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Autore: Rohhh    16/09/2016    2 recensioni
A chi non è mai capitato di sentirsi troppo diverso da qualcuno e non provare ad andare oltre quelle apparenze? Ashley ha 21 anni, è una studentessa universitaria seria e posata, ha due sorellastre e una madre che sente troppo diversa da lei. In vacanza dal padre conosce Matt, il figlio della sua nuova compagna, ribelle e criptico, lui con la propria madre ci parla appena. Quell'incontro cambierà il modo di vedere le cose di entrambi e farà capire loro che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto o per stringerne di nuovi con chi non ci aspettavamo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 23

 

«E dunque professoressa, è soddisfatta del mio livello di preparazione?» cantilenò Matt alla povera anima misericordiosa accanto a lui, che era stata gentilmente costretta a fargli ripetere una materia di cui non capiva quasi nulla. Chiuse con forza il libro, producendo un tonfo sordo, poi si abbandonò allo schienale della sedia, con le braccia penzoloni e la testa all'indietro.

Una sessione non-stop di tre ore di studio era più sfiancante del suonare a un concerto rock per un'intera serata, dovette ammetterlo, e lui di performance musicali selvagge ne aveva alle spalle.

Ashley, di fianco a lui, si passò le mani sul viso alquanto provato e poi sospirò.

«Beh, direi di sì» gli rispose, altrettanto esausta, accasciandosi a braccia conserte sulla scrivania.

Ascoltarlo ripetere per ore e dover controllare che seguisse il filo logico del libro, pur trattandosi di ostrogoto per lei, non era stata esattamente quella che si definirebbe una passeggiata e grazie al cielo era finita. Ma cosa non si fa per la persona amata!

Matt si passò una mano sulla gola, piegando le labbra in una smorfia di fastidio.

«Credo di non sentirmi più le corde vocali per quanto ho parlato» si lamentò, con la voce roca.

«È perchè non ci sei molto abituato» lo rassicurò Ashley, mentre si alzava dalla sedia mezza intorpidita e cercava di riprendere la completa padronanza dei propri arti, stiracchiandosi un po'.

Al contrario per lei era ordinaria amministrazione affrontare lunghe mattinate o pomeriggi interi chiusa nella sua stanza a ripassare da sola. Era così che era riuscita a mantenere una media alta e a non perdere nessun anno di università fino a quel momento, spesso sacrificando uscite, divertimento e spensieratezza. Si chiese in un baleno se ne fosse sempre valsa la pena o non avesse finito per trascurare qualcosa o qualcuno o, peggio ancora, sè stessa.

«Ho bisogno di fumare» fu distratta dalla voce di Matt, che l'aveva imitata subito, scattando giù dalla sedia e adesso stava scavando all'interno della sua tracolla per recuperare l'accendino e le sue immancabili sigarette. Dopo averli trovati si diresse verso la porta-finestra del terrazzo e si fermò sulla soglia, azionando l'accendino.

Ashley lo raggiunse, la forte luminosità del sole la costrinse in un primo momento a portarsi una mano davanti agli occhi per ripararli.

«Non ti fa male fumare così tanto?» gli domandò, persa a osservare l'orizzonte di fronte a lei e il mare, che luccicava come ricoperto di gemme.

Matt la guardò con la coda dell'occhio, poi si girò verso di lei e poggiò la schiena al muro.

«Mi serve per rilassarmi – la informò, portandosi la sigaretta alla bocca e socchiudendo appena gli occhi – a meno che tu non conosca qualche altro metodo più efficace per farmi sfogare dopo questa mattinata di studio intenso» continuò, sorridendo malizioso e provocante, una nuvola di fumo era fuoriuscita dalla sua bocca mentre parlava e gli aveva annebbiato il bel volto, ma si era dissolta in fretta, mostrando limpidi i suoi occhi azzurri, che adesso la fissavano intensamente.

Ashley si emozionava ogni giorno per i suoi gesti e le sue parole, capaci di arrivarle dritti nell'anima e aveva imparato ad amarlo per il suo modo di fare così fuori dagli schemi e anticonformista che l'aveva travolta come una tempesta, ma in quell'istante non potè fare a meno di ricordarsi che era anche bello da mozzare il fiato e lei era fatta di carne, come tutti.

Arrossì violentemente, per lui e per ciò che quella frase implicava, ma si voltò dalla parte opposta decisa a non dargliela vinta.

Matt sorrise alla sua reazione, poi l'avvicinò leggermente a sè e le diede un bacio sulla guancia e allora Ashley si sciolse come neve al sole.

«Grazie per stamattina, non avrei combinato nulla senza di te» le sussurrò, riportando l'attenzione al mare di fronte a loro.

«Ma figurati, solo che dovresti imparare a studiare così anche da solo» gli consigliò, mentre le sue guance pian piano tornavano del loro colore originale.

Matt aspirò ancora dalla sigaretta «Da solo il mio livello di concentrazione scende ai minimi storici, mi distraggo praticamente per tutto, ogni tanto ripeto coi miei colleghi dell'università, quando c'è qualcuno che mi ascolta va molto meglio » disse.

«Sai che questo tuo atteggiamento potrebbe denotare manie di protagonismo, non te l'ha mai detto nessuno?» lo prese in giro scherzosamente Ashley.

Matt le lanciò un'occhiata poco amichevole «No, sei la prima ad essertene uscita con una teoria idiota del genere, grazie, soprattutto visto che stai parlando a uno che ha scelto di suonare il basso e passare inosservato in un angolo piuttosto che fare gli assoli strafighi di chitarra ed essere osannato dalla folla! » le ribattè, fingendosi seccato, Ashley non potè trattenere una risata, il suo intero viso si illuminò.

Quanto era bella quando rideva, pensò Matt, e quanto lo era ancora di più quando era lui che provocava quelle risate. Sentì dentro una incancellabile voglia di poter essere sempre motivo di gioia per lei e mai di tristezza, anche se gli sembrò un sogno irrealizzabile per come erano destinate ad andare le cose.

«Comunque pensavo fossi messo peggio, a dire il vero!» riprese Ashley, una volta tornata seria, alzò gli occhi e lo vide che spegneva la sigaretta finalmente e infilava le mani nelle tasche della felpa.

Matt inarcò esageratamente un sopracciglio «Ok, questa tua affermazione mi offende, sappilo!»

Era palesemente ironico, ma Ashley volle giustificarsi comunque.

«Ma no, è che tu stesso hai sempre detto di essere scarso nello studio, invece oggi sei andato benissimo!» gli spiegò mentre portava un braccio attorno ai suoi fianchi e si stringeva a lui.

«Il mio problema è che sono poco costante, mi distraggo spesso e ho troppi altri interessi che mi prendono del tempo e rallentano inevitabilmente tutto il resto. C'è la musica, la mia band, la fotografia con mio padre. So che dovrei concentrarmi di più sull'università ma, credimi, a volte mi riesce impossibile.» ammise Matt, purtroppo doveva riconoscere che sarebbe stato molto più vicino a terminare gli studi se non avesse portato con sè la zavorra di mille altri impegni. Ma la sua vita era anche quello, le sue passioni, i suoi hobby e rinunciarci avrebbe significato un po' rinunciare anche alla sua identità, a quello che era e non gli andava di farlo.

L'espressione di Ashley si fece più seria.

Era buffo notare come lei e Matt si trovassero nella situazione diametralmente opposta.

Lei, che da poco si stava interrogando sulle sue priorità e sul peso eccessivo che forse stava assegnando allo studio rispetto ad altri valori o cose ugualmente importanti, lui, al contrario, che trascurava gli impegni universitari per dedicare la maggior parte del tempo a ciò che più lo appassionava.

Si chiese quale dei due diversi modi di approcciarsi alla vita fosse più giusto, in un altro periodo avrebbe risposto senza esitazioni il suo, adesso cominciava a nutrire forti dubbi.

Le dita di Matt le sollevarono il volto per portarlo nella sua direzione e scrutarlo. Doveva aver notato quel cambio repentino di umore nei suoi occhi e non ci aveva pensato due volte a intervenire, come suo solito.

«Che hai?» le chiese senza preamboli inutili.

Ashley scrollò debolmente le spalle «Niente, è che proprio poco fa mi chiedevo se non avessi speso troppo tempo solo per le cose che ritenevo importanti per il mio futuro trascurandone altre e tu invece sembri avere il problema inverso – disse con lo sguardo assorto, il suo mento nel frattempo era scivolato via dalle dita di Matt – basterebbe soltanto riuscire a trovare una via di mezzo e magicamente tutto filerebbe liscio. Perchè deve essere così difficile?» si lamentò.

Matt condivideva i suoi stessi pensieri, quella ricerca di un equilibrio che di colpo mettesse ordine nel caos che percepiva imperante attorno a lui, nelle scelte sbagliate, negli errori o semplicemente dentro di sè, lo tormentava da quando aveva finito il liceo e si era reso conto improvvisamente di dover diventare un adulto, padrone della sua vita e responsabile.

«Se fosse così facile trovare una via di mezzo, il mondo sarebbe un paradiso meraviglioso non credi? Ma non è così. » le fece notare.

Ashley ci penso sù e poi annuì, anche se, in mezzo a tutte quelle domande forse una flebile luce che potesse guidarla l'aveva intuita, come una rivelazione improvvisa.

«Probabilmente la chiave sta nel capire cosa è davvero importante per ciascuno di noi – esclamò decisa - spesso a torto ci convinciamo che qualcosa lo sia e non siamo in grado di vedere oltre, io sono certa che se si riuscisse a stabilirlo con sicurezza sarebbe già un passo avanti. Ogni cosa avrebbe il suo giusto peso, allora.» Poggiò la testa sulla spalla di Matt, sembrò più rasserenata, negli occhi la determinazione di chi sembra aver trovato una guida ed è pronta per rivoluzionare tutto ciò in cui crede, o almeno provarci con coraggio.

Matt avvicinò il viso ai suoi capelli e ne annusò il profumo, dolce e rassicurante.

Si ricordò della sera in cui avevano fatto pace dopo quel tremendo litigio e di quando Ashley gli aveva confessato che lui era importante.

Ma quanto importante? Che posto avrebbe rivestito nelle sue priorità e soprattutto perchè il non poterlo sapere lo teneva così in ansia?

Avrebbe voluto chiederglielo, togliersi quel dubbio che si era annidato nel suo cuore e sapere una volta per tutte, ma le sue labbra non si mossero, rimasero serrate, si limitò a prenderle la mano e intrecciare le dita con le sue.

Si sentì insicuro e fragile e non gli capitava quasi mai, dov'era finito il Matt freddo e cinico che non si faceva fregare dai sentimenti?

«Sì, penso che tu abbia ragione» le rispose, con la mente in subbuglio.

'Sei solo un codardo' pensò tra sè e sè.

Di una cosa però era sicuro: la sua classifica delle cose importanti Ashley la stava scalando alla velocità della luce e non pareva avere intenzione di fermarsi.

 

«Mamma, ti prego aiutami!»

La voce di Phoebe, delicata quanto la sirena di un antifurto, giunse prepotente fino al piano di sotto, dove Nancy stava beatamente leggendo una rivista sul divano, cercando di godersi le sue meritatissime ferie. Evidentemente però qualcuno o qualcosa stava facendo di tutto per sabotare i suoi propositi.

Aveva dovuto svegliarsi presto perchè Mark, il padre di July, era venuto a prendere la figlia per la festa del primo compleanno del cuginetto e lei l'aveva aiutata a prepararsi e ad acconciare i lunghi capelli castani in una treccia elaborata che July aveva visto in televisione, impresa che aveva richiesto vari tentativi e almeno un'ora di preparazione perchè la ragazzina si ritenesse soddisfatta del risultato. Per l'occasione Nancy le aveva permesso di indossare un leggero lucidalabbra rosa pallido, July aveva accolto quella concessione con gioia ed era corsa prontamente a sgraffignarne uno dall'immensa collezione di make up della sorella maggiore. A quasi 12 anni, infatti, stava cominciando ad interessarsi al suo aspetto e a voler sembrare più carina e aveva acquistato quel pizzico di vanità tipico di quell'età di cambiamenti.

Aveva tirato un sospiro di sollievo quando la figlia era uscita di casa, ma si era dovuta dedicare alle pulizie di casa e ad alcune commissioni fuori e poi c'era stato il pranzo e la cucina da riassettare.

Finalmente nel pomeriggio si era illusa di poter assaporare un po' di relax, ma era stata ingenua e non aveva fatto i conti con quell'uragano della sua primogenita, specialmente in quel periodo frenetico in cui doveva pensare alla sua nuova casa e ad organizzare il trasloco, visto che i lavori di sistemazione nel suo nido d'amore erano quasi terminati e soprattutto data l'assenza della sua secondogenita, che di solito condivideva con lei il ruolo di vittima degli isterismi e delle paranoie di Phoebe, che quindi avevano finito per riversarsi tutti sulle spalle di Nancy.

Il messaggio perentorio della ragazza era arrivato forte e chiaro e non avrebbe ammesso risposte negative, Nancy sapeva benissimo che Phoebe non si sarebbe arresa e l'unica cosa che le rimaneva da fare era alzarsi a malincuore da quel divano e andare a vedere quale 'catastrofe irreparabile' richiedesse il suo aiuto, stavolta.

Chiuse la rivista e con un sospiro si apprestò a recarsi dalla figlia.

«Mamma!» chiamò una seconda volta e con ancora più intensità Phoebe, la pazienza certo non rientrava tra le sue doti.

«Sto arrivando Phoebe, santo cielo!» le fece eco un'esasperata Nancy, lungo le scale.

Lo scenario che le si presentò davanti aveva un che di apocalittico.

La stanza delle sue due figlie più grandi era completamente invasa da buste, scatole, oggetti sparsi in ogni dove, vestiti e quant'altro. Non esisteva più un centimetro di pavimento libero, persino il letto e la scrivania di Ashley erano state travolte dalla furia della biondina, che giaceva seduta per terra a gambe incrociate, con addosso una t-shirt larga e sformata, i capelli raccolti in una crocchia disordinata e scomposta e la faccia disperata.

«Oddio tesoro, ringrazia che Ashley non sia qui o sarebbe scoppiata una guerra nucleare molto probabilmente» disse Nancy, impegnata nell'arduo tentativo di raggiungere la figlia, schivando gli oggetti per terra come una ninja.

«Se Ashley fosse stata qui avrebbe dovuto aiutarmi, altro che lamentarsi per un po' di disordine! Ha avuto solo una fortuna sfacciata che sia coinciso con la sua vacanza!» esclamò, spostando una serie di scatole e borse per lasciare un quadratino alla madre e consentirle di sedersi accanto a lei.

Nancy diede una sguardata generale alla camera, poi scosse la testa «Beh, io non lo definirei solo 'un po' di disordine' – osò farle notare, ricevendo un'occhiata storta da Phoebe – ma ormai siamo qui, allora, che problema c'è?»

«Avevo pensato di cominciare a organizzare le mie cose in alcuni scatoloni per essere pronta per il trasloco, ho svuotato cassetti, librerie, armadi e armadietti e adesso non ci sto capendo più nulla! Non so cosa buttare, cosa tenere, cosa è inutile, cosa lasciare qui, insomma mamma, ho bisogno di te, tu sei sempre così pratica e organizzata!» la supplicò Phoebe, asciugandosi la fronte sudata.

Nancy guardò gli occhioni blu da cerbiatto di Phoebe, così bisognosi del suo aiuto e si fece incantare come sempre, dopotutto era sua madre e non poteva di certo lasciare in difficoltà la sua bambina!

Le carezzò una guancia e poi si rimboccò le maniche «Va bene, allora cominciamo!» esclamò, il viso di Phoebe si colorò di nuovo di speranza e felicità e insieme, armate di tanta buona volontà, riuscirono lentamente a dare un ordine a quella confusione. Gli scatoli cominciarono a riempirsi e finalmente il pavimento iniziò a vedere di nuovo la luce.

July rientrò a casa che Nancy e Phoebe erano ancora impegnate con le ultime cose. Fece capolino all'uscio, agghindata a festa col suo vestito verde e la treccia ormai scompigliata e si unì alla madre e alla sorella, più per curiosare che per collaborare ffettivamente con loro.

«Alcune cose che vuoi buttare le prendo io!» affermò poco dopo, rovistando tra i sacchetti e guardando con interesse una borsetta rossa.

«Oh, fai pure – acconsentì Phoebe, poi le lanciò uno sguardò veloce, soffermandosi su un affare che maneggiava la piccola – e quello chi te l'ha dato?» le chiese.

«Me l'ha regalato papà, è il mio cellulare nuovo» rispose distratta, senza sollevare gli occhi dallo schermo del telefono.

«Pensavo che il tuo compleanno fosse tra un mese» commentò Nancy con un lieve disappunto, il padre di July era abbastanza facoltoso e spesso non si risparmiava dal farle dei regalini fin troppo costosi e lei aveva paura che viziasse troppo la bambina, voleva che sua figlia capisse il valore delle cose e che imparasse che bisogna guadagnarsele.

July scrollò semplicemente le spalle.

«Io ho dovuto aspettare i miei 15 anni per avere il primo telefonino, questi ragazzini di oggi sono proprio incorreggibili» disse, continuando a piegare dei vestiti.

«Parli come la nonna» la schernì July, beccandosi all'istante una linguaccia dalla sorella maggiore.

Poi all'improvviso la loro attenzione venne catturata da una scatola che rivelò all'jnterno un piccolo tesoro. Era colma di vecchie fotografie di Phoebe, Ashley, Nancy e persino July quando erano piccole.

Gli occhi di Phoebe si illuminarono «Guardate qua, oddio eravamo piccolissime – strillò di gioia, mentre scorreva le foto tra le mani e le passava poi a sua mamma, anch'essa intenerita dai ricordi – guarda questa, qui c'è anche la nonna, com'era giovane! E qui ci sei tu mamma, e guarda qua, com'ero piccola io ed Ashley che buffa! I nostri capelli sono esattamente l'inverso di come li abbiamo ora!» notò, facendo riferimento al fatto che da piccole era Ashley a portare i capelli molto lunghi, mentre lei li teneva corti e adesso era proprio il contrario.

Nancy guardò le sue due prime figlie così piccole, Phoebe con il sorriso sempre aperto sul viso e gli occhi ridenti ed Ashley, più seria e imbronciata e a tratti buffa per quell'espressione da adulta in un viso così piccolo, per non parlare di July appena nata, in braccio alle sorelline.

La nostalgia la invase, ricordò i momenti in cui le aveva cresciute, cercando di non far mancare loro niente, soprattutto a Phoebe perchè il padre non ne aveva mai voluto sapere di riconoscerla e si era dovuta fare in quattro per lei, ricordò la paura che provava la notte quando si domandava se sarebbe riuscita a renderle delle donne realizzate e felici e le tante volte in cui si era sentita inadeguata o troppo giovane per farcela. Ripensò ad Ashley, che era stata quella a soffrire di più la loro situazione anomala per via del suo carattere chiuso e poco incline ai cambiamenti, si sentì in colpa e si chiese se avesse fatto tutto quello che era nelle sue capacità per alleviarle il disagio e le sofferenze.

Phoebe intuì al volo i sentimenti della madre, la abbracciò di getto.

«Mamma, ti adoriamo per tutto quello che hai fatto per noi nonostante i problemi che ci hanno circondato e ti ameremo sempre, anche se cresceremo e andremo via di casa, anche se a volte sembra che non ti sopportiamo o che facciamo di testa nostra, non dimenticheremo mai i sacrifici che hai fatto e gli insegnamenti che ci hai trasmesso, vale per me ma sono sicura valga anche per Ashley, lei non lo dimostra ma io so che è così» le sorrise.

«Sai, sono un po' in ansia per quando tornerà, io non so se ho avuto un'impressione sbagliata, ma al telefono la sento diversa con me, è più aperta, più affettuosa, ho paura di illudermi e che non sia cambiato niente al suo ritorno» confessò a Phoebe, passando delicatamente il dito sul viso di Ashley in una fotografia in braccio a sua nonna, in una delle rare pose in cui sorrideva.

«Sì mamma, anche io l'ho sentita diversa, secondo me non ci sbagliamo, evidentemente è successo qualcosa che l'ha fatta riflettere, sono sicura che ti ama come tutte noi e te lo dimostrerà presto!» continuò a incoraggiarla Phoebe, accucciandosi a lei.

«Sì, questo lo so»

Nancy ripensò a quegli anni, guardò quei piccoli visi nelle fotografie e poi rivolse l'attenzione al presente, le sue bambine erano cresciute.

Osservò Phoebe e il suo profilo perfetto e sereno, era ormai una donna e tra poco avrebbe lasciato la sua casa e, per quanto quel pensiero le causasse del dolore e un nodo alla gola e l'avrebbe voluta magari ancora qualche anno in più accanto a lei, non poteva negare di essere orgogliosa e felice che fosse pronta e matura per realizzare la sua vita con il ragazzo che amava.

I figli crescevano e volavano via, com'era giusto che fosse. Un genitore poteva solo lasciar loro seguire il proprio cammino, guardarli da lontano e accettare il fatto che fossero individui in grado di stare al mondo soli e che non appartenessero a loro. Era stato per tutti così.

Come leggendola nel pensiero Phoebe aprì bocca «Ti mancherà il casino che combinavo quando sarò andata via, mamma, vero?» le chiese, addolcendo gli occhi. Anche lei pensava con tristezza al giorno in cui avrebbe abbandonato casa e che sempre più si stava avvicinando.

«Certo tesoro, ma sono fortunata, vai a stare a pochi minuti da qui e potrò venirti a trovare quando voglio, e poi ho ancora July che penso mi darà un bel da fare per tanti altri anni ancora, non è così?» si rivolse alla più piccola, che annuì, sdraiata a pancia in giù sul letto di Phoebe.

«C'è anche Ashley, mamma – precisò July – non vedo l'ora che torni, mi manca, lei è gentile con me e non mi prende in giro come quell'antipatica!» indicò Phoebe con tono risentito, e la sorella per tutta risposta afferrò una foto di lei da neonata, facendole notare quanto assomigliasse a un mostriciattolo.

«Anche Ashley sono sicura andrà via presto» disse malinconica a bassa voce, quasi tra sè e sè, celando alle figlie gli occhi lucidi.

Non se lo riusciva a spiegare, ma aveva una sorta di presentimento che a breve anche lei si sarebbe allontanata, era brava e promettente e avrebbe seguito la sua strada chissà dove. Non seppe dire se fosse solo una sensazione dettata dall'istinto materno e non sapeva quando ma sentiva che sarebbe successo meno di quanto pensasse e mentre riponeva quelle preziosissime fotografie di nuovo al loro posto, desiderò ardentemente che potesse avvenire un miracolo prima di quel giorno e che le cose tra loro potessero migliorare sul serio.

 

Nello stesso istante in cui a casa la sua famiglia parlava di lei, Ashley parve percepire una sensazione strana nel petto, un calore, una nostalgia.

Pensò a sua mamma e alle sue sorelle e al fatto che tra poco più di una decina di giorni le avrebbe riviste. Le mancavano tanto e non vedeva l'ora di riunirsi a loro, anche se era consapevole che a quella gioia si sarebbe accompagnata la separazione da Matt.

Alla felicità si accompagna sempre la sofferenza, come due facce della stessa medaglia, ormai questo l'aveva imparato.

«Che combini?» la voce dietro di lei era di Matt e presto le sue mani la avvolsero da dietro, facendola sentire protetta e bene, come una casa, la sua.

Ashley si voltò, Matt la baciò, buttando un'occhiata intorno per accertarsi che fossero da soli.

«Sei libera? Ti va di fare un giro fuori da qui, mi sento osservato dentro questo posto» le propose, accarezzandole la schiena. Era stanco di dover stare sempre attento ai loro genitori o chiusi in camera destando sospetti.

Ashley accettò e in men che non si dica si mise un vestito e raggiunse Matt in macchina.

Vide che il ragazzo aveva preso delle strade che non conosceva e notò che alla spiaggia solita si era sostituito un paesaggio più roccioso.

«Non conosco questa zona, eppure vengo qui da anni ormai» si meravigliò a voce alta.

Matt rise, mentre si inerpicava con l'auto su una stradina scoscesa che stava facendo traballare il veicolo pericolosamente e Ashley si chiese se avrebbe retto o sarebbero stati costretti a chiamare aiuto in quella zona sperduta.

«Stà tranquilla, dimentichi che io ho vissuto qui fino ai miei 16 anni, quindi conosco perfettamente i posti più remoti e solitari, dove poter stare tranquilli e in santa pace» la rassicurò, non distogliendo lo sguardo dalla strada.

«Ci portavi le ragazze?» si fece scappare Ashley in uno stupido impeto di gelosia, maledicendo subito dopo la sua lingua che dava voce alla sua stupidità.

«Mi fai così stronzo da portarti in un posto che frequentavo con le altre?» le domandò mentre con la mano vicina ad Ashley aveva preso ad accarezzarle la coscia, come a ricordarle che adesso c'era lei nei suoi desideri.

«Da te mi aspetto tutto sinceramente» lo provocò, cercando di cadere in piedi da quella figuraccia. Matt nel frattempo aveva fermato l'auto in uno spiazzo terroso con qualche ciuffo di erba qua e là e i due erano scesi.

«Non mi conosci ancora abbastanza, allora» le bisbigliò all'orecchio, passandole vicino e sorpassandola per fare strada per poi porgerle una mano per aiutarla, visto che la strada era abbastanza impervia.

Giunti alla fine, Ashley potè ammirare un paesaggio insolito a cui non era abituata: si trovava su una scogliera a strapiombo sul mare, che si stagliava sotto di loro maestoso e da togliere il fiato. Era un posto meraviglioso e nascosto, poco lontano dalla città ma che Ashley non aveva mai visto durante le sue vacanze.

Gli scogli erano chiari e lisci e ci si poteva facilmente stendere senza soffrire troppo e così fecero. Da lassù potevano godere di una visuale fantastica e come se non fosse già tutto stupendo, il sole stava ormai quasi tramontando, e da lì si poteva cogliere quel momento nella sua grandezza. Tutto si colorò di rosso, i suoi capelli si accesero di colore, mentre quelli di Matt diventarono dorati.

«In realtà venivo qui da ragazzo per stare un po' da solo – le spiegò sdraiandosi accanto a lei e riallacciandosi al discorso avuto in macchina – quando litigavo con mia madre o ero di pessimo umore non mi andava di vedere o sentire nessuno, così avevo scoperto questo posto che di solito non era frequentato neppure d'estate, visto che è problematico scendere a mare da qua a meno che non ci si voglia suicidare» indicò la scogliera che, alta sopra il mare, dava le vertigini se ci si azzardava a guardare sotto.

Matt aveva vissuto lì con i suoi genitori prima e solo con sua madre poi e fino ai 16 anni, prima di trasferirsi nella città di suo padre, perdendo un anno di scuola. Conosceva molto bene ogni angolo di quella città a differenza di Ashley, che veniva solo per le vacanze.

Suo padre, infatti, era nato e vissuto lì, ma si era trasferito per amore di sua madre quando era rimasta incinta nel paese dove lei attualmente viveva, che non era molto esteso e difatti lei era costretta a spostarsi per andare all'università in una vicina città più grande, che per fortuna distava solo mezz'ora di strada con l'autobus.

Ashley si girò di fianco e lo abbracciò, posando la testa sul suo petto. Era bello stare all'aria aperta ma soli, senza essere circondati da voci, persone, rumori, solo loro due e quell'atmosfera da sogno.

«Mi sa che mia madre sa di noi» ruppe il silenzio Matt.

Ashley rimase spiazzata dall'uso di quel 'noi' per definirsi.

Suonava maledettamente bene, dava l'idea di una coppia, di appartenenza l'uno all'altra, di una entità ben definita che comprendeva solo loro e nessun altro. Seppure la loro relazione non fosse stata ufficializzata, di fatto stavano insieme ormai e non potevano più negarlo e quel 'noi' usato da Matt, consapevolmente o meno, le infuse una improvvisa e piacevole sensazione di benessere.

Sorrise sul suo petto «Già, credo proprio che l'abbia intuito» affermò senza pensarci troppo. Dalle discussione avute con Monica aveva avuto modo di capire già da tempo che a lei non erano mai sfuggite le dinamiche del loro rapporto che si era evoluto sempre più, per quanto avessero sempre fatto di tutto per nasconderlo.

«Tuo padre invece no, dopo oggi ne abbiamo avuto la conferma più totale, direi» rise al ricordo dell'episodio della mattina con Gregory e della scena surreale che ne era seguita.

«Mio padre è un tipo più pragmatico e di mente scientifica, la parte sociale della vita non riesce a coglierla alla perfezione, per fortuna» disse Ashley, stringendosi di più a lui e assaporando ogni minuto di quel loro incontro.

«Devo dirti una cosa Ashley – prese la parola Matt, dopo alcuni minuti di silenzio, facendola scattare in allerta, lui percepì che si era irrigidita sopra il suo corpo – ho parlato con Mandy ieri e mi ha riferito che Jenny vorrebbe chiederci scusa»

Ashley assunse un'espressione interrogativa.

Jenny non si era comportata in modo molto amichevole con Ashley per ovvi motivi, ma non vedeva il motivo per cui dovesse chiedere loro scusa.

«Non capisco» disse confusa.

Matt inspirò profondamente «Sai, la sera della festa, quando ti ho riaccompagnato a casa perchè lei ci aveva informato che Simon non voleva troppa gente a casa, ho poi scoperto che era stata una sua tattica per impedirti di venire. Alla festa ci ha provato con me e io l'ho respinta furiosamente, se l'è presa con te convinta fossi tu la causa del mio rifiuto, quando in realtà non è la prima volta che le faccio capire chiaramente che non mi interessa. Così sono corso da te» le raccontò, ricordava ancora nitidamente di aver confessato a Jenny il suo amore per Ashley esplicitamente, ma ovviamente preferì saltare quel particolare.

«Oh, allora è per questo che eri così agitato quella sera» la voce le uscì mesta, al pensiero di Jenny che ci aveva provato con Matt si era incupita, anche se, sapere che lui l'aveva respinta per tornare da lei, le aveva fatto piacere.

«Mandy mi ha pregato di permetterle di scusarsi perchè dice che è distrutta e che ha capito di aver fatto una cazzata abnorme. A detta sua ha bisogno di ricominciare dopo questa tremenda delusione e scusarsi con noi in un certo senso le servirebbe da liberazione e da spinta per cambiare e mettersi alle spalle questo brutto capitolo della sua vita, un po' per sistemare le cose. - spiegò, vagamente scocciato - Tu cosa pensi che dovrei fare?» le domandò, cercando il suo parere su quella questione che in fondo riguardava anche lei.

Ashley socchiuse gli occhi e ci pensò sù un attimo.

Perdere un amore o subire una delusione erano dei dolori molto pesanti da digerire. Non conosceva Jenny abbastanza da sapere se stesse mentendo o meno, ma si fidava di Mandy, che con lei era sempre stata sincera e affettuosa e sapeva che era una vecchia amica di Matt da anni, con la quale lui si confidava e che non lo avrebbe mai tradito. Decise che accettare delle scuse fosse un gesto nobile, soprattutto se poteva servire a una persona per rinascere e salvarsi. Per quanto provasse ancora fastidio al pensiero di Jenny e dei suoi atteggiamenti, una possibilità non andava negata a nessuno.

«Sì, penso che sarebbe corretto accettare le sue scuse» disse infine.

Matt le baciò la fronte «Ne sei sicura?» si accertò, anche lui aveva riflettuto ed era arrivato alla stessa conclusione di Ashley, ma non voleva ferirla e fare qualcosa che la potesse infastidire, visto che era stata coinvolta suo malgrado in quella vicenda spiacevole.

«Certo» lo tranquillizzò, sollevandosi per guardarlo negli occhi e fargli capire che era serena e convinta di quella decisione. Matt le scrutò il viso per non sbagliarsi, poi le carezzò la guancia e annuì, facendole uno splendido sorriso.

Rimasero abbracciati stretti, finchè il sole non tramontò e il cielo si fece più scuro. Si avviarono allora verso l'auto, per sfruttare gli ultimi momenti di visibilità lungo quella strada malandata.

D'un tratto Matt venne distratto da un messaggio al cellulare, rallentò il passo ma dopo averlo letto si bloccò di colpo.

«Ehi, che ti prende?» lo riprese Ashley, che per poco non era rovinosamente finita addosso a lui a causa della sua frenata improvvisa.

Matt si voltò, Ashley lesse nel suo viso una certa preoccupazione, aggrottò le sopracciglia senza capire cosa stesse succedendo.

«Domani conoscerai mio padre» affermò ancora incredulo.

La confusione si dipinse sul volto di Ashley, provò a chiedere spiegazioni ma Matt l'anticipò.

«Viene qua»

Ora a sua madre chi lo diceva?

 

  
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