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Autore: veronpar    27/04/2016    1 recensioni
Rebecca, una ragazza di 22 anni. Una laurea in mano da poco e una nuova vita a Londra. Per conoscere se stessa, allontanarsi da una famiglia che la ama ma che al tempo stesso la considera ancora una bambina e soprattutto, il bisogno di lasciarsi alle spalle una storia finita male.
Brandon, 24 anni. Hooligans, immaturo, sfacciato e pieno di se. Cosa succede se i loro sguardi inevitabilmente si incontrano?
"e tu, tu sei arrivato, mi hai guardato e allora tutto è cambiato per me. "
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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Lo vedo venirmi incontro. Sigaretta tra le labbra, maglietta a maniche corte degli Oasis, jeans stretti scuri e delle converse bianche. Il gonfiore che aveva sull’occhio destro è decisamente diminuito e anche il labbro sta meglio. Definiscilo con una frase: bello come il sole. “Ciao ragazza del pub”. Il suo sorriso. Per un momento vorrei essere quella sigaretta che sta fumando. Reby, torna in te. Timidamente lo saluto e con un espressione accigliata eclama “Beh ci spostiamo o vogliamo rimanere qui fermi? Andiamo a un bar qui vicino, devo fare merenda”. Iniziamo a camminare fianco a fianco. Lui non parla, sembra totalmente perso nei suoi pensieri e io non so cosa dire. Lo osservo di nascosto e decido di rompere quel silenzio tra di noi “allora ti piaciono gli Oasis?”- “Si, sono il mio gruppo preferito, si vede vero? Comunque eccoci arrivati”. Davanti a noi un pub con i tavolini fuori. Noto per un momento sul suo volto un po’ di indecisione, se entrare dentro o rimanere fuori, alla fine opta per i tavoli fuori. Ci sediamo uno di fronte all’altro, il tavolo si affaccia sul lato opposto da dove siamo venuti. Anche lungo quella strada ci sono tanti negozietti. Sono nel mio mondo quando la voce di Brandon mi riporta alla realtà “Allora Rebecca, parlami di te”. Lo osservo per una frazione di secondo “Cosa vorresti sapere?”. Senza esitare mi risponde “Tutto quello che vuoi dirmi “. È molto concentrato su di me e questa cosa mi mette un po’ in imbarazzo. “Che dire? Vengo da Roma e sono venuta qui a Londra dopo la laurea per fare nuove esperienze e per migliorare l’inglese. Divido un piccolo appartamento con Susan, la ragazza che era con me sul treno e starò qui per un anno” sto parlando quando veniamo interrotti dalla cameriera che ci chiede cosa desideriamo. Una ragazza mora i cui capelli sono raccolti da uno chignon, un seno prosperoso, indubbiamente bella. Io ordino un tramezzino mentre Brandon un panino maxi con bacon e mostarda, nel mentre non posso non far caso a come Brandon la osserva. Dentro di me penso “il solito maschio che si sofferma sulle tette e sui culi”. “Mhh italiana quindi, in effetti avevi un accento strano. Non ci sono mai stato a Roma però la pasta è buonissima. Allora, sei qui solo per questi motivi o anche per scappare da qualcosa?“. L’ultima domanda mi spiazza e dalla sua espressione credo che se ne sia reso conto anche lui, faccio un respiro profondo e rispondo cercando di mantenere un tono calmo “No, alla fine a Roma stavo bene, semplicemente volevo un po’ cambiare”. Noto che sta per aprire nuovamente bocca e onde evitare che faccia qualche altra domanda dico “Io ti ho accennato di me, ora tocca a te dirmi di te”. Mi studia per una breve frazione di secondo per poi dirmi “Beh che dire? Anche io vivo da solo, sai già che mi piacciono gli Oasis e a quanto pare hai scoperto che sono un hooligan. Sono curioso di sapere come l’hai capito”. Lo guardo accigliata e con molta calma gli spiego che ho ricollegato la fermata, i tifosi, il livido sul suo volto. Gli spiego che mio fratello è un tifoso di calcio e che il West Ham e i suoi tifosi spesso li ho sentiti nominare da lui. Davanti a queste cose lui fa un sorriso e quel sorriso basta a togliermi l’inquietudine che avevo dentro di me. Mangiamo con calma, il momento iniziale in cui eravamo entrambi in silenzio o il fatto di non sapere di quale argomento parlare viene presto recuperato. Mi dice che lavora in un’officina, che i suoi genitori lo volevano all’università ma che nella vita ha preferito fare altro. Scopro che dal punto di vista musicale stiamo sulla stessa onda più o meno. Parliamo di svariati argomenti. Distrattamente guardo l’ora sul telefono, le otto e un quarto. “Cavolo devo tornare a casa, ho promesso a Susan che questa sera avremmo mangiato della pizza e visto un film davanti al computer, devo scappare”. “Dai ti accompagno fino a casa. La pizza la possiamo prendere anche per strada” “No guarda non preoccuparti, non c’è bisogno di accompagnarmi fino a casa”. Noto che con lo sguardo mi fulmina, quindi decido di non opporre resistenza. Chiediamo il conto alla cameriera e ci alziamo. Prendiamo la metro, che a quest’ora è affollata di gente. Siamo entrambi appoggiati alle manigliere e i nostri corpi si trovano a una distanza troppo ravvicinata, sento il suo profumo, sa di buono. Lui pare non rendersi conto di come siamo ravvicinati, è perso nei suoi pensieri e mi rendo conto che mi piace osservarlo. Vorrei essere nella sua testa per sapere a cosa sta pensando, vorrei sapere ancora di più su di lui. La voce registrata sulla metro ci avverte che siamo arrivati a destinazione. “Brandon, devo scendere qui”. Facendoci spazio tra la calca scendiamo e in silenzio ci avviamo verso l’uscita. All’isolato prima del mio appartamento mi fermo a prendere la pizza, almeno credo che in questo modo riuscirò a farmi perdonare da Susan per il ritardo. Brandon è testardo, vuole accompagnarmi fino a casa e lo lascio fare, pur volendo insistere ho già capito che sarebbe una battaglia persa. “Ehm io sarei arrivata. Grazie per il pomeriggio e per avermi accompagnato fin sotto casa”- “Figurati non c’è di che. Beh allora ci vediamo”. Cosa? Mi ha accompagnato fin sotto casa per poi lasciarmi così? Forse è uno di quei ragazzi che non vuole baciarti al primo appuntamento, forse mi vede solo come amica. Brandon sembra avermi letto nel pensiero, si avvicina a me e mi sussurra all’orecchio “Non ti bacio solo perché mi hai fatto aspettare 20 minuti. Ti avevo detto di essere puntuale, e inizia a chiamarmi Bran”. Rimango a bocca aperta e lui mostra un piccolo ghigno. “Domani, alle 11 sotto casa tua e stavolta sii puntuale”. Neanche il tempo di rispondere che già si è allontanato; resto immobile fuori casa con le pizze ancora in mano. Non lo facevo mica così stronzo.
   
 
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