Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    12/12/2016    1 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
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«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
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capitolo 14 - Casa




La strada verso casa è dannatamente più lunga di quanto ci si potesse aspettare. Oppure è la sua attuale autonomia a scarseggiare drammaticamente. Sta di fatto che, una volta giunto sulla soglia dell’abitazione di Katherine, Pitch si senta di poco più vivo di una carcassa in decomposizione, la qual cosa non è esattamente confortante. Si appoggia allo stipite dell’uscio, in paziente attesa che qualcuno, lì dentro, si decida ad aprire a Katherine e di conseguenza anche a lui.


«Pitch» sussurra Katherine.


Pitch può sentire disagio nella sua piccola voce.


«Sì?» risponde in un soffio appena.


«Sei grigio» gli fa gentilmente notare lei.


«Mh… Sono sempre grigio» borbotta Pitch, mentre i suoi occhi vanno chiudendosi inesorabilmente.


«Beh, sei più grigio del solito» insiste Katherine.


Pitch sta per ribattere (o per lo meno tentare di farlo), quando la porta finalmente si apre e qualcuno si affaccia a essa. Lui lancia un’occhiata poco partecipativa alla scena, giusto per notare svogliatamente una donna piuttosto anziana, dai capelli folti ma completamente bianchi e, in volto, un’espressione tirata e piena di angoscia. Poi sente la voce di Katherine che tenta evidentemente di tranquillizzare come può la donna. A quel punto smette completamente di prestare attenzione e torna a fissare le stelle, chiedendosi se, dopo tutto, sia stata una buona idea arrivare fino a lì. No, con tutta probabilità è stata, anzi, una delle sue idee più malsane in assoluto.


Sospira. Sta per rimettersi seduto per terra, dato che le sue gambe hanno iniziato a tremare in modo piuttosto spiacevole e preoccupante, quando una piccola mano lo afferra con decisione per il gomito e lo trascina praticamente dentro casa.


Pitch sbatte le palpebre, confuso, tentando come può di mettere a fuoco la nuova situazione che gli si para di fronte. Qualcuno ha richiuso la porta alle sue spalle con un leggero tonfo che lo ha fatto sobbalzare impreparato. Adesso si trova piantato nel bel mezzo di uno stretto corridoio fiocamente illuminato. I suoi piedi poggiano sul parquet chiaro e i suoi capelli sfiorano un vecchio lampadario dai bracci intricati.


Deglutisce. Un fremito di disagio scorre freddo lungo la schiena. Gli occhi, poco prima appannati, ora sono sgranati nell’inutile ricerca di un qualche particolare familiare. Una piccola mano calda si stringe alla sua e Pitch volta la testa di scatto in quella direzione. Katherine: è proprio lì, vicina alla sua gamba, e gli sta sorridendo. Katherine è qualcosa di familiare, ora. Le sue spalle si rilassano impercettibilmente e Pitch rilascia un lungo sospiro.


«È tutto a posto» gli assicura Katherine, appoggiandosi al suo braccio. «Vieni».


«Dove?» soffia Pitch, incerto.


«La nonna mi ha sgridata per aver fatto tardi, sai? Ma adesso è tornata a letto perché ha il raffreddore. Quindi non devi preoccuparti. Vieni, così puoi riposare anche tu».


Pitch la guarda, confuso. Ma quando lei lo prende nuovamente per mano, la segue comunque, docile e stremato, sperando con tutto sé stesso che le parole di lei si rivelino veritiere e che lui abbia infine modo di riposare un po’ come si deve.


La casa però è calda, proprio come gli era stato assicurato, e questo riesce a distendere almeno un poco la tensione che lo stringe nella sua morsa già da troppo tempo. Salgono un paio di rampe di scale, nulla di davvero impegnativo, e percorrono un breve tratto ricoperto da moquette che attutisce i loro passi. Katherine lo conduce fino alla soglia di una camera piuttosto spaziosa. Niente di drammatico, certo, ma indiscutibilmente la camera di una bambina, chiaramente della stessa Katherine. Pitch la fissa, interdetto.


Katherine sorride di rimando, imbarazzata.


«Lo so che non ti piacciono tutti questi colori. Prometto che domani mattina metterò in ordine quella di fianco. È panna e beige, dovrebbe andar bene, eh? Solo, non ero preparata e… questa sera puoi stare qui. Che ne dici?» chiede titubante.


Pitch osserva nuovamente la camera e ringrazia che sia buio, per una volta. Non osa nemmeno immaginare tutta quell’accozzaglia di verdi, rossi, turchesi e rosa alla luce abbagliante del giorno. Trema al solo pensiero.


«C’è… un letto solo» fa invece notare, dubbioso.


Il sorriso di Katherine sfuma leggermente, lasciando trasparire ansia e disagio.


«Se vuoi posso… uhm… tornare giù in soggiorno e dormire sul divano, per stanotte» propone incerta.


Pitch sgrana gli occhi, colto alla sprovvista.


«Cosa? No, io… non intendevo dire questo». Si schiarisce la voce, costernato, ma non sa che altro aggiungere a quel punto, così rimane in silenzio.


«Bene» sospira Katherine, visibilmente soddisfatta. «Allora rimango qui con te» afferma decisa.


Anche quella porta si richiude leggera alle sue spalle. Pitch non sa bene perché, ma ha la netta impressione di essersi cacciato in qualche guaio; un guaio enorme, a giudicare dall’ampio sorriso soddisfatto di Katherine.



Non puoi scappare da una debolezza. Devi sconfiggerla, altrimenti soccomberai. E se così deve essere, perché non adesso? E proprio dove ti trovi?” (Robert Louis Stevenson)


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In pieno smarrimento, la certezza assoluta della mia solitudine” (Emil Cioran)






  
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