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Autore: Lady Memory    17/10/2016    5 recensioni
Che effetto fa scoprire che siamo stati ricordati?
"Le labbra di Snape tremarono, cercando parole che non sapeva come esprimere. Poi, con un movimento aggraziato delle dita, evocò un fiore, una magnifica rosa nera, e silenziosamente, gliela offrì."
La mia storia più bella dedicata a Snape ed Hermione, in un contesto molto particolare. Due capitoli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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A Tale of Roses
by Lady Memory

 

Che effetto fa scoprire che siamo stati ricordati?

Dediche: Questo capitolo è dedicato a Manu75, una persona fantastica ed una validissima autrice.
Grazie a tutti i miei lettori e recensori.


… 2 …
 

"Mamma… Mamma!" Rose scuoteva gentilmente la spalla di sua madre. "MAMMA!"

Finalmente, la vecchia signora aprì gli occhi e si guardò intorno, confusa.

"Rose?" chiese con voce tremolante.

"Per la barba di Merlino, mamma, che paura mi hai fatto prendere!" Lo spavento di Rose era stato grande e a quel punto anche la sua reazione fu sopra le righe. "Questa è l'ultima volta che assecondo i tuoi capricci! Guarda come ti sei stancata! Ora andremo immediatamente al St. Mungo, e non voglio più sentire una parola!" La donna esclamò, sgridando la madre in un bizzarro scambio di ruoli.

"Rose!" Sua madre replicò seccamente. "Sto benissimo, non vedi? Stavo solo…" Si guardò intorno. "Oh santo cielo, mi sono addormentata? Dov'è il Professor Snape?"

"Mamma!" Rose sospirò, ormai convinta dello stato confusionale della madre. "Che cosa dici? Il Professor Snape qui? Andiamo al St. Mungo a parlare con un Guaritore."

Ma Hermione era troppo agitata per ascoltare.

"Rose!" domandò. "Hai per caso incontrato un… un uomo, più o meno della tua età, vestito con abiti scuri?"

"Un uomo?!" Rose replicò, raccogliendo la borsa che aveva lasciato cadere sull'erba in quei primi momenti di panico. "Mamma, stavi dormendo." Scosse la testa. "Devi aver sognato."

"Ti dico che stavo parlando con un uomo," Hermione dichiarò, ma la sua sicurezza era scossa. Aveva davvero incontrato un uomo che era morto sessant'anni prima? Era davvero possibile? Oppure il suo immenso desiderio di essere confortata le aveva fatto immaginare tutto?

Rattristata, delusa, incerta, fissò sua figlia come se si aspettasse da lei una risposta.

"Mamma!" Rose insistette, chiaramente spazientita.

Hermione si guardò attorno con angoscia. Non c'era nessuno lì. Il giardino era vuoto e silenzioso. Era stato solo un sogno? Le sue labbra tremarono.

"Allora andiamo via, Rosie," mormorò alla fine, ricacciando indietro le lacrime. Lentamente, si alzò in piedi e mise una mano nella manica della veste per cercare gli occhiali.

Ed eccola lì.

La rosa.

Il bocciolo nero che Snape le aveva dato era di nuovo tra le sue dita, e lei lo guardò stupita.

"Mamma?" La chiamò Rose, voltandosi a controllare; con un'agilità che non sapeva di avere, la vecchia signora inserì rapidamente il fiore nella manica senza farsi notare; poi seguì sua figlia, camminando con un'andatura che diventava sempre più sicura e spedita ad ogni passo.

Il sole era basso sull'orizzonte e la natura si preparava ad un meraviglioso tramonto dipingendo il cielo di splendide sfumature arancio e rosso.

La casa era proprio sulla cima di una collinetta; un piccolo piacevole cottage, solidamente costruito in pietra per proteggere i suoi abitanti dal freddo raggelante degli inverni del nord. Ma non c'era effettivamente bisogno di una simile protezione. Anche se la neve brillava sui picchi delle montagne, la piccola valle sotto di loro fioriva in un'eterna primavera; gli spessi muri della casa erano coperti di edera, e il camino emetteva sbuffi di vapore, chiara dimostrazione che qualcosa stava bollendo sul fuoco. C'erano un orto sulla sinistra della casa, ed un pozzo sulla destra. Le galline attraversavano il cortile, guidando la loro schiera di pulcini con movimenti ritmici e misurati. Una capretta strofinava le piccole corna contro uno steccato e, raggomitolato su un davanzale, un gatto dormiva saporitamente come solo i gatti sanno fare. Tutto dava un'idea di quieta serenità.

Un vecchio era seduto su una panca, e i suoi capelli bianchi riflettevano la luce del sole morente mentre lui guardava quel suo minuscolo regno ordinato. I suoi occhi seguirono affettuosamente le tante piccole creature che girovagavano nel cortile, e alla fine si soffermarono con un sospiro sul campo di rose davanti a lui: le lussureggianti, splendide rose nere che stavano lentamente ma inesorabilmente sfiorendo.

Da quando era tornato dal suo viaggio, i loro soffici petali vellutati avevano gradualmente cominciato a staccarsi e a cadere al suolo, vorticando in una delicata danza di morte. Migliaia di farfalle vivacemente colorate svolazzavano sopra i fiori, cercando di trovare rifugio e nutrimento in quella massa che ondeggiava tremolante. Lo spettacolo, che una volta appariva mozzafiato, adesso ispirava solo desolazione.

Con un soffice pop, la donna Apparve sulla stradina sassosa che portava alla casa. Lentamente, risalì il fianco della collina, con gli occhi fissi sulla figura vestita di nero seduta sulla panca. Anche se il viso della donna era anziano, i suoi capelli ondulati erano castani, e i suoi movimenti fluidi e agili. Silenziosamente, la donna si avvicinò sempre di più, con passi così leggeri che nemmeno il cane che sonnecchiava all'ombra di una grande quercia ne avvertì la presenza.

Perso nei suoi pensieri, il vecchio girò la testa appena un momento prima che lei lo raggiungesse. I suoi occhi si dilatarono per la meraviglia, poi si illuminarono di gioia. Per un lungo momento, nessuno dei due disse una parola, entrambi troppo presi ad assaporare la loro intensa emozione.

"Mi ci è voluto un mese intero per trovarla," Hermione disse infine.

Snape assentì gravemente. "Immagino che lei abbia utilizzato la mia rosa."

"Infatti." Hermione mise la mano nella manica e ne estrasse il bocciolo nero che lui le aveva dato. Era ancora morbido e luminoso, e i suoi petali esalavano un delicato profumo dolceamaro. La donna abbassò la mano per mostrarglielo.

"Era l'unico indizio che avevo. Ma ho dovuto provare così tante volte! Credo di essere Apparsa in più di due dozzine di vivai di rose in ogni angolo di Inghilterra. Una volta sono addirittura finita in un orto botanico."

I suoi occhi ammiccarono monelli. "Il giardiniere non è stato molto contento di trovarmi lì, ma dato che sono una vecchia signora distratta, ha accettato le mie scuse. Dopo di quella volta, sono stata molto più fortunata. Il tentativo seguente mi ha portato in una cittadina, un piccolo posto simpatico… anche se la gente lì era estremamente riservata. E' stato difficile trovare qualcuno disposto a parlare. Ancora più difficile trovare qualcuno disposto a rispondere. Ma lei mi conosce: sono sempre stata cocciuta."

Il suo sorriso si fece sbarazzino. "Tra parentesi, John Harrison e sua moglie le mandano i loro migliori saluti."

"John… Harrison?" Snape chiese stupito, alzando le sopracciglia.

"Sì, il fattore a cui lei ha salvato il figlio con una delle sue pozioni. Il piccolo Jimmy Harrison ha trentasei anni adesso, ed è un uomo notevolmente alto con uno splendido sorriso. I suoi genitori sono nonni e si ricordano di lei con grande affetto: sono stati felici di raccontarmi meraviglie a proposito delle sue tisane non appena gli ho detto che ero una sua vecchia conoscenza… ma purtroppo, non hanno potuto dirmi nient'altro, tranne che lei se ne era andato più di vent'anni fa. Mi è servito un ulteriore sforzo di immaginazione per indovinare dove riprovare ancora, ma come ha visto, ne valeva la pena."

Il vecchio mago la studiò inclinando la testa. "E' davvero… lei?"

"Certo che sono io! Adesso glielo dimostro. E' occupato questo posto?" Hermione indicò la panca. "Posso sedermi qui?"

Gli occhi di Snape si illuminarono. "Ma queste… queste sono le prime domande che le ho rivolto quel giorno a Hogwarts."

"E' giusto, signore, e la sua memoria è eccellente come sempre," Hermione rispose con un piccolo inchino, compiaciuta di vedere che lui ricordava persino i dettagli più insignificanti del loro incontro. Ma Snape non aveva risposto alle sue domande, quindi aggiunse scherzosamente, "Pensa che questa panca possa reggere un peso in più?"

"Suppongo che il modo migliore per saperlo sia provare," Snape suggerì.

Hermione gli sorrise, ma si sentiva pericolosamente vicina alle lacrime. Snape era invecchiato così spaventosamente dal loro incontro precedente! Gli si sedette accanto, e di nuovo cadde il silenzio mentre lo studiava furtivamente. Le dita del vecchio mago gualcivano il tessuto del suo mantello, e un velo di capelli bianchi gli nascondeva il viso, celandone i sentimenti.

"Perché non è rimasto a Hogwarts, quel giorno, Professore?" gli chiese infine.

"Per quale motivo sarei dovuto rimanere?" ribattè lui.

"Mi ha salvato la vita. Perché non ha lasciato che la ringraziassi?"

"Non c'era nessun bisogno di ringraziarmi," disse seccamente Snape.

Hermione prese un respiro profondo.

"D'accordo," disse gaiamente, "ma poiché grazie è solo una parte di quel che volevo dirle, se non accetta i miei ringraziamenti sarò costretta ad andarmene subito."

Snape si irrigidì e si guardò intorno come cercando aiuto.

"In questo caso, i suoi ringraziamenti sono accettati," bofonchiò poi, scoccandole un'occhiata di riluttante apprezzamento. Hermione sorrise dentro di sé. La sua offerta nascondeva un'esca troppo invitante per poterla declinare.

Rassicurata, osò riprovare. "Per favore, mi risponda. Perché se ne è andato?"

Snape si strinse nelle spalle. "Non potevo restare. Forse lei non l'ha notato, o più probabilmente, è troppo educata per dirlo apertamente, ma io… io sono cambiato."

"Dopo tutti quegli anni, nessuno l'avrebbe riconosciuta. A maggior ragione, nessuno avrebbe notato una differenza," Hermione obiettò. "Comunque, io non vedo nessun cambiamento, tranne che nel colore dei suoi capelli." Il suo sguardo indugiò sulla figura del vecchio. "Il bianco le si adatta. Le dà un'aria molto più luminosa." Sorrise, sperando di aver detto quella bugia in tono convincente.

Snape la scrutò attentamente. "Lei è bellissima," disse.

Ecco, questo Hermione non se lo aspettava. "Il mio cuore si è ripreso," convenne guardinga. La sua salute ritrovata aveva imposto un terribile prezzo all'uomo che le stava accanto, ed un nuovo rimorso si era unito a quelli già esistenti nel suo cuore… motivo per cui si sentì spinta a continuare a parlare.

"I Guaritori del S. Mungo erano davvero stupefatti per il mio miglioramento, e così pure la mia famiglia. Volevano che restassi in ospedale per fare altri accertamenti, ma me ne sono andata appena ho potuto. Capirà, non potevo perdere tempo con esperimenti inutili, e non volevo parlare di lei." Fece una piccola pausa. "Purtroppo c'è stato uno sviluppo spiacevole: mia figlia ha raccontato di avermi trovata addormentata davanti alla Tomba Bianca." Si ritrovò ad usare un tono ironico suo malgrado. "Ho paura che finiranno per attribuire la mia guarigione ad un potere arcano manifestatosi improvvisamente."

"Un altro miracolo di Albus il Venerabile," convenne Snape, ma non c'era risentimento nella sua voce, sono una stanca accettazione e una traccia di sollievo.

Hermione si girò di scatto a guardarlo. "Ma è così ingiusto, Professore!" protestò. "LEI è il mio vero salvatore! E' stato terribile sentire tutte quelle sciocchezze e non avere il permesso di rivelare la verità."

"Grazie a Merlino, non ha parlato!" Snape ribattè. "Diventare famoso è l'ultima cosa che voglio. Pensa che potrebbe migliorare la mia vita? Crede forse che una gloria tardiva potrebbe ripagarmi per tutto quel che ho perduto?"

Hermone chinò la testa. Non c'era nulla che potesse rispondergli. Era arrivata traboccante di buone intenzioni, ma adesso quell'entusiasmo minacciava di abbandonarla. Le sue parole aveva risvegliato memorie dolorose per il vecchio mago, e lei aveva giocato una parte attiva in così tante di loro. Che cosa poteva rispondere davanti a quella amarezza?

I suoi occhi interrogarono muti le montagne, i campi e il cielo; lentamente, la loro remota serenità riempì nuovamente il suo cuore.

"Posso capire quello che sente," mormorò allora. "E' così bello qui."

Snape annuì mentre il suo viso austero si apriva finalmente in un'espressione simile ad un sorriso.

Sollevata, Hermione riprovò di nuovo.

"Per favore, potrei vedere le sue rose?"

Passeggiarono in mezzo ai fiori appassiti, risvegliando ad ogni passo nuvole colorate di farfalle che svolazzavano via freneticamente per poi posarsi subito dopo. Hermione contemplò quella rovina con un nodo in gola.

"Che cosa è successo?" domandò, anche se aveva già intuito la risposta.

"Le mie rose stanno morendo," rispose Snape, incrociando le braccia. "Come avrà sicuramente capito, non c'è più potere in me che possa nutrirle."

Hermione sentì un immenso rimorso. Non solo il mago aveva accorciato la sua esistenza per lei, ma aveva anche sacrificato quello che possedeva di più prezioso.

"Mi dispiace," mormorò.

"A me no," replicò Snape immediatamente. Poi, mentre Hermione lo guardava confusa, aggiunse seccamente, "Pensa che valuti le mie rose più della sua vita?"

"Ma questi fiori erano parte della sua anima." La voce le tremò e, imbarazzata, la donna si chinò a sfiorare un bocciolo sfiorito, battendo le palpebre per ricacciare indietro le lacrime.

"Le mie rose dovevano morire, come tutte le creature terrene," mormorò Snape. "Ma un giorno, nuove rose cresceranno al loro posto. E forse vivrò abbastanza da vederle fiorire di nuovo…"

Poi si interruppe, ed Hermione ne intuì i sentimenti inespressi. Il mago aveva vissuto per anni nell'illusione di una specie di immortalità; adesso, la sua improvvisa, inaspettata trasformazione aveva rovesciato quella possibilità, offrendogli i dolori sconosciuti di un corpo che invecchiava e l'angoscia di una fine sempre più vicina.

La prospettiva sembrava ancora più terrificante in quel piccolo angolo di paradiso dove la magia aveva domato la natura, facendo fiorire la valle in un'eterna primavera. Improvvisamente, le implicazioni di quest'ultima considerazione la colpirono profondamente, ed Hermione si girò a guardarlo.

"Come è riuscito a mantenere segreto questo posto?"

Snape sembrò imbarazzato.

"Come le dicevo, questa è una località molto isolata; forse il termine giusto potrebbe essere 'dimenticata'."

Hermione incrociò le braccia e si accigliò. Essere una madre ed una nonna aveva i suoi vantaggi: sapeva riconoscere facilmente una bugia.

"Dimenticata o no, non posso credere che lei sia vissuto qui per più di vent'anni senza che nessuno le capitasse mai tra i piedi. Che la si chiami coincidenza, destino o cattiva sorte, c'è sempre una possibilità di incontrare gente negli spazi limitati della nostra isola."

Snape distolse lo sguardo, mordendosi il labbro.

"Questo posto era Indisegnabile… fino ad un mese fa," ammise.

Hermione lo guardò senza capire. "E poi ha tolto l'incantesimo? Perché?"

Snape non rispose e, osservando la sua espressione imbarazzata, la donna comprese di colpo.

"Vuol dire che sperava che venisse qualcuno?"

"Non qualcuno," Snape rispose sommessamente. "Solo lei."

Quelle parole le riempirono il cuore di gioia immensa. Poi Hermione scosse la testa, frustrata e dispiaciuta per il tempo che avevano perso, un tempo che diventava sempre più breve per entrambi col passare dei giorni.

"Sarei potuto arrivare ben prima, se solo mi avesse fatto sapere. Perché ha voluto giocare a nascondino con me? Perché costringermi a vagare e a cercare per un mese intero?" lo rimproverò.

Snape strinse i pugni.

"La avverto: non le piacerà la mia risposta."

"Perché no? Non può essere peggio di un rifiuto!"

"No," convenne lui. "Non un rifiuto. Ma… amicizia è un termine così lontano nel tempo per me che ha praticamente perso ogni significato. I ricordi sono tutto ciò che mi è rimasto… e i ricordi feriscono e addolorano! Eppure, ho bisogno delle mie memorie per persuadermi che una volta ero vivo." Il suo tono si indurì, come se si stesse costringendo a proseguire. "Sono andato via quel giorno perchè dovevo sapere se quello che mi aveva raccontato era vero."

Gli occhi di Hermione si incupirono. "Allora avevo ragione: non mi ha creduto."

"No, non è questo. Ho lasciato un passaggio aperto per lei, ma mi ero già rassegnato a non vederla più."

Anche se sapeva quanto era stato profondamente ferito, Hermione si sentì offesa. La sua offerta era stata in qualche modo rifiutata, e la delusione la ferì crudelmente.

"Suppongo che mi abbia odiato per quello che è successo," considerò, e la sua voce si tinse d'amarezza.

"Questa è una sciocchezza," ribattè Snape.

"E' la verità. Ho accorciato la sua vita!"

"No, ha solo accorciato la mia condanna," la corresse, incrociando le braccia.

La notte aveva aperto le sue ali silenziose mentre parlavano, ed una brezza fresca aveva cominciato a spirare. La luna splendeva in cielo, indifferente nella sua pallida bellezza. Come ombre oscure avvolte da oscuri pensieri, nessuno dei due parlava più. Hermione sentiva bruciare di nuovo le lacrime sulle ciglia. Perché aveva reagito così aspramente? Era quasi come se fossero ritornati alle schermaglie dei giorni di scuola. Rabbrividì nel buio, e Snape lo notò.

"Fa freddo, ed è tardi," commentò col tono inespressivo che usava per nascondere le sue emozioni. "Sarà meglio continuare la nostra conversazione in casa." Diede un'occhiata alla luna ed aggiunse impulsivamente, "Le farebbe piacere cenare con me? Non sono un gran cuoco, ma penso che un po' di cibo la riscalderebbe prima della partenza."

Colta alla sprovvista, Hermione annuì senza neanche capire perché avesse accettato. Mentre tornavano verso la casa in silenzio, cercò freneticamente le parole per correggere, spiegare… scusarsi.

Quando arrivarono al cortile, Snape le chiese permesso e poi si fermò a radunare la capretta e le galline per chiuderle nei loro stabbi. Hermione non gli offrì il suo aiuto né lui glielo chiese; gli animali seguivano obbedienti i suoi ordini, e la donna ammirò i molti meccanismi ingegnosi che il mago aveva installato per compensare la sua crescente mancanza di forza e di agilità. Il lavoro manuale sembrava piacergli molto, ed Hermione notò che Snape non usava mai la magia se poteva farne a meno.

La casa era ordinata in modo commovente, austera nella sua semplicità, minimale ma gradevole. Snape osservò Hermione guardarsi intorno, ansioso e rigido mentre aspettava il suo giudizio. Poi la donna sorrise e lui respirò sollevato.

"E' molto che non ho ospiti," disse a quel punto. "Spero di non essere stato troppo precipitoso nella mia offerta. Ho paura che troverà la cena un po' leggera. Posso offrirle solo zuppa, formaggio e verdure. Ho rinunciato alla carne quando mi sono trasferito qui. Gli animali che ha visto sono i miei amici, non il mio cibo."

"Non si preoccupi," Hermione rispose, pronta a fare ammenda e a ricostruire la loro amicizia. "Quel che ha preparato andrà benissimo. Anche io ho cambiato i miei gusti negli anni."

Snape si avvicinò al focolare per controllare il calderone fumante. Hermione lo seguì con gli occhi.

"Questa è la zuppa," Snape spiegò, e intuendo la domanda inespressa, aggiunse, "Ormai creo pozioni solo per le mie piante, ma non qui in casa. Il mio laboratorio è in cantina."

Erano entrati in cucina e, risvegliato dalla voce del suo padrone, un gatto nero saltò giù dalla sedia dove aveva riposato sino a quel momento. Dopo un attimo di esitazione alla vista della visitatrice sconosciuta, andò a strofinare la sua testolina pelosa contro il vestito del vecchio mago. Poi alzò due occhi curiosi verso la donna e miagolò insistentemente. Hermione inclinò la testa con aria divertita mentre il gatto le girava intorno, arcuando la schiena contro le sue gambe in un'evidente richiesta di carezze. La donna non riuscì a resistere; accettando con grazia la sconfitta, si accoccolò per prendere l'animaletto tra le braccia. Il suono festoso delle fusa riempì l'aria.

Rialzandosi, col viso nascosto dietro il gatto, Hermione osservò l'uomo che aveva anelato di incontrare per così tanti anni. Snape sorrideva, il primo vero sorriso da quando era arrivata, e la stanza sembrò subito più luminosa.

Poi lo osservò preparare la cena. Le sue dita sceglievano e tagliavano le diverse verdure con movimenti precisi e aggraziati. Un flusso di memorie le invase la mente. Per un attimo, ebbe di nuovo dodici anni, e si trovò seduta in una fredda aula con un gruppetto di studenti spaventati mentre Snape spiegava il modo corretto di tagliare le radici di asfodelo. La visione era così vivida che rabbrividì. Il mago si girò a guardarla.

"Sente ancora freddo?" chiese, arcuando un sopracciglio. "Aggiungerò legna al fuoco."

"No," lo rassicurò Hermione. "E' solo che non mi piace star seduta mentre gli altri lavorano. Mi lasci almeno preparare la tavola."

"Ma non sa dove sono i piatti," obiettò Snape.

Hermione sorrise allegramente. "Ho amministrato una casa per più di cinquant'anni. Penso di potermela cavare con questo tipo di problemi. Inoltre, so con chi ho a che fare."

Snape sembrò sconcertato da questa frase sibillina, ma poi inclinò il capo in segno di consenso. Hermione aprì gli armadi. Tutto era ordinato come si aspettava, i piatti impilati vicino ai bicchieri, e le posate meticolosamente divise nei cassetti. Non c'era tovaglia però, e quando gliela chiese, Snape si scusò spiegando che amava il legno e gli piaceva sentirne la fibra sotto le dita.

Hermione lo ricambiò con un'occhiata di approvazione, e cominciò a disporre i diversi pezzi sulla tavola, facendo del suo meglio per creare una bella composizione. Il gatto nero l'aveva seguita con interesse tenendo ritta la coda, ed aveva persino tentato di arrampicarsi sul tavolo, evidentemente curioso di vedere cosa stesse facendo. Bestiolina impertinente! Lo acchiappò al volo e lo depose sul pavimento, rimproverandolo con lo stesso tono basso e divertito che usava con i suoi nipoti.

Quando ebbe finito con i piatti, continuò a guardarsi intorno, questa volta per cercare qualche decorazione, il tocco finale per celebrare quella cena così speciale. Alla fine, trovò alcune candele profumate su uno scaffale. Ne mise tre nel candeliere e le accese. La loro luce tremula disegnava ombre morbide e indefinite sui muri, creando un effetto piacevole. Hermione sorrise.

Era così assorbita nel suo incarico che non si accorse assolutamente dello sguardo intento con cui Snape la osservava.

La cena era finita, ma Hermione stava ancora aspettando qualcosa, e una strana sensazione di vuoto le faceva dolere il petto.

"Era tutto molto buono," lo complimentò. "Essere un grande pozionista ha sicuramente perfezionato le sue qualità di cuoco."

"Grazie, sono contento che la cena le sia piaciuta," Snape replicò. E scese il silenzio mentre entrambi si perdevano nei loro pensieri.

"Che cosa farà domani?" Hermione infine si decise a chiedere.

Snape sembrò sollevato al sentire quella domanda. "Oh, tante cose e nessuna in particolare. La normale routine. Ho i miei animali da nutrire e le mie piante da annaffiare. E poi ci sono le rose." Esitò. "Forse comincerò a sradicarle."

Hermione lo guardò con occhi increduli. "Vuol dire che le distruggerà tutte?"

Le labbra di Snape si curvarono in una piega amara. "Tutto è meglio che vederle morire giorno dopo giorno. Se ripulisco il terreno, posso piantare altre rose." Sospirò. "Anche se non sono proprio sicuro che cresceranno."

"Suppongo che sarà molto occupato, allora," la donna riprovò.

"Sì," Snape rispose brevemente, giocherellando con una briciola di pane.

Improvvisamente il gatto nero balzò in grembo a Hermione, che sussultò. Per un attimo, pensò di farlo scendere, ma era troppo affettuoso, così finì per sorridere e per accarezzargli la testa. Acciambellandosi confortevolmente nel suo grembo, il gatto cominciò a fare le fusa.

"Sembra che lei gli piaccia," disse Snape.

"La simpatia è reciproca," Hermione rispose, accarezzando pensierosa il piccolo animale. "Mi fa pensare a Grattastinchi. Se lo ricorda? Era il gatto che avevo a scuola. Ma il suo è molto più bello."

Snape assentì, ma tenendo la testa ostinatamente bassa. Il silenzio diventò insopportabile. Sembrava che non ci fosse più nulla da dire. Inghiottendo la delusione, Hermione mise giù il gatto e si alzò in piedi.

"Credo di dovermene andare, adesso. Grazie per l'invito. La cena era veramente deliziosa."

Le labbra di Snape si curvarono ancora di più verso il basso, ma si alzò cortesemente a sua volta e la accompagnò alla porta, anche se Hermione avrebbe potuto Sparire sul posto. Si fermarono per salutarsi.

"Grazie per la sua visita," disse Snape, continuando ad evitare il suo sguardo. "Immagino che la sua famiglia la starà aspettando."

"In effetti," Hermione disse lentamente, "non mi aspetta nessuno. Come le ho detto, vivo sola."

Aspettò ansiosamente, ma non arrivò nessuna risposta. Allora, lentamente, la donna aprì la porta e si girò a guardarlo, sperando che una parola potesse forse…

"Addio, signora Weasley," Snape mormorò, interrompendo le sue considerazioni e bruciando le ultime speranze. I suoi occhi si inumidirono e il cuore le si strinse in petto.

"Neanche adesso le riesce di chiamarmi soltanto Hermione?"

"Ho paura di essere troppo vecchio stile," Snape rispose con un piccolo inchino.

"Arrivederci, allora, Professore." Sentì le lacrime avvicinarsi pericolosamente, e girando la testa per nasconderle, Sparì con un soffice pop.

Il mago rimase fermo, guardando il cortile vuoto per alcuni lunghi attimi, incurante della brezza gelida e delle stelle che brillavano sulla sua testa. Poi rientrò in casa e si sedette al tavolo. Fissò uno sguardo assente sulle pareti per alcuni minuti; poi, con un lieve singhiozzo, chinò il capo poggiandolo sulle braccia incrociate. Lentamente, le fiamme nel camino si attenuarono. Il gatto miagolò ancora, sorpreso per l'immobilità del suo padrone, poi balzò di nuovo su una sedia e vi si acciambellò fluidamente.

Il silenzio riempì la casa.

Hermione osservò il soggiorno di casa sua. Che contrasto incredibile tra il comfort, addirittura il lusso dei suoi mobili, e la semplicità spartana del cottage di Snape! E adesso lui era lì da solo, triste e…

Si costrinse a non pensarci. Snape aveva rifiutato la sua amicizia. Che uomo cocciuto, irritante e insopportabile! Sicuramente lei poteva trovare qualcosa di meglio da fare…

Sì, non era un problema, decise tra sé e sé. Come sempre, un libro sarebbe stato il compagno più adatto per passare quella serata.

Snape sospirò ancora. Poi, notando che le fiamme stavano languendo, si rimise faticosamente in piedi per aggiungere legna al fuoco.

Nel silenzio della sua casa, Hermione gettò il libro sul tavolo e si alzò di scatto dalla poltrona. Quel che voleva fare non poteva aspettare un secondo di più.

Gli occhi di Snape si illuminarono, poi si fecero immediatamente guardinghi.

"Già di ritorno?" chiese, atteggiando il viso ad un'espressione ironica, anche se i suoi occhi erano desolati. "Ha dimenticato qualcosa, suppongo?" continuò ancora nello stesso tono, ma Hermione fu più veloce.

"Sì," rispose prima che la potesse interrompere. "Ho dimenticato di dirle una cosa, così sono tornata perché volevo dare un'altra possibilità all'uomo più cocciuto ed esasperante che io conosca."

Snape inclinò la testa con un sorriso sarcastico.

"Che impetuosità! Davvero Grifondoro!" cercò di nuovo di provocarla, ma fallì miseramente.

"Non cerchi di aggirare la questione," Hermione gli sorrise. "Sono venuta qui per offrirle la mia amicizia, ed è un'offerta sincera. Adesso tocca a lei decidere. Se la sua risposta è no, allora non tornerò più a trovarla."

Snape rimase silenzioso, ma i suoi occhi erano angosciati. Poi aprì le braccia in un gesto di resa.

"Non posso rispondere alla sua domanda," disse amaramente. "Non vede? Non ho nulla da offrire."

"Lei ha sé stesso. Ed è abbastanza per me." Hermione lo guardò e la sua voce si addolcì. "Adesso mi dica. Devo davvero andarmene?"

Snape non rispose. Hermione aspettò per un lungo momento, sperando con tutte le sue forze. Ma il mago non aprì bocca, e allora, rattristata, la donna abbassò la testa e si preparò a lasciarlo per sempre.

Poi udì un sussurro.

"Hermione."

L'aveva chiamata per nome, e il cuore le si riempì di gioia. Si girò a guardarlo.

Le labbra di Snape tremavano ed Hermione non potè resistere oltre. In due passi gli fu accanto e lo strinse teneramente tra le braccia. Come sembrava fragile!

"Severus," mormorò, sfiorandogli la guancia con la sua.

Snape stava tremando.

"Vuoi che resti con te?" Hermione chiese piano.

"Ti prego, non andartene," Snape supplicò, nascondendo il viso tra i suoi riccioli.

Hermione sorrise con profondo affetto, tenendolo stretto a sé.

"Ho già allevato una rosa. Ora sarò felice di aiutarti a far crescere le tue."


L'ispirazione per questa storia è venuta anche da due splendidi pezzi. Uno è una poesia, l'altro è una canzone. Qui sotto potete trovare entrambi.

La Felicità

C'è un'ape che se posa
sopra un fiore de rosa,
lo succhia e se ne va.
In fondo, la felicità
è una piccola cosa.

(Trilussa, poeta dialettale romano, 1871-1950)

Life is beautiful
(song from the Oscar-winner movie by Roberto Benigni)

Smile, without a reason why
Love, as if you were a child,
Smile, no matter what they tell you
Don't listen to a word they say
'Cause life is beautiful that way

Tears, a tidal wave of tears
Light, that slowly disappears
Wait, before you close the curtain
There is still another game to play
And life is beautiful that way

Here with his eyes forevermore
I will always be as close as you remember from before
Now that you're out there on your own
Remember what is real and what we dream is love alone

Keep the laughter in your eyes
Soon your long awaited prize
We'll forget about our sorrows
And think about a brighter day
'Cause life is beautiful that way
There's still another game to play
And life is beautiful that way.

  
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