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Autore: Sophja99    01/11/2016    6 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo sette

Passato

 

Silye rimase a bocca aperta di fronte a quella affermazione. Già era di per sé strano che quel ragazzo fosse a conoscenza delle sue visioni, ma... addirittura insegnarle a controllarle? Era serio?

«Come?» chiese perplessa e ancora diffidente.

«Te lo dirò dopo» disse, lasciandola ancora più confusa e con l'asciutto in bocca.

«Dimmelo ora!» trillò. Se era vero ciò che stava dicendo, voleva saperlo subito. Era stanca di quelle visioni senza controllo che ogni volta la facevano sentire fragile e impotente. Inoltre, erano solo d'intralcio mentre rubava ed era a contatto con le persone.

«No» ribatté perentorio. «Ci sono altre cose che devi apprendere prima.»

Silye stava per rispondergli per le rime, ma quelle parole così severe la bloccarono. Era come quando da piccola il padre la riprendeva per qualcosa: perché si faceva scoprire dalle persone che stava derubando o perché si faceva scappare una preda facile facendo troppo rumore. Odiava quando sucedeva. Lei aveva sempre voluto essere all'altezza delle sfide che Arild le presentava, pronta a scattare e vincere. Ed ora questo Vidar, poco più grande di lei, si permetteva di trattarla in questo modo, neanche fosse stato un suo genitore o il re in persona. Digrignò i denti, ma celò la sua rabbia sotto uno sguardo carico di freddezza. «Va bene» disse, suo malgrado.

Lui fece un'altra pausa e tornò a guardare il fuoco che emanava un piacevole calore. «Per anni si sono sentite storie su un mondo precedente a questo, in cui divinità e uomini vivevano in pace tra loro, insieme ad altre mitiche creature e specie, e che sarebbe stato in seguito distrutto per poi risorgere dalle sue ceneri. Tutte queste leggende, eccetto per alcuni particolari che sono totalmente prive di fondamento e che sono evidentemente opera di menti fantasiose, sono vere. Gli dei, la fine del mondo, la sua rinascita: tutto realmente accaduto» parlò lentamente, come per accertarsi che ogni singola parola pronunciata arrivasse forte e chiara nelle orecchie di Silye.

Lei rimase qualche attimo in silenzio, quasi a volersi assicurare che stesse dicendo sul serio, poi scoppiò in una fragorosa risata. Era più forte di lei; non riusciva a fermarsi. Per tutto il tempo lui rimase immobile con lo sguardo perso sul muro davanti a sé. Sembrava non si fosse neanche accorto che lei si stesse facendo beffe di quello che aveva detto. «Stai delirando. La neve deve averti fatto un brutto effetto» disse lei, quando riuscì a smettere.

«È una reazione più che normale, soprattutto per una come te» affermò tranquillamente.

«Puoi dirlo forte. E io che pensavo che mi avresti presa per pazza se ti avessi parlato delle mie visioni...» ridacchiò. «Tu sei completamente folle!»

«E tu sapresti dirmi qual è il confine tra la realtà e la pazzia? Non è già una cosa impossibile il fatto che tu possa prevedere il futuro delle persone solo toccandole?»

«Sì, però...» incespicò nelle parole. «Un conto sono le mie visioni, un conto è credere in sciocche storielle di paese.»

«E chi dice che non ci sia un fondo di verità anche nelle sciocche storielle di paese? Tutte devono essere state ispirate da qualcosa, un qualcosa che ha dato inizio alla catena di trasmissione che si è prolungata per anni e anni fino ad oggi.»

«Io... Non ci ho mai creduto.»

«Sei più cinica di quanto mi aspettassi.»

Quella frase le provocò un'ondata di irritazione. «Mi dispiace di aver deluso le tue alte aspettative.»

Lui non si girò verso di lei, ma Silye poté sentire un'impercettibile e breve risata provenire da Vidar. «Il mondo precedente era abbastanza diverso da questo. Vi vivevano moltissime specie, spartite in Nove regni: gli dei, gli umani, gli elfi della luce, gli elfi oscuri, i nani, i giganti di ghiaccio e quelli di fuoco. Con l'arrivo della fine del mondo, anticamente denominata Ragnarok, gli dei si scontrarono in una terribile lotta con l'esercito di Hel, l'allora divinità che era a capo del mondo dei morti, e di Loki, dio del caos, aiutati da altre creature potenti e temibili» la sua voce si incrinò. Sembrava si stesse preparando per quello che stava per dire, qualcosa per lui troppo doloroso. Poteva sentirlo nel leggero tremolìo della voce, non potendo vederlo in faccia. «Morirono tutti. Gli unici rimasti furono il più potente tra i giganti di fuoco, che incendiò i mondi, e gli dei destinati a sopravvivere e a rigenerare una nuova stirpe di divinità.»

«Una bella storia, non c'è che dire. Semmai deciderò di avere dei figli, me ne ricorderò e gliela racconterò ogni sera prima che si addormentino.»

«È tutto vero e credimi se ti dico che io sono una fonte affidabile, perché ho vissuto io stesso tutto ciò che ti ho appena detto.»

Silye strabuzzò gli occhi. Non poteva averlo detto. Si chiese se fosse solo uno svitato o un totale malato di mente.

«Senti, ora ne ho abbastanza con questi scherzi e queste stupidaggini. Ho cose più importanti da fare» disse, alzandosi e scrollandosi di dosso la polvere che ricopriva il pavimento della stanza e che le era finita sui pantaloni.

«Aspetta» affermò, tirandosi su a sua volta e guardandola negli occhi. «Toccami e lo vedrai te stessa.»

«Toccarti? Ora sto iniziando a pensare che tu sia anche un maniaco. Se non mi avessi salvato la vita, ti avrei buttato fuori da casa mia da un bel po'.»

Per un momento pensò di averlo offeso per averlo chiamato maniaco, ma lui in risposta le porse la mano. «Provaci. Tentare non costa nulla.»

Nonostante tutta quella storia le suonasse bizzarra e stupida, pensò che se gli avesse dato lo sfizio di tentare, senza che accadesse nulla, avrebbe potuto dimostrargli la pazzia di quella situazione e convincerlo a lasciarla perdere. Avrebbe dovuto solo accontentarlo. Eppure, esitò mentre tendeva la mano, perché una parte di sé aveva paura di quello che sarebbe successo, qualunque cosa sarebbe dovuta accadere.

Le sue dita toccarono il palmo morbido di Vidar e, proprio quando si era convinta che non aveva nulla di cui avere paura, una sensazione ormai tremendamente familiare la travolse. Intorno a lei ogni immagine e colore svanì, sostituito da una scena che rimpiazzò la capanna, il camino con il fuoco e il volto di Vidar e si fece sempre più nitida. L'unica cosa che continuava a tenerla ancorata nel mondo reale era la mano di Vidar che stringeva la sua, ma anche quel contatto si fece sempre più lontano, lasciando spazio a qualcosa che non aveva mai visto prima. Davanti a lei si andò a formare un campo di battaglia. Uomini combattevano contro esseri dalla pelle bianca e raggrinzita, che sembravano dei morti appena risorti dal terreno in cui erano stati sepolti, e strani e mostruosi animali, come una serpe gigante e un lupo. Quest'ultimo, in particolare, veniva contrastato da un uomo dai capelli e la barba lunghi e biondi con in testa un elmetto argentato decorato con due larghe ali ai lati e con in mano una lunga lancia. Vi era qualcosa in lui che le fece credere che non fosse umano. Forse lo capì dalla forza con cui si stava scontrando con il suo nemico o dall'importanza che traspariva dal suo aspetto vigoroso e da ogni particolare, come armatura, elmo e lancia. Si stava battendo con tutta la potenza che aveva, ma non sembrò bastare, perché in un momento di debolezza il lupo non esitò a sbranarlo come fosse un semplice osso. Fu come se il tempo si fosse fermato per un attimo; ogni altro combattente si prese qualche attimo per rendersi conto che quello che doveva essere stato un personaggio molto importante era morto. Non passò molto tempo prima che un'altra figura subentrasse come una furia nella scena, mentre l'animale era ancora impegnato a mangiucchiare la carcassa e la carne delle braccia dell'uomo. Mirava al lupo e sembrava non riuscisse a vedere nient'altro, solo il suo obiettivo. Non poteva sapere le ragioni per cui stese correndo in quel modo, ma indovinò che fosse una persona vicina all'uomo defunto. La scena si allargò, permettendole di vedere più da vicino gli eventi. Proprio quando il ragazzo aveva ormai raggiunto il lupo, Silye riconobbe con stupore le sembianze di Vidar dai suoi ormai ben noti capelli biondi. Con un balzo repentino si issò sul mostro e afferrò la lancia che era rimasta infilata nel corpo del lupo. Accortosi quest'ultimo della sua presenza, iniziò una lotta tra i due nemici. La bestia aveva una forza inaudita, ma nulla poteva contro quella del giovane, guidata da una furia che non si sarebbe mai aspettata di vedere nel volto sempre calmo di Vidar. Combatterono con violenza, ma la battaglia appariva ormai conclusa quando Vidar spezzò la mascella dell'animale, che si accasciò a terra per il dolore. Il giovane, con il viso attraversato dall'odio e da un disprezzo senza limiti, si posizionò all'altezza del collo della bestia ansante e sofferente e, alzata la lancia, la fece ricadere subito, spezzandogli la gola. Ciò che avvenne dopo fu un tripudio di fuoco che si espandeva sempre di più, bruciando tutto ciò che trovava sulla sua strada: alberi, villaggi, uomini, animali, montagne. Non sapeva da chi fosse stata provocata, perché i margini del campo visivo non le permettevano di vedere l'origine del fuoco, ma poteva immaginarne le conseguenze: ogni cosa era distrutta e intorno a lei non vedeva altro che fiamme di un rosso acceso e accecante. Rosso come il sangue versato.

Improvvisamente tutto si spense e sprofondò in una fitta oscurità, fin quando davanti a lei non tornò a formarsi il rassicurante marrone delle pareti. Si era accasciata a terra e intorno a sé sentì le rassicuranti braccia di Vidar stringerla in un abbraccio forte e protettivo.

«Cos'è successo? Che cos'era quello che ho visto?» sussurrò con voce flebile. Solo ora si rese conto di avere le guance umide. Aveva pianto. Si sentiva ancora travolta da mille emozioni contrastanti: odio, desiderio di vendetta, disperazione. Dovevano essere le medesime sensazioni che aveva provato Vidar nella sua visione.

«Ora pensa a calmarti» la cullò lui nella sua stretta ferrea.

«Sto benissimo» disse, quasi strappandosi le lacrime dalla faccia e liberandosi dalle braccia del ragazzo. Non era abituata a gesti così espansivi.

Lui prese una coperta e gliela appoggiò sulle spalle. Silye dovette combattere con l'istinto di togliersela di dosso. In fondo, le stava solo facendo un favore.

«Con le tue visioni puoi non solo prevedere il futuro, ma anche rivedere ricordi passati.»

«Quindi... Quelli erano ricordi. Tuoi ricordi. Ma... com'è possibile?» balbettò, stremata. Ogni volta che aveva quelle visioni, era come se prosciugassero parte delle sue forze, ma questa volta era stato diverso. Questa era stata molto più potente, molto più vera.

«Io ho vissuto nel mondo antecedente. Quando è avvenuto il Ragnarok, io c'ero, ho combattuto, come hai potuto vedere poco fa, e sono stato tra i pochi eletti a scamparlo. Io sono un dio.»

   
 
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