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Autore: Alessia_Way    07/12/2016    0 recensioni
"Se c’era cosa più sbagliata al mondo era quella di innamorarsi.
Innamorarsi.
Esserne felici.
Cadere a pezzi.
Un ciclo continuo, a volte lungo, ma le tappe erano sempre state quelle. E dopo l’ultima, non esisteva ritorno.
E lo avevo provato, ne ero stato vittima più di una volta. Ma quella era una delle peggiori mai." - Estratto
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Jamia Nestor, Nuovo personaggio | Coppie: Frank/Gerard
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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WriterCorner: Sono imperdonabile, lo so. E' da Febbraio che non aggiorno questa short ff che tral'altro ho già completato però sono stata molto impegnata. Devo ancora andare avanti con la mia long principale, gli impegni non mi danno tregua ed io cerco di farmi in quattro per tutto (poi da poco mi sono ripresa da un incidente quindi vi lascio immaginare). Detto questo, taccio, vi lascio al capitolo che forse... Forse aspettavate da tempo ma che adesso è qui.
Buona lettura, miei cari lettori <3


 



A small part of what makes you smile



 

Credevo che la felicità non mi appartenesse più da mesi a questa parte. Credevo non facesse più per me, quella roba. E infatti avevo ragione.


Avevo perfettamente ragione.


Un messaggio. Un messaggio mi aveva reso consapevole di ciò. Il suo.

Stava per diventare padre, padre di quella che sarebbe stata la creatura concepita con la donna che, ahimè, portava ancora il mio odio alle spalle.


Padre.


Bambino… O bambina.


Figlio.


Genitore.


Parole che continuavano a ronzarmi intorno, in testa, che mi confondevano e infondevano in me una tristezza che non avrei mai, e dico mai, dovuto provare.


Perché non posso essere semplicemente felice per lui e andarmene?


Già, perché non l’ho ancora fatto?

E perché mi sentivo di non appartenere più alla sua vita come… Lo ero stato fino a pochi minuti prima dell’arrivo di quel messaggio?


Sono così egoista.


Quella creatura… Non riuscivo neanche a pensarlo. Era stato tutto troppo vago, troppo insicuro. E adesso c’era la certezza, la certezza che lui avrebbe donato completamente sé stesso a quella che sarebbe stata sangue del suo sangue.

Da una piccola parte, amavo che lui stesse per raggiungere il suo sogno, quello di stringere una piccola vita che aveva creato lui stesso, con la donna che lo aveva affiancato e che lo affiancava da anni. Lo desiderava così tanto…

Ma non riuscivo ad essere altrettanto felice. E non riuscivo a spiegarmi perché.

Ero realmente così egoista?

O avevo solo paura che dimenticasse ogni cosa perché aveva qualcuno di realmente più importante a cui badare e donare la sua vita, le sue attenzioni?

O avevo il terrore che… Si dimenticasse di me?


Oh, diamine…


Avrei voluto sprofondare, non pensare più a niente e dirgli…


“Sono così felice, Frankie. Meriti tutto questo, lo meriti davvero…”

E mi sarei commosso, come ero solito fare, perché gliel’avrei detto con un sorriso tale da bloccarmi il viso, da farmi dolere le guance, tutto. L’avrei abbracciato, talmente forte, felice di vederlo realizzato, di vedere il suo più grande desiderio vicino, prossimo, reale. Gli avrei detto che sarei rimasto al suo fianco per vederlo diventare un padre perfetto.


Sei così stupido, Gerard.


Eccome se lo ero.

Non avevo fatto nulla di quello che mi aspettavo di dover fare.

Ma in cuor mio, nel profondo, mi sarebbe piaciuto vedere un suo sorriso apparire in quel viso che tanto amavo e mettere in pace il mio animo una volta per tutte, essere realmente felice per lui e per la sua famiglia, che presto sarebbe stata perfetta in tutti i sensi.

Ma stavo oramai realizzando.

Non avrei sopportato di vedere il suo viso confuso ad una mia possibile reazione negativa. L’avrei guardato con sguardo… Fiero, l’avrei lasciato libero da qualsiasi distrazione, da possibili ricordi, desideri, confusione, amore non corrisposto. L’avrei completamente lasciato libero di fare la sua strada, e di seguirla.

Se avesse ancora voluto, l’avrei sostenuto, e non l’avrei più fatto crollare fra le mie braccia, non avrei allentato la presa su di lui, l’avrei aumentata, spedito verso una vita nel quale io non facevo parte, perché era lui che si doveva impegnare a sostenere ciò che aveva creato.


Libero.


Ma se solo riflettevo…


“Non puoi andartene. Mi distruggerai e basta. Sei l’unica cosa che ho, non puoi togliermi anche questo”


Come avrei potuto? Come avrei potuto lasciarlo libero, libero di fare la sua strada completamente senza di me? Avrei distrutto anche me stesso.


E allora perché sento che è la cosa più giusta da fare?


Perché sapevo che farlo era doloroso, difficile e distruttivo per entrambi ma era anche la cosa giusta?

Quante le cose erano giuste, tanto da non volerle neanche compiere?


Se solo ti lasciassi andare, non ricadremo entrambi. Voglio salvarti, lo voglio.


Ma sapevo che non avrebbe funzionato come avevo sempre pensato e sperato.

Cos’era giusto, e cosa sbagliato? Perché non mi capacitavo e capivo cosa fare? Perché sentivo ancora quelle lame? Le sentivo quando io stesso stavo per ferire lui con una mia possibile decisione?

O ero io a ferire me stesso?

Ero io a ferirmi ancora con quei pensieri, quelle confusioni e quei desideri irrealizzabili? Ero davvero capace di farlo?


Sì.


E avrei continuato finché ne avrei avuto la forza giusta per smettere.

Solo allora avrei cessato di infierire, in tutti i modi possibili. Avrei deciso la cosa migliore.

Ma era solo il tempo di sanguinare che me l’avrebbe fatto capire. E lui doveva starne fuori, non avrebbe mai e poi mai saputo nulla di tutto.


Sanguinerei fino alla morte se ciò ti rendesse più felice.


La confusione in me era… Asfissiante, insostenibile. Ma avrei fatto ciò che serviva per vederlo sorridere, perché desideravo solo quello.


Vorrei essere sempre una piccola parte di ciò che ti fa sorridere.


Lo avrei sempre voluto.

Ma avrei desiderato lasciarlo andare…


Basta.


Diamine, sì.

Era giusto così, era il momento di aspettare, aspettare il momento giusto per decidere, il momento giusto di fare la decisione più giusta. Perché era così che doveva andare.

E fino a quel momento…

Sarei rimasto a guardare, a guardarlo diventare un uomo perfetto, un padre perfetto, un esempio per la creatura. Senza alcun rimorso, deciso in quello che aveva scelto di credere.

E non avrei dovuto vederlo in preda alla disperazione, in preda al dolore o ad un desiderio sbagliato. Non avrei dovuto vederlo sanguinare per causa mia, perché avrei tolto quelle lame, l’avrei guardato mentre cercavo di guarire quelle ferite.

Non avrei commesso altri errori, non era giusto per lui. Non era giusto per nessuno.

Sarei solo stato felice, avrei pianto in silenzio e avrei combattuto con i demoni che erano la mia confusione più totale e la mia disperazione di non essere abbastanza.

Sì, il mio sentirmi “non abbastanza” non avrebbe cessato di esistere, per lui non lo ero mai stato ed ero certo che sarebbe stato così.

Ma non mi sarebbe importato.


No.


Sarei stato fiero, di guardare la persona che più amavo al mondo realizzarsi e migliorare ancora di più.

E si, starei anche stato felice…

Se solo la vera felicità mi fosse mai appartenuta davvero.
 

Ti salverò.

   
 
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