite ad arrivare alla fine del capitolo.

È un pezzo di riflessione e conflitto interiore. 

C’è quel continuo “non voler pensare” che ritorna prima nel passato con Nina e poi con Ian quando si sveglia nel cuore della notte, c’è il fatto che tutto quello che loro due sono stati sta scemando ed è proprio ciò che spinge lui a fumarsi una sigaretta in solitaria e a metterle, il giorno dopo, nel camerino di lei, vuole essere un tentativo inconscio a non lasciarla andare, lui, insomma, non ci riesce, “I can’t”.

Ringrazio tutte voi per il sostegno, non finirò mai di farlo, quindi grazie!
Un ringraziamento particolare è per eli_s che non mi abbandona mai.

Spero tanto che riusciate a lasciarmi dei pareri e, soprattutto, spero di non avervi annoiato troppo, grazie ancora e a presto!

Nox

 
 
  
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