Matt
Alle nove il
locale era già pieno di gente – i
venerdì sera erano forse peggio del sabato –
ed io avrei dovuto servire quell’inferno da solo per ancora
mezz’ora. Bel
rientro dalle vacanze… Mentre tagliavo un’arancia
a fettine, presi un respiro
profondo e mi feci forza pensando che presto mi avrebbe raggiunto
Jonathan, il
mio collega e capo, nonché proprietario del White Heart. Un
ragazzo sulla
trentina, simpatico e affabile, ma culo verde come pochi.
Non feci in tempo a finire di preparare i drink dell’ultima
ordinazione che
avevo ricevuto, che sentii il mio telefono vibrare nella tasca dei
jeans.
Posizionai i bicchieri sul vassoio e mi affrettai a portarli al tavolo
a cui
erano sedute le due coppie che li avevano ordinati per poi tornare alla
cassa
con i soldi. Servii ancora un paio di birre a due tipi al bancone e, in
quell’attimo di pace in cui nessuno ancora mi aveva chiesto
nulla, mi appoggiai
ad uno scaffale ed estrassi il telefono. Un messaggio di Gwen.
Se dopo venissi
lì con Lola e Dom, ti
farebbe piacere?
Sorrisi,
perché
era così dolce che prima o poi mi avrebbe fatto venire il
diabete. Aveva paura
di disturbarmi o di risultare appiccicosa e sapeva che odiavo essere
rincorso a
destra e a manca, perciò aveva preferito chiedermelo, per
evitare di fare
qualche passo falso. Le risposi che mi avrebbe fatto molto piacere
vederla ed
effettivamente lei sarebbe potuta essere l’unica cosa bella
di quella prima stressantissima
serata di lavoro.
Ripensai a qualche ora prima a casa sua. A come le si era illuminato il
viso,
fino ad un attimo prima imbronciato, sentendomi dire che volevo provare
a
rendere la nostra amicizia qualcosa di più, che sarebbe
stata proprio lei la
prima vera eccezione a quelle mie strane regole sulle relazioni. Dalla
cucina,
in cui la “svolta” era cominciata, eravamo poi
finiti sul divano in salotto a
parlare e baciarci, ma soprattutto a baciarci. Lì, mi aveva
detto che sperava
che tutto andasse per il verso giusto, che non dovevamo fare le cose di
fretta,
che, finché non sarei stato pronto, nessuno avrebbe dovuto
sapere di noi –
all’infuori, ovviamente, dei due nostri migliori amici che,
anche se non
gliel’avessimo detto, avrebbero comunque trovato il modo di
venirne a
conoscenza perché erano peggio di due spie sovietiche.
I miei pensieri
vennero interrotti dalla voce di una ragazza che mi chiamava.
«Sì, scusami.»
Dissi, avvicinandomi al bancone su cui si stava sporgendo, mentre
rimettevo in
tasca il cellulare.
«Mi fai un
Daiquiri, per favore?» Chiese, sbattendomi le ciglia lunghe e
nere davanti agli
occhi.
«Arriva.»
Riposi, mentre lei si accomodava su uno sgabello.
«Se vuoi te lo
posso anche portare al tavolo.» Aggiunsi, indicando con un
cenno del capo
quelli che dovevano essere i suoi amici, seduti poco più in
là, che ci
guardavano interessati.
«Preferisco
aspettare qui, grazie.» Disse, lanciandomi
un’occhiata piuttosto eloquente: era
lì per me, non di certo per il Daiquiri.
Mentre spremevo
il lime, la guardai con la coda dell’occhio. Mi sembrava di
averla già vista da
qualche parte, forse non era la prima volta che veniva lì,
ma c’era sempre così
tanta gente che avrei potuto confonderla con almeno altre dieci
ragazze. Pensai
che fosse davvero carina, ma appena me ne resi conto mi venne in mente
Gwen e
cercai di concentrarmi su quello che stavo facendo. Non sarebbe stato
così
facile perdere le vecchie abitudini.
«Matt, giusto?» Fece lei, un attimo dopo,
sporgendosi verso di me.
Alzai lo
sguardo per un secondo, prima di iniziare a versare il rum nel
bicchiere.
«Esatto.» Mi
limitai a dire e lei rimase in silenzio, forse si aspettava di ricevere
la
stessa domanda, ma non gliela feci.
La vidi giocare
con i capelli e mordersi un labbro imbarazzata.
Una volta
pronto il drink, glielo porsi e le sorrisi per cercare di risultare un
po’ più
gentile di quanto lo fossi stato fino a quel momento. Dovevo ancora ben
capire
come funzionano le dinamiche tra ragazze carine e ragazzi, quando
quest’ultimi
non devono provarci. Dovevo trovare la giusta via di mezzo tra quello
che ero
abituato a fare, cioè flirtarci spudoratamente, e il
distacco totale, perché,
con il lavoro che facevo, non potevo di certo permettermi di fare lo
stronzo
antipatico.
«Buona serata»
Le dissi, poi. «Se hai bisogno di altro, sono qui.»
«Grazie» Mi
rispose, afferrando il bicchiere. «Comunque io sono
Rachel.» Aggiunse, facendo
spallucce, prima di voltarsi e andare verso il tavolo da cui arrivavano
frasi
di lamentele, del tipo «Già fatto?,
«Beh?», «E quindi?» dalle
amiche e «Digli
che hai bisogno di scopare!» dagli amici.
Ridacchiai tra
me e me e pensai che, in altre circostanze, quella ragazza sarebbe
facilmente finita
nel mio letto nel giro di qualche ora, con o senza l’aiuto
dei suoi amici. Pian
piano sarebbe cambiato tutto e la cosa, ad esser sinceri, mi spaventava
un po’.
Feci in tempo a
servire ancora diversi cocktail e birre, lavare qualche bicchiere e
sistemare
alcuni piatti, prima di vedere Jonathan entrare dalla porta sul retro.
Mi
asciugai le mani nel grembiule nero e gli diedi una pacca sulla spalla
appena
mi fu vicino, lui mi strinse in un abbraccio amichevole.
«Allora, andata
bene la vacanza?» Mi chiese, mentre si sfilava il giubbotto
di jeans.
«Benissimo,
grazie.» Risposi. «Tu, come stai?»
«Magnificamente.»
Finalmente
riuscii a respirare un po’ di più in quel
trambusto e tra una chiacchiera e
l’altra servimmo molte altre persone.
Alle dieci circa, vidi entrare Dominic abbracciato a Lola, con al
seguito suo
fratello Liam e Gwen. Sorrisi guardandola. Era bellissima e nella sua
semplicità stava dieci spanne sopra a tutte quelle che
c’erano in quello
stupido pub. Si fermarono a salutare due nostri conoscenti e poi
vennero al
bancone.
«Buonasera.»
Disse Lola, lanciandomi un’occhiata che diceva
“guarda che ti tengo d’occhio”.
«Ciao,
ragazzi.» Risposi io, contento di vederli.
Gwen mi
sorrise, mentre si sedeva sullo sgabello proprio di fronte a me.
«Ciao,
piccola.» Le sussurrai, quando le fui più vicino.
«Ciao, Matt.» Disse lei, arrossendo leggermente.
Non ci baciammo. Non lì, non davanti a tutti. Forse lei si
aspettava che lo
facessi, o perlomeno lo sperava, ma io non ero ancora pronto.
«Quanta cazzo
di gente c’è?» Chiese Dom, guardandosi
intorno.
«Non dirlo a
me, non ne posso più e il turno finisce alle due.»
Feci roteare gli occhi al
cielo. «Uccidetemi!» Dissi poi, implorante.
«Rientro
piacevole, devo dire…» Commentò Liam,
ridacchiando.
«Piacevolissimo.»
All’improvviso Jonathan
si palesò al mio fianco e mi spinse più in
là.
«Ehi, ciao
belli!» Salutò. «Come state?»
Li conosceva
bene tutti, soprattutto Dom e Liam, che venivano spesso a farmi
compagnia
quando avevo i turni serali. Gwen, invece, era sempre venuta insieme a
Jessie,
tant’è che la sua assenza fu subito oggetto di
curiosità da parte di Jonathan.
«Tutta sola
stasera, biondina?» Disse, viscidamente, rivolgendosi a lei.
Gli lanciai
un’occhiata di sbieco, di cui però nessuno si
accorse. L’aveva sempre trovata
carina, me l’aveva detto la prima sera che aveva avuto
l’occasione di vederla –
mi aveva anche chiesto perché non me la fossi mai fatta -,
ma non aveva mai
tentato nessun approccio – se non qualche stupida battutina
ogni tanto – perché
c’era sempre stato Jessie con lei. Sicuramente, appena al
corrente dell’accaduto,
si sarebbe fatto avanti.
«Non sono
sola.» Disse lei, indicandogli i nostri tre amici.
Risposta
eccellente.
«Vero.» Mormorò
lui, con un sorrisino. «Cosa ti preparo, gioia?»
Aggiunse, appoggiandosi ai
gomiti per finire con il viso a pochi centimetri da quello di Gwen.
Stava già
facendo il coglione, nonostante non sapesse ancora niente.
Probabilmente lo
immaginava. Lei mi lanciò un’occhiata, ma fui
distratto da Dom che si era
allungato sul bancone e aveva iniziato a sventolarmi la mano davanti
alla
faccia.
«Oh, ci sei? Ti
sto parlando da un minuto e non mi caghi.» Mi fece notare.
«Scusa.» Dissi
piano. «Stavo cercando di ascoltare Jonathan che ci prova con
Gwen.»
Dom guardò al
di là di Lola per vedere la situazione.
«Non ha
speranze.» Mi disse, provando a tranquillizzarmi.
«Certo, lo
ammazzo prima.»
«Sei già geloso?»
«Non sono
geloso, è che è un coglione con le
ragazze.»
Ero anche un
po’ geloso, lo ammetto.
«Tu no,
invece?» Disse Dom, ridacchiando.
«Colpito e affondato.»
Risi e abbassai il capo in segno di sconfitta.
«Digli di stare
alla larga.» Propose il mio amico, un attimo dopo.
Mi voltai per
controllare cosa stesse facendo e lo vidi ancora lì, tutto
sorrisi e sguardi
languidi, mentre le preparava qualcosa da bere. Mi avvicinai e Gwen mi
lanciò
un’occhiata che diceva “salvami”.
«Senti, Jon,
facciamo che qui finisco io, là sono arrivati nuovi clienti,
vai tu?» Gli
dissi, ma lui non sembrò molto contento della soluzione che
avevo trovato.
«Perché non vai
tu?»
«Dai, questi
sono amici miei.»
Lui sbuffò, ma
poi fece per avviarsi ai tavoli.
«A dopo,
gioia.» Disse a Gwen, prima di andare.
«Gioia…» Ripeté
lei, con un’espressione schifata ed io risi.
«Aspetta solo
di dirgli che ti sei lasciata con Jay e non te lo scolli più
di dosso.» Le
dissi.
«Che
meraviglia.» Rispose lei, sardonica.
«È fissato con
te da quando ti ha conosciuta.» Le rivelai, mentre finivo di
prepararle il
ginger ale.
«Allora dovrei
farci un pensierino…» Commentò,
guardandomi divertita.
Alzai lo
sguardo su di lei e scossi la testa leggermente.
«Non sei
convincente, Gwen.»
«Già, dovrei essere parecchio ubriaca per finire
con uno come Jonathan.» Fece
lei, ridendo.
«Ho una notizia
per te.» Dissi io, porgendole il drink pronto.
«L’hai già fatto.»
Lei mi guardò per un attimo senza capire, poi si fece seria.
«Matt, con te è
diverso…» Sussurrò, sfiorandomi la mano.
Aveva capito dove ero andato a parare.
Non l’avevo detto con cattiveria, semplicemente avevo
constatato la situazione
e lei si era sentita inutilmente in colpa. Probabilmente pensava di
avermi
ferito con quell’affermazione detta senza pensare, ma non era
così. Non mi
vergognavo di quello che ero.
«Non è diverso.
Io sono- ero- sì, diciamo che ero, come lui. Esattamente
così, non meglio.» Spiegai,
terminando il tutto con un sorriso con il quale cercai di comunicarle
che era
tutto a posto, che non me l’ero presa. Lei però mi
rivolse uno sguardo triste.
Presi il blocchetto per le ordinazione e stavo per andarmene a servire
un
gruppo di persone appena arrivate, quando mi bloccò
mettendosi a parlare.
«È diverso
perché sei tu… Perché ti
voglio da una vita.» Mi disse lei, piano, per non farsi
sentire.
Riuscii a
malapena a controllare la voglia di prenderla e baciarla davanti a
tutti.
Lei era così, innocente e troppo ingenua, e non avrebbe mai
davvero capito con
chi aveva avuto a che fare per tutto quel tempo. Negli anni, aveva
idealizzato
la mia figura credendo che fossi la persona migliore sulla faccia della
Terra,
ma sapevamo tutti che ero tutto ciò che ci fosse di
più lontano dalla
perfezione.
Senza dare
troppo nell’occhio le accarezzai il viso.
«Sei troppo
buona, Gwen.» Le sussurrai e lei mi sorrise.
Avrei voluto
baciarla, ma allo stesso tempo c’era qualcosa che mi bloccava
dal farlo. Avevo
paura che con quel gesto avrei dovuto dare subito un nome alla nostra
relazione
ed io non ero pronto, perché non sapevo ancora cosa fosse.
Per di più, tutta
quella gente avrebbe iniziato a parlare, avrei dovuto affrontare le
loro
opinioni, avrei dovuto avere a che fare con Jessie, che di certo non
l’avrebbe
presa bene e non ne avevo voglia. Prima venivo io, venivamo noi due,
dopo tutti
gli altri.
«Ora vado,
perché se no Jon mi uccide.» Dissi, indicando
Jonathan che mi faceva segno di
andare a dargli una mano e lei annuì per poi voltarsi a
chiacchierare con Lola.
Per quasi tutto
il resto della serata corsi avanti e indietro tra bancone e tavoli,
cercando di
non impazzire e di non uccidere Jonathan ogni volta che si avvicinava a
Gwen
per fare il coglione. Una faticaccia.
Verso
mezzanotte, quando le richieste dei clienti sembravano essersi quietate
un po’,
dalla porta d’ingresso entrarono Eric, Alex ed Amy. Ci
mancava lei. Ringraziai
il cielo che non ci fosse anche Jessie, se no non avrei retto fino alle
due
senza dar fuori di matto.
Sentii Lola schiarirsi la voce per attirare l’attenzione di
Gwen, che si voltò
immediatamente verso i nuovi arrivati. Un attimo dopo aveva gli occhi
puntati
nei miei.
«È arrivata la
tua bella.» Disse, gelosa.
«Non
cominciare.» Mormorai, mentre mi asciugavo le mani nel
grembiule.
Eric e Alex
salutarono Dom e Liam con qualche pacca sulle spalle, un bacio sulla
guancia a
Lola e Gwen – alla quale chiesero anche come stava dopo
quello che era successo
con Jessie – e una stretta di mano a me, che ero
dall’altra parte del bancone.
Dopo avermi ordinato due birre si spostarono al tavolo da biliardo con
gli
altri due miei amici, lasciandomi solo – ma non troppo beato,
visto l’astio che
aleggiava nell’aria – tra le donne. Un minuto dopo,
una volta scollatasi di
dosso un tipo di nome Michael, arrivò Amy, occhi puntati
addosso a me e falcate
decise in una – davvero – mini gonna di jeans. Gwen
fece subito roteare gli
occhi al cielo.
«Ehi, occhioni
azzurri…» Mi disse la bionda, sporgendosi sul
bancone appoggiata ai gomiti, per
mettere così in mostra una super scollatura.
Volevo ridere,
ma dovetti trattenermi. Gwen si era girata verso Lola con
un’espressione
sconvolta e le aveva sussurrato qualcosa come «ma la
senti?».
«Amy.» Salutai,
con un cenno del capo.
«Ciao
carissima!» Saltò su poi Lola, con un tono di voce
un po’ troppo alto, al che
Amy si voltò verso di loro accennando un sorriso, che anche
un cieco avrebbe
riconosciuto come falso.
«Ragazze.» Fece
lei, per poi tornare a concentrarsi su di me.
«Mi fai un Sex on the Beach?» Mi chiese,
civettuola, mentre Gwen e
Lola la guardavano basite.
Sapevano
benissimo com’era fatta e che le piaceva fare la gatta morta,
soprattutto con
me.
«Arriva.» Le
dissi io, sempre cercando di trattenere le risate per le facce delle
altre due.
«Vieni a
ballare al Nirvana dopo?» Domandò, qualche secondo
dopo.
«Sì, vai?»
Intervenne Gwen, piuttosto
irritata.
Io le lanciai
un’occhiata divertita.
«Vuoi andare?»
Le chiesi, allora.
«Direi di no.»
Rispose, alzando le sopracciglia.
«Cosa c’entra
lei?» Disse Amy, senza farsi problemi di risultare offensiva.
«Io chiedevo a
te.»
«Stasera è con
me.» Spiegai.
Amy la guardò
storto, ma poi alzò le spalle.
«Beh, non
venite?»
Non le
importava che ci fosse Gwen, evidentemente non pensava potesse essere
un
ostacolo al raggiungimento del suo obiettivo.
«Io no, tu fai
come vuoi…» Rispose Gwen, con un gesto della mano.
Ed ecco il mio
primo “fai come vuoi”, tipica frase usata dalle
donne che, in realtà, significa
tutto il contrario, ossia “non osare farlo o sei
morto”. Sentivo già la mia
libertà andarsene, ma la presi piuttosto con filosofia.
«Non veniamo.» Risposi,
allora, allungando il cocktail ad Amy.
«Se tu hai voglia, non capisco perché dovresti
rinunciare a causa sua.» Disse
lei, sfiorandomi la mano con le dita nell’afferrare il
bicchiere. Io la
ritrassi subito, come se avessi preso la scossa.
Gwen stava per
esplodere dalla rabbia, così cercai di sedare la situazione.
«Anche io non
ho voglia di venire, Amy.» Ammisi.
«Capisco che ti
senti in dovere di starle vicino perché è stata
cornificata, poveretta.»
Dopo quella
frase, ci fu un attimo di silenzio in cui sperai intensamente che non
avesse
pronunciato quelle parole per davvero.
Gwen si alzò di scatto ed afferrò Amanda per il
colletto del giubbotto di pelle
che indossava, tirandola verso l’alto fino a ritrovarsi
così faccia a faccia. La
situazione stava degenerando e anche piuttosto in fretta, ma, seppur
non volessi
che finisse tutto in una rissa, non avevo ancora intenzione di mettervi
fine
perché sapevo benissimo quanto Gwen avesse desiderato quel
momento.
«È da quando ti
conosco che mi trattengo dal prenderti a schiaffi, brutta
stronza.» Sibilò
Gwen, a pochi centimetri dal viso della bionda, che per tutta risposta
le rise
in faccia.
Stava giocando
col fuoco e non se ne rendeva conto: erano anni che Gwen aspettava in
silenzio
il giusto pretesto per darle una lezione.
«Sei solo
gelosa.» Disse Amy. «Non sai nemmeno tenerti un
ragazzo.»
Gwen la sbatté
contro il bancone, facendo cadere il bicchiere che vi era appoggiato.
Il rumore
provocato dalla rottura del vetro catturò subito
l’attenzione delle persone più
vicine.
«Ragazze, per favore…» Iniziai a dire,
per cercare di placare almeno un po’ gli
animi.
«Tu
stai zitto!» Mi urlò Gwen,
dando un’altra spinta ad Amy.
Lola intanto sembrava non aspettare altro che vedere la sua migliore
amica
perdere del tutto il controllo. E ci era davvero vicina. Fortunatamente
Amanda
sembrava non voler reagire più di tanto alle provocazioni
fisiche, si era
limitata ad afferrarle le mani per cercare di staccarsele di dosso.
«Invece, tu che
vai in giro a fare la puttana, sì che sei brava.»
Continuò Gwen, cattiva.
«Ripeto, sei
solo gelosa.» Rispose Amy.
«Ma gelosa di
cosa? Di come sei tu? Non credo proprio.»
«Gelosa che mi
sono scopata il tuo amichetto prima di te. Ops.»
Non feci in
tempo a realizzare che l’amichetto di cui parlava ero io, che
vidi Gwen
sbattere Amy per terra per poi salirle sopra e prenderla per i capelli.
Saltai
immediatamente dall’altra parte del bancone e riuscii ad
allontanare Gwen,
afferrandola per la vita, giusto in tempo per evitare che Amy le
cavasse un
occhio con le unghie. Dall’altra parte, nel frattempo, era
sbucato Jon –
probabilmente attirato dal chiasso – che si occupò
subito di bloccare l’altra
iena, che sembrava pronta per ripartire all’attacco. Sotto
gli occhi di diversi
spettatori, con non poca fatica e tra un insulto e l’altro,
portai Gwen nel
retro del locale per far sì che si desse una calmata.
Mi chiusi la porta alle spalle e mollai la presa attorno alle sue
braccia. Lei
si voltò di scatto verso di me e mi spinse contro il muro
con foga.
«Vaffanculo Matt!» Mi
urlò addosso. «Dovevi lasciarmi fare!»
Sul viso aveva
un graffio che le percorreva tutta la guancia sinistra.
«Va bene
qualche insulto, qualche strattone, ma la rissa no.» Le
dissi, prendendole un
braccio, visto che non sembrava volersi fermare
dall’agitazione.
«Le avrei fatto
passare la voglia di ridere!»
«Sì e lei ti
avrebbe dilaniato la faccia.» Sussurrai, accarezzandole il
viso vicino al
taglio.
Rimase un
attimo in silenzio e poi scoppiò a piangere, forse per colpa
di tutta le
tensione accumulata fino a quel momento. La tirai verso di me e la
strinsi in
un abbraccio.
«Non piangere…
Non merita le tue lacrime.» Mormorai, vicino al suo orecchio.
«Perché ha
dovuto tirare in mezzo anche te?» Mi chiese,
singhiozzando.
«Lasciala
perdere, Gwen.» Dissi, passandole una mano tra i capelli.
«Perché me l’ha
dovuto sbattere in faccia così? Come poteva sapere
l’effetto che mi avrebbe
fatto?» Una domanda dietro l’altra, a cui non
sapevo cosa rispondere.
Forse Amy aveva
solo tirato ad indovinare, forse aveva detto la prima cosa che le era
venuta in
mente, ma quello che era certo era che dopo la reazione di Gwen non
c’era alcun
dubbio sul fatto che provasse qualcosa per me.
«La odio, Matt,
la odio.» Disse, con la testa contro la mia spalla.
«E adesso che sa questa
cosa, sicuramente la prenderà come un incentivo a fare
ancora di più la
troietta con te.»
«Di questo non
devi preoccuparti, Gwen.» Cercai di tranquillizzarla, ma lei
si scostò e si
fece seria.
«Ci sei già
stato a letto, perché non dovresti farlo di
nuovo?» Mi chiese, mentre un’ultima
lacrima le rigava la guancia.
Le presi il
viso tra le mani e la guardai negli occhi.
«Gwen, non ti farei mai una cosa del genere. Non potrei mai,
non a te.»
«Come fai a
saperlo?»
«Lo so e
basta.»
«L’hai detto
anche tu che non puoi negare quello che eri.»
Era vero, ma
non significava che non sarei potuto migliorare.
«Ti prometto
che farò tutto quello che posso per farti stare bene,
Gwen.» Le dissi.
Lei appoggiò la
fronte alla mia, mi circondò la vita con le braccia e
sorrise.
«So che lo
farai.» Mi sussurrò.
Ed in quel momento sentii qualcosa dentro di me.
Qualcosa che mi disse che avrei davvero messo tutto me stesso in quella
storia,
che mi sarei impegnato seriamente, che - per una volta - avrei cercato
di
mettere il bene di un’altra persona davanti al mio,
perché, se nella mia vita
doveva esserci qualcuno di importante, di speciale, non poteva che
essere quella
creatura così fragile ma allo stesso tempo così
tenace e coraggiosa che avevo
di fronte agli occhi. Perché per decidere di stare con uno
come me, ci voleva
davvero tutta.
«Dammi un bacio, bambina.» Mormorai, sollevandole
il mento.
Lei non se lo
fece ripetere due volte. Presto sentii le sue labbra morbide premere
contro le
mie e le sue dita muoversi tra i miei capelli. Le strinsi le braccia
attorno ai
fianchi e la schiacciai contro di me. Ci baciammo per un tempo
indefinito, per
un minuto, forse due oppure tre o quattro. Non avevo mai dato un bacio
così, un
bacio sentito, un bacio così vero.
E
non volevo smettere. Non volevo smettere di sentire quella stranissima,
ma
piacevole sensazione che mi avvolgeva.
Fu lei la prima
a porre fine a quel bacio. Staccò lentamente le sue labbra
dalle mie e poi
appoggiò di nuovo la testa contro la mia spalla.
«Mi farai
impazzire del tutto, me lo sento.» Sussurrò ed io
la strinsi forte.
All’improvviso
la porta che deva sul retro si aprì con un tonfo ed
uscì Lola.
«Scusate
l’interruzione.» Disse, vedendoci mentre ci
allontanavamo uno dall’altro.
«Jonathan ha bisogno di te, Matt.»
«Sì, cazzo,
certo certo.» Risposi, frettolosamente.
Feci un sorriso
a Gwen per congedarmi e mi avviai all’interno del locale,
sentii Lola
farfugliarle qualcosa, ma non mi fermai. La situazione sembrava essersi
quietata, la gente era tornata a farsi gli affari suoi. Andai incontro
a Jon,
che aveva già raccolto i vetri del bicchiere andato in
frantumi poco prima e
stava servendo due ragazzi.
«Eccoti» Disse
e mi indicò un angolo della sala.
«C’è un tavolo nuovo là in
fondo che
aspetta.»
Stavo per andare quando mi fermò, afferrandomi per la manica
della camicia.
«Si può sapere
cosa diavolo è successo?» Chiese.
«Era una cosa
che andava avanti da un po’, cazzate.» Cercai di
rimanere sul vago.
«Non la facevo
così violenta, la tua amica. Mi piace.»
Ridacchiò ed io, senza farmi notare,
feci roteare gli occhi al cielo.
«Dov’è Amanda?»
«Bel peperino
anche lei, ma già lo sapevo.» Commentò.
«Comunque in bagno a sciacquarsi la
faccia e a darsi una calmata.»
«Speravo fosse
già andata via.» Dissi, ma non abbastanza a bassa
voce perché lui rise.
«Veramente l’ho
appena assunta come cameriera.» Confessò.
«Scusa?» Dissi,
esterrefatto.
«Sì, per i
turni serali dal venerdì alla domenica.
C’è troppa gente, in due non ce la
facciamo.»
Stentavo a
crederci. Era da un anno che lo imploravo di prendere un cameriere per
darci
una mano almeno nei weekend, ma non c’era stato verso di
convincerlo, si
lamentava che avrebbe dovuto pagare una persona in più e
secondo lui non
c’erano abbastanza soldi. E ora, dopo tutto quel casino e con
tutte le ragazze
che c’erano, aveva chiesto proprio ad Amy? Volevo uccidermi.
Lei non mi avrebbe dato pace e Gwen non sarebbe mai stata tranquilla
sapendola
intorno a me.
«Cazzo, Jon.»
Dissi, lamentoso.
«Cosa?»
«Fantastico,
eh?» Disse Gwen, apparsa all’improvviso alle mie
spalle.
Ecco cosa le aveva detto Lola poco prima, avendo assistito alla scena
mentre
noi non c’eravamo.
Mi voltai sospirando.
«Io-» Iniziai,
senza sapere veramente cosa dire.
«Non è colpa
tua.» Mi anticipò lei.
«Mi dispiace.»
In quel preciso
istante Amy uscii dal bagno e venne verso di noi.
«Ciao, collega.» Mi disse, una volta vicina,
gongolandosi con stampato in
faccia un sorriso diabolico, che però rivolse solo a Gwen.
Lei scosse la
testa e guardò in aria, mordendosi l’interno delle
guance. Sono certo si stesse
trattenendo dal metterle le mani addosso un’altra volta.
«Amy, gira alla
larga.» Le disse io, serio.
«Ci vediamo
domani sera, tesoro.» Mi rispose, ridacchiando.
«Vado a casa a ripulirmi dal
sudiciume che mi hanno lasciato addosso le mani della tua
amichetta.»
Fortunatamente
Gwen decise di non abbassarsi di nuovo al suo livello e si
limitò a ricambiare quel
sorrisetto cattivo fino a quando Amy non decise di levare il disturbo.
«È così che devi comportarti con lei,
non devi darle soddisfazione.» Dissi a
Gwen, poco dopo.
«Lo so, ma è
difficile.» Rispose lei.
«Torna al lavoro,
campione.» Intervenne Jonathan, vedendo che non
avevo ancora ripreso.
«Vai a casa, hai bisogno di riposarti un
po’.» Suggerii a Gwen, sfiorandole il
braccio con la mano e lei mugugnò qualcosa.
«Ci vediamo domani, okay?» Aggiunsi.
Lei annuì e mi
diede un bacio sulla guancia, poco dopo sparì dietro alla porta
insieme a
Lola.
Presi un
respiro e tornai al lavoro.
Perché doveva essere tutto così difficile?
Ciao! Dopo una settimana eccomi
qui :)
Amy non si vuole levare dalle scatole, ma Gwen è pronta ad
affrontarla; mentre Matt pian piano si sta rendendo conto di non essere
poi così un cattivo ragazzo.
Come sempre, ringrazio tutti i lettori e chi recensisce <3
Chiunque abbia voglia di lasciarmi un commento è il
benvenuto e sarò felice di rispondere.
A presto,
Lady.