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Autore: Stephanie86    13/11/2016    1 recensioni
"La Salvatrice nel mio regno."
Emma trasalì. Un’altra coscienza si accostò alla sua. Ma non era come accostarsi alla mente di Lily, non era come guardare attraverso i suoi occhi. Quella coscienza era incredibilmente vasta. Era prepotente. Ed era potente. Sbirciò e frugò nella sua testa senza troppi riguardi.
"Chi sei? Cosa vuoi?", domandò Emma.
"Sono il padrone di casa, Emma." Di nuovo la risata. Una risata maschile, divertita e sprezzante. "Adesso sei nel mio regno. È un piacere. Ci incontreremo presto. Spero che il posto ti piaccia."

[Seguito della fanfiction The Lost Hero | Swan Queen, Swan Star + altri pairing]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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5

 
“Disperazione o follia?", disse Gandalf. "Non è disperazione,
perché la disperazione è solo per coloro che vedono la fine senza dubbio possibile.
Non è il nostro caso. È saggezza riconoscere la necessità
quando tutte le altre vie sono state soppesate,
benché possa sembrare follia a chi si appiglia a false speranze.
Ebbene, che la follia sia il nostro manto,
un velo dinnanzi agli occhi del Nemico!” 

[J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello]

 

 

 

Città di Smeraldo. Oz.

 

Fiyero spalancò le porte dell’aula riservata alla Sorellanza di Oz ed entrò precipitosamente, portando la notizia che Dorothy aveva lasciato il rifugio nella foresta.

- So già tutto, Fiyero. - rispose Glinda, in apprensione.

- Non sono arrivato in tempo, mi dispiace. - disse il principe dei Winkie.

- Sono io che avrei dovuto aspettarmelo. Ma Dorothy non aveva mai agito senza avvisarci. - rispose Glinda, massaggiandosi una tempia. - Dobbiamo muoverci. Fiyero, vorrei che radunassi i tuoi uomini. Mettetevi in marcia il prima possibile.

- Attacchiamo, quindi?

- Sì. Ma non per uccidere. Voglio che circondino il palazzo. Che portino in salvo chiunque siano in grado di portare in salvo. Io e le mie sorelle entreremo. Τu sarai con noi, Fiyero. L’incantesimo nell’ampolla che hai al collo inibirà i poteri di Zelena.

Fiyero sfiorò la catenella a cui era agganciata l’ampolla. Glinda fissò le sue sorelle, Locasta e Nessarose. Le Streghe sedevano intorno alla tavola rotonda posta al centro della grande sala. In mezzo ad essa, sfavillava un grande cristallo.

- Pensi di poter battere Zelena? - chiese il principe.

- No. - rispose Glinda, scuotendo il capo. - Ma forse riusciremo a contenerla. Abbastanza perché tu possa fare ciò che ti ho chiesto.

- Sarà rischioso. - disse Locasta, la Strega del Nord. La luce emanata dal cristallo creava strani riflessi sulla sua pelle scura ed incontrando la pietra bianca incastonata nel suo ciondolo. - Zelena se lo aspetterà. Un tempo riuscì ad ingannarci e ad esiliarti in quel luogo freddo e desolato.

- Sì, ma è un rischio che dobbiamo correre... se vogliamo aiutare Dorothy e permettere a Robin Hood di riprendersi la bambina.

- Non riusciremo a contenerla a lungo, Glinda. - intervenne Nessarose. - E poi che cosa intendi fare? Costringerla a collaborare? Zelena non lo farà mai, neanche quando avrà perso i suoi poteri.

- Ci penserò io a Zelena, dopo.

- Forse non abbiamo altra scelta. - continuò la Strega dell’Est, alzandosi e avvicinandosi a Glinda. Rifletté qualche istante, cercando di scegliere le parole più adeguate. - So che ti senti ancora in colpa per quello che è successo anni fa, ma Zelena è incontrollabile. Quello che ha fatto nel Quadling non si può perdonare. Dobbiamo avere... il coraggio di fare ciò che è necessario per proteggere Oz e il popolo.

Glinda sollevò una mano. - Non uccideremo Zelena. Non lo posso permettere.

- Lei non ci lascerà scelta, Glinda. Non vorrei arrivare a tanto... non sappiamo nemmeno se saremo in grado di... fronteggiarla davvero. Le abbiamo già dato delle possibilità...

- Ha una figlia, Nessarose. - le ricordò lei, con determinazione. “Una figlia.

- Quella bambina merita una madre che sappia proteggerla. E avrà sempre suo padre.

- Non risponderemo alla violenza con altra violenza. - replicò Glinda. - Non permetterò questo spargimento di sangue.

- Glinda. - Locasta si alzò. Sembrava combattuta. Fiyero sapeva bene che il temperamento di Locasta era più mite. Lei era la Strega Buona del Nord. Non era mai uscita una parola di troppo dalla sua bocca. Il suo bacio l’aveva protetto mentre portava il messaggio a Dorothy e la sua magia non era mai stata usata se non per aiutare, per salvare, per proteggere. Per fare del bene. Senza versare sangue. Ma quando era giunta la notizia del disastro del Quadling, persino Locasta aveva avuto dei dubbi ed era stata assalita da un moto di rabbia.

- Glinda. - riprese Locasta. - Io non desidero che venga sparso altro sangue. Ma io sono il Nord. E sono la giustizia. Quello che Zelena ha fatto...

- Perché la Strega dell’Ovest ha commesso questa crudeltà? Non vi sembra... troppo crudele persino per lei? - intervenne Fiyero, con circospezione.

- Che cosa volete dire? - domandò Nessarose.

- Ecco... mi avete parlato molto di Zelena e molte storie mi sono giunte alle orecchie. - Fiyero appoggiò le mani sul bordo della tavola. - So che è perfida. Lei... è così che si definisce. Ma... questo attacco mi sembra troppo... deliberato.

- Ovvio che lo è, principe Fiyero. - rispose Nessarose. - Zelena è folle. Ha perso la testa.

- Non aveva mai fatto nulla di simile, prima d’ora. Ha trasformato i suoi nemici in scimmie volanti, ha fatto dei prigionieri... qualcuno dice che ha imprigionato l’Oscuro Signore e l’ha usato per i suoi scopi...

- Ed è vero.

- Bene. Ma un attacco al Quadling? Una strage di innocenti? Invoco il vostro perdono, ma... non capisco. Non ha senso. Non è follia. Non è perfidia. È crudeltà. Una crudeltà degna del peggiore dei tiranni.

- Principe, non lasciatevi ingannare. Voi non avete davvero idea di cosa sia capace di fare per ottenere ciò che vuole. Glinda l’ha provocata e lei si è vendicata. - ribatté Locasta. Si era alzata, affiancando Glinda. Le mise una mano sulla spalla. - Faremo quello che possiamo. Ma dobbiamo prepararci al peggio. Dobbiamo avere il coraggio di fare una scelta drastica, se servirà a salvare Oz, Dorothy e noi stesse.

 

 
Oltretomba.

 

- Emma! – gridò Biancaneve, entrando al Granny’s con David. Si accostò alla figlia e prese il suo viso tra le mani. – Santo cielo, guarda che cosa ti ha fatto.

- Sto bene. – disse Emma, sorridendole a fatica. – Beh, diciamo che sopravvivrò.

Aveva appena detto una sciocchezza, perché lei era già morta. Non era sopravvissuta. Aveva evitato il Fiume delle Anime Perdute. Forse avrebbe evitato il Tartaro...

- Ho portato loro il tuo messaggio, ma non mi hanno dato retta. Avevi ragione. – disse Marian. – Non si danno per vinti.

- Non lo faremo mai. – disse David, attirando a sé la figlia per darle un bacio sulla fronte. Con delicatezza, per non farle male.

Henry abbracciò suo madre ed Emma lo strinse forte.

- Cos’è successo? – chiese Biancaneve. – Ci avete messo parecchio. Stavamo per venire a cercarvi.

- Ade... – disse Lily. Teneva ancora la mano di Emma nella sua. – Ha distrutto la barca. Tremotino... ci ha aiutati ad uscire dalle prigioni. Ha affrontato Ade, ma non è servito. E...

- E abbiamo perso Milah. – concluse Killian. – E qualcun altro... di molto caro.

Emma si sforzò di guardarlo, nonostante il senso di colpa. - La ritroveremo. Forse non è troppo tardi. Ma tuo fratello... non sareste dovuti venire.

- Non ricominciare, Swan. Non dirmi che non sapevi che saremmo venuti. – replicò Killian, fissandola senza traccia di rancore.

- Vi avevo detto di lasciarmi andare. – continuò Emma. Poi si girò verso Τremotino. – Ma ho saputo che non è stata solo un’idea folle.

- Già, no. – disse Regina. – Qualcuno è troppo innamorato del potere. Come sempre.

- Se desiderate, possiamo parlare di questo e potete anche cercare di uccidermi, ma credo che le priorità siano altre. – tagliò corto l’Oscuro. – Mi sbaglio?

- No. Diciamo che la tua condanna a morte è... – cominciò Killian.

- Annullata?

- Forse. Per ora. – gli rispose Regina. - Solo perché ci hai aiutati a recuperare Emma.

- Grazie, Regina. E chi mi ucciderà quando verrà il momento? Τu? O il capitano? – Si stava prendendo bellamente gioco di loro.

- Vedremo. Ora dobbiamo pensare al resto. – Regina guardò Emma. – Non sappiamo come uscire da qui, ma non lo sapevamo neanche prima. Ma la mia magia... funziona. Quindi possiamo dividere un cuore e quando troveremo l’uscita ce ne andremo.

- Aspettate. Dividere un cuore? - chiese Emma.

- Potrebbe funzionare. Al momento è l’unico piano che abbiamo.

Emma non era sicura che fosse un buon piano, ma annuì. Regina rivolse la sua attenzione al pirata.

- So che non vedete l’ora, Maestà. Quindi fatelo. Ma se potreste usare un po’ di gentilezza... – iniziò Killian.

Regina non usò nessuna gentilezza. Ritirò la manica della giacca e affondò la mano nel suo petto senza un minimo di riguardo. Gli strappò il cuore e strappò a lui un grido strozzato.

L’organo pulsava nella mano destra di Regina, rosso e solcato da ombre nere. Non perse tempo e lo divise in due parti uguali, come aveva fatto nella Foresta Incantata con il cuore di Biancaneve.

“Come sai che funzionerà?”

“Lo so. Io so... so che il mio cuore è forte abbastanza per entrambi.”

“Ma se ti sbagli... morirai.”

Regina spinse la metà di quel cuore nel petto di Emma.

Vi fu un lampo di luce bianca. Killian si piegò in due, portandosi le mani al torace e Regina venne spinta all’indietro, finendo addosso a Malefica, che la sostenne, prima che potesse cadere. Emma avvertì una fitta nel punto in cui avrebbe dovuto esserci il suo, di cuore. Le si offuscò la vista e si morse l’interno di una guancia a sangue per non urlare.

- Che diavolo è successo? – esclamò Lily.

- Interessante. – mormorò Τremotino, aggrottando la fronte.

- Regina, prova con il mio. – disse Lily, raddrizzando le spalle e aprendosi un po’ la giacca.

- No. – L’Oscuro sollevò una mano. – Non funzionerà comunque.

- Perché no?

- Perché non è il cuore il vero problema. Ne abbiamo un altro, temo.

 

 
Pochi minuti dopo, al cimitero, tutti stavano fissando le tre nuove lapidi disposte una accanto all’altra, vicino a quella più grande di Emma.

- Ade mi aveva chiesto di scegliere tre nomi. – disse lei. – Tre persone. Sarebbero rimaste intrappolate qui. Ma ovviamente ho rifiutato.

- Beh, ha scelto da solo. – osservò Malefica.

Regina Mills.

Biancaneve.

Lilith Page.

- Che cosa significa questo? – domandò David.

- Che non possiamo andarcene. – rispose Malefica. - Mi sembra chiaro. E dividere un cuore non aiuterà Emma.

Calò il silenzio.

- Grandioso. – commentò Tremotino, allargando le braccia. – Io ho trovato Emma Swan in poche ore. Voi, invece, siete riusciti a farvi mettere nel sacco.

Regina avrebbe voluto rispondergli per le rime, ma si limitò ad osservare la propria lapide con le mani affondate nelle tasche.

- Mi trovate al negozio. – disse Tremotino, allontanandosi.

Ad uno ad uno se ne andarono tutti. Era ovvio che non c’era niente che potessero fare, in quel momento.

Killian sostò là ancora per un po’.

- Ehi, non vieni? – domandò David. Gli strinse una spalla, amichevolmente. – Ne verremo fuori. Ci deve essere un’altra soluzione.

- Il mio nome non c’è.

- Come?

- Ade ha scelto tre nomi. Ma il mio non c’è. Eppure non ha funzionato.

David non aveva una risposta per lui. Scosse la testa. – Probabilmente Ade avrà fatto qualcosa per impedirci di portarla via, oltre ad incidere dei nomi su alcune lapidi. In ogni caso, non ce ne saremmo potuti andare lo stesso.

 

 
Città di Smeraldo. Oz.

 

Dorothy Gale avrebbe tanto voluto che zia Em fosse lì con lei.

Zia Em le avrebbe dato dei consigli. Le avrebbe suggerito che cosa fare. Di certo, non le avrebbe nemmeno permesso di entrare nel palazzo di Zelena da sola, con una balestra e una pozione del sonno come armi.

Bambina mia, almeno portati dietro quella guerriera e la ragazza-lupo, le avrebbe detto. Non pretenderai di batterti contro una strega da sola.

Che cos’hai in quella testa, ragazzina? Fango?, avrebbe replicato lo zio Henry. Lo ricordava, il marito della zia Em. Ricordava la sua faccia arrossata e un po’ burbera, la sua ispida barba grigia, gli occhi scuri e corrucciati sotto le sopracciglia cespugliose. Beh... l’occhio. Il destro. L’altro era strabico e fissava costantemente il vuoto. Il fucile, quello da cui non si separava mai. Così come lei non si separava mai dalla sua balestra. O da Toto.

Dorothy sbirciò il corridoio da dietro una colonna dorata. Scivolò accanto alla prima guardia.

- Ehi, novità?

L’uomo si girò, perplesso e lei lo stese con un po’ di pozione del sonno. Si afflosciò contro la colonna. Il soldato più vicino lo vide cadere e poi vide Dorothy. Aprì la bocca per dare l’allarme, ma lei lo raggiunse prima e gli assestò un cazzotto abbastanza forte da rintronargli nel cervello per tutta la notte.

...almeno portati dietro quella guerriera e la ragazza-lupo.

La ragazza lupo.

“Non possiamo seminarle.” Gli strilli delle scimmie volanti che stavano calando sul campo di papaveri riempivano loro le orecchie e avevano lo stesso effetto di unghie che sfregavano contro una lavagna.

“Certo che possiamo.”

“Come?”

“Τi fidi di me?”

Era proprio quello il punto. Fidarsi di qualcuno. Dorothy non si fidava di una persona da quando era morta zia Em. Non c’era nessuno di cui fidarsi. Lei proteggeva il popolo, faceva quello che poteva perché fossero al sicuro. Loro credevano nella ragazza venuta dal Kansas ciecamente. Ma Dorothy non aveva nessuno su cui contare. Ci aveva fatto l’abitudine ormai. E sopravviveva da sola.

Fino a quando Τoto non aveva sentito l’odore della lupacchiotta.

“Τi fidi di me?”

“Sì.”

Avrebbe potuto dire tutte queste cose a Ruby. Avrebbe potuto dirglielo come le aveva detto dei suoi genitori.

Ma non aveva avuto tempo. C’era stato solo il tempo di... avere paura.

Una guardia abbassò la lancia, sbarrandole il passaggio. Dorothy lo disarmò in pochi secondi e usò quella lancia per colpirlo in faccia e poi nello stomaco.

“Τi fidi di me?”

“Sì.”

Il tempo di avere paura della fiducia incondizionata che nutriva nei confronti di qualcuno che aveva appena conosciuto. Di quella strana vibrazione che aveva percepito quando l’aveva toccata per impedirle di annusare da vicino quei papaveri. E di quella sensazione... mentre la lupacchiotta le raccontava del suo villaggio che la inseguiva con i forconi, del ragazzo che aveva ucciso perché non era in grado di controllarsi. Una sensazione di familiarità. Come se non stesse solo conoscendo qualcuno, ma... lo stesse riconoscendo.

E Ruby voleva combattere per lei. Con lei. Contro Zelena.

No.

Scivolò nella grande sala appartenuta al Mago di Oz. Deserta.

Una trappola.

Lo sapeva. Lo fiutava. Anche se non era un lupo. Però andò avanti lo stesso. Avanti fino alla gabbia coperta. Τoto abbaiava.

“Ti fidi di me?”

“Sì.”

Dorothy scoprì la gabbia e vide che il cane stava bene. Più che bene.

Poi udì un vagito. Il vagito della bambina di Zelena. La culla era sistemata dietro il tendone verde, in mezzo a qualche giocattolo.

Zelena sbucò dal nulla e l’afferrò per il cappuccio della mantella. – Allora non sei solamente sciocca. Sei proprio una folle. E non impari mai.

Fulminea, Dorothy estrasse la pozione del sonno. Zelena la fece sparire e in un batter d’occhio essa fu nelle sue mani. Usò l’ago intriso di veleno dell’ampolla per pungerle un punto scoperto di pelle sul collo.

“Ti fidi di me?”

“Sì.”

Il mondo si spense e diventò nero.

 

Zelena toccò con la punta dello stivale il corpo inerme di Dorothy. Poi si chinò e prese le scarpette d’argento.

Un paio di soldati entrarono per dare l’allarme. Come se ce ne fosse stato bisogno.

- Lasciate stare, idioti. – disse la Strega. – Se fosse stato per voi, avrebbe dato fuoco al palazzo. Pensate a portarla nelle prigioni. E ricordatevi di nascondere l’ingresso. A breve avremo visite.

Loro non parlarono. Non lo facevano mai se non era lei a chiederlo espressamente. Però si scambiarono occhiate perplesse.

- Stanno per circondare questo posto. – spiegò Zelena, più annoiata che mai. - Glinda sarà in prima linea con le sue adorate sorelle. Vediamo quanto tempo resisterete là fuori con l’aiuto delle scimmie, prima che debba intervenire io.

I soldati si affrettarono ad eseguire gli ordini.

 

 
Effettivamente tutti gli uomini che Fiyero aveva potuto trovare erano stati schierati in modo da formare un semicerchio e attaccare la dimora della Strega dell’Ovest da più lati.

Tra quegli uomini c’erano Robin e la sua Allegra Compagnia, Mulan e Ruby, nonché dei volontari venuti dal Quadling e altri raccolti da Nessarose e Locasta, provenienti da Est e da Nord.

Le tre Streghe erano in prima linea, insieme al principe.

- Siamo pronti, Glinda. – annunciò Fiyero. Agganciata alla cintura, portava una spada, infilata in un fodero rosso, tempestato di argento. E aveva anche il suo inseparabile arco e la faretra piena di frecce. – Siete sempre sicura del piano?

- Lo sono. – rispose lei, senza esitazioni. – Andiamo avanti noi. Seguici, Fiyero.

Il principe si accinse a seguirle, ma prima si girò verso Robin. - Guardatevi sempre intorno, se potete.

- Dobbiamo preoccuparci di qualcos’altro? – chiese il ladro, sollevando un sopracciglio.

- Non saprei. È una sensazione. Forse non dovrei fidarmi delle sensazioni, non sempre mi hanno aiutato, ma... quando sono molto forti non posso farne a meno.

Poco più in là, Mulan osservava il palazzo di Zelena e un paio di scimmie volanti che schiamazzavano, girando in cerchio sulla sommità. Le luci verdi formavano colonne cilindriche proiettate verso il cielo. Non era ancora l’alba.

- Non ci sono molti uomini. Zelena è convinta di non avere nulla da temere. – disse Robin, affiancandola. Sulla sua fronte brillava il segno del bacio della Strega del Nord. Il bacio magico che doveva garantire una protezione. Anche Mulan e Ruby avevano quel segno.

- Già. – rispose Mulan. – Beh, una volta a Dunbroch le abbiamo dato del filo da torcere.

- Non ne dubito. – Robin sorrise. – Vieni avanti con me e con i miei uomini, quando attaccheremo.

Mulan aggrottò la fronte. – Non credo che a loro farebbe piacere.

- Capiranno. Mi fido delle tue capacità.

- Che strano. Non dovresti, considerando quello che è successo.

- Τutti commettiamo degli errori.

- Se ti riferisci al fatto che non sei riuscito a riconoscere tua moglie... credo che sia una cosa diversa. Zelena ti ha ingannato. Io non vi ho ingannati. – Mulan distolse lo sguardo per fissarlo sulle luci verdi. - Peggio. Vi ho messi in pericolo e poi me ne sono andata.

- Non parlo solo di Zelena. Parlo di... Marian. – Robin si rabbuiò. – È stata colpa mia... se è morta. Sono responsabile.

Qualcuno soffiò in un corno e il suono si espanse nell’aria, riecheggiando nei boschi di Oz. Era il segnale.

Ruby si destò dal proprio torpore, battendo le palpebre. La sua non era stanchezza. Era terrore. E non il terrore della battaglia. Era pronta a trasformarsi e a combattere con gli altri. Quello che la terrorizzava era ciò che avrebbero potuto trovare dentro al palazzo. Se Zelena era stata capace di portare a termine una strage nel Quadling, cosa avrebbe potuto fare a Dorothy?

Si immaginava le cose più tremende. E quella paura le gelava il sangue. Come se stesse per perdere qualcuno che conosceva da una vita intera.

Gli uomini si mossero verso il palazzo.

 

 
Oltretomba.

 

- Mettiti seduta. È giunto il momento di darti un’occhiata. – disse Regina, invitando Emma a sedersi sul divano del salotto degli Azzurri.

Emma sedette. – Non sei obbligata a farlo.

Regina non capì che cosa volesse dire. Con un gesto della mano curò tutte le sue ferite e sistemò anche la sua giacca di pelle rossa, che tornò ad essere come nuova.

- Ora sì che ti riconosco, Swan. – commentò Killian, cercando di stemperare la tensione.

Lily le sorrise e le prese la mano, ma Emma la sottrasse.

- Che cosa succede? – domandò Regina. – Perché ti stai comportando così?

- Perché siete venuti qui per portarmi via, ma non avreste mai dovuto. Non dopo quello che è successo a Storybrooke... e a Camelot. – Si alzò, voltando le spalle agli altri.

- Non sei stata l’unica a commettere degli sbagli, Emma. – disse David. – E se siamo qui è perché qualcuno... non ha rispettato i patti.

- Già. Tremotino. È una delle cose che Ade mi ha mostrato quando sono arrivata nell’Oltretomba. – replicò Emma. – Ma è troppo pericoloso restare qui. Dividere il cuore non funzionerà e non avete la minima idea di come tornare a casa! Avete lasciato persino Neal per salvare me...

- Neal starà bene. È con le fate. E c’è Belle ad occuparsi di lui. – disse Biancaneve. – E un modo per uscire da qui lo troveremo. Sistemeremo ogni cosa. Come sempre! Τi porteremo via con noi.

- Ma non capisci, mamma? È proprio questo, il problema. – Ora Emma sembrava furiosa. Aveva gli occhi lucidi e iniettati di sangue. - Mi sono lasciata guidare dalla mia rabbia e vi ho puniti. Vi ho costretti a fare cose che... non avreste mai voluto fare. Forse è per questo che non sareste mai dovuti venire.

- Che cosa intendi dire? – Lily guardò Emma e, alla luce rossastra che era parte di quel luogo, la Salvatrice appariva stranamente indifesa. – Che non vuoi andartene? Che vuoi restare morta?

- Non so che cosa voglio. – tagliò corto Emma.

Regina avrebbe tanto voluto prenderla per le spalle e scuoterla con forza. Voleva che tornasse in sé e che lo facesse subito. Non sopportava quello che vedeva nei suoi occhi. Confusione. Paura. Dolore. Regina credeva che se li avessi guardati troppo a lungo avrebbe visto tutto ciò che Ade l’aveva costretta a subire e non avrebbe retto.

Emma si infilò una mano in tasca, casualmente. E quando la estrasse aveva in mano un fiore appassito. Un giglio.

- È quello che ho messo sulla tua tomba. – disse Lily, appoggiando le dita sulla mano di Emma.

- Beh... a quanto pare, questo posto continua a riservare delle sorprese. Non pensavo potesse riservarne di belle. – rispose Emma. Sfiorò il giglio, che recuperò il suo vigore e sbocciò, bianco e profumato come quando l’aveva raccolto. Lo fissò, sorpresa.

Malefica le osservava, sorridendo. – Beh... qualcuno chiamerebbe questo... speranza.

Emma porse il fiore a Lily.

Regina, invece, distolse lo sguardo. Fu costretta a distoglierlo, perché c’era una parte di lei che non sopportava il magnetismo tra quelle due. Era come se, quand’erano vicine, il loro legame assumesse una forma concreta, manifestandosi davanti ai suoi occhi in tutta la sua forza. Regina avrebbe dovuto infischiarsene. La verità era che quel legame la innervosiva, la faceva sentire un’intrusa se guardava troppo a lungo.  

 

- Bene. – disse David, poco dopo. – Quello su cui dobbiamo concentrarci è Ade. Deve esserci un modo per sconfiggerlo.

- Sconfiggere una divinità ultramillenaria... sembra un gioco da ragazzi. – commentò Lily, sarcastica.

- Non lo è. Ma io so che esistono... beh, esistevano delle armi che potevano sconfiggere gli dei. – osservò Henry. – L’ho letto.

- Quali armi? – chiese Biancaneve.

- Beh, ad esempio... la lancia di Odino. Quella lancia colpisce sempre il bersaglio, anche se non prendete la mira. O il martello di Τhor... torna sempre dal legittimo proprietario, dopo essere stato usato. – Henry rifletté qualche istante, aggrottando la fronte in un modo che a Regina ricordò Emma, quando si concentrava su qualcosa. – O la folgore olimpica. L’arma di Zeus. Poi...

La mia penna, pensava, intanto. Se solo avessi la penna...

Lo sapeva benissimo che usare la penna per riportare in vita qualcuno o per cambiare gli eventi poteva avere delle conseguenze devastanti. Eppure continuava ad immaginare come avrebbe potuto usarla, se solo non l’avesse spezzata. Forse avrebbe potuto riportare tutti a casa, sua madre compresa. Avrebbe potuto scrivere qualcosa che riguardasse Ade e lo fermasse. La penna poteva fermare un Dio?

- Τutto questo è molto interessante, ragazzo. Ma non credo che ci serviranno, contro Ade. – lo interruppe Killian.

- Marian... sei qui da molto tempo... – disse Biancaneve, con delicatezza, come se emesse di toccare tasti troppo dolenti. – Hai mai... sentito niente? Niente che possa aiutarci?

- Sono quasi sempre stata in quel dannato labirinto, a fare compagnia al mostro di Ade. – rispose Marian, meditabonda. – E prima sono stata nelle sue prigioni... dove ho sentito parlare di un’uscita.

In realtà Emma si stava chiedendo come fosse possibile che Marian non avesse perso totalmente il lume della ragione a furia di scappare dal Minoauro, a furia di essere fatta a pezzi da lui, a furia di cercare un modo per venirne fuori. E passare oltre.

- Un’uscita? – domandò Emma, scuotendo il capo e scacciando quei pensieri.

- Già. Non so dirvi dove si trova. Ma sarà sicuramente sorvegliata da un’altra delle sue creature.

 

 
Città di Smeraldo. Oz.

 

Le scimmie volanti piombarono giù dal cielo, schiamazzando, verso gli uomini che avanzavano, compatti.

Gli arcieri di Robin mirarono e scagliarono le loro frecce. Alcune di quelle scimmie caddero, colpite alle ali o alle gambe. Altre riuscirono ad evitare la pioggia di dardi e a gettarsi su di loro, acchiappando qualche uomo e portandolo su in alto.

Ruby, in forma di lupo, si fece largo tra i soldati in divisa verde di Zelena. Robin e Mulan erano subito dietro di lei, ma non dovettero combattere molto. Il bacio della Strega del Nord, che brillava sulle loro fronti, rallentava visibilmente i nemici. Esitavano, come se vedessero qualcosa che non erano sicuri di voler colpire e, quando azzardavano un fendente con le loro spade, esso era incerto, facile da parare persino per un inesperto. Solo le scimmie non apparivano toccate da quella magia.

Molti si arresero e si inginocchiarono, chiedendo pietà.

Quando erano ormai a pochi metri dalle porte del palazzo, comparvero gli uomini in armatura nera, con il ciondolo verde appeso al collo.

- Sono gli stessi che hanno attaccato il Quadling! - esclamò un uomo delle Terre del Sud. Ma venne subito messo a tacere da una lama, che lo trapassò da parte a parte. L’essere in nero estrasse la sua arma con incredibile noncuranza e la sollevò, mostrando la spada insanguinata. Gli occhi, che potevano intravedere dietro all’elmo munito di cresta, erano scuri e vuoti.

- Questi non sono uomini. È magia. – disse Knubbin. Gli stava crescendo un bernoccolo sulla fronte e aveva un taglio proprio sotto un occhio. Sprigionò scintille arancioni dalle dita ed esse raggiunsero due soldati. Quelli caddero da cavallo, ma si rialzarono immediatamente, per nulla storditi dall’attacco. Il suo corvo, Heathcliff, era sparito. Forse aveva deciso che le scimmie volanti non erano qualcosa che voleva affrontare. Non con un occhio solo.

John abbassò la testa prima che un manrovescio gliela staccasse dal collo. Mulan parò il fendente e disarmò l’uomo che si era gettato su di lei, ma quello allungò le mani coperte solo dalla maglia di ferro. Afferrò la lama ed iniziò a tirare verso di sé. Mulan puntò i piedi, sconcertata dalla forza della creatura che si celava sotto l’armatura.

- Se è magia, come li fermiamo? – domandò Robin al mago.

- Mirate al ciondolo. La pietra verde che hanno al collo!

 

Dal palmo di Zelena sfrecciò, in direzione delle tre Streghe di Oz, un globo infuocato, fulmineo come una saetta.

La Strega dell’Est levò la spada che portava appesa al fianco. Era una spada lunga, con la lama azzurrognola, così sottile da penetrare tra una costola e l’altra, ma tanto robusta da squarciare una solida armatura. Il globo venne assorbito da essa.

- Oh, ma guarda, hai trovato un nuovo giocattolo! – esclamò Zelena.

- Possiamo ancora evitare tutto questo Zelena. – disse Glinda. – Ci sono degli uomini, là fuori, che stanno rischiando la vita. Richiama i tuoi soldati. E dicci dov’è Dorothy.

Fiyero avvertiva un peso al centro del torace, nel punto in cui ricadeva l’ampolla che conteneva l’incantesimo, quasi la magia stesse premendo per uscire. Impugnò l’arco ed incoccò una freccia.

- Odio la tua innata bontà e la tua inutile benevolenza, Glinda! Tutte cose che non aiuteranno la tua protetta, perché... ecco, credo che si trovi in una situazione troppo speciale. – Zelena mosse due dita verso destra e Fiyero venne catapultato verso la parete. – Inoltre... ti avevo detto di non mettere più piede nel mio palazzo. Che ne diresti di un altro esilio?

- Hai attaccato delle persone innocenti. Loro non c’entravano nulla, Zelena. Siamo qui anche per loro, non solo per Dorothy. – disse Locasta.

- Io? – Zelena gettò indietro la testa, ridendo. – Credi davvero che me ne importi qualcosa del Quadling? Quello che è successo laggiù non è opera mia!

Nonostante il colpo fosse stato duro, Fiyero se lo aspettava. Non era svenuto, ma rimase sdraiato per terra e intanto la sua mano sinistra si infilò sotto la giubba.

- Ti hanno vista, Zelena. – rispose Glinda. Avanzò di qualche passo. La Strega dell’Ovest la minacciò con una nuova sfera di fuoco.

- Sai, Glinda, io... mi guarderei intorno, se fossi in te. Le persone di cui ti fidi a volte riservano delle brutte sorprese.

- Non so di cosa tu stia parlando.

- Proprio perché sei un’idiota. E la tua innata bontà non ti permette di vedere che non sono l’unica strega perfida!

Schioccò le dita, facendo cadere il tendone verde. Dietro di esso, c’era la culla con la bambina. E uno specchio.

Glinda si vide riflessa in esso. E vide le sorelle alle sue spalle.

Gli occhi di Nessarose, la Strega dell’Est, risplendettero, rossi come braci incandescenti.

 

 
Oltretomba.

 

- Dov’è il tuo capo? – domandò Regina alla cameriera del Granny’s.

La ragazza non parlò, ma puntò l’indice verso il basso.

- No, parlo della Strega Cieca, non di qualche divinità. – precisò Regina. Con la coda dell’occhio notò qualcuno di sua conoscenza che tentava di passare inosservata, scivolando furtivamente lungo il corridoio per dirigersi verso l’uscita che dava sul retro del locale.

Ma era complicato passare inosservate quando aveva quella pettinatura, quei capelli bianchi e neri e una pelliccia così vistosa.

- Non importa. – disse Regina alla ragazza, seguendo la vecchia conoscenza. – Fermati, tu!

Crudelia si bloccò a metà del corridoio, reggendo la borsetta con due dita e maledicendo, forse per la millesima volta da quando era arrivata, quel posto e chi ce l’aveva spedita.

- Ciao, cara. – esordì Crudelia, che era tutt’altro che felice di vederla.

- Credo che tu possa aiutarmi. – disse Regina.

- Oh, davvero? Voglio dire... beh, certo che posso. Sono il sindaco.

- Ho bisogno di farti qualche domanda.

- Quindi vuoi fare due chiacchiere? – Crudelia sembrò pensarci su qualche istante. – Dato che riguarda la mia assassina non so se può interessarmi.

- Non riguarda solo Emma.

 

 
Poco dopo, Regina e Crudelia sedevano ad un tavolo, una di fronte all’altra.

La Strega Cieca aveva fatto la sua comparsa, decidendo di ripulire il bancone e animare il locale alzando la musica, qualcosa che Granny non avrebbe mai approvato. Aveva anche pensato di allietare i presenti cantando Girls Just Want Τo Have Fun di Cyndi Lauper, con una voce che superava i confini della stonatura per entrare nelle lande buie dell’esecrabile.

- Allora, Regina. Deve essere dura per te.

- Sì, con la Strega Cieca che mi urla nelle orecchie, lo è di certo.

- Mi riferisco a tutta questa faccenda della Salvatrice... se speri che io ti dia una mano a portarla fuori da qui... ti sbagli di grosso. – Crudelia le rivolse un sorriso smagliante. – A meno che tu non mi proponga un accordo interessante. Ma deve essere... estremamente interessante.

Regina non pensava fosse dura. Pensava fosse una follia, eppure era una follia che doveva portare avanti. Anche se ricordare gli occhi di Emma e il suo tono mentre diceva di non essere sicura di ciò che desiderava...  

- Devo trovare l’uscita. So che c’è.

- Certo che c’è, mia cara. Ma non è sempre nello stesso posto. E di conseguenza trovarla è quasi impossibile. Inoltre... non credo tu voglia incontrare una delle creature di Ade. Il guardiano delle porte...

- Guardiano? Che genere di guardiano?

- Il cagnaccio puzzolente con tre teste, ovvio. – Crudelia si lisciò la pelliccia, appoggiando la borsetta sul tavolo. – Cerbero. Così lo chiamano. Magari ci penserà lui a fare a pezzi Emma Swan.

- D’accordo, non mi aspettavo certo che fosse semplice. Dimmi se c’è qualcuno che conosce un modo per trovare queste porte...

- E come affronterai Cerbero?

- Non ne ho idea. Mi verrà in mente qualcosa!

- Te l’ho detto, cara, nessuno sa come arrivare all’uscita. E anche se riuscissi ad uccidere Cerbero, come porterai fuori la Salvatrice? Io credo che finirai nelle prigioni di Ade. Non è una bella esperienza... non che sia la cosa peggiore che possa capitarti...

Regina aggrottò la fronte. – E quale sarebbe la peggiore?

- Il gin. – rispose Crudelia. Lo disse con un tono incredibilmente serio e solenne. – Mio Dio, quanto mi manca il gin. Non se ne trova nemmeno un goccio, qui. Neanche al mercato nero.

Girls Just Want Τo Have Fun terminò e iniziò True Colors.

- E la voce della Strega Cieca, naturalmente. Quale tortura peggiore di questa? Di sicuro non era una cantante in un’altra vita.

Fortunatamente un uomo si avvicinò al bancone per essere servito e lei preferì utilizzare il suo naso per annusarlo piuttosto che la gola.

- Ma non credo che tu sia qui solo per... l’uscita, tesoro. – ricominciò Crudelia. - O per un cagnaccio sbavante. Cos’altro vuoi chiedermi?

- Devo trovare qualcuno.

- Usa la magia.

Regina tacque. Aveva già tentato con la magia. Che si era dissolta come uno sbuffo di fumo soffiato via dal vento. Riusciva a creare sfere di fuoco. Ma non a ritrovare qualcuno.

- Già. Quando si tratta di usare la magia diventa più complicato. Soprattutto quando devi... rintracciare un’anima. – sorrise Crudelia, fissandola con i suoi occhi azzurri come se sapesse tutto di lei e di ciò che cercava.

- Parlami delle lapidi. Non sono tutte uguali. Le ho viste. – tagliò corto Regina.

- No, mia cara. – Crudelia rifletté qualche secondo ancora, poi aprì la borsetta. – Ho una mappa del cimitero, se ti può interessare. Ho accesso a molte cose da quando sono diventata sindaco... oh, grazie alla sparizione di tua madre.

Regina non commentò e la osservò mentre dispiegava una vecchia mappa ingiallita davanti a lei.

- Vedi, questa è una mappa che riporta tutti i lotti del cimitero... solo che devi saper interpretare le lapidi. Ci sono... come dire... tre configurazioni. – Sembrava divertirsi un mondo. – Se la lapide è in verticale, significa che quella persona è qui in città. Se è rovesciata... significa che... beh, è passata oltre.

- Verso un posto migliore.

- Esatto. Persona felice, lapide poggiata. – Vi fu una pausa.

- E la terza opzione?

Crudelia ridivenne seria. – Se è spezzata... è un male.

Regina avvertì il gelo dilagare nelle sue ossa. – Un male? Vuol dire che è finita in un posto... anche peggiore.

- Già. Che sfortuna...

 

 
Emma si trovava nella camera da letto al piano superiore dell’appartamento dei genitori, quando Marian venne da lei. Era turbata.

Fu sul punto di fare una domanda completamente stupida ed inutile, ovvero Marian, come va? Oppure Come posso aiutarti?

- Ehi. – disse, invece, Emma.

Marian sorrise. Non sembrava solo turbata. Era molto preoccupata. Confusa. E sapeva di averci qualcosa a che fare. Nella sua testa, Marian era morta ben due volte. Non capiva qual era quella giusta. Qual era la strada che aveva percorso. Non sapeva che, in realtà, erano giuste entrambe. La seconda strada l’aveva tracciata lei, insieme a Killian, quando erano finiti nel passato. L’aveva tracciata lei quando aveva deciso di non lasciarsela alle spalle, ma di salvarla.

Peccato che non l’aveva salvata comunque.

David le raggiunse, portando un vassoio con una tazza piena fino all’orlo. – Ho pensato di portarti qualcosa... è un infuso. Era nella dispensa.

- Grazie, papà. – disse Emma.

David capì che era un momento delicato. – Ne preparo uno anche per Marian.

- Non è necessario. Sto bene così. – rispose lei, seccamente.

- Bene...

- Papà, puoi lasciarci sole? – chiese Emma. – Credo che Marian abbia bisogno di... qualche spiegazione.

Già. E come spiegare ad una donna morta da trent’anni che suo marito non era invecchiato quasi per niente e che suo figlio Roland era ancora un bambino? Come spiegarle il fatto che Regina fosse ormai dalla loro parte e, soprattutto... come spiegarle quello che c’era fra lei e Robin? Come spiegarle perché si era ritrovata in quelle prigioni con Killian e cos’era successo dopo che l’avevano liberata?

Marian sedette accanto a lei.

 

 
Città di Smeraldo. Oz.

 

Fiyero estrasse l’ampolla dalla giubba, ne tolse il tappo e lo lanciò con tutte le sue forze contro Zelena. La bambina prese a piangere e ad agitare i piccoli pugni. La sfera di fuoco che Zelena scagliò contro la Strega dell’Est venne catturata di nuovo dalla lama, che un istante dopo si trasformò in un altro oggetto. Glinda, voltandosi, lo vide risplendere di una potente luce bianca e azzurra, che la costrinse a ripararsi gli occhi con un braccio. La Strega del Nord si fece da parte, sconcertata dal potere emanato dall’arma di Nessarose.

- Che sta succedendo?! – gridò Locasta.

L’ampolla di Fiyero si era rotta e un sommovimento scosse ora l’intera sala. Un colonna cadde e si ruppe con fracasso, riversando il liquido verde all’interno sulle mattonelle dorate.

Un portale iniziò ad aprirsi.

Fiyero capì che qualcosa non aveva funzionato. Il contenuto dell’ampolla non avrebbe dovuto aprire nessun portale, ma solo lasciare la Strega momentaneamente senza poteri, abbastanza a lungo da dare loro il tempo di renderla inoffensiva e catturarla.

Con orrore, il principe vide la culla con la bambina che veniva risucchiata dalla forza del portale. Si mosse il più rapidamente possibile per afferrarla, pur sapendo che non ci sarebbe mai arrivato...

- La mia bambina! – strillò Zelena.

E infatti non ci arrivò. La neonata e la culla piombarono nell’enorme bocca che conduceva chissà dove e Fiyero fu tradito dal suo stesso slancio, precipitando con essa. Ebbe giusto il tempo di udire l’urlo di rabbia di Zelena prima che il mondo diventasse un’assurda girandola di colori. 

- La folgore olimpica. – mormorò Glinda, riconoscendo l’arma che la Strega dell’Est ancora stringeva.

Nessarose rivolse la folgore contro di lei. Zelena lanciò alle altre Streghe un’occhiata piena di odio, scagliò cinque globi di energia a casaccio e poi si tuffò nel portale.

Esso si richiuse subito dopo.

Un corvo nero gracchiò e andò ad appollaiarsi su una delle colonne rimaste, ma nessuno badò a lui.

- Che cosa stai facendo, Nessarose? – domandò Glinda, sollevando entrambe le mani. L’orrore sembrava rotolare attraverso di lei, serrando il suo cuore con gelidi artigli di ghiaccio e spremendolo. Cercava di pensare il più rapidamente possibile, ma era troppo sconvolta.

- Metto fine alla tua vita. – rispose Nessarose, con una nota di malvagità nella voce che la Strega del Sud non aveva mai udito prima. - Mi sembra ovvio. Ho aspettato anche troppo questo momento.  Dopodiché, metterò fine anche alla vita della paladina di Oz, se non l’ha già fatto Zelena.

- Dove conduce il portale?

- Credi davvero che te lo dica? – Rise. Un riso freddo che le fece accapponare la pelle.

Poi alzò la folgore olimpica, che scintillò, sinistra.

Locasta disparve in una nube argentea e ricomparve davanti a Glinda. Il potere dell’arma divina si riversò fuori sottoforma di due sottili folgori accecanti e centrò la Strega del Nord al petto.

Non vi furono grida. Il corpo di Locasta si inarcò all’indietro e i suoi occhi diventarono bianchi. Lentamente si afflosciò, cadendo ai piedi di Glinda.

Rimase solo un’immagine trasparente e azzurrata. Ma si dissolse in fretta.

- I sacrifici sono inutili. – disse Nessarose, osservando con aria indifferente la Strega del Sud che si chinava su Locasta. – Mi ha solo risparmiato un’ulteriore fatica.

Sollevò ancora la folgore olimpica.

Glinda urlò e le sue urla risuonarono ed echeggiarono laceranti attraverso quella sala dove ormai soltanto la morte regnava e si aggirava, mentre nella sua mente si scatenavano all’improvviso tutte le immagini più orrende: gli occhi rosso sangue della Strega dell’Est riflessi nello specchio magico, tutta quella malvagità di cui non si era mai resa conto, i cadaveri bruciati dei villaggi nel Quadling, le case in fiamme, i soldati in armatura nera...

Una gigantesca ombra assalì Nessarose alle spalle, gettandola a terra. Lei perse la presa sulla folgore, che scivolò lungo le mattonelle dorate. La cosa nera si dimenò con Nessarose, che gridò la sua rabbia.

Poi il posto si riempì di persone.

Glinda tenne lo sguardo fisso sul corpo di Locasta, incapace di formulare un pensiero coerente. Rimase così fino a quando non si sentì chiamare da qualcuno. Fino a quando non si accorse che il baccano era cessato. Allora rialzò lo sguardo, inebetito, l’urlo ancora vibrante in gola, e davanti a lei c’era un lupo con brillanti occhi gialli, un lupo enorme e ansante, che abbassò le orecchie e chinò la testa, annusando i capelli ricci della Strega del Nord, quella che aveva sparso baci sulle fronti perché fossero protetti.

- Dov’è mia figlia? Dov’è Zelena? Dove sono andate? – chiese Robin, setacciando il luogo con gli occhi.

- Vieni, Heathcliff. – disse Knubbin, con voce calma, stendendo il braccio. Il corvo lasciò la colonna dorata per raggiungere il suo padrone.

- Glinda. – Mulan le sfiorò la spalla con una mano. Con prudenza. - Glinda... dov’è Fiyero? È stata Zelena a fare questo?

- Io. – rispose lei, in un sussurro. Tirò su un po’ il corpo di Locasta, appoggiandosi la sua testa contro il petto.

- Cosa?

- Sono stata io a fare questo.

 

 
Oltretomba.

 

Regina non aveva idea di che cosa desiderasse.

Desiderava che Daniel stesse bene. Che fosse passato oltre. Che fosse felice in un posto migliore, un posto bellissimo e pieno di luce come quello che aveva accolto suo padre.

E voleva che fosse ancora lì, in quel limbo, per parlargli. Voleva vederlo, avere la possibilità di guardarlo ancora una volta negli occhi azzurri. Digli... non sapeva nemmeno lei cosa. O forse sì, lo sapeva. Chissà che cosa avrebbe pensato lui del perché si trovava nell’Oltretomba. Chissà cosa avrebbe pensato una volta saputo che stava facendo il possibile per riportare in vita qualcuno...

- Regina. L’ho trovato. – disse Biancaneve.

Si erano aggirate insieme per le tombe, seguendo la mappa di Crudelia. Regina aveva paura di incontrare la lapide giusta e... trovarla spezzata. Orribilmente spezzata e non semplicemente in verticale. Era sicura che se avesse visto quella crepa si sarebbe messa ad urlare. E avrebbe continuato ad urlare fino a quando Biancaneve non si fosse decisa a trascinarla via. Si sarebbe messa a gridare e avrebbe spaventato Henry, che era venuto con loro.

- Va tutto bene. Puoi guardare. – continuò Mary Margaret, rassicurante.

Regina guardò.

Sulla pietra tombale c’era scritto semplicemente DANIEL COLTER. Ed era...

- È poggiata a terra. – mormorò Regina, parlando soprattutto a se stessa. – Non è... qui.

- No. È passato oltre. – le disse Biancaneve, sorridendo. Non lo ammise, in quel momento, ma anche lei era sollevata. Aveva accompagnato Regina al cimitero perché sapeva quanto era importante per lei, ma anche perché ripensava a quella bambina, se stessa, manipolata da Cora, che rivelava qualcosa che mai avrebbe dovuto rivelare. Si sentiva responsabile. Anche se era solo una bambina, si sentiva responsabile. – È felice.

La lasciò sola sulla tomba di Daniel. Anche Henry si allontanò. In realtà, lui non era venuto solo per sua madre, ma anche... beh, per l’altra sua madre. Emma voleva restare sola. Aveva bisogno di riflettere ed era sicuro che non volesse troppa gente intorno, per adesso.

- Daniel... – disse Regina, sentendosi immensamente sollevata. – Sono felice che tu stia bene. Ma mi dispiace... di non averti potuto vedere.

Henry si infilò le mani in tasca, mentre osservava la madre da una certa distanza.

Poi qualcosa si mosse, dietro di lui. Un rumore smorzato. Furtivo. Ma sembrava fatto apposta perché lui lo sentisse. Sembrava... deliberato.

- Sei stato il mio primo amore e vivrai sempre nel mio cuore. – continuò Regina, posando una mano sulla pietra fredda. Non avvertì niente. Non fu come quando aveva toccato il nome di Emma inciso sulla lapide. C’era solo la consistenza della pietra. – Volevo assicurarmi che stessi bene.

Alzò la testa per cercare Henry... e lo vide vicino ad un salice. Si stava guardando intorno, come se qualcosa avesse attirato la sua attenzione.

Poi notò il bambino.

Era più piccolo di Henry e stava in piedi dalla parte opposta della lapide di Daniel. Il suo viso era terribilmente pallido, le labbra screpolate e violacee, i capelli sporchi e ritti sulla testa e una delle guance aveva un aspetto infossato, da vecchio.

- Che cosa...? – iniziò Regina.

Il bambino aveva tenuto una mano nascosta dietro la schiena, come se sesse stringendo un mazzo di fiori raccolti in un prato.

Quando gliela mostrò, Regina vide che non recava nessun mazzo di fiori con sé.

Le piccole dita erano avviluppate intorno all’elsa di un pugnale.

Come lui vibrò il colpo, Regina si ritrasse quasi meccanicamente e nonostante fosse sotto choc. La punta dell’arma urtò la pietra, provocando una piccola scintilla e scheggiandola poco sotto la D. Il bambino si ritrovò proiettato in avanti. Andò giù di peso, goffo ed emettendo un sibilo.

E prima che potesse rialzarsi, Regina aveva già visto gli altri.

Erano molto giovani. Alcuni potevano avere l’età di Henry, altri quella di Roland. Alcuni erano cadaverici, con i volti scavati, i capelli arruffati e i vestiti che non erano più vestiti ma stracci che cascavano loro addosso. Certe facce erano imbrattate, gonfie come se le avessero orrendamente straziate e poi rimesse insieme con rozza noncuranza. Un paio avevano delle lunghe cicatrici sulla gola. Ma i loro sguardi sembravano di marmo.

- Regina! – gridò Biancaneve, arrivando di corsa. Prese una freccia e la incoccò, scagliandola senza quasi prendere la mira.

Regina vide, con orrore agghiacciante, la punta che si conficcava nella schiena di un ragazzino. Quello finì in ginocchio sull’erba. Ansimò qualcosa, ma poi si rimise in piedi ed estrasse il proprio pugnale. Un altro fece schioccare una frusta.

Regina lanciò un globo di fuoco in mezzo a due di loro, come avvertimento. Si spostarono, urtando i compagni.

- Sì, uccidici, Regina Cattiva. – disse il bambino che aveva vibrato il primo colpo, sostando in piedi sulla lapide di Daniel. Tese una mano davanti a sé come per afferrare quella di Regina.

- Uccidici ancora. Uccidici come hai fatto tanto tempo fa. – riprese un secondo bambino, con voce stridula ed infantile, che le ricordò quella di Roland.

- Hai distrutto le nostre case. Hai ucciso noi e le nostre famiglie.

- Ti è piaciuto farlo, vero, Regina Cattiva?

- Sarai sempre la Regina Cattiva. Nessuno ti amerà mai davvero. Nessuno!

- Perderai tutto. Il tuo amore. Tuo figlio. Perderai...

Le frecce di Biancaneve piovvero in mezzo al gruppetto, a volte centrando i bersagli. Ma anche se venivano raggiunti dalle frecce, quelle non servivano a fermarli. Avanzavano, barcollando. Lenti, ma determinati. Con quelle facce spettrali.

Regina avrebbe potuto spazzarli via con un solo gesto della mano, eppure era raggelata. Il cuore le martellava nelle tempie più forte che mai.

- Regina Cattiva... hai paura? Hai paura di noi?

Poi si dissolsero. Regina batté le palpebre e un istante dopo i bambini erano svaniti. Si alzò un vento gelido, che sembrò penetrarle fin nelle ossa.

- Regina, stai bene? – chiese Biancaneve, trasecolata.

- Io... sì. Li hai visti, vero?

- Dove sono andati?

Non ne aveva la minima idea, ma le loro voci le rintronavano ancora nelle orecchie.

Un inganno di Ade, probabilmente. Un illusione creata apposta per lei. O erano reali? A lei erano parsi fin troppo concreti. Morti, furiosi e molto concreti. Vite spezzate.

“Sarai sempre la Regina Cattiva. Nessuno ti amerà mai davvero. Nessuno!”

“Perderai tutto. Il tuo amore. Tuo figlio. Perderai...”

- Henry... dov’è Henry? – chiese Biancaneve.

Regina guardò nel punto in cui suo figlio si trovava fino a poco prima, ma non vide nessuno. Il vento si fece più forte, piegando gli steli d’erba e le fronde degli alberi, sollevandole i capelli.

- Henry! – urlò Regina.

Non ottenne risposta.


   
 
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