Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    03/12/2016    2 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
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«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
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capitolo 11 – Pomeriggi Assolati




Katherine trascina Pitch in giro per le vie del paese, in un freddo ma assolato pomeriggio, alla ricerca del negozio adatto in cui poter trovare qualcosa che vada bene per lui.


A un tratto, però, si sente strattonare scompostamente indietro e ha a mala pena il tempo di voltarsi, per poter capire cosa succede, prima di vedere Pitch appoggiarsi con la mano libera al muro più vicino.


«Stai male?» si allarma Katherine.


«Stavo meglio prima» sibila Pitch, mentre tenta di rimettere a fuoco la via che stavano percorrendo giusto un attimo prima.


Ha bisogno di ombra e, possibilmente, di silenzio. Invece si trova in pieno centro paese, nel bel mezzo di un maledetto e assolato pomeriggio di chiacchiere e shopping. Per di più ha seriamente corso il rischio, più e più volte, di vedersi passare attraverso marmocchi allo sbando e animali domestici di varia natura. Uno stress, insomma.


«Pitch?» la voce di Katherine è insicura e visibilmente preoccupata.


Devo proprio avere un aspetto orrendo” riflette Pitch. Digrigna i denti e serra con forza gli occhi, nella vana speranza di isolare, almeno in parte, sé stesso dal resto del mondo. Fatica inutile.


«Mi serve… un po’ di ombra» mormora con voce tremante.


Katherine spalanca gli occhi verdi, consapevole, e in fretta si guarda intorno, individuando infine un piccolo portico che conduce a un modesto cortile interno. Non è molto ma, per il momento, si augura possa bastare.


«Vieni. Non è lontano, ti ci accompagno io» assicura, sperando di risultare tranquillizzante.


Questa volta la stretta sulla sua mano vuole solo essere di conforto e la piccola Katherine si limita a rimanere al suo fianco e a guidarlo nella direzione giusta. Niente corse frenetiche né strilli eccitati, grazie al cielo.


Pitch avanza lentamente, senza perdere il contatto della mano libera con i muri delle case che li attorniano, e quando giunge infine oltre l’arco del portico indicato da Katherine, sospira grato. Una manciata di passi dopo si stende al fianco di un’aiuola sempreverde e lascia che le palpebre scivolino pesantemente verso il basso.


Non trascorre molto tempo, prima che Pitch avverta qualcosa di caldo contro il suo petto. Poco dopo può sentire ancora una volta l’odore di caramelle di cui era impregnata la sciarpa rossa, prima che la indossasse lui. È Katherine, che ha evidentemente deciso di fargli compagnia anche durante un necessario riposo.


«Scusa. Non avevo capito» ammette Katherine, dispiaciuta.


«La cosa non mi sorprende affatto» risponde Pitch, senza neppure troppa convinzione.


Si scosta incerta, riflettendo un momento prima di rimettersi in piedi. Lui ora la sta osservando quasi con curiosità.


«Torno subito» lo rassicura.


«Come vuoi» replica Pitch, con il suo solito tono apparentemente disinteressato.


Katherine sorride alle sue parole e, prima di allontanarsi sul serio, si china appena un poco su di lui. «Torno subito per davvero». Poi corre via, alla velocità di un uragano.


Pitch sta ancora osservando stancamente il punto in cui la bambina è scomparsa, inghiottita dalla gente intenta a fare compere. Si domanda, non per la prima volta, che cosa ci faccia ancora lì. Certo, al momento non crede affatto di poter fare anche solo un altro passo verso qualsivoglia direzione. Tuttavia, prima che la piccola peste lo trascinasse in quella specie di inferno di colori e di suoni assordanti, avrebbe potuto benissimo cogliere l’occasione per darsela a gambe… cioè, per allontanarsi elegantemente alla volta di qualche luogo più ameno e ospitale.


Invece è rimasto, e ha permesso a quel piccolo demonio delle caramelle di trascinarlo letteralmente con sé, in un’insensata quanto inutile spedizione alla ricerca di solo il cielo sa cosa. Perché? È una domanda che continua insistentemente a riproporsi, da ben due giorni ormai, e alla quale ancora non sa dare risposte soddisfacenti.


E a proposito di ciò che torna: Katherine fa nuovamente la sua comparsa sulla soglia del portico che lo ha gentilmente ospitato, e sbandiera allegramente ai quattro venti uno dei suoi sorrisi smaglianti e vergognosamente soddisfatti. Di cosa, esattamente, non gli è dato saperlo (per ora).


Solo quando lo raggiunge e si accuccia al suo fianco, Pitch nota che Katherine sta letteralmente tremando di eccitazione e, in quel momento, ringrazia chiunque lo abbia messo su quella terra di non poter leggere le emozioni positive o a quel punto, in compagnia di quella bambina, gli sarebbe già scoppiata la testa da un bel pezzo.


«Ti ho portato una cosa!» esulta Katherine, in preda alla frenesia del momento.


Pitch solleva gli occhi al cielo e, rassegnato all’inevitabile, chiede «Ovvero?» già sospettando di doversene pentire in un futuro nemmeno troppo remoto.


«Tadan!» esclama teatralmente lei, piazzando davanti al visto attonito di Pitch un grosso contenitore, vagamente cilindrico e coperto da un tappo dalla forma bizzarra.


«Mh» commenta Pitch, per nulla impressionato. «E sarebbe?» indaga.


Katherine sbatte le palpebre confusa, forse non aspettandosi quel tipo di reazione.


«Non lo sai?» chiede incerta.


«Evidentemente» strascica Pitch, quanto mai seccato dalla scarsa considerazione alle sue semplici domande.


Invece di rispondere a parole, Katherine afferra nuovamente, ma con gentilezza, la sua mano e la guida a stringere l’oggetto sconosciuto.


Nel momento in cui le dita gelate di Pitch vi si poggiano, i suoi occhi dorati si sgranano e un piccolo sobbalzo di sorpresa scuote il suo corpo.


Katherine, invece, sorride soddisfatta, osservando il modo in cui lui sporge anche l’altra mano ad avvolgere il contenitore del mistero in cerca del suo inatteso calore.


«Visto? Cioccolata calda! Non è proprio come quella della nonna, ma…».


Altro però non riesce a dire, Katherine, folgorata nel bel mezzo del suo sproloquio da qualcosa che, fino a un istante prima, viveva solo nella sua fantasia: Pitch sorride. Ok, non proprio come lo fa di solito lei, ma quello che Katherine può vedere è certamente un sorriso; deve proprio esserlo! Anche se le sue labbra sono praticamente viola e solo un angolo è sollevato all’insù. Oh, ma che importanza ha?! Pitch sorride: questa è l’unica vera cosa importante.



Era solo un sorriso, niente di più. Una piccola cosa. Una fogliolina in un bosco che trema al battito d'ali di un uccello spaventato.” (Il cacciatore di aquiloni – film)


* * * * * * * * * * * * * *


I colori, i suoni, gli sguardi raccontano il nostro tragitto. Un colore mi può incantare, uno sguardo mi può far innamorare, un sorriso mi fa sperare.” (Monica Vitti)






  
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