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Autore: Lady Of The Flowers    26/09/2016    1 recensioni
Un gruppo di amici in vacanza insieme al mare e un amore (quasi) impossibile.
Matthew Bellamy è il tipico ragazzo che non ama legarsi, cinico e orgoglioso; Gwen Morrissey, la sua migliore amica da una vita. Qualcosa presto cambierà il loro rapporto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Matt


Alle nove il locale era già pieno di gente – i venerdì sera erano forse peggio del sabato – ed io avrei dovuto servire quell’inferno da solo per ancora mezz’ora. Bel rientro dalle vacanze… Mentre tagliavo un’arancia a fettine, presi un respiro profondo e mi feci forza pensando che presto mi avrebbe raggiunto Jonathan, il mio collega e capo, nonché proprietario del White Heart. Un ragazzo sulla trentina, simpatico e affabile, ma culo verde come pochi.
Non feci in tempo a finire di preparare i drink dell’ultima ordinazione che avevo ricevuto, che sentii il mio telefono vibrare nella tasca dei jeans. Posizionai i bicchieri sul vassoio e mi affrettai a portarli al tavolo a cui erano sedute le due coppie che li avevano ordinati per poi tornare alla cassa con i soldi. Servii ancora un paio di birre a due tipi al bancone e, in quell’attimo di pace in cui nessuno ancora mi aveva chiesto nulla, mi appoggiai ad uno scaffale ed estrassi il telefono. Un messaggio di Gwen.
 

Se dopo venissi lì con Lola e Dom, ti farebbe piacere?
 

Sorrisi, perché era così dolce che prima o poi mi avrebbe fatto venire il diabete. Aveva paura di disturbarmi o di risultare appiccicosa e sapeva che odiavo essere rincorso a destra e a manca, perciò aveva preferito chiedermelo, per evitare di fare qualche passo falso. Le risposi che mi avrebbe fatto molto piacere vederla ed effettivamente lei sarebbe potuta essere l’unica cosa bella di quella prima stressantissima serata di lavoro.
Ripensai a qualche ora prima a casa sua. A come le si era illuminato il viso, fino ad un attimo prima imbronciato, sentendomi dire che volevo provare a rendere la nostra amicizia qualcosa di più, che sarebbe stata proprio lei la prima vera eccezione a quelle mie strane regole sulle relazioni. Dalla cucina, in cui la “svolta” era cominciata, eravamo poi finiti sul divano in salotto a parlare e baciarci, ma soprattutto a baciarci. Lì, mi aveva detto che sperava che tutto andasse per il verso giusto, che non dovevamo fare le cose di fretta, che, finché non sarei stato pronto, nessuno avrebbe dovuto sapere di noi – all’infuori, ovviamente, dei due nostri migliori amici che, anche se non gliel’avessimo detto, avrebbero comunque trovato il modo di venirne a conoscenza perché erano peggio di due spie sovietiche.
I miei pensieri vennero interrotti dalla voce di una ragazza che mi chiamava.
«Sì, scusami.» Dissi, avvicinandomi al bancone su cui si stava sporgendo, mentre rimettevo in tasca il cellulare.
«Mi fai un Daiquiri, per favore?» Chiese, sbattendomi le ciglia lunghe e nere davanti agli occhi.
«Arriva.» Riposi, mentre lei si accomodava su uno sgabello.
«Se vuoi te lo posso anche portare al tavolo.» Aggiunsi, indicando con un cenno del capo quelli che dovevano essere i suoi amici, seduti poco più in là, che ci guardavano interessati.
«Preferisco aspettare qui, grazie.» Disse, lanciandomi un’occhiata piuttosto eloquente: era lì per me, non di certo per il Daiquiri.
Mentre spremevo il lime, la guardai con la coda dell’occhio. Mi sembrava di averla già vista da qualche parte, forse non era la prima volta che veniva lì, ma c’era sempre così tanta gente che avrei potuto confonderla con almeno altre dieci ragazze. Pensai che fosse davvero carina, ma appena me ne resi conto mi venne in mente Gwen e cercai di concentrarmi su quello che stavo facendo. Non sarebbe stato così facile perdere le vecchie abitudini.
«Matt, giusto?» Fece lei, un attimo dopo, sporgendosi verso di me.
Alzai lo sguardo per un secondo, prima di iniziare a versare il rum nel bicchiere.
«Esatto.» Mi limitai a dire e lei rimase in silenzio, forse si aspettava di ricevere la stessa domanda, ma non gliela feci.
La vidi giocare con i capelli e mordersi un labbro imbarazzata.
Una volta pronto il drink, glielo porsi e le sorrisi per cercare di risultare un po’ più gentile di quanto lo fossi stato fino a quel momento. Dovevo ancora ben capire come funzionano le dinamiche tra ragazze carine e ragazzi, quando quest’ultimi non devono provarci. Dovevo trovare la giusta via di mezzo tra quello che ero abituato a fare, cioè flirtarci spudoratamente, e il distacco totale, perché, con il lavoro che facevo, non potevo di certo permettermi di fare lo stronzo antipatico.
«Buona serata» Le dissi, poi. «Se hai bisogno di altro, sono qui.»
«Grazie» Mi rispose, afferrando il bicchiere. «Comunque io sono Rachel.» Aggiunse, facendo spallucce, prima di voltarsi e andare verso il tavolo da cui arrivavano frasi di lamentele, del tipo «Già fatto?, «Beh?», «E quindi?» dalle amiche e «Digli che hai bisogno di scopare!» dagli amici.
Ridacchiai tra me e me e pensai che, in altre circostanze, quella ragazza sarebbe facilmente finita nel mio letto nel giro di qualche ora, con o senza l’aiuto dei suoi amici. Pian piano sarebbe cambiato tutto e la cosa, ad esser sinceri, mi spaventava un po’.
Feci in tempo a servire ancora diversi cocktail e birre, lavare qualche bicchiere e sistemare alcuni piatti, prima di vedere Jonathan entrare dalla porta sul retro. Mi asciugai le mani nel grembiule nero e gli diedi una pacca sulla spalla appena mi fu vicino, lui mi strinse in un abbraccio amichevole.
«Allora, andata bene la vacanza?» Mi chiese, mentre si sfilava il giubbotto di jeans.
«Benissimo, grazie.» Risposi. «Tu, come stai?»
«Magnificamente.»
Finalmente riuscii a respirare un po’ di più in quel trambusto e tra una chiacchiera e l’altra servimmo molte altre persone.
Alle dieci circa, vidi entrare Dominic abbracciato a Lola, con al seguito suo fratello Liam e Gwen. Sorrisi guardandola. Era bellissima e nella sua semplicità stava dieci spanne sopra a tutte quelle che c’erano in quello stupido pub. Si fermarono a salutare due nostri conoscenti e poi vennero al bancone.
«Buonasera.» Disse Lola, lanciandomi un’occhiata che diceva “guarda che ti tengo d’occhio”.
«Ciao, ragazzi.» Risposi io, contento di vederli.
Gwen mi sorrise, mentre si sedeva sullo sgabello proprio di fronte a me.
«Ciao, piccola.» Le sussurrai, quando le fui più vicino.
«Ciao, Matt.» Disse lei, arrossendo leggermente.
Non ci baciammo. Non lì, non davanti a tutti. Forse lei si aspettava che lo facessi, o perlomeno lo sperava, ma io non ero ancora pronto.
«Quanta cazzo di gente c’è?» Chiese Dom, guardandosi intorno.
«Non dirlo a me, non ne posso più e il turno finisce alle due.» Feci roteare gli occhi al cielo. «Uccidetemi!» Dissi poi, implorante.
«Rientro piacevole, devo dire…» Commentò Liam, ridacchiando.
«Piacevolissimo.»
All’improvviso Jonathan si palesò al mio fianco e mi spinse più in là.
«Ehi, ciao belli!» Salutò. «Come state?»
Li conosceva bene tutti, soprattutto Dom e Liam, che venivano spesso a farmi compagnia quando avevo i turni serali. Gwen, invece, era sempre venuta insieme a Jessie, tant’è che la sua assenza fu subito oggetto di curiosità da parte di Jonathan.
«Tutta sola stasera, biondina?» Disse, viscidamente, rivolgendosi a lei.
Gli lanciai un’occhiata di sbieco, di cui però nessuno si accorse. L’aveva sempre trovata carina, me l’aveva detto la prima sera che aveva avuto l’occasione di vederla – mi aveva anche chiesto perché non me la fossi mai fatta -, ma non aveva mai tentato nessun approccio – se non qualche stupida battutina ogni tanto – perché c’era sempre stato Jessie con lei. Sicuramente, appena al corrente dell’accaduto, si sarebbe fatto avanti.
«Non sono sola.» Disse lei, indicandogli i nostri tre amici.
Risposta eccellente.
«Vero.» Mormorò lui, con un sorrisino. «Cosa ti preparo, gioia?» Aggiunse, appoggiandosi ai gomiti per finire con il viso a pochi centimetri da quello di Gwen.
Stava già facendo il coglione, nonostante non sapesse ancora niente. Probabilmente lo immaginava. Lei mi lanciò un’occhiata, ma fui distratto da Dom che si era allungato sul bancone e aveva iniziato a sventolarmi la mano davanti alla faccia.
«Oh, ci sei? Ti sto parlando da un minuto e non mi caghi.» Mi fece notare.
«Scusa.» Dissi piano. «Stavo cercando di ascoltare Jonathan che ci prova con Gwen.»
Dom guardò al di là di Lola per vedere la situazione.
«Non ha speranze.» Mi disse, provando a tranquillizzarmi.
«Certo, lo ammazzo prima.»
«Sei già geloso?»
«Non sono geloso, è che è un coglione con le ragazze.»
Ero anche un po’ geloso, lo ammetto.
«Tu no, invece?» Disse Dom, ridacchiando.
«Colpito e affondato.» Risi e abbassai il capo in segno di sconfitta.
«Digli di stare alla larga.» Propose il mio amico, un attimo dopo.
Mi voltai per controllare cosa stesse facendo e lo vidi ancora lì, tutto sorrisi e sguardi languidi, mentre le preparava qualcosa da bere. Mi avvicinai e Gwen mi lanciò un’occhiata che diceva “salvami”.
«Senti, Jon, facciamo che qui finisco io, là sono arrivati nuovi clienti, vai tu?» Gli dissi, ma lui non sembrò molto contento della soluzione che avevo trovato.
«Perché non vai tu?»
«Dai, questi sono amici miei.»
Lui sbuffò, ma poi fece per avviarsi ai tavoli.
«A dopo, gioia.» Disse a Gwen, prima di andare.
«Gioia…» Ripeté lei, con un’espressione schifata ed io risi.
«Aspetta solo di dirgli che ti sei lasciata con Jay e non te lo scolli più di dosso.» Le dissi.
«Che meraviglia.» Rispose lei, sardonica.
«È fissato con te da quando ti ha conosciuta.» Le rivelai, mentre finivo di prepararle il ginger ale.
«Allora dovrei farci un pensierino…» Commentò, guardandomi divertita.
Alzai lo sguardo su di lei e scossi la testa leggermente.
«Non sei convincente, Gwen.»
«Già, dovrei essere parecchio ubriaca per finire con uno come Jonathan.» Fece lei, ridendo.
«Ho una notizia per te.» Dissi io, porgendole il drink pronto. «L’hai già fatto.»
Lei mi guardò per un attimo senza capire, poi si fece seria.
«Matt, con te è diverso…» Sussurrò, sfiorandomi la mano.
Aveva capito dove ero andato a parare.
Non l’avevo detto con cattiveria, semplicemente avevo constatato la situazione e lei si era sentita inutilmente in colpa. Probabilmente pensava di avermi ferito con quell’affermazione detta senza pensare, ma non era così. Non mi vergognavo di quello che ero.
«Non è diverso. Io sono- ero- sì, diciamo che ero, come lui. Esattamente così, non meglio.» Spiegai, terminando il tutto con un sorriso con il quale cercai di comunicarle che era tutto a posto, che non me l’ero presa. Lei però mi rivolse uno sguardo triste.
Presi il blocchetto per le ordinazione e stavo per andarmene a servire un gruppo di persone appena arrivate, quando mi bloccò mettendosi a parlare.
«È diverso perché sei tu… Perché ti voglio da una vita.» Mi disse lei, piano, per non farsi sentire.
Riuscii a malapena a controllare la voglia di prenderla e baciarla davanti a tutti.
Lei era così, innocente e troppo ingenua, e non avrebbe mai davvero capito con chi aveva avuto a che fare per tutto quel tempo. Negli anni, aveva idealizzato la mia figura credendo che fossi la persona migliore sulla faccia della Terra, ma sapevamo tutti che ero tutto ciò che ci fosse di più lontano dalla perfezione.
Senza dare troppo nell’occhio le accarezzai il viso.
«Sei troppo buona, Gwen.» Le sussurrai e lei mi sorrise.
Avrei voluto baciarla, ma allo stesso tempo c’era qualcosa che mi bloccava dal farlo. Avevo paura che con quel gesto avrei dovuto dare subito un nome alla nostra relazione ed io non ero pronto, perché non sapevo ancora cosa fosse. Per di più, tutta quella gente avrebbe iniziato a parlare, avrei dovuto affrontare le loro opinioni, avrei dovuto avere a che fare con Jessie, che di certo non l’avrebbe presa bene e non ne avevo voglia. Prima venivo io, venivamo noi due, dopo tutti gli altri.
«Ora vado, perché se no Jon mi uccide.» Dissi, indicando Jonathan che mi faceva segno di andare a dargli una mano e lei annuì per poi voltarsi a chiacchierare con Lola.
Per quasi tutto il resto della serata corsi avanti e indietro tra bancone e tavoli, cercando di non impazzire e di non uccidere Jonathan ogni volta che si avvicinava a Gwen per fare il coglione. Una faticaccia.
Verso mezzanotte, quando le richieste dei clienti sembravano essersi quietate un po’, dalla porta d’ingresso entrarono Eric, Alex ed Amy. Ci mancava lei. Ringraziai il cielo che non ci fosse anche Jessie, se no non avrei retto fino alle due senza dar fuori di matto.
Sentii Lola schiarirsi la voce per attirare l’attenzione di Gwen, che si voltò immediatamente verso i nuovi arrivati. Un attimo dopo aveva gli occhi puntati nei miei.
«È arrivata la tua bella.» Disse, gelosa.
«Non cominciare.» Mormorai, mentre mi asciugavo le mani nel grembiule.
Eric e Alex salutarono Dom e Liam con qualche pacca sulle spalle, un bacio sulla guancia a Lola e Gwen – alla quale chiesero anche come stava dopo quello che era successo con Jessie – e una stretta di mano a me, che ero dall’altra parte del bancone. Dopo avermi ordinato due birre si spostarono al tavolo da biliardo con gli altri due miei amici, lasciandomi solo – ma non troppo beato, visto l’astio che aleggiava nell’aria – tra le donne. Un minuto dopo, una volta scollatasi di dosso un tipo di nome Michael, arrivò Amy, occhi puntati addosso a me e falcate decise in una – davvero – mini gonna di jeans. Gwen fece subito roteare gli occhi al cielo.
«Ehi, occhioni azzurri…» Mi disse la bionda, sporgendosi sul bancone appoggiata ai gomiti, per mettere così in mostra una super scollatura.
Volevo ridere, ma dovetti trattenermi. Gwen si era girata verso Lola con un’espressione sconvolta e le aveva sussurrato qualcosa come «ma la senti?».
«Amy.» Salutai, con un cenno del capo.
«Ciao carissima!» Saltò su poi Lola, con un tono di voce un po’ troppo alto, al che Amy si voltò verso di loro accennando un sorriso, che anche un cieco avrebbe riconosciuto come falso.
«Ragazze.» Fece lei, per poi tornare a concentrarsi su di me.
«Mi fai un Sex on the Beach?»
Mi chiese, civettuola, mentre Gwen e Lola la guardavano basite.
Sapevano benissimo com’era fatta e che le piaceva fare la gatta morta, soprattutto con me.
«Arriva.» Le dissi io, sempre cercando di trattenere le risate per le facce delle altre due.
«Vieni a ballare al Nirvana dopo?» Domandò, qualche secondo dopo.
«Sì, vai?» Intervenne Gwen, piuttosto irritata.
Io le lanciai un’occhiata divertita.
«Vuoi andare?» Le chiesi, allora.
«Direi di no.» Rispose, alzando le sopracciglia.
«Cosa c’entra lei?» Disse Amy, senza farsi problemi di risultare offensiva. «Io chiedevo a te.»
«Stasera è con me.» Spiegai.
Amy la guardò storto, ma poi alzò le spalle.
«Beh, non venite?»
Non le importava che ci fosse Gwen, evidentemente non pensava potesse essere un ostacolo al raggiungimento del suo obiettivo.
«Io no, tu fai come vuoi…» Rispose Gwen, con un gesto della mano.
Ed ecco il mio primo “fai come vuoi”, tipica frase usata dalle donne che, in realtà, significa tutto il contrario, ossia “non osare farlo o sei morto”. Sentivo già la mia libertà andarsene, ma la presi piuttosto con filosofia.
«Non veniamo.» Risposi, allora, allungando il cocktail ad Amy.
«Se tu hai voglia, non capisco perché dovresti rinunciare a causa sua.» Disse lei, sfiorandomi la mano con le dita nell’afferrare il bicchiere. Io la ritrassi subito, come se avessi preso la scossa.
Gwen stava per esplodere dalla rabbia, così cercai di sedare la situazione.
«Anche io non ho voglia di venire, Amy.» Ammisi.
«Capisco che ti senti in dovere di starle vicino perché è stata cornificata, poveretta.»
Dopo quella frase, ci fu un attimo di silenzio in cui sperai intensamente che non avesse pronunciato quelle parole per davvero.
Gwen si alzò di scatto ed afferrò Amanda per il colletto del giubbotto di pelle che indossava, tirandola verso l’alto fino a ritrovarsi così faccia a faccia. La situazione stava degenerando e anche piuttosto in fretta, ma, seppur non volessi che finisse tutto in una rissa, non avevo ancora intenzione di mettervi fine perché sapevo benissimo quanto Gwen avesse desiderato quel momento.
«È da quando ti conosco che mi trattengo dal prenderti a schiaffi, brutta stronza.» Sibilò Gwen, a pochi centimetri dal viso della bionda, che per tutta risposta le rise in faccia.
Stava giocando col fuoco e non se ne rendeva conto: erano anni che Gwen aspettava in silenzio il giusto pretesto per darle una lezione.
«Sei solo gelosa.» Disse Amy. «Non sai nemmeno tenerti un ragazzo.»
Gwen la sbatté contro il bancone, facendo cadere il bicchiere che vi era appoggiato. Il rumore provocato dalla rottura del vetro catturò subito l’attenzione delle persone più vicine.
«Ragazze, per favore…» Iniziai a dire, per cercare di placare almeno un po’ gli animi.

«Tu stai zitto!» Mi urlò Gwen, dando un’altra spinta ad Amy.
Lola intanto sembrava non aspettare altro che vedere la sua migliore amica perdere del tutto il controllo. E ci era davvero vicina. Fortunatamente Amanda sembrava non voler reagire più di tanto alle provocazioni fisiche, si era limitata ad afferrarle le mani per cercare di staccarsele di dosso.
«Invece, tu che vai in giro a fare la puttana, sì che sei brava.» Continuò Gwen, cattiva.
«Ripeto, sei solo gelosa.» Rispose Amy.
«Ma gelosa di cosa? Di come sei tu? Non credo proprio.»
«Gelosa che mi sono scopata il tuo amichetto prima di te. Ops.»
Non feci in tempo a realizzare che l’amichetto di cui parlava ero io, che vidi Gwen sbattere Amy per terra per poi salirle sopra e prenderla per i capelli. Saltai immediatamente dall’altra parte del bancone e riuscii ad allontanare Gwen, afferrandola per la vita, giusto in tempo per evitare che Amy le cavasse un occhio con le unghie. Dall’altra parte, nel frattempo, era sbucato Jon – probabilmente attirato dal chiasso – che si occupò subito di bloccare l’altra iena, che sembrava pronta per ripartire all’attacco. Sotto gli occhi di diversi spettatori, con non poca fatica e tra un insulto e l’altro, portai Gwen nel retro del locale per far sì che si desse una calmata.
Mi chiusi la porta alle spalle e mollai la presa attorno alle sue braccia. Lei si voltò di scatto verso di me e mi spinse contro il muro con foga.
«Vaffanculo Matt!» Mi urlò addosso. «Dovevi lasciarmi fare!»
Sul viso aveva un graffio che le percorreva tutta la guancia sinistra.
«Va bene qualche insulto, qualche strattone, ma la rissa no.» Le dissi, prendendole un braccio, visto che non sembrava volersi fermare dall’agitazione.
«Le avrei fatto passare la voglia di ridere!»
«Sì e lei ti avrebbe dilaniato la faccia.» Sussurrai, accarezzandole il viso vicino al taglio.
Rimase un attimo in silenzio e poi scoppiò a piangere, forse per colpa di tutta le tensione accumulata fino a quel momento. La tirai verso di me e la strinsi in un abbraccio.
«Non piangere… Non merita le tue lacrime.» Mormorai, vicino al suo orecchio.
«Perché ha dovuto tirare in mezzo anche te?» Mi chiese, singhiozzando.
«Lasciala perdere, Gwen.» Dissi, passandole una mano tra i capelli.
«Perché me l’ha dovuto sbattere in faccia così? Come poteva sapere l’effetto che mi avrebbe fatto?» Una domanda dietro l’altra, a cui non sapevo cosa rispondere.
Forse Amy aveva solo tirato ad indovinare, forse aveva detto la prima cosa che le era venuta in mente, ma quello che era certo era che dopo la reazione di Gwen non c’era alcun dubbio sul fatto che provasse qualcosa per me.
«La odio, Matt, la odio.» Disse, con la testa contro la mia spalla. «E adesso che sa questa cosa, sicuramente la prenderà come un incentivo a fare ancora di più la troietta con te.»
«Di questo non devi preoccuparti, Gwen.» Cercai di tranquillizzarla, ma lei si scostò e si fece seria.
«Ci sei già stato a letto, perché non dovresti farlo di nuovo?» Mi chiese, mentre un’ultima lacrima le rigava la guancia.
Le presi il viso tra le mani e la guardai negli occhi.
«Gwen, non ti farei mai una cosa del genere. Non potrei mai, non a te.»
«Come fai a saperlo?»
«Lo so e basta.»
«L’hai detto anche tu che non puoi negare quello che eri.»
Era vero, ma non significava che non sarei potuto migliorare.
«Ti prometto che farò tutto quello che posso per farti stare bene, Gwen.» Le dissi.
Lei appoggiò la fronte alla mia, mi circondò la vita con le braccia e sorrise.
«So che lo farai.» Mi sussurrò.
Ed in quel momento sentii qualcosa dentro di me.
Qualcosa che mi disse che avrei davvero messo tutto me stesso in quella storia, che mi sarei impegnato seriamente, che - per una volta - avrei cercato di mettere il bene di un’altra persona davanti al mio, perché, se nella mia vita doveva esserci qualcuno di importante, di speciale, non poteva che essere quella creatura così fragile ma allo stesso tempo così tenace e coraggiosa che avevo di fronte agli occhi. Perché per decidere di stare con uno come me, ci voleva davvero tutta.
«Dammi un bacio, bambina.» Mormorai, sollevandole il mento.
Lei non se lo fece ripetere due volte. Presto sentii le sue labbra morbide premere contro le mie e le sue dita muoversi tra i miei capelli. Le strinsi le braccia attorno ai fianchi e la schiacciai contro di me. Ci baciammo per un tempo indefinito, per un minuto, forse due oppure tre o quattro. Non avevo mai dato un bacio così, un bacio sentito, un bacio così vero. E non volevo smettere. Non volevo smettere di sentire quella stranissima, ma piacevole sensazione che mi avvolgeva.
Fu lei la prima a porre fine a quel bacio. Staccò lentamente le sue labbra dalle mie e poi appoggiò di nuovo la testa contro la mia spalla.
«Mi farai impazzire del tutto, me lo sento.» Sussurrò ed io la strinsi forte.
All’improvviso la porta che deva sul retro si aprì con un tonfo ed uscì Lola.
«Scusate l’interruzione.» Disse, vedendoci mentre ci allontanavamo uno dall’altro. «Jonathan ha bisogno di te, Matt.»
«Sì, cazzo, certo certo.» Risposi, frettolosamente.
Feci un sorriso a Gwen per congedarmi e mi avviai all’interno del locale, sentii Lola farfugliarle qualcosa, ma non mi fermai. La situazione sembrava essersi quietata, la gente era tornata a farsi gli affari suoi. Andai incontro a Jon, che aveva già raccolto i vetri del bicchiere andato in frantumi poco prima e stava servendo due ragazzi.
«Eccoti» Disse e mi indicò un angolo della sala. «C’è un tavolo nuovo là in fondo che aspetta.»
Stavo per andare quando mi fermò, afferrandomi per la manica della camicia.
«Si può sapere cosa diavolo è successo?» Chiese.
«Era una cosa che andava avanti da un po’, cazzate.» Cercai di rimanere sul vago.
«Non la facevo così violenta, la tua amica. Mi piace.» Ridacchiò ed io, senza farmi notare, feci roteare gli occhi al cielo.
«Dov’è Amanda?»
«Bel peperino anche lei, ma già lo sapevo.» Commentò. «Comunque in bagno a sciacquarsi la faccia e a darsi una calmata.»
«Speravo fosse già andata via.» Dissi, ma non abbastanza a bassa voce perché lui rise.
«Veramente l’ho appena assunta come cameriera.» Confessò.
«Scusa?» Dissi, esterrefatto.
«Sì, per i turni serali dal venerdì alla domenica. C’è troppa gente, in due non ce la facciamo.»
Stentavo a crederci. Era da un anno che lo imploravo di prendere un cameriere per darci una mano almeno nei weekend, ma non c’era stato verso di convincerlo, si lamentava che avrebbe dovuto pagare una persona in più e secondo lui non c’erano abbastanza soldi. E ora, dopo tutto quel casino e con tutte le ragazze che c’erano, aveva chiesto proprio ad Amy? Volevo uccidermi.
Lei non mi avrebbe dato pace e Gwen non sarebbe mai stata tranquilla sapendola intorno a me.
«Cazzo, Jon.» Dissi, lamentoso.
«Cosa?»
«Fantastico, eh?» Disse Gwen, apparsa all’improvviso alle mie spalle.
Ecco cosa le aveva detto Lola poco prima, avendo assistito alla scena mentre noi non c’eravamo.
Mi voltai sospirando.
«Io-» Iniziai, senza sapere veramente cosa dire.
«Non è colpa tua.» Mi anticipò lei.
«Mi dispiace.»
In quel preciso istante Amy uscii dal bagno e venne verso di noi.
«Ciao, collega.» Mi disse, una volta vicina, gongolandosi con stampato in faccia un sorriso diabolico, che però rivolse solo a Gwen.
Lei scosse la testa e guardò in aria, mordendosi l’interno delle guance. Sono certo si stesse trattenendo dal metterle le mani addosso un’altra volta.
«Amy, gira alla larga.» Le disse io, serio.
«Ci vediamo domani sera, tesoro.» Mi rispose, ridacchiando. «Vado a casa a ripulirmi dal sudiciume che mi hanno lasciato addosso le mani della tua amichetta.»
Fortunatamente Gwen decise di non abbassarsi di nuovo al suo livello e si limitò a ricambiare quel sorrisetto cattivo fino a quando Amy non decise di levare il disturbo.
«È così che devi comportarti con lei, non devi darle soddisfazione.» Dissi a Gwen, poco dopo.
«Lo so, ma è difficile.» Rispose lei.
«Torna al lavoro, campione.» Intervenne Jonathan, vedendo che non avevo ancora ripreso.
«Vai a casa, hai bisogno di riposarti un po’.» Suggerii a Gwen, sfiorandole il braccio con la mano e lei mugugnò qualcosa.
«Ci vediamo domani, okay?» Aggiunsi.
Lei annuì e mi diede un bacio sulla guancia, poco dopo sparì dietro alla porta insieme a Lola.
Presi un respiro e tornai al lavoro.
Perché doveva essere tutto così difficile?




Ciao! Dopo una settimana eccomi qui :)

Amy non si vuole levare dalle scatole, ma Gwen è pronta ad affrontarla; mentre Matt pian piano si sta rendendo conto di non essere poi così un cattivo ragazzo.  

Come sempre, ringrazio tutti i lettori e chi recensisce <3
Chiunque abbia voglia di lasciarmi un commento è il benvenuto e sarò felice di rispondere.

A presto,
Lady.


   
 
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