Fanfic su artisti musicali > Guns N'Roses
Segui la storia  |       
Autore: Farawayeyes    04/05/2016    2 recensioni
La premessa è semplice: dimenticate le coordinate spazio temporali.
La domanda è semplice: ci sarebbe spazio per i Guns n' Roses al giorno d'oggi?
Oltre a questo è la solita, incasinata, classica, storia d'amore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duff McKagan, Izzy Stradlin, Nuovo personaggio, Slash, Steven Adler
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sogna
che sogno
che sogni
che sono vicino




Meditai a lungo nei giorni successivi, escogitando vari piani d'azione per il sabato sera del concerto. Erano tutti ridicoli, insulsi e mi mettevano un'angoscia terribile. 

“Tu devi andare! Se fossi al tuo posto non esiterei un attimo”
La faceva facile lei. Avrei voluto vedere se ci fosse stata veramente al mio posto. I giorni successivi furono densi di scuola. La settimana prima delle vacanze è sempre così: compiti, interrogazioni, verifiche.
Tuttavia la mia mente era bloccata ad un pensiero fisso.

Una sera dopo cena ero sul divano con mio padre, stavamo guardando uno di quei talk show politici in cui gli invitati si urlano contro come scimpanzé, e fu lì che mi venne in mente.
“Papà” dissi.  
“Dimmi” Disse continuando a guardare la TV.
“Devo chiederti una cosa”
Mi guardò, dovevo avere una faccia terribile. 
“Sarebbe?” disse e tolse il volume dalla TV.
Respirai profondamente. Mi fidavo di lui.
“Vedi...sabato sera...” Abbassai lo sguardo, certe cose si riescono a dire meglio se non si guarda l'interlocutore negli occhi. 
“...sabato sera dei ragazzi del Costa suonano al RedCarpet, sono davvero bravi...”
Rise. Si passò una mano sulla testa. Era nervoso.
“E tu vorresti andare?”
“Credo di sì. In realtà pensavo di andare nascosto, ma poi ho capito che era una grande cazzata”
Annuì.
“Grazie per non averlo fatto Arianna, mi fa molto piacere”
“Figurati”
“Forse sarebbe meglio ne parlassimo anche con la mamma”
“No ti prego! Io l'ho chiesto a te, lei lo sai com'è fatta” abbassai la voce per non farmi sentire. “Lo sai com'è fatta, si fa prendere dal panico e risponde prima di pensare”.
“Dovresti darle una possibilità”
“Magari un'altra volta”
“Vediamo a che ora sarebbe questo concerto?”
“Iniziano alle dieci”
“Quindi prima dell'una non finirà”
“Suppongo di no”
“Arianna...”
“Ti prego!”
“Facciamo così, un compromesso, vai e poi ti vengo a riprendere io per mezza notte e mezza”
Ponderai la situazione, in realtà avevo poco da ponderare, era molto di più di quello che speravo. 
“D'accordo! Grazie, grazie!” Dissi e lo abbracciai.
“Si, prego, prego. Due figlie femmine ecco cos'è la cosa più difficile che possa capitare ad un uomo”
Gli sorrisi “Te la cavi alla grande”.
Sospirò scuotendo la testa, mi rendo conto di quanto potesse pesargli.
“Fanno buona musica almeno?”
“Parecchio!”
“Come chi? Stile One Direction?”
“Papà! No, decisamente no! Fanno rock. Stile...mmm non so stile chi. Romones forse, no neanche. È uno stile loro, non ho mai visto niente del genere”
“Addirittura?”
“Ti assicuro! E poi il cantante ha una voce strepitosa, stupenda”
“Insomma mia figlia andrà a vedere il Robert Plant degli anni duemila chi sono io per impedirglielo?”
“Scemo!” Dissi e scoppiai a ridere.
Mio padre e il suo amore per i Led Zeppelin.


La smania che mi si propagava nel corpo venne smorzata bruscamente quando entrando nel locale vidi due occhi neri pronti ad incenerirmi. 
Non doveva essere molto felice di vedermi. Anzi non lo era per niente.
Saul mi fulminó con lo sguardo e non riuscì a capire perché trovasse così spiacevole la mia presenza nel locale.

“Beviamo qualcosa?”
“Certo!” Risposi a Sofia. Tralasciando qualche bicchiere di spumante ai matrimonio il mio rapporto con l'alcol non si poteva certo definire confidenziale. Eppure optai con una vodka alla pesca lemon. Se solo ci ripenso ora, come facevo a bere certi intrugli dolciastri? Forse era per il colore, di certo era per darmi un tono.

Riconobbi William nella stesso tavolo di Saul ai bordi della sala. Era terribilmente buio là dentro e il fracasso impediva di parlare.
“Dovresti andare a salutarlo”
“Tu vorresti che andassi, giusto?”
“Una volta tanto che posso vedere Jeffrey da vicino, non vorrei sprecare l'occasione”
“Non so se ha voglia di vedermi in realtà”
“È lui che ti ha chiesto di venire”
“Facciamo così, passiamo lì davanti come se dovessimo uscire sul balcone e vediamo se mi ferma”
“Meglio di niente”

Avrei voluto posticipare quel momento il più possibile. Il momento della verità. Quando hai ancora tutte le possibilità aperte, un po' come quel gatto dentro la scatola che poteva essere sia vivo che morto, si sta decisamente meglio. Camminai lentamente, sforzandomi di guardare dritta, con l'ansia che mi frizzava nelle vene.
“Arianna!”
Mi girai, calcolai quei due secondi che servono per riconoscere una persona e per far sembrare più reale la mia reazione, poi salutai.
“Ehi, ciao”
I due biondi del gruppo scoppiarono a ridere, così senza ragione, diciott'anni spesi male. 
“Sono felice che tu sia venuta, sedetevi dai! Presentaci la tua amica”
“Si beh, lei è Sofia”
Credo che debba avermi odiata a lungo per quella presentazione discutibile.
Presi posto vicino a Saul, puzzava di rum.
“Ciao”
Fece un segno con la testa, confermando le mie impressioni sulla sua felicità di vedermi.
“Siete venute ad ascoltare un po' di buona musica?”
“Questo dipende da voi”
L'ho sempre odiata per quelle rispostine che riusciva a dare, a me forse risposte del genere sarebbero venute in mente dopo un paio di giorni.
“Senti, senti, coraggiosa la bambina” commentò Micheal.
“Cos'avrei fatto di coraggioso?”
Il biondo le mando un bacio e non le rispose.
“Tra quanto iniziate?”
“Hai fretta piccola?” Mi disse William, era la prima frase che mi rivolgeva.
“No, chiedevo solo”
“Ottimo, perché a me piace fare le cose con calma” disse prendendomi le mani.
Saul si irrigidì vicino a me.
“Fammi passare” mi disse.
Lo guardi impietrita.
“Alzati!” 
Così feci, mi spostai per farlo passare e lo guardai allontanarsi. 
“Questo è il vero lui, tesoro. Mezzo uomo, mezza bestia, noi lo chiamiamo Slash”
“Slash?”
“Già. Qui abbiamo tutti dei soprannomi”
“E qual è il tuo?” Chiese Sofia a Jeffrey.
Lo vidi sgranare gli occhi incredulo, evidentemente era stupito che quella ragazzina si rivolgesse a lui con quel tono così confidenziale.
“Svuotami il cannone” disse si alzò in piedi facendo il gesto di sbottonarsi i jeans “Se vuoi andiamo in bagno”.
Scoppiarono tutti a ridere, Sofia avvampò. Poteva essere tosta con i ragazzi della nostra età, ma con loro, con il fuoco, non valeva niente. Loro giocavano in un'altra categoria.
“Beh ragazze, ora scusate, ma noi dobbiamo andare. Felice di avervi conosciuto”.
“Devo andare anch'io piccola. Spero che i miei amici non ti abbiamo sconvolta eccessivamente” 
“Mi aspettavo di peggio”
“Ottimo, e lascia stare Slash, quella è solo gelosia. Non te ne andare fino alla fine, cercherò il tuo sguardo per tutto il concerto”

La canzone del letto era radicalmente opposta da quello che sentii quella sera. Sentii rabbia , menefreghismo, distruzione e speranza. Delle frasi mi rimasero appiccicate in testa per gironi, alcune sono ancora appiccicate mentre scrivo e sono certa che alcune resteranno appiccicate in eterno. Erano puri, indiavolati e con una carica talmente forte da riuscire a far crollare il locale con le vibrazioni dei loro amplificatori. La voce di Axl calda e rassicurante che avevo ascoltato in camera mia si era trasformata in una voce tagliente, roca, aggressiva. Sicuramente orgasmica. L'avrei ascoltata spesso, di notte sola nel letto. 
Non penso fosse in grado di vedermi, il buio era quasi totale e le prime file erano occupate, ma se mi avesse guardato anche solo per un momento mi avrebbe vista urlare in silenzio quanto fossi felice. 
In quel momento mi pentì amaramente di non essere andata oltre quel pomeriggio, mi sentì come se avessi perso l'unica occasione della mia vita. Aveva sicuramente avuto un abbaglio, quel ragazzo non poteva davvero volermi, o per lo meno non mi avrebbe voluta per molto tempo. 
Infatti non mi voleva, ma questo lo scoprii solo dopo molto tempo. All'epoca vivevo ancora nella speranza, nell'ingenuità che uno come lui potesse essere veramente interessato a me. 

"C'è bisogno di commentare?" Gli dissi a concerto finito.
Mi venne incontro prendendomi per mano e portandomi in un posto più isolato. Mi baciò e il sapore  racchiuso in quella bocca fu il biglietto di sola andata per il mio suicidio. Tutto di lui mi attraeva, inesorabilmente.
Dolce, tenere, ingenua Arianna, eppure quella notte mi sarei infilata nel bagno di quello squallido locale per lasciargli prendere quello che voleva.
L'orario mi impedì di fare quella cazzata, purtroppo non ci fu un angelo custode ad impedirmi di farla anche le volte successive.
"Purtroppo devo andare"
"Di già?"
"Lo so: troppo tardi per me è troppo presto per te"
"Te l'ho detto, so aspettare. Grazie per essere venuta"
"Grazie a te, è stata un'esperienza questo concerto"
 Mi baciò di nuovo.
"Pensami sta notte"
Già, come se ci fosse stato bisogno che me lo dicesse di farlo. 
Non sarei riuscita a chiudere occhio.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Guns N'Roses / Vai alla pagina dell'autore: Farawayeyes