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Autore: Sophja99    15/11/2016    6 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo nove

La rivelazione

 

Silye rimase interdetta. «In che senso?» domandò, reprimendo l'idea di dirgli “tante grazie per la storiella” e mandarlo subito via. Quella situazione le aveva già tolto troppo tempo. «Io appartengo a questo mondo, a questa Midgardr. Quella di cui parli tu è scomparsa, perduta, perfino dimenticata da tutti.»

«Hai parzialmente ragione, ma, se mi avessi ascoltato bene, mi avresti sentito quando dicevo “almeno in parte”.»

«Sì, ti ho sentito fin troppo bene, e ti rispondo che non è una cosa possibile.»

«Bè, teoricamente nemmeno le tue visioni sarebbero una cosa possibile.»

Si sentì colta nel vivo, ma tentò ugualmente di difendersi: «Quelle sono qualcosa di inspiegabile, non di impossibile.»

«E non è la stessa cosa?» chiese con tono compiaciuto. Lei sbuffò rumorosamente.

«Allora prova a spiegarmi cosa intendi con “almeno in parte”. Starà a me giudicare se è una cosa possibile o no» disse lei, senza abbandonare quell'aria di sfida che le veniva spontaneo tenere quando stava con Vidar.

Lui sospirò per la sua cocciutaggine, ma subito dopo iniziò a parlare: «Ti avevo già parlato delle varie specie e sottospecie che popolavano i Nove Regni, ma a questi va aggiunta un'ulteriore categoria a parte: le völve. Potenti maghe dalle fattezze umane, grazie alle quali riescono a confondersi tra gli esseri viventi di Midgardr, ma dotate del dono della preveggenza: potevano vedere tutto ciò che era accaduto e sarebbe accaduto in ogni mondo. Una grande dote, ma anche un grande fardello e per questo molte di loro tendevano ad isolarsi dagli umani e ogni altra forma di vita. È grazie ad una di loro che che mio padre, Odino, è venuto a conoscenza del Ragnarok prima ancora che succedesse.»

«Ed io che ruolo ho in quello che mi stai raccontando?» chiese Silye, invogliandolo a spiegarsi meglio, sebbene iniziasse a capire il collegamento tra quelle figure e lei.

«Dopo il compimento del Ragnarok, molte cose sono cambiate nel mondo. Specie e intere generazioni si erano estinte e l'unica rimasta era ormai quella umana, a cui avrebbero dato di nuovo vita Lìf e Lìfprasil. I nove mondi, gli elfi, i nani, i giganti... tutto distrutto e dissolto nel nulla, come se non fosse mai esistito. E lo stesso avvenne con le völve, o almeno pensavamo questo, fin quando non sei nata tu e non sono riuscito a contattarti.»

«Perciò io sarei... una völva?» domandò, confusa. I fatti a cui non riusciva a dare una spiegazione sensata andavano aumentando a dismisura e quella storia stava ingarbugliando e annullando ogni sua certezza sempre di più man mano che Vidar aggiungeva maggiori dettagli.

«Esattamente, capace di vedere qualunque avvenimento nel mondo tu voglia. Una veggente.»

«E come avresti fatto a contattarmi se hai detto che le völve sono tanto difficili da localizzare?» domandò, nonostante le suonasse strano accorpare sé stessa con le völve, come se fosse definitivamente una di loro.

«Nel tempo avevano sviluppato tecniche per mascherare la loro aura di magia, la stessa che mi ha guidato fino a te. Tu non sapevi nulla sul tuo passato ed era impensabile che potessi conoscere i modi per nasconderti come facevano loro all'epoca.»

Ma Silye già non lo stava ascoltando più. Una völva. Una veggente. Quelle parole continuavano a rimbobarle nella testa, senza che lei riuscisse ad afferrarle e intenderle appieno. «È tutto così... non so neanche come chiamarlo. Non sono più sicura di nulla» sussurrò con la mente annebbiata. Non riusciva a credergli, nonostante avesse semrpe saputo che le sue visioni erano strane, qualcosa che aveva solo lei e nessun'altro. Non ne aveva mai fatto parola con il padre, poiché all'epoca in cui lui era ancora vivo, ne aveva avuta solo una: la sua prima visione. Queste erano andate aumentando con gli anni, sebbene di poco.

Vidar non cercò di rassicurarla o tentare di convincerla ad accettare la sua natura. Semplicemente non disse nulla e lei glie ne fu grata. Le serviva qualche minuto per riflettere tra sé e sé. Lei non era mai stata altro che una ladra, la figlia del famigerato Arild Dahl, che passava le giornate a cacciare con un cane e fare tutto il possibile per non morire per fame, freddo o altre tra le milione di cose che potevano ammazzare un essere vivente. Ed ora spuntava un ragazzo, certamente bello, ma all'apparenza pericoloso e pari ad un maniaco, che si scopre invece essere un dio. Questo le rivela che lei è una veggente, una völva. Non tutto le quadrava. «Raccontami di più. Fai uno sforzo maggiore per farmi bere questa storia e convincermi a non sbatterti immediatamente fuori a calci» disse, cercando di mostrarsi abbastanza minacciosa.

«D'accordo, ti dirò quello che so, anche se non è molto» continuò. «L'ultima völva di cui si sa qualcosa è quella che predisse a mio padre la profezia sul Ragnarok e quello che ne sarebbe seguito. Da allora noi dei non siamo più entrati a contatto con nessuna di loro. Se non volevano farsi trovare, era inutile cercarle. In qualche modo devono essere riuscite a catalizzare il loro potere e tenerlo custodito perché sopravvivesse alla fine del mondo e trovasse la persona adatta a proseguire la loro stirpe. E il tutto a nostra insaputa, anche se questa è l'unica spiegazione plausibile.»

«Perché avrebbero scelto proprio me? Cosa ho di tanto speciale da rendermi la persona adatta?» chiese spazientita.

«Non ne ho idea» ammise lui. «La magia è imprevedibile, soprattutto quando si parla delle völve, figure completamente avvolte nel mistero.»

«Tuo padre però ne ha conosciuta una...» le sembrava una pazzia discutere realmente su quella faccenda, ma una parte di lei, quella ben conscia delle sue frequenti visioni, era tentata a credergli e curiosa di saperne di più.

«Sì, ma è stato solo per riferirgli degli eventi futuri, l'unica cosa che anche lo stesso re degli dei non era in grado di conoscere con la sua sola e personale saggezza. Nessuno ha mai davvero conosciuto una veggente fino in fondo e solo pochi ne hanno mai incontrata una. Erano persone molto schive e solitarie. Tu sei la prima e l'unica che abbia mai visto.»

«Mi sembra così strano parlare di cose accadute millenni fa e persone ormai morte...» poi un pensiero le balenò nella testa e si diede una stupida per non avervi pensato molto prima. «Sei... immortale? Altrimenti come avresti fatto a vivere per così tanti anni senza invecchiare?»

«Non proprio» sorrise. «Almeno non per natura. Prima potevamo non invecchiare grazie ai frutti coltivati dalla dea Idun, ma ora che lei non c'è più ci pensa un'altra dea a prendersi cura di essi e a fornirceli. Nanna.»

Sul suo volto scese un'ombra che ormai Silye aveva imparato a riconoscere. Era la stessa che aveva avuto quando avevano parlato di suo padre e suo fratello. Quella Nanna doveva essere una persona molto importante per lui...

Lei annuì, come se tutto quello che le aveva detto Vidar fosse chiarissimo e facilmente comprensibile da parte sua. Come se facesse ormai effettivamente parte del suo mondo.

«Questo bosco esiste da prima della mia nascita» si guardò intorno, quasi i suoi occhi potessero bucare le pareti della capanna e guardarvi attraverso. «È forse il luogo più importante di tutti i Nove Regni, anche di Asgard, la dimora degli dei. Qui si trova il cuore pulsante di ogni mondo, il centro vitale che permette ad ogni cosa di esistere: l'Yggdrasill.»

Lei si fece ancora più attenta. Aveva già sentito quel nome, nello strano sogno che aveva fatto la notte prima. «Ovvero?» domandò, per togliersi quel dubbio.

«Quell'albero che ha tanta fama a Midgardr. Il più eminente e antico del bosco.»

«Ecco perché mi sembrava così particolare. Ogni volta che lo guardavo, avevo sempre l'impressione che dentro di lui scorresse una forza incredibile.»

«Riesci a percepirlo per le tue origini. Le völve erano delle abili guaritrici e avevano un legame speciale e potente con la natura e i cinque elementi, proprio come gli elfi delle stelle. Sotto certi aspetti, si assomigliano molto.»

Decise di parlare con lui del suo sogno. Era molto informato e forse l'avrebbe aiutata ad interpretarlo. «Quando ero ancora priva di sensi, ho sognato l'Yggdrasill. Era stato abbastanza... inconsueto.» Lui la guardò per invogliarla a continuare e lei gli raccontò ogni cosa per filo e per segno: la voce, l'albero, il libro.

Vidar rimase in silenzio per qualche istante, ponderando sulle sue parole. Infine disse: «È chiaramente un segnale. L'Yggdrasill ti sta chiamando e sicuramente quel libro è il motivo. Deve essere qualcosa di importante che ti appartiene.»

«Perché mai un albero dovrebbe farmi avere un libro?»

«È quello che dobbiamo scoprire» affermò il ragazzo, alzandosi di scatto e afferrando il suo mantello.

   
 
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