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Autore: _crucio_swag_    28/07/2016    2 recensioni
Sesto anno ad Hogwarts. Draco si ritrova a dover ingannare Harry oltre ad uccidere Silente. Sembra facile ma un sentimento mai provato prima a cui neanche il re delle serpi sa dare un nome gli impedirà di portare a termine ciò che il Signore Oscuro gli ha ordinato. Riuscirà a cambiare la sua anima? Riuscirà a distinguere ciò che è giusto da cio che non lo è? Riuscirà a sciogliere il ghiaccio che avvolge i suoi occhi e il suo cuore?
Questa storia non sarà delle più felici ma vi posso assicurare che avrà un bel lietofine.
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Capitolo 14

la cicatrice



Draco si svegliò di colpo con un certo peso sullo stomaco. Aprì gli occhi e cercò di asciugarsi le perle di sudore che gli inzuppavano la fronte ma quando provò a muovere le mani sentì chiaramente delle corde che gli tenevano bloccati i polsi incrociati e appesi sopra alla sua testa, fissati ad un chiodo su un muro di mattoni. Gli diede uno strattone, poi un altro, ma l’unico risultato che ottenne fu quello di gemere dal dolore mentre le corde si stringevano ancor di più. Ci rinunciò in fretta, cercando di calmarsi, e cominciò a far vagare lo sguardo nella stanza: era quasi completamente buia eccetto la poca luce che passava attraverso le sbarre di una porta di ferro cui, dietro alle fessure, si poteva scorgere una scalinata in pietra scura e, più in alto, una porta di legno usurato. Le pareti erano sudice e nell’aria alleggiava un odore di polvere e carne in putrefazione. La riconobbe all’istante grazie ai ricordi che quel posto gli risvegliò nella mente.
Si ricordava di una volta, quando era piccolo, in cui aveva disobbedito a sua padre e si era ritrovato un intera giornata senza nulla da mangiare intrappolato in quella stanzetta buia: la prigione dei sotterranei del Malfoy Manor.
“Che ti sia di lezione!” aveva detto Lucius dopo averlo finalmente lasciato uscire. Non aveva mai più disobbedito a suo padre dopo quell’episodio.
In quel momento si sentiva scosso e, nonostante fosse seduto, la testa gli girava pericolosamente. Aspettò un attimo che quel senso di nausea si attenuasse poi cercò di mettersi comodo in qualche modo mugolando infastidito perché poteva quasi dire con certezza che le sue chiappe, a forza di stare schiacciate sul pavimento, avevano assunto una forma quadrata. Il risultato che ottenne però fu solo quello di rischiare di slogarsi una spalla dato che la corda che gli teneva bloccati i polsi non gli permetteva di stare in altra posizione. Così rimase in quel modo, mezzo seduto, pregando che qualunque cosa stesse per succedere sarebbe successa, e in fretta.
 
Si pose delle domande:
Perché era lì?
Da quanto tempo?
Chi l’aveva portato?
Perché?
 
Poi la porta di legno in cima alla scalinata si aprì di colpo e quando Voldemort fece il suo ingresso nella prigione puntando i suoi malvagi occhi rossi su di lui i ricordi lo assalirono di colpo.
 
Si ricordò la Stanza Delle Necessità...
L’armadio Svanitore…
Harry…
Il viso di Harry a pochi centimetri dal suo…
L’orologio da taschino che segnava la Mezzanotte…
Le corde che lo legavano…
La fredda risata dei mangiamorte...
Un lampo di luce rossa probabilmente proveniente da uno schiantesimo…
E poi il nulla…
 
Il Signore Oscuro si passo la bacchetta nel palmo di una mano sfregandola contro la pelle pallida e morta. “Buon Natale Draco…” sibilò con la sua solita voce fredda.
Il biondo non poté fare a meno di rabbrividire.
“Vorresti gentilmente spiegare al tuo Signore il motivo per cui non hai svolto la missione?”
Il Serpeverde non rispose, si limitò a deglutire intimorito.
Voldemort a quel punto lanciò uno sguardo penetrante al ragazzo seduto a terra che si affrettò a distoglierlo per impedirgli di leggergli la mente, ma non fu abbastanza veloce. Il mago davanti a lui era un abilissimo Legilimens.
“Oh, questa non me l’aspettavo proprio – disse, fingendo di essere sorpreso – vedo che hai fatto fin troppo conoscenza con il nostro amichetto Potter! Beh, vediamo un po’, perché non mi racconti di ciò che avete fatto insieme?” ghignò malefico e punto la bacchetta su Malfoy lanciandoli la maledizione Imperius e costringendolo a guardarlo negli occhi per riuscire ad entrare nella sua testa. “Si, devo dire che siete proprio carini quando vi sbaciucchiate come se non ci fosse un domani… Dimmi Draco, è per questo che l’hai lasciato andare? Per non perdere il tuo schiavetto sessuale?”
“LA SMETTA!” urlò il biondo riuscendo a resistere alla maledizione per un paio di secondi.
Voldemort abbassò la bacchetta compiaciuto. “Forse ci sarà un'altra cosa per cui mi dirai, anzi pregherai, di smetterla”. Si girò verso la scalinata. “Bellatrix, Dolohov! Portatela dentro!”
I due mangiamorte comparvero sulla soglia a braccetto con Narcissa Malfoy che scendeva passo per passo i gradini con lo sguardo basso e l’espressione completamente rassegnata, senza opporre resistenza.
“MADRE! MADRE!” urlò Draco dimenandosi con il solo risultato che le corde si stringessero ancor di più ai suoi polsi “Ahia…” mugolò.
“Fa giusto un po’ di male vero?” chiese Dolohov al biondo in tono sarcastico.
Quello gli rivolse uno sguardo inceneritore. “LASCIATELA ANDARE!” urlò poi riferendosi alla madre.
“Perché dovremmo farlo?” sibilò il mangiamorte.
“Perché…” le parole gli morirono in gola quando Voldemort avanzò di un passo verso Narcissa, il mantello che frusciava alle sue spalle. “Non mi hai portato Potter entro il giorno prestabilito? Non è un problema mio… Ne pagherai le conseguenze!”. Si avvicinò di un altro passo.
“NON TOCCARLA! LASCIALA STARE!” gridò il Serpeverde.
Il Signore Oscuro però si avvicinò ancora a lei.
“La prego! Uccida me piuttosto ma non lei! Non mia madre!”
“Draco no…” sussurrò Narcissa.
“Chi ti ha dato il permesso di parlare? CRUCIO!” esclamò Voldemort puntandole la bacchetta al petto.
La povera donna cadde rovinosamente a terra e cominciò ad urlare e a contorcersi in preda alle scariche di dolore che quella maledizione provocava. Sembrava ti scorticasse la pelle millimetro per millimetro.
Draco raccolse le ginocchia al petto e si sforzò di trattenere le lacrime mentre le urla di sua madre laceravano il silenzio della prigione del Manor. “Adesso tutto finirà, non ascoltare, non ascoltare… Adesso tutto finirà e tu sarai morto, niente più missione, niente più di niente…” si ripeté in testa sforzandosi di pensare a qualcosa da fare ma non riusciva a connettersi al mondo reale, sentiva solo le grida disperate di sua madre che gli penetravano nella testa con uno stridore continuo.
“LA SMETTA!” urlò “LA SMETTA SUBITO!”
Voldemort però non si mosse di un millimetro, l’unica cosa che fece fu assottigliare lo sguardo riducendo gli occhi a due perfide fessure per poi sibilare “Dammi un motivo per farlo Draco!”
Il biondo schiacciò i gomiti sulle orecchie per cercare di diminuire le grida che gli riempivano il cranio. E al diavolo la sua dignità, poteva anche mostrarsi debole se si trattava di salvare sua madre. “La prego Signore, farò tutto quello che vuole!” disse mentre lasciava libero sfogo alle lacrime.
Il Signore Oscuro ghignò malefico ma non abbassò la bacchetta. “L’avevo detto che mi avresti pregato!” disse soltanto.
“Glielo giuro! Qualsiasi cosa ma la smetta!” ripeté sapendo che non sarebbe potuto resistere un minuto di più con quelle urla che gli stavano torturando il cervello.
“Molto bene!” esclamò Voldemort abbassando finalmente la bacchetta, felice, come se cruciare le persone fosse la cosa più naturale del mondo.
La povera donna, rimasta a terra, ansimò tentando di riprendere fiato.
“Madre! Madre stai bene?” chiese Draco.
Narcissa provò a parlare ma non li uscì altro che un gemito strozzato così sollevo appena gli angoli della bocca in un minuscolo sorriso per rassicurare suo figlio.
Il Serpeverde si rilassò un pochino ma tornò subito rigido quando il Signore Oscuro mosse alcuni passi verso di lui.
“Vedi caro mio, ho in mente grandi progetti per te – cominciò a dire – Siccome sta sera mi sento gentile ho deciso di darti una seconda possibilità, per rimediare ai tuoi sbagli. Farò un eccezione solo per te Draco, riceverai il più grande onore che io abbia mai concesso, dopotutto è Natale e questo sarà il mio regalo per te. Visto che sei così affezionato al tuo amichetto Potter, o forse dovrei dire schiavetto sessuale, ti darò l’opportunità di poterlo uccidere tu con le tue stesse mani. Non dev’essere poi così difficile, dopotutto basta che fingi di volertelo portare a letto e con una semplice ed efficace maledizione è tutto finito. Che ne dici, ti piace come idea?”
Draco strinse i pugni conficcandosi le unghie nella carne per poi rispondere con un secco “No”
“Oh davvero? Povero illuso, non si può dire di no al signore Oscuro e lo sai bene…”
Il biondo deglutì “No, io non lo farò” ripeté con tono più autoritario.
“Perché? Non vuoi ucciderlo? Magari anche alla tua mammina interessa saperlo… non credi?”
Il Serpeverde deglutì a fatica.
“Avanti, raccontale come vi divertite insieme… le notti…”
Draco non potendone più lo interruppe. “La smetta! Primo, io non mai fatto quel genere di “cose” con lui, secondo, non voglio farlo perché voglio bene a Potter ok? E’ una persona meravigliosa, ha un gran cuore e mi è sempre stato accanto nel momento del bisogno. Io invece ho tradito la sua fiducia, l’ho ingannato e tutto perché? Per un suo stupido piano! Non sono una cazzo di bambola di pezza da manovrare come pare e piace, capito? Sono una persona e esigo rispetto nei miei confronti e nei confronti di chi mi sta attorno!” Ammutolì e serrò le labbra di colpo quando si rese conto della maniera con cui si era rivolto al più grande mago oscuro di tutti i tempi. Questa non l’avrebbe passata liscia.
Voldemort ghignò malefico. “Non occorre scaldarsi tanto signorino Malfoy, io la manovrerò comunque come mi pare e piace e lei farà meglio ad ascoltarmi e a eliminare Potter della faccia della terra entro la fine dell’anno scolastico!”
“Se no che fa, mi uccide? Beh, lo faccia pure!” esclamò Draco troppo pieno d’adrenalina per tornare a rivolgersi al Signore Oscuro in modo educato.
“No, ucciderti ti farebbe solo felice e non servirebbe a niente. Tu mi servi. Comunque credo che una gitarella ad Azkaban per il resto della tua vita andrà bene per convincerti a fare ciò che voglio. Beh… guarda il lato positivo Draco, potrai fare compagnia al tuo paparino!”. Puntò la bacchetta sul ragazzo e sciolse le corde che lo tenevano inchiodato al muro. “Però penso che prima ci terrai a salutare tua madre, per l’ultima volta. Come ho già detto, stasera mi sento fin troppo gentile. Ti concedo un solo minuto, non di più!”
Il biondo si massaggiò un attimo i polsi rossi e scorticati per la stretta poi scattò in piedi e si fiondò su sua madre che nel frattempo si era seduta con la schiena contro la parete e le bacchette di Bellatrix e Dolohov puntate addosso. Si inginocchiò alla sua altezza e la abbracciò forte nascondendo la testa biondo platino nella sua spalla. “Scusami, io non volevo… Ti prego scusami” mormorò tra i singhiozzi “Sono stato uno stupido! Scusami…”.
Narcissa poggiò una mano sulla schiena di sua figlio accarezzandola piano. “Draco, non devi scusarti. Non è colpa tua, non lo è mai stata e ricorda che anche se farai degli sbagli io ti vorrò sempre bene”
“Ti voglio bene anche io madre” sussurrò con la voce spenta “Perdonami… sono solo un mostro”
La donna scoccò un leggero bacio sulla guancia del Serpeverde. “Tu non sei un mostro, il mostro è colui che non deve essere nominato. Draco, se veramente vuoi bene a quel ragazzo allora salvalo, è l’unica possibilità rimasta al mondo per liberarsi dal male” sussurrò in modo che solo suo figlio potesse sentirla.
“Grazie” mormorò lui per poi stringerla ancor di più, per l’ultima volta.
“Direi che può bastare! Prendetelo!” esclamò il Signore Oscuro.
Il Serpeverde si aggrappò alla madre con tutta la forza che aveva costringendo i mangiamorte ad avvinghiarsi attorno ai suoi fianchi per riuscire a staccarlo.
Sentendo la sua presa scivolare pian piano esclamò “Madre, non lasciarmi!” mentre ormai era aggrappato alla donna solamente per una mano con Dolohov che teneva ferma Narcissa e Bellatrix che lo strattonava per i piedi.
“Draco, io non ti lascerò mai. Anche se non potrai vedermi io sarò sempre con te. Te lo prometto” disse quella per poi mollare la presa e lasciare che le dita di suo figlio scivolassero lentamente dalla sue, staccandosi definitivamente.
Voldemort puntò quindi la bacchetta su Narcissa mentre il biondino di fianco a lui si dimenava cercando di tornare da lei.
“LASCIATELA STARE!” continuò a gridare “NON TOCCATELA!”
Il Signore Oscuro rafforzò la presa sull’oggetto magico “Narcissa prego, alzati in piedi”
E la donna obbedì senza esitare.
“MADRE NO! NON FARLO!” urlò il biondo continuando a cercare di liberarsi dalla presa di Bellatrix a cui si era aggiunto pure Dolohov.
“Hai disobbedito Draco, e chi disobbedisce merita di essere punito!” sibilò il mago oscuro.
“Avevate detto che non lo avreste fatto!”
“Draco, non ho mai detto questo. Non ho mai detto che non l’avrei uccisa. Io ti ho dato una missione e tu non l’hai portata a termine, le conseguenze ti erano ben chiare ancora parecchi mesi fa”
Il Serpeverde assottigliò gli occhi rivolgendogli lo sguardo più sprezzante che poté. “Non è colpa sua, la lasci stare!” disse in tono freddo e autoritario.
Il Signore Oscuro non gli badò nemmeno e si girò nuovamente verso Narcissa con un ghigno divertito stampato in volto. Fece roteare una volta la bacchetta e pronunciò un semplice “AVADA KEDAVRA” in un tono completamente disinvolto.
Per Draco tutto accadde al rallentatore…
Sentì il viso prendere fuoco dalla rabbia mentre un lampo di luce verde scaturiva dalla bacchetta di Voldemort. Serrò i pugni e gonfiò i muscoli delle braccia spingendo i gomiti verso l’esterno: colpendo sullo stomaco e facendo piegare a metà sia Bellatrix che Dolohov, poi le raddrizzo di scatto riuscendo finalmente a staccarsi dalla presa dei due mangiamorte. Portò un piede avanti poi un altro ma era troppo tardi, non arrivo in tempo. La maledizione colpì sua madre in pieno viso e lui non poté fare altro che immobilizzarsi e guardare. Guardare il suo corpo che veniva attraversato da una scossa per poi barcollare all’indietro. Guardarla accasciarsi al suolo in una posizione scomposta. Guardare la luce abbandonare lentamente i suoi occhi azzurri mentre un rivolo di sangue gli colava da un lato della bocca.
Draco cadde in ginocchio accanto a lei non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo corpo inerme.
Sentì l’agghiacciante risata del Signore Oscuro giungergli alle orecchie ovattata, come se provenisse da kilometri di distanza, mentre il battito del cuore gli rimbombava in testa.
Posò entrambe le mani sulle sue spalle scuotendole piano. “Madre, madre svegliati!”
Quella, ovviamente, non si mosse.
Allora mise un lato del viso sopra il suo petto cercando di captare qualsiasi rumore potesse indicare un segno di vita, ma non sentì nulla. La scosse di nuovo “Svegliati! Ti prego svegliati!” disse ancora e pure la sua voce gli giunse spenta e ovattata. Ma, per l’ennesima volta, la donna non si mosse.
Il Serpeverde cominciò allora ad ansimare per colpa del grosso nodo che gli si era formato in gola e che gli impediva di respirare. Le strinse la mano “No…” mormorò con voce strozzata “No, non può essere…”
La scosse ancora. “NO! NO, MADRE NON LASCIARMI! IO SONO QUI!” urlò in preda alla disperazione.
Sollevò il suo busto della donna e se lo poggiò sulle ginocchia, la testa a penzoloni e il collo piegato esageratamente all’indietro, in una strana angolazione. “DANNAZZIONE! NO!”.  Chinò il capo in avanti e cominciò a singhiozzare inzuppando i vestiti della madre. “Ti prego, guardami, svegliati, fai qualcosa…” sussurrò mentre le lacrime scivolavano fuori a fiotti. “Non lasciarmi, non farlo. Non lasciarmi da solo!”.
Prese la testa di sua madre fra le mani “Ti voglio bene…” sussurrò per poi stringere tra le braccia il suo corpo freddo e senza vita. “Ti prego, torna da me. Non lasciarmi…”
“Ops, a quanto pare l’ha già fatto!”
La voce del Signore Oscuro rimbombò nella testa del Serpeverde rompendo il silenzio.
Draco poggiò delicatamente a terra il corpo di Narcissa poi, con una forza che nemmeno lui sapeva di avere, riuscì ad alzarsi in piedi e a guardare Voldemort dritto negli occhi e per di più di sua spontanea volontà. Non gli importava se in quel momento gli stesse leggendo la mente o altro, anzi, era proprio quello che voleva: fargli capire l’odio che provava nei suoi confronti. “TU… SEI STATO TU! HAI UCCISO MIA MADRE! COME HAI POTUTO?”
“Si, sono stato io. Draco” rispose quello ghignando.
Il biondo, senza nemmeno sapere ciò che stava facendo, si lanciò di scatto sul Signore Oscuro. Voleva torturarlo, picchiarlo, cavargli a coltellate centimetro per centimetro di pelle e ucciderlo definitivamente.
Voldemort però lo schiantò addosso al muro con un semplice colpo di bacchetta.
Il Serpeverde si massaggiò la nuca dolorante per l’impatto improvviso con la parete in mattoni. “Perché? Perché sta facendo tutto questo?” chiese.
“Perché il mondo sta cadendo in rovina…”
Si, grazie a te” pensò il biondo per poi affrettarsi ad abbassare lo sguardo in modo da non farsi leggere nel pensiero.
Riprese ad ascoltare il discorso di Voldemort “… e il mondo ha bisogno di un capo. Un capo che sappia manovrarlo e gestirlo al meglio. E quale altra persona se non IO?”
Potrei stare giorni a elencarti quali altre persone sarebbero meglio di te” commentò di nuovo fra sé e sé.
“Comunque, caro mio. Non credere che per te le sorprese siano finite!” esclamò il mago compiaciuto.
“Che cosa vuole farmi adesso?” chiese il Serpeverde, ancora seduto a terra, senza riuscire a nascondere una nota di preoccupazione nella voce.
“Diciamo solamente che un Horcrux in più non mi farà male!”
Draco corrugò la fronte confuso senza riuscire a capire il significato di quel termine.
Voldemort però non gli diede il tempo di chiedere nulla. Puntò la bacchetta su di lui e cominciò a mormorare strane parole in una lingua incomprensibile che suonavano come una specie di cantilena ripetitiva.
“C-che cosa… s-sta facendo?” balbettò il biondo sentendo all’improvviso una fitta al petto e poi la sensazione di un velo d’aria gelida che, partendo da lì, si appoggiava su tutta la superficie del suo corpo penetrandogli nei pori della pelle e scendendo in profondità.
Voldemort si interruppe un attimo. “La senti Draco? Questa è la mia anima che entra in te” sibilò per poi continuare a pronunciare quello strano incantesimo.
A poco a poco Draco sentì il gelido raggiungere ossa e muscoli facendoli tendere come se un gigante gliene avesse preso le estremità e stesse tirando verso l’esterno. Aprì la bocca per urlare dal dolore ma si sentì le corde vocali talmente stirate che non riuscì a produrre alcun suono. La vista cominciò pian piano a sfocarsi mentre aveva l’impressione che gli occhi si ritirassero dentro alla cavità cerebrale ma non poté fare niente, solo pregare che smettesse in fretta.
"AVADA KEDAVRA!" urlò il signore oscuro e un lampo verde scaturi dalla sua bacchetta andado a colpire il biondo sul fianco destro.
L’ultima cosa che sentì il Serpeverde fu una forte scossa e la sensazione che lo strano velo gelido si restringesse fino ad intrappolargli il petto in una morsa.
Poi la vista si annerì completamente trascinandolo nel buio dell’oblio…
 
 
 
La prima cosa che Draco avvertì fu la dura superficie del pavimento sotto di lui. Un formicolio si diffuse per tutto il suo corpo facendogli riprendere pian piano coscienza. Cominciò a sentirsi prima le dita delle mani poi quelle dei piedi, le mosse lentamente per darle il tempo di scaldarsi. Poi le braccia e le gambe e infine il busto. Si rese conto di essere disteso a pancia in giù quando avvertì il pavimento freddo sfiorargli un lembo di pelle scoperta del fianco. Aprì piano gli occhi ma dovette richiuderli subito a causa del forte mal di testa che lo assalì di colpo. Aspettò che quel fastidioso pulsare delle tempie si attenuasse poi sollevò nuovamente le palpebre, sta volta però più lentamente. All’inizio vide solo sbiadite macchie di colore poste in uno sfondo non particolarmente illuminato poi cominciò a mettere a fuoco vari oggetti: sedie accatastate fra loro, bauli in legno, bottiglie di vetro, un ascia argentata sporca di sangue secco, collane di perle, un busto di gesso, la sua bacchetta… Si fermò di colpo quando vide un grande armadio svettare imponente sopra di lui e una coperta bordeaux poggiata a terra al suo fianco. Per l’ennesima volta in quella sera i ricordi lo assalirono di colpo.
 
Si ricordò la cella del Manor…
I passi di Voldemort…
Un “io ti vorrò sempre bene” sussurrato…
Il corpo inerme di sua madre riverso a terra…
Lacrime…
La sensazione di un velo gelido che si posava sulla sua pelle…
Muscoli e tendini che si tiravano…
AVADA KEDAVRA...

E poi il buio più totale…
 
Serrò gli occhi di colpo cercando di scacciare quelle immagini dalla sua testa e sperando che tutto fosse stato solo un brutto, anzi orribile, sogno. Ma se era così allora per quale motivo si sentiva così debole e per quale motivo quelle immagini erano così vivide nella sua testa?
Prese un paio di respiri profondi e cercò di recuperare abbastanza forza per mettersi seduto ma l’unica cosa che riuscì a fare fu girarsi a pancia in su mentre il doloroso martellare nella sua testa riprendeva.
Puntò lo sguardo verso il suo petto e poté vedere chiaramente la camicia, in precedenza bianca, sporca, annerita e strappata in alcuni punti. Poi alzò una mano portandosela davanti al naso e rimase a fissare i lembi di pelle scorticata che correvano tutt’intorno ai suoi polsi.
Segno che non era stato tutto un sogno, o un incubo, per dirla giusta.
Sua madre… questo voleva dire che sua madre era morta. Lei non c’era più. Se n’era andata.
A quel pensiero si sentì collassare ma comunque non pianse: a forza di farlo aveva capito che serviva solo a indebolirti ancor di più e a distruggerti definitivamente. Non pianse perché sapeva di non avere scelta, sapeva che dopo un momento triste ne arrivava subito un altro e che nascondersi nel dolore sarebbe solo servito a farlo a pezzi più in fretta.
Poggiò entrambi i palmi delle mani sul pavimento e fece leva sui gomiti per riuscire a tirarsi su. Mugolò infastidito perché i muscoli ancora intorpiditi rispondevano per metà ai suoi comandi ma alla fine riuscì a mettersi seduto. Si guardò in torno e dovette ammettere che: sì, aveva ragione, quella era proprio la Stanza Delle Necessità. Probabilmente i mangiamorte l’avevano riportato lì dopo che era svenuto perché doveva completare la missione, oltre a Silente doveva uccidere anche Harry Potter.
A quel pensiero gli si formò l’ennesimo nodo in gola.
Per distrarsi provò ad alzarsi in piedi e rimase stupido nel constatare che seppure difficilmente e tremando peggio delle gelatine le sue gambe riuscivano comunque a tenerlo in piedi. Mosse piano alcuni passi poi si chinò e raccolse la sua bacchetta. “Guardami… se veramente ci tieni a me allora guardami” Al suo cuore mancò un battito quando quella voce di ragazzo, la voce di Harry, risuonò nella sua testa facendogli mollare all’istante la bacchetta che rotolò sul pavimento. Il nodo che aveva in gola si strinse ancor di più e dovette fermarsi un paio di secondi inspirando ed espirando profondamente per poi decidersi ad allungare di nuovo la mano in avanti per riprendersela. Per sua fortuna, sta volta, non successe niente.
Sospirò e si diresse verso l’uscita dato che quella stanza, seppur grande, cominciava a dargli un senso di soffocamento a forza di restarci chiuso dentro le giornate intere. Ma fu proprio mentre stava per poggiare la mano sul grande portone di legno usurato, dopo aver superato montagne di oggetti accatastati fra loro, che la sentì. Sentì una presenza oscura dentro di lui. Sentì l’anima di Voldemort intrappolata al suo interno e un bruciore lancinante provenire dal suo fianco destro.
Dovette sedersi a terra per non rischiare di cadere. Si poggiò entrambe la mani sul fianco stringendo i denti e strizzando gli occhi, gemendo dal male. Quando il dolore si affievolì quel tanto che bastava per riuscire a mollare la presa senza soffrire troppo il biondo sollevò lentamente un lembo della sua camicia volendo scoprire ciò che gli provocava quelle fitte.
La mascella cadde letteralmente verso il basso, gli occhi si sgranarono e il battito cardiaco cominciò ad accelerare velocemente.  
“Harry, aiutami…” fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare associando automaticamente quello che vide a lui.
Perché lì, sul suo fianco, c’era l’ultima cosa che si sarebbe potuto immaginare al mondo: una taglio quasi già completamente cicatrizzato a forma di saetta.
 
 
 
Harry, aiutami…”
Al quel sussurrò dentro alla sua testa, nella sua Sala Comune, Potter si svegliò di colpo lanciando un urlo terrorizzato. Si tirò su di scatto ansimando affannosamente, la cicatrice che bruciava, e cadde dal letto per il movimento troppo brusco. Non se ne accorse nemmeno, l’unica cosa che fece fu raggomitolarsi su se stesso e tenersi la testa fra le mani dondolando avanti e indietro mentre urlava cercando di coprire quella continua voce nella sua testa che ripeteva: “Harry, aiutami… Harry, aiutami… Harry, aiutami…”. La voce di LUI. La voce di Draco.
“Fratello stai bene?” chiese Ron che, come Neville, era accorso dal moro preoccupato per le sue urla. Gli altri due compagni di stanza: Dean e Seamus, erano a casa per le vacanze natalizie.
Vedendo che quello continuava a tapparsi le orecchie e a dondolare disperato il rosso gli poggiò entrambe le mani sulle spalle e lo blocco al lato del letto. “Calmati! Che succede? Sono le 3 di notte!” esclamò, ma di nuovo il suo amico non parve accorgersi della sua esistenza.
“SMETTILA! SMETTILA!” urlò il moro scuotendo velocemente il capo.
“Cosa gli sta succedendo?” chiese Neville ancora scosso per il risveglio improvviso “Perché urla in quel modo? Sta morendo?!?!”
Ron non lo ascoltò nemmeno. Cercando di calmarlo in qualche modo gli spostò le mani che tenevano tappate le orecchie e gli prese la testa fra le sue costringendolo a guardarlo negli occhi.
“DRACO SMETTILA, TI PREGO!” urlò Harry.
Il rosso, confuso, gli sollevò il viso e quando lo fece notò chiaramente le lacrime che gli bagnavano le guance, la fronte sudata e la cicatrice doppiamente più arrossata del solito. “Harry, torna nel mondo reale!” urlò scuotendolo piano.
La voce giunse ovattata, ma comunque giunse fino alle orecchie del moro distraendolo per un momento da quel “Harry, aiutami…” continuo.
“Svegliati! Sono qui! Torna nel mondo reale!” esclamò di nuovo il rosso.
Questa volta Potter lo sentì chiaro e forte e finalmente la voce nella sua testa cessò. Trasse un affannato respiro profondo aspettando che i suoi battiti cardiaci tornassero pian piano alla normalità. “Cos’è successo?” domandò con aria piuttosto confusa quando, aprendo gli occhi, si rese conto di essere seduto a terra con il viso di Ron dritto davanti a lui.
“Oh beh, questo dovresti dircelo tu!” esclamò Neville.
“Io… io non ricordo niente… che cosa ho fatto?”
“Come?! Sono quasi 10 minuti che ti tappi le orecchie e dondoli avanti e indietro urlando come se stessi per morire e poi ci dici che non ricordi niente?” sbottò Ron lasciando la presa sulla sua testa.
“No, io ve lo giuro… non lo so” biascicò spremendo le meningi e cercando di ricordare qualsiasi cosa, ma niente da fare.
“E poi che significa: Draco smettila, ti prego!
“Che cosa?” Harry corrugò la fronte confuso.
“Boh, l’hai detto tu” ribatté Neville al posto di Ron.
Il moro si immobilizzò un attimo quado l’immagine di un taglio a forma di saetta su un lembo di pelle esageratamente pallido gli comparve nella mente per poi svanire subito dopo. Dicendosi che forse era stata solo la sua immaginazione si nascose sotto le coperte e dopo essersi scusato e aver congedato i suoi compagni di dormitorio immerse la faccia nel cuscino, ancora bagnato dalle lacrime versate per Draco.
Perché l’aveva ingannato per tutti quei mesi, fingendo di essere qualcun altro, manovrandolo e giocando con i suoi sentimenti, tradendo la sua fiducia e rischiando di ucciderlo per ben due volte.
Beh... del resto, se lo scopo del biondino era farlo star male, c’era riuscito eccome!
Non sapeva se sarebbe più riuscito a dormire quella notte ma ci provò lo stesso.
Buon Natale a me!” si disse per poi chiudere gli occhi con un nodo in gola...












 

Note dell'autrice: Di nuovo mi scuso per il ritardo nella pubblicazione del nuovo capitolo ma sono stata molto impegnata in quesi giorni e non ho avuto molto tempo per scrivere.
Vi avviso che siamo finalmente arrivati a metà storia! Yuppi! Ora ne manca altrettanta...
Come sempre vorrei ringraziare chi recensisce, chi ha messo la storia tra le seguite o le preferite e anche chi legge in silenzio nella speranza che questa ficci vi stia piacendo.

Lascietemi una piccola recensione, please. Cosa ne pensate? Vi è piaciuto?
Con questo capitolo volevo farvi capire che il Signore Oscuro non perdona mai. Infatti, come avete potuto leggere, ha ucciso la madre di Draco senza alcuna pietà. Spero di essere riuscita a farvi commuovere almeno un po' perchè scrivere le parti troppo drammatiche non è decisamente il mio forte. Sarei felice se mi diceste se sono riuscita a esprimere o no la disperazione e l'orrenda condizione in cui si trova il Serpeverde (ci ho messo tutta me stessa) XD
Poi... cosa sta succedendo al nostro Draco? Perchè all'improvviso si ritrova uno strano taglio/ciccatrice sul fianco a forma di saetta? Da questa "cosa" nascerà un qualche legame con il Signore Oscuro o con un'altra persona?
Beh, se non leggerete i prossimi capitoli non lo saprete mai!
Vi dico solo che i nostri due protagonisti ci metteranno parecchio per scoprire di cosa si tratta e i vantaggi e gli svantaggi che questo porta.

Vi dico un'ultima cosa.
Le prime due settimane di agosto sarò in un campeggio dove non ti lasciano portare ne il cellulare ne nessun'altro dispositivo elettronico quindi mi dispiace ma finchè staro via non potrò pubblicare. Voi non fatevi prendere dal panico se la storia non va avanti perchè farei di tutto, ma mai lasciare i miei lettori senza un finale. Quello no.
Probabilmente riuscirò a pubblicare un'altro capitolo dopo di questo ma non contateci troppo, come ho già detto, in questi giorni sono molto impegnata con i preparatavi e tutto il resto quindi potrei non riuscirci.

Baci baci a tutti! (Eccetto a Draco altrimenti Harry si ingelosisce)



 
   
 
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