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Autore: Novelist Nemesi    16/05/2009    2 recensioni
Dopo L e Hayley mi cimento con una storia su Mello. Ambientata in Germania. Qui tratto la mia visione della sua infanzia, e spero che vi piaccia. Non abbiate paura di lasciare recensioni e consigli su come migliorarmi! Grazie di cuore!
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mello
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Continuava a ripetersi che era colpa dello stress, forze carenza di zuccheri, forse era troppo preoccupato per le lettere di suo fratello.
Eppure l’irritazione cresceva: perché il primo moccioso che arrivava all’orfanotrofio doveva provocargli quel fastidio?
Magari le prime volte ci si poteva anche stare, ma adesso si era arrivati al limite. Forse era questo che intendeva suo padre quando si parlava della sconfitta.
Ma lui non avrebbe fatto la sua fine. C’era una cosa che doveva ancora fare, ma quel pomeriggio era impegnato.
-Mello! Mello, vieni subito qui!-
Erano passati mesi e mesi, ormai, Mello sulla soglia dei dodici anni, mangiava tranquillo una barretta di cioccolato. Veniva chiamato da un signore anziano con gli occhiali chiamato Roger, e teneva per mano dei bambini.
-Perché non riesci a startene tranquillo per almeno cinque minuti?- chiese Roger
-Mi importunavano e siccome con le buone non l’hanno capito ho usato le cattive-
-Mello, devi capire che la violenza non serve a nulla. A prescindere dai motivi-
Una cosa che Mello invece stava capendo, man mano che cresceva, e anche grazie all’esperienza col padre, era che, al contrario, con le buone a volte non si arrivava da nessuna parte. a volte per vincere si doveva essere disposti a tutto. E poi non aveva fatto niente di male, in fondo: giusto qualche calcetto per allontanarli. Che poppanti.
Dal lutto del padre Mello vestiva sempre di nero, quasi fosse una divisa, e i capelli erano sempre gli stessi, a baschetto biondi con una frangetta regolarissima, come avrebbero voluto i suoi genitori.

Sei l’orgoglio della nobile razza ariana, Mihael.
Si incamminò, Mello, insieme agli altri bambini, verso una sala in cui li aspettava Watari, collegando qualche cavo del computer. Tutti i bambini erano eccitati, mentre lui era di un pattume quasi anormale. Ma non era l’unico: insieme a lui anche un altro bambino se ne stava tranquillo, inginocchiato per terra, a completare un puzzle a tinta unica. Questo bambino era fonte di tanti crucci per Melo, poiché era l’unico che gli dava filo da torcere negli studi. Il suo nome in codice era Near, ed era un poppante col pigiama bianco sempre addosso e i capelli bianchi mossi. Forse era albino. Non parlava con nessuno, i suoi rapporti con l’esterno si riducevano al minimo indispensabile, e se ne stava sempre a giocare coi robottini o a fare puzzle e castelli di carta. Un tipo odioso sotto tutti i punti di vista. Più volte voleva picchiarlo, ma si convinceva che l’indifferenza era l’arma migliore.
-Bambini, silenzio, ora- disse Watari. Mello scartò un’altra barretta e si appoggiò al muro, in fondo alla stanza. Tanto non c’era nulla da vedere, solo una schermata bianca con una L in old english. Al di là di quello schermo doveva esserci il più grande detective del mondo, ma la cosa a mello non interessava. Tanto questo investigatore noto come L non parlava quasi mai, i bambini ponevano le domande e lui rispondeva. Poteva vedere tutti attraverso una telecamera, ma a loro non era concesso vederlo in volto. Non aveva senso perdere tempo con una persona così, pertanto Mello, di nascosto, uscì dalla stanza per recarsi in biblioteca.
-Dunque…- diceva mentre sfogliava libri abbastanza vecchi –Arma, guerra… Guerra, distruzione… No, non così… Soldi, lavoro… Lavoro, fatica… No, accidenti!-
Niente, non riusciva a trovare nulla che riconducesse a suo padre! Quanto tempo ci stava lavorando ormai, senza la certezza di avere ancora un membro della famiglia vivo?!
Riprese l’ultima lettera lasciata da suo fratello Milhel, e cercò di mettere a fuoco quella specie di scarabocchi. Prese carta e penna e cominciò a scrivere.

O
M
R
A
A

Le poche lettere che si potevano capire. Cominciò ad anagrammarle in diverso modo.

Amora
Moraa
Aroma
Marao
Maroa
Ramoa
Amaro

Le parole che catturavano maggiormente la sua attenzione furono aroma e amaro. Cosa c’era dietro queste parole?
Si concentrò su aroma. Forse andava divisa in parti più piccole.

Aro ma
A roma
Ar oma

Un momento…
A Roma?
Cosa c’entrava Roma con suo fratello?
Riprovò con un altro sistema.

A= 1
R= 17
O= 14
M= 13
A= 1

1 17 14 13 1
11714131

IILIAIEI
I il i aie i

Non aveva senso.
Cosa c’era dietro quelle lettere?
La risposta era davvero… A Roma?
Digitò sul motore di ricerca del computer Roma. Tra i tanti risultati il primo che apparve fu “Grande evento A Roma: mostra di arte greca-romana classica, nei pressi del Pantheon.
Roma, Pantheon.
Lo aveva studiato qualche tempo fa.
Era un tempio dedicato a tutti gli dei, dalla forma circolare. Aveva anche una cupola formata da cinque ordini di 28 cassettoni.
28…
Considerato nell’antichità numero perfetto, simboleggiava l’alto.
28…
Anche provando a concentrarsi su quel numero, cosa doveva tirarne fuori?
28, numero antico e perfetto.
28… Data di nascita di Milhel, ora che ci pensava. 28 maggio, quinto mese dell’anno, come gli ordini della cupola.
Ma questo non portava da nessuna parte.
Possibile che quegli scarabocchi Milhel li avesse fatti apposta?
E se invece…

A Roma, 28 maggio

Mello diede un’occhiata al calendario sul computer: 28 aprile.
Era ancora in tempo.
-Mello!-
Mello sobbalzò, girandosi di scatto verso la porta della biblioteca. A chiamarlo era stato un bambino castano che teneva in mano una consolle dei videogiochi.
-Cosa c’è, Matt?-
-Roger ha detto che ti vuole nel suo ufficio. Si è accorto che te ne sei andato mentre L stava parlando-
Mello sbuffò. Prese le scartoffie e il frutto dei suoi ragionamenti e con passo svogliato si diresse nell’ufficio di Roger.
Doveva trovare il modo di andare a Roma il 28 maggio, assolutamente.

Spero che vi sia piaciuto! Grazie di tutto, al prossimo capitolo!
  
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