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Autore: Ila_JL    14/11/2016    6 recensioni
Clexa Hogwarts AU
Piccolo esperimento (non so ancora quanti capitoli saranno) in cui Clarke e Lexa, insieme a tutti gli altri, saranno catapultati nel mondo di Harry Potter, precisamente nel 1979, gli ultimi e i peggiori anni del dominio di Voldemort durante la prima guerra magica.
Un periodo in cui bisogna scegliere tra ciò che è giusto e ciò che facile, tra seguire la famiglia o le proprie idee, tra proteggere gli altri o se stessi.
I personaggi di Harry Potter si mischieranno con quelli di The 100, che saranno comunque al centro della scena.
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Dal testo:
“Non lo sto considerando – la vedo chiudere gli occhi per quella che pensa essere l’ennesima batosta – lo so facendo. Avevi ragione, Clarke, avevi ragione su tutto. E finalmente ho capito. È la differenza fra l’essere trascinato nell’arena ad affrontare una battaglia mortale e scendere nell’arena a testa alta. Prima pensavo che non fosse una gran scelta, ma ora lo so, lo so, che c’è tutta la differenza del mondo"
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2
 
 
[Clarke]
Mi sveglio di soprassalto con la sensazione spiacevole allo stomaco di essere appena uscita da un incubo, anche se, fortunatamente per questa volta, non ricordo cosa ha disturbato il mio già precario sonno.
Intorno a me sento i respiri pacati delle mie compagne di dormitorio, quindi mi tranquillizzo capendo che è ancora presto, nonostante i primi raggi del sole di settembre penetrino timidi dalla finestra.
Mi godo questi istanti di pace, che in questo castello si presentano solo a quest’ora del mattino o durante le ronde di notte, quando però sono troppo concentrata e pronta a captare il minimo rumore sospetto per godermi il silenzio della scuola.
Con un mezzo grugnito esasperato affondo la testa nel cuscino quando mi tornano in mente le ronde. Quelle ronde che, grazie a un suggerimento della sottoscritta non passerò più in compagnia del mio amico d’infanzia, ma di niente meno che Alexandria Woods.
In cuor mio so che è la soluzione migliore e più sicura, giusto l’anno scorso il Caposcuola di Serpeverde ha gentilmente schiantato quello di Tassorosso per permettere ai suoi compagni di dormitorio di uscire e aprire la strada ai Mangiamorte.
Sento un brivido al ricordo delle conseguenze di quel “piccolo avvertimento” del signore Oscuro, che è costata la vita di un ragazzo innocente che si trovava solamente al posto sbagliato al momento sbagliato.
Non avevo rapporti con Atom Dixon, eppure la sua perdita mi ha toccata nel profondo.
Forse perché è stata la prova tangibile che Hogwarts, come il resto del mondo magico, non è più un posto sicuro.
Ma quest’anno sarà diverso, almeno per quanto posso permetterlo. Mi assicurerò che i Serpeverde non provino a rovinare di nuovo questo già precario equilibrio. Non senza combattere, almeno.
Tuttavia non so cosa aspettarmi di Alexandria Woods: non ho mai avuto molti rapporti con lei.
Certo è una Serpeverde e la sua famiglia è spudoratamente dalla parte di Voldemort, eppure lei non si è mai schierata.
È come se fosse.. al di sopra di queste cose, delle scaramucce che ora sembrano sempre più vere battaglie tra noi Grifondoro e i suoi compagni di dormitorio.
Eppure sento la frase che mi ha rivolto sul treno rimbombarmi nelle orecchie:
“Ho le mani legate, Clarke”
E rimpiango di non essere riuscita ad afferrarla per farla voltare e cercare di interpretare quelle sue parole guardandola negli occhi. Chissà cosa ci avrei trovato, rabbia forse? Oppure rassegnazione?
Oppure.. e quasi mi sembra stupido pensarlo… oppure paura.
Quella stessa paura incondizionata che credo di aver visto quella sera stessa mentre stringeva a sé con disperazione suo fratello. Paura ben celata dietro un’ostentata sicurezza e un forte abbraccio. Eppure era lì che premeva per uscire.
La stessa paura che invece Aden non è riuscito a celare e ha lasciato trapelare.
Da quel momento non riesco a smettere di chiedermi quale segreto custodiscano i fratelli Woods.
Capisco che per una famiglia filo-Voldemort avere un figlio a Grifondoro di questi tempi non sia la cosa migliore che possa capitare, ma sembrava che ci fosse qualcosa di più nascosto in quell’abbraccio, come se lei volesse proteggere suo fratello da qualcosa di più profondo, di più.. pericoloso.
Mi chiedo se saprò mai scoprire i misteri di Alexandria Woods.
 
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La colazione del venerdì mattina è sempre un momento particolare in Sala Grande.
La stanchezza della settimana in procinto di finire si mischia con l’eccitazione per il week end, ed essendo questo il primo dell’anno scolastico, si sentono bisbigli per tutte le tavolate, mentre gli studenti decidono le attività dei prossimi giorni.
Io sono seduta tranquillamente in mezzo ai miei amici, mentre sorseggio il mio caffè leggendo la Gazzetta del Profeta.
Anche se ormai è all’ordine del giorno, è sempre un colpo al cuore leggere delle famiglie babbane assassinate, di attacchi di dissennatori e di giganti, di auror feriti o uccisi..
Chiudo il giornale quasi di scatto, quando sento una voce chiamarmi:
“Griffin”
È l’improvvisa tensione nell’aria accanto a me che mi porta ad alzare gli occhi verso l’intruso, solo per specchiarmi nello sguardo verde e distaccato di Alexandria Woods.
“Che vuoi Woods?” chiede secco Bellamy al mio fianco.
Lei non gli rivolge nemmeno lo sguardo, che continua a tenere inchiodato al mio, mentre mi porge una pergamena sigillata.
Sposto lo sguardo sulla sua mano, mentre afferro automaticamente il foglio.
“Sono i turni delle ronde dei Caposcuola – mi spiega mentre rompo la ceralacca e spiego il rotolo – ho incontrato la McGranitt sulla strada per la sala Grande e mi ha dato quelli di tutti e quattro, ho già dato gli altri a Jaha e Vie.”
“Grazie.” Le dico osservando l’elenco.
Perfetto, io e lei iniziamo stasera…
“A stasera, allora, ci vediamo nella sala d’ingresso” mi sento infatti dire, e non faccio in tempo a rispondere che ha già voltato le spalle per andarsene.
“Ancora non riesco a farmi piacere il fatto che farai le ronde con lei, Clarke” dice Raven a voce abbastanza alta per farsi sentire da lei, che tuttavia continua a camminare verso il suo tavolo.
“Esatto, sono d’accordo con Raven, che fine hanno fatto le sane vecchie ronde con Wells?” interviene Octavia dando man forte a Raven.
“Non possiamo permettere che i Serpeverde si prendano troppe libertà. È la cosa più sicura per tutti.” Taglio corto io alzandomi dalla panca.
“Io non sono d’accordo.” Dice un'altra voce, che ha il potere di congelare l’aria più dell’apparizione di Lexa.
In un attimo Bellamy, Raven e Octavia sono di fianco a me con fare protettivo.
“Beh, Finn, quello che pensi tu non ha alcun valore, quindi non vedo il motivo per cui ti debba intromettere.” Sancisco fredda, mentre comincio a incamminarmi verso la porta.
“No Clarke, tu mi devi ascoltare.” Interrompe Finn raggiungendomi e afferrandomi un braccio.
La stretta non è forte, ma decisa e gli occhi di Finn mi pregano di starlo a sentire, con quello sguardo che ormai mi rivolge da mesi.
Sono bloccata, ma è Raven a togliermi da questa situazione.
“Lasciala subito.” Quasi ringhia, puntandogli contro la bacchetta.
Bellamy è accanto a lei nella stessa posizione.
Tolgo il braccio dalla sua presa mentre sospiro.
“Lascia stare Finn, è meglio per tutti. Non hai alcun diritto di dirmi cosa devo o non devo fare.”
Lui non si muove più, limitandosi a osservarmi impotente.
Octavia mi passa un braccio sulle spalle rassicurandomi.
“Andiamo Clarke, stiamo attirando fin troppa attenzione.”
Mi guardo intorno costatando che ha effettivamente ragione, perché alcuni ragazzi seduti ai tavoli si sono fermati a guardare cosa stava succedendo.
Aumento il passo verso l’uscita sentendo un improvviso bisogno d’aria, quando i miei occhi incontrano quelli di Alexandria Woods seduta al tavolo Serpeverde.
Non so come, ma capisco che ha assistito a tutta la scena, e ora mi sta osservando con uno sguardo indecifrabile, che io ricambio fino a quando sto per oltrepassare l’ingresso della Sala Grande.
Mi chiedo se abbia trovato qualcosa nei miei occhi, perché io non ho idea di cosa ci sia nei suoi.
 
 
*.*.*.*
 
[Lexa]
Osservo la scena con estrema attenzione, anche se ad un occhio poco attento potrebbe sembrare pura indifferenza.
Quando vedo Collins afferrarle un braccio sento una stretta allo stomaco che non so spiegarmi.
Curiosità, suppongo. Curiosità di sapere cosa può essere mai accaduto per rendere così tesi i rapporti tra quella che tutti definivano la coppia migliore di Hogwarts dopo James Potter e Lily Evans.
Lui, affascinante, con un sorriso accattivante sempre abituato a spostarsi indietro i capelli troppo lunghi dal viso, sguardo penetrante e giocoso allo stesso tempo, che ora appare acceso solo da una luce folle di disperazione.
E lei.. beh lei è Clarke Griffin, e anche con quello sguardo rassegnato e le occhiaie pronunciate sul viso pallido resta comunque indescrivibile.
Quando il suo sguardo si posa sul mio, mentre cammina verso l’uscita, mi limito a ricambiare e non posso fare a meno di pensare che nonostante tutto, quella scintilla che accendeva il suo sguardo animandolo di entusiasmo deve ancora essere lì da qualche parte, pronta per tornare fuori da un momento all’altro.
 
 
Le lezioni del settimo anno sono interessanti, ma sono comunque contenta che siano finite, per questa settimana.
Mai come oggi sono contenta di avere l’abitudine da ben sette anni di recarmi in biblioteca nonostante sia venerdì, perché questo mi permette di allontanarmi dai miei compagni di casa senza destare troppa curiosità, mentre loro si dirigono verso i dormitori o all’esterno per godersi l’inizio del week end.
Così cammino velocemente nei corridoi ed entro nella biblioteca, che come sospettavo è quasi vuota. Individuo subito la testa bionda china su un libro sul tavolino più lontano e un sorriso mi nasce quasi spontaneo sulle labbra.  Mi avvicino silenziosamente e quando sono esattamente di fianco a lui sussurro:
“Un grifondoro in biblioteca di venerdì pomeriggio, questa sì che è una strana novità.”
Aden sussulta sorpreso e sembra quasi scocciato per i contenuti della mia frase, ma quando mi vede i suoi occhi si colmano di sollievo.
“Lexa!” esclama “Sei venuta!”
“Certo che sono venuta, cosa ti aspettavi? Vengo qui da sette anni e ora che posso condividere questi momenti con il mio caro fratellino Grifondoro non me li perderei per nulla al mondo.” Dico con un ghigno.
In realtà ho bisogno di sdrammatizzare, di elaborare questa questione del suo smistamento con il sarcasmo, perché altrimenti non saprei come fare.
Ovviamente Aden non sa niente della lettera di nostro padre, ripiegata in un libro nella mia borsa che in quest’istante sembra pesare il doppio.
Con nonchalance mi sfilo la borsa dalla spalla, appoggiandola per terra e prendo posto davanti a lui, mentre lui riprende a parlare con una smorfia.
“Beh, il tuo caro fratellino Grifondoro oggi ha fatto guadagnare ben 5 punti alla sua casa per essere riuscito a rispondere a una domanda sui bezoar di Lumacorno.”
Parla con tanto orgoglio e felicità nell’aver ottenuto un risultato in autonomia che la risposta sagace che sto formulando mi muore in gola, e devo mandarla giù insieme a un nodo di emozioni, mentre addolcisco lo sguardo e mi allungo per prendergli la mano sul tavolo.
Lui sembra capire il mio gesto e ricambia la stretta senza dire nulla.
Un istante dopo mi schiarisco la gola, torno composta e gli sorrido sorniona.
“Allora come va la vita dalle parti del settimo piano?”
I suoi occhi si illuminano mentre si tira dritto sulla sedia e inizia a parlare a macchinetta.
“Oh Lexa, la sala comune dei Grifondoro è bellissima, è così calda e accogliente, ci sono dei divanetti e delle poltrone morbide davanti al camino, i ragazzi più grandi organizzano partite di Sparaschiocco e Gobbiglie. La signora grassa nel quadro è sempre molto simpatica e chiacchiera sempre un po’ prima di aprirsi con la parola d’ordine, mi fa sempre piacere, a parte quando si mette a cantare, è ovvio. Lì diventa un po’ inquietante. “ Si interrompe con una smorfia, ma poi continua imperterrito.
“Anche il dormitorio è bellissimo, Lexa, dovresti vederlo. Ci sono tanti letti in cerchio e io ho quello vicino alla finestra e sono fortunato perché la sera prima di dormire rimango sempre un po’ a guardare il panorama fuori.”
“Ehi frana un attimo, piccoletto.” Lo interrompo divertita dalla sua eccitazione. “Puoi anche prendere fiato, sai, non fa mai male respirare un po’”
Lui mi guarda con un sorriso angelico.
“Lo so Lexa, ma è così bello. Vorrei solo..” e si ferma guardando verso il basso. “Vorrei solo che tu fossi lì con me.” Conclude mestamente.
Il cuore mi si stringe davanti a questa scena, ma reagisco nel solo modo che conosco.
“Oh non ne sarei così tanto sicura se fossi in te.” Vedo che rialza gli occhi per incontrare il mio ghigno. “Avrei iniziato a raccontare a tutti di cosa facevi da piccolo e di quella volta che per scappare dal cane dei vicini ti sei arrampicato sul ramo dell’albero in giardino e non riuscivi più a scendere. Chissà se il cappello parlante avrebbe cambiato idea sul tuo presunto coraggio se l’avesse saputo…”
Lui mi guarda ora con una faccia terrorizzata che mi fa quasi scoppiare a ridere, poi si ricompone come se nulla fosse.
“Sai, Lexa, credo che sia un bene che ci siano sette piani e i sotterranei a dividerci, in fondo.” Dice con aria da grand’uomo, ma vedo sotto la finta sicurezza che ostenta, la stessa patina di tristezza di poco fa, così cambio di nuovo argomento.
“Non importa, tanto i tuoi nuovi amici scopriranno da soli qualcosa di imbarazzante su cui prenderti in giro, a proposito, hai conosciuto qualcuno di abbastanza simpatico?”
I suoi occhi si illuminano di nuovo e io tiro un sospiro di sollievo mentre lui ricomincia a parlare a tutta velocità su quanto sia intelligente un certo Derrick Scott, della simpatia di John Price e della gentilezza di Christine Bell.
Mi accomodo meglio sulla sedia e sorridendo lo ascolto raccontare.
 
 *.*.*.*
 
Questa volta Octavia mi sente.
Ho rinunciato a una sessione di studio con Wells che mi avrebbe permesso di potermi godere il sabato senza la preoccupazione dei compiti, per aiutarla con gli incantesimi non verbali, ma ora non riesco a trovarla da nessuna parte.
L’ho aspettata per venti minuti in sala comune, ma ora scocciata sto andando a cercarla.
Cammino per il parco diretta al campo di Quidditch, il posto dove c’è la probabilità più alta di trovare Octavia Blake dopo il suo letto, dove, per inciso, ho già controllato che non ci fosse.
Sto camminando a passo di marcia quando vedo un gruppo di ragazzi seduti sotto un albero, e riconosco il taglio di capelli di Finn.
Vedo uno dei ragazzi con lui attirare la sua attenzione e indicarmi, ma prima che lui riesca ad alzarsi e ad avvicinarsi a me, io aumento drasticamente il passo cambiando destinazione, dirigendomi verso il primo luogo sicuro dove so che non mi seguirà.
Arrivo davanti alla porta della capanna di Hagrid senza fiato, e busso forte pregando che il guardiacaccia sia in casa.
La grande porta si spalanca e il mezzogigante si apre in un sorriso smagliante vedendomi sulla soglia.
“Clarke! Ce l’hai fatta a venirmi a trovare, entra, preparo una tazza di the.”
Io gli sorrido di rimando, tirando un sospiro di sollievo.
“Grazie Hagrid” dico mentre mi siedo al tavolo.
“Allora Clarke? -  inizia lui mentre smanetta con il bollitore – tutto bene le vacanze? E il ritorno a scuola? Caposcuola eh, lo dico sempre io che Silente è un uomo saggio.”
Il bello delle conversazioni con Hagrid è che non sono particolarmente impegnative: il guardiacaccia comincia a bombardarti di domande, genuinamente interessato e a te basta rispondere con qualche parola, da cui lui trae le sue conclusioni.
“Beh – gli rispondo – stiamo a vedere cosa combinerò quest’anno, prima di dire che Silente ha fatto una mossa saggia dandomi la spilla.” Gli rispondo con un sorriso malandrino.
Il mezzogigante scoppia a ridere, avvicinandosi al tavolo con un grosso bollitore.
“Non dire così, Clarke, non sei una cattiva persona, a volte hai infranto qualche regola, ma hai un gran cuore.” Conclude strizzandomi l’occhio e versandomi un po’ di the nella tazza.
“E dimmi -  prosegue – come sta tua madre? Mi sembra ieri che veniva qui a trovarmi lei!”
Io stringo più forte la tazza, con un improvviso cambiamento di umore.
“Beh.. lei sta bene, o almeno ci prova..” L’omone davanti a me mi guarda con uno sguardo dolce, che contrasta con la sua stazza.
“Si è buttata sul lavoro sai, è sempre molto disponibile per me, ma non è più la stessa cosa da quando…”
Mi fermo perché nonostante sia passato un anno e mezzo è ancora difficile parlarne.
“In ogni caso io e Raven ci siamo date da fare quest’estate, e ce la siamo cavata bene direi” concludo con un mezzo ghigno cambiando argomento.
“RAVEN! Anche lei dovrebbe proprio venire a trovarmi! Come sta? Ne combina sempre qualcuna delle sue?” Mi chiede, accettando il mio discorso, ma guardandomi con un’aria comprensiva.
“Beh, Raven è sempre Raven…”
E il pomeriggio continua su questi toni leggeri fino all’ora di cena.
 
 

Sto riattraversando il parco verso il castello già illuminato con lo stomaco che mi brontola, quando sento un rumore di rami spezzati al limitare della foresta alla mia sinistra.
D’istinto ho già la bacchetta in mano.
“Lumos” sussurro per vedere meglio tra i cespugli.
Dalle fronde esce nientemeno che Octavia Blake, in tutto il suo splendore.
“Ehi, abbassa quella bacchetta, mi stai accecando” dice coprendosi gli occhi con una mano.
“Cosa diamine ci fai qui fuori O?” quasi gli urlo in faccia preoccupata.
“CLARKE?!” esclama lei riconoscendomi. “E tu cosa ci fai qui?”
“Te l’ho già fatta io questa domanda, O, e comunque io stavo tornando al castello dopo un the con Hagrid, di certo non ho infranto nessuna regola, al contrario di te.”
“Allora è una fortuna avere per migliore amica la Caposcuola eh” mi risponde lei con un ghigno. “Comunque avevo un appuntamento e ho perso la concezione del tempo.”
In quel momento mi torna in mente che questo suo appuntamento misterioso ha fatto in modo che io perdessi tutto il mio pomeriggio a cercarla.
“Tu!” la accuso immediatamente puntandole addosso il dito.
“Si, pensavo avessimo superato questo punto. – mi dice lei indisponente – sono Octavia Blake, la tua amica e sono qui fuori. Che ne dici se torniamo dentro, comincio ad avere freddo e fame.” Dice iniziando a incamminarsi.
“Tu mi hai dato buca dopo avermi chiesto disperatamente di aiutarti a studiare! Ho rinunciato a una sessione di studio per te e non ti sei fatta viva!”
“Ah quello.. Beh mi dispiace Clarke, davvero, come ti ho detto mi è sfuggita l’ora, non volevo..” mi propone la sua peggior faccia da cucciolo bastonato e a me non resta che sbuffare e scrollare le spalle.
“Quindi con chi era questo misterioso appuntamento che ha rovinato il mio fine settimana?”
La vedo innervosirsi, e per una piccola vendetta mi rigiro verso la parte di foresta da cui è uscita per vedere se riesco a scorgere qualcuno.
“NESSUNO! – urla quasi lei, prendendomi per le spalle e facendomi rigirare verso il castello, ma al mio sguardo inquisitorio sospira rassegnata – Nessuno di importante, intendo. Solo uno che ho conosciuto un po’ di tempo fa, ma proprio per evitare che tu e Raven mi faceste il terzo grado non vi ho detto niente.”
C’è qualcosa che non mi torna nel suo comportamento e la guardo sospettosa.
“Oh andiamo Clarke – sbotta lei – sai come diventa mio fratello quando frequento qualcuno, siccome è una cosa nuova e senza importanza non voglio che lo sappia e mi renda la vita un inferno. Quindi ti sarei molto grata se non dicessi niente a nessuno.” Conclude lei, con un altro sorrisone angelico.
Continuo a fissarla con sospetto.
Quello che ha detto è vero: Bellamy diventa davvero un fratello maggiore iperprotettivo quando lei frequenta qualcuno, ma c’è ancora qualcosa che non mi convince.
“Eh va bene.” Le dico alla fine. “Ma dovrai trovare qualcun altro che ti aiuti negli incantesimi non verbali questo finesettimana. Stasera ho la ronda e domani ho tutte le intenzioni di recuperare le ore di sonno che perderò stanotte.” Continuo incamminandomi verso i portoni ormai vicini.
“Ecco a proposito di ronde, Clarke – “
“Io non faccio domande a te e tu non stressi me, ci stai?” le chiedo voltandomi di scatto verso di lei.
Octavia sembra pensarci un po’ su combattuta, poi emette un sospiro di rassegnazione.
“Affare fatto, Griffin.” E mi tende la mano.
Io gliela stringo, fissandola.
Mi sta nascondendo davvero qualcosa di importante per accettare di non parlarmi più delle ronde.
 
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“Clarke, aspetta! Non andartene così, dovremmo concordare un segnale così se ti dovesse succedere qualcosa..”
Sbuffo per l’ennesima volta nei confronti di Raven che sta tentando fino all’ultimo di convincermi a non andare a svolgere i miei doveri da Caposcuola.
“Ancora, Rae? Andrà tutto bene, stai tranquilla. Ti conviene arrenderti all’evidenza perché sarà così per tutto l’anno e io non ho intenzione di affrontare questo discorso ogni settimana.” Replico secca avvicinandomi alla porta.
“Ma Clarke, tu non capisci..”
“Adesso basta, Rae. – si intromette Octavia – lasciala andare. Clarke è una delle più brave del vostro anno in tutte le materie, se mai dovesse capitarle qualcosa se la caverà.”
Osservo la mia amica più piccola, mentre lei ricambia il mio sguardo.
Annuisce appena, mentre ripenso al nostro accordo di qualche ora fa.  Vedo comunque una certa preoccupazione nei suoi occhi, e capisco che anche lei non è tranquilla, ma crede davvero in quello che hai detto.
“Grazie O. – le dico con un sorriso – ma, Rae, se ti fa sentire meglio, pensa pure a un modo con cui possiamo comunicare a distanza in caso di bisogno, potrebbe tornarci utile e almeno utilizzi quel cervello geniale che ti trovi per qualcosa di intelligente che non sia perseguitarmi.” Mi rivolgo a Raven con un sorrisetto.
Lei sbuffa, ma si riprende subito.
“Sarà fatto, Griffin, ho già qualche idea in questo “cervello geniale” che ti sorprenderà.” Mi risponde picchiettandosi la fronte.
“D’accordo allora. Buona serata”
E con questo esco dalla sala comune diretta alla sala d’ingresso.
Non posso negare di essere agitata, sebbene abbia cercato di non farlo vedere alle mie amiche, già abbastanza preoccupate così.
Anche perché la mia agitazione ha una natura ben diversa: non mi preoccupo del fatto che Alexandria Woods possa attaccarmi o ferirmi in qualche modo. Non solo almeno.
Per qualche strana ragione sento che non lo farebbe, non di sua spontanea iniziativa, per lo meno.
È lei stessa a mettermi in difficoltà, la sua persona allo stesso tempo così distaccata ma così accattivante, come se il suo essere indecifrabile mi spinga a volerne sapere di più di lei e della sua storia.
E non riesco a non essere spaventata da questo mio desiderio.
Mi scrollo di dosso questi pensieri quando la vedo ai piedi della scalinata della sala d’ingresso.
Mi avvicino e quando mi vede accenno a un saluto con una mano, che lei ricambia avvicinandosi.
“Griffin.” Esordisce lei affiancandomi.
“Woods” replico io adattandomi al suo tono pacato. “Come ci organizziamo?”
“Ho incontrato il professor Lumacorno e la professoressa McGranitt poco fa – mi risponde – loro partono dai sotterranei e salgono, penso che noi potremmo fare il contrario.”
“D’accordo” acconsento io, rivolgendomi verso la scalinata. “Saliamo allora.” Sbuffo pensando alle scale che ho appena percorso e che ora devo ripercorrere al contrario, per poi riscendere e infine risalire per poter finalmente tornare a letto. Ha senso? Non lo so, ma odio l’attività fisica, e la odio ancor di più quando avviene in un orario che dovrebbe prevedere solo un cuscino morbido e delle calde coperte.
Sento la ragazza accanto a me ridacchiare leggermente quando inizio a salire i gradi enfatizzando ogni passo senza accorgermene, spinta dalla mia pigrizia. Quando mi volto a guardarla lei però torna seria.
“Possiamo trovarci direttamente al settimo piano, dalla prossima volta.” Mi dice, con le labbra che accennano a sollevarsi in uno strano sorriso, come se avesse sentito i miei pensieri di un istante fa.
Io ci penso un attimo, ma quando sposto lo sguardo avanti verso le scalinate che ancora mi separano dal settimo piano mi arrendo.
“Non sarebbe una brutta idea, sai.” Le dico fingendomi disinteressata. “Così iniziamo subito senza perdere tempo a risalire.”
“Certo, solo per questo.” Sussurra lei sarcastica e io arrossisco leggermente, ma decido di non risponderle.
Mi torna in mente che comunque la ragazza che cammina al mio fianco è una Serpeverde brillante, e che io sono qui per controllare che non aiuti i suoi compagni a girare liberi per il castello. Così ritorno seria e concentrata, e una volta arrivate all’ultimo piano iniziamo a perlustrare attentamente aule e corridoi.
Lei sembra aver capito e rispettare questo mio distacco, e si limita a camminare al mio fianco.
Noto che non ha tirato fuori la bacchetta, diversamente da me, e mi soffermo un attimo sulle sue braccia lasciate tranquillamente lungo i fianchi. Lei segue il mio sguardo, per poi tornare a guardarmi con serietà, quando i miei occhi si riallacciano ai suoi.
Dura un istante, o forse me lo sono completamente immaginato, ma vedo un leggero sorriso triste attraversarle il volto, e ricordo che ha sicuramente sentito le parole di Raven sul suo conto stamattina a colazione.
E inspiegabilmente capisco che con questo gesto vuole rassicurarmi del fatto che non mi attaccherà, che mi sta concedendo il vantaggio di avere già la bacchetta in mano in caso di bisogno.
Non è l’atto in sé, ma è il pensiero che ci sta dietro che ha il potere di rassicurarmi del tutto, togliendo quell’ultimo dubbio che mi era rimasto sulle sue intenzioni.
Annuisco soltanto, e lei scrolla le spalle, mentre continuiamo a camminare.
 
*.*.*.*
 
[Lexa]
Camminare per i corridoi con Clarke Griffin è un’esperienza nuova e curiosa.
Lei cammina a passo sicuro, bacchetta alla mano e sguardo fiero. Ha un futuro da auror, come suo padre.
Potrebbe quasi sembrare intimidatoria se non riuscissi a cogliere la tensione dietro quest’ostinata determinazione.
Il silenzio tra noi non è teso, anche se non si può dire che sia come una passeggiata tranquilla tra due vecchie amiche.
È scattato il coprifuoco e il castello è avvolto in una quiete insolita, niente schiamazzi, incantesimi urlati nei corridoi, risate e studenti che corrono per arrivare in orario a lezione.
Solo una Clarke Griffin che cammina in versione combattimento e io che tengo il suo passo con tranquillità.
All’improvviso sento un rumore e alcuni sussurri provenienti da un’aula alla nostra destra.
In un istante ho già la bacchetta in mano e l’attenzione a mille.
Noto che la ragazza al mio fianco fissa con aria sconcertata la mia mano che ora impugna la bacchetta sicura, stupita dalla mia rapidità. Subito dopo però si ricompone, lasciandosi scappare uno sbuffo come se stesse rimpiangendo di avermi concesso quel po’ di fiducia poco fa.
Abbozzo un sorriso di scuse, e per farmi ulteriormente perdonare mi dirigo per prima verso la porta dell’aula in cui si nascondono almeno due studenti.
Appoggio la mano sul legno e spingo lentamente.
Mi basta pensare “lumos” perché la punta della bacchetta si accenda, e con un gesto fluido apro la porta e mi infilo nella stanza.
Sento Clarke subito dietro di me e sposto la luce della bacchetta sul fondo della stanza, dove vedo due ragazzi in atteggiamenti inequivocabilmente intimi: capelli arruffati, camicie fuori posto e respiro pesante.
“Davies!” riconosco un Serpeverde del sesto anno.
“E McKinzie” interviene Clarke dando un nome alla ragazza Corvonero accanto a lui.
“Il coprifuoco è scattato un’ora fa – prosegue lei – 30 punti in meno a-“
“Corvonero – intervengo io interrompendola – e 40 in meno a Serpeverde.”
Ora sono tre le facce curiose e stupite che mi guardano nella stanza.
È Davies a parlare: “Ma Woods, non è-“
“Almeno lei è sul suo piano, lo stesso non si può dire di te, Davies, quindi se ora non hai più niente da dire ti consiglio di tornare nel dormitorio e restarci fino a domani mattina.” Dico secca.
I due ragazzi escono mesti dalla stanza, mentre Clarke continua a guardarmi stranita.
“Che c’è?” le dico diretta.
Lei si ricompone e guardandomi seriamente dice: “Sai che non dovevi farlo, vero? Non devi provarmi niente.”
Io non trattengo il sorriso soddisfatto.
“Oh, ma io volevo farlo.” Dico semplicemente.
Ed è vero, a me non importa assolutamente che Serpeverde vinca la coppa delle Case, anzi. Sono sempre stata competitiva, ma se la mia vittoria corrisponde anche a quella dei miei compagni di casa.. beh accetto volentieri anche la sconfitta. Almeno per queste cose così poco importanti posso fare qualcosa, visto che per tutto il resto ho le mani legate.
Lei sembra seguire e comprendere questo mio ragionamento, e mi chiedo se sono io che inizio a perdere colpi nel celare le mie emozioni o se è lei che ha un qualche potere su di me, o un intuito eccezionale.
Perché si avvicina e mi guarda fissa negli occhi, mentre io trattengo l’istinto di deglutire e indietreggiare di un passo. Reagisco invece da Woods, alzando il mento e ricambiando fermamente il suo sguardo.
“Ora si è trattato di qualche punto in meno, Woods -  comincia diretta – ma cosa succederà se incontreremo qualcuno di più pericoloso di una coppia appartata in un’aula vuota? Forse non aiuterai direttamente i tuoi amici Mangiamorte, ma se loro approfittassero della tua presenza per svolgere i loro affari? Cosa succederà se li incontreremo in un corridoio e mi attaccheranno? Toglierai dei punti anche a loro?” Sorride beffarda e la mia mente va in tilt, perché so perfettamente che ha ragione.
Non si può dire che io abbia mai partecipato attivamente alle loro imprese, ma non mi sono mai opposta, non li ho mai fermati. Ero sempre presente perché mi era richiesto, ma mi sono sempre limitata a difendere me, Anya e Lincoln.
Non faccio fatica a immaginarmi lo scenario che ha appena descritto, posso vedere i miei compagni uscire dai dormitori nel silenzio, Ontari, Rookwood e i Carrow in prima linea, trovare qualche ragazzo da insultare per il suo stato di sangue e torturarlo crudelmente.
Riesco anche a immaginare Clarke, che si oppone fieramente e inizia a combattere contro di loro per difendere ciò in cui crede, la vedo chiaramente mentre lotta elegantemente con la concentrazione e la determinazione negli occhi.
Ma io? Io cosa farei?
So perfettamente che se dipendesse solo da me sarei al suo fianco e cercherei di fermare i miei compagni di dormitorio senza pensarci due volte, e non lo farei solo per difendere lei, ma per difendere i miei ideali.
Eppure non l’ho mai fatto.
Non l’ho mai fatto perché qualsiasi mossa io faccia qui viene monitorata da mia cara cugina Ontari, che riporta tutto alla sua adorata madre, nonché sorella di Alexander Woods, mio padre.
E mia zia Nia non aspetta altro che comunicare a suo fratello di quanto poco Serpeverde io sia, di quanto poco mi importi della purezza del sangue. Per vendicarsi su di me, visto che su mia madre non può più farlo.
E a casa a pagare le spese del mio comportamento ci sarebbe stato Aden, indifeso e innocente.
Così ho sempre mantenuto un profilo basso, cercando di offrire meno possibilità a Ontari e Nia di far scatenare l’ira di mio padre su mio fratello.
Ma quest’anno non riesco a reprimere un senso di speranza. Aden non è più solo con mio padre nella nostra grande casa, è qui, e anche se c’è stato l’inconveniente dello smistamento è comunque in un posto sicuro.
“Forse quest’anno…”
Mi trovo a sussurrare senza accorgermene, e appena lo realizzo torno silenziosa e mi riconcentro sulla ragazza che a pochi centimetri da me non ha mosso un dito, osservando il percorso dei pensieri dietro ai miei occhi.
Mi sta guardando con uno sguardo che nessuno mi ha mai rivolto, e per l’ennesima volta dal viaggio in treno ci ritroviamo a fissarci, senza essere ben consapevoli di cosa vogliamo trasmetterci.
Io vorrei chiederle una fiducia che non ho alcun diritto di meritare.
Vorrei chiederle di capire che io non sono quello che lei e i suoi amici credono.
E allo stesso tempo vorrei anche dirle che è facile giudicare per lei, che non ha mai avuto problemi ad agire in linea con i suoi pensieri, che non sa cosa vuol dire stare in una casa di Mangiamorte e celare il disgusto dietro una facciata indifferente.
E soprattutto non sa quali sono le conseguenze nel caso in cui quella facciata non tenga e lasci trapelare qualcosa, l’odio verso la tua stessa famiglia.
E l’odio, in casa Woods e Azgeda, è sempre stato combattuto con altro odio e violenza, di cui porto i segni sul corpo.
Non so cosa capisca dal mio sguardo, così come io non sono certa di leggere correttamente il suo.
Quindi mi sento in dovere di parlare.
“Non posso dirti che combatterò a spada tratta al tuo fianco, Griffin, non ora. Non posso dirti che li fermerò con tutte le forze che possiedo, perché sarebbe una bugia.”
Vedo il suo sguardo indurirsi, ma mi sembra di leggerci una specie di delusione all’interno.
“L’unica cosa che posso dirti è che se mai dovessi venire a conoscenza di qualche loro piano o macchinazione, se sarà nelle mie possibilità ti avviserò in modo tale che tu possa organizzarti con i tuoi amici e non farti trovare impreparata.”
Le dico tutto d’un fiato prima di ripensarci. Vedo, chiaramente questa volta, la sorpresa farsi largo nel blu dei suoi occhi.
È una promessa che non vale nulla, non è detto che i miei compagni organizzino qualcosa in mia presenza, e anche in quel caso se non fosse assolutamente sicuro per me e per Aden non riuscirei a comunicarglielo, quindi saremmo punto a capo.
Eppure a lei sembra bastare.
“Davvero lo farai?” mi chiede con uno sguardo più dolce.
Io mi limito ad annuire, ricambiando lo sguardo.
“Grazie.” Mi dice. “Significa molto per me.”
“Non una parola con nessuno Griffin, nemmeno con i tuoi amici.” Le dico seriamente facendole capire che è importante.
“Perché dovrei nascondere loro il tuo lato migliore?”
Io faccio una smorfia, perché questi discorsi da Grifondoro non fanno davvero per me.
“Non è per niente il mio lato migliore, ma se non vuoi farlo per me, almeno fallo per Aden, non sarebbe sicuro neanche per lui.”
Lei mi guarda e ancora so che capisce.
“Non abbiamo mai avuto questa conversazione, Alexandria Woods.” Mi dice accennando a un sorriso.
Rabbrividisco sentendo il mio nome intero pronunciato da lei, che sembra accorgersi del mio cambiamento guardandomi con aria interrogativa.
“Puoi chiamarmi Lexa, se vuoi, o solo Woods.” Dico quasi senza rendermene conto.
Lei annuisce, finalmente allontanandosi di qualche passo da me, così che io possa tornare a respirare tranquillamente.
“D’accordo, Lexa, a patto che io sia Clarke, ma questo lo sai già.” Mi dice con un sorriso leggero, e mi torna in mente la nostra breve conversazione sul treno, quando per la prima volta l’ho chiamata per nome.
“Affare fatto, Clarke.” Le dico enfatizzando il nome.
Lei sorride, per l’ennesima volta. È davvero una strana ragazza.
“Allora, credo proprio che abbiamo una tregua.” Dice.
“Già sembra proprio così.” Le rispondo, ma ho bisogno di allontanarmi da questa situazione, così mi avvicino alla porta.
“Ora muoviti, Clarke, abbiamo ancora un castello da controllare.” Le dico uscendo.
Lei mi raggiunge tranquillamente e insieme ricominciamo a camminare.
Impiego il tempo di un corridoio per accorgermi che anche lei non ha più la bacchetta in mano.



NOTE
Capitolo un po' lungo e poco ricco di fatti. Mi dispiace ma era necessario per mettere un po' di carne al fuoco per i prossimi capitoli.
Mi scuso per gli errori, ma sto rubando il wifi di un'amica, essendo fuori città per motivi di studio (ho l'inconveniente della laurea tra due settimane)
Ci tenevo però a non far passare troppo tempo tra i capitoli.
Ringrazio le splendide persone che hanno recensito lo scorso capitolo, spero continuerete a darmi il vostro parere!
A presto,
Ilaria
  
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