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Autore: Lady R Of Rage    14/12/2016    1 recensioni
In un’altra vita, Mettaton è stato un tiranno. Un dittatore totalitario, subdolo e crudele quanto inquieto e spaventato, che ha costretto il proprio regno in un regime di terrore per il quale ha pagato con la propria vita.
Nel presente, Mettaton scopre segreti su sé stesso che non avrebbe mai immaginato. Viene messo davanti a un lato del proprio essere che non avrebbe mai voluto vedere, che odia e teme allo stesso tempo. E quando le richieste d’aiuto non ottengono risposta, dovrà prendere in mano la situazione da solo.
E salvarsi: perché la sua vita non è uno spettacolo e il finale lo sceglie lui.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphys, Asgore Dreemurr, Mettaton, Papyrus, Sans
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie '#MTTBrandVitaDiM...'
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Atto II: Predestinazione

Si sentì cadere in avanti sulla neve senza potersi controllare. 
Affondò con tutta la faccia nei mucchi di neve riempiendo di bianco ogni cosa. Di solito il bianco gli piaceva, ma in quel momento gli parve di essere coperto da un sudario. 
Si rialzò di scatto, affamato di un’aria che non gli serviva. Dovunque si voltasse gli pareva di vedere un pericolo: gli aghi di pino erano spade e fioretti puntati verso di lui, i cristalli di neve mani ceree pronte a ghermirlo, e l’acqua del ruscello nascondeva due fauci nere che lo avrebbero ingoiato intero come un cane con un uccellino.
Raccolse da terra il mantello e vi ci si avvolse come un mendicante sotto le stelle. Cercò di alzarsi da terra, ma le gambe cedettero e piombò di nuovo in ginocchio. La reazione istintiva fu quella di alzare la testa, come per proteggersi da un colpo di grazia. 
A quel punto Mettaton capì che ne aveva abbastanza. Strisciò fino al ruscello, immergendo le mani nell’acqua gelida, poi ne raccolse un po’ nei palmi e se la gettò sul viso con forza.
Non gli importava, a quel punto, di rovinare il trucco. Aveva bisogno solo di tornare lucido. 
Prese un profondo respiro, premendosi i guanti freddi sul volto. Per qualche minuto dondolò avanti e indietro, nel silenzio, assaporando l’aria gelida sulle sue papille artificiali. 
La calma e l’isolamento del luogo gli diedero conforto e lo aiutarono a calmarsi presto, persino prima di quanto si aspettasse. Si alzò da terra a fatica, traballando sulle gambe, e si calò sul volto il cappuccio del mantello.
Era il momento di vederci chiaro.

Era venuto spesso a Snowdin in incognito, e come sempre nessuno dei cittadini lo riconobbe. Si mosse rasente ai muri, con circospezione, voltandosi dall’altra parte e coprendosi il volto con un lembo di stoffa non appena qualcuno si avvicinava troppo. La mano destra, quella del cannone, aveva iniziato a formicolare. Provò a grattarla contro il proprio fianco senza risultati.
La casa fu facile da trovare. Era l’edificio più grande della città, addobbato a festa con un intrico di lucine natalizie. Aveva un’aria accogliente, ma Mettaton non ne fu rassicurato.
Allungò la mano sul batacchio, esitando.
“È solo uno scherzo, un lurido scherzo”. Alphys gli aveva parlato spesso dei suoi amici scheletri e di quanto Sans amasse fare scherzi alla gente, anche di cattivo gusto. Diceva anche che era pigro, però: troppo pigro per un dispetto così complicato.
Alla fine prese il coraggio di bussare alla porta. Pochi secondi dopo una figura tozza e paffuta, avvolta in una felpa blu col cappuccio, aprì la porta esibendo un sorriso smagliante.
-Ehilà, Mettaton. Che bella sorpresa! Io sono Sans. Sans lo scheletro. Sei di passaggio qui a Snowdin?-
Per un attimo, l’idolo robotico rabbrividì nel notare come lo scheletro avesse riconosciuto la sua forma EX. Gli tornò poi alla mente che l’aveva già vista, e parecchie volte. 
Capì che doveva liberarsene il prima possibile.
-Sono di passaggio, e in incognito. Voglio fare una visitina a un mio grande fan.-
Sans ridacchiò. Mettaton cercò di leggere una qualsivoglia espressione nel suo volto, ma le orbite illuminate di azzurro apparivano imperscrutabili anche a un macchinario prodigioso come lui.
-In realtà il fan è mio fratello, ma non ti chiuderò fuori per questo. Entra pure a scaldarti e a rifocillarti: dovremmo avere da qualche parte le pile che fanno per te.- disse lo scheletro. Aprì la porta del tutto e accennò a Mettaton di entrare. La sua disponibilità bastò a rilassarlo almeno in parte.
“Mi siedo, mi scaldo, cambio le batterie, poi gli mostro l’astuccio e mi faccio confessare ogni cosa. Sarà facile come bere un bicchiere di lubrificante. Tanto dramma per nulla: sono sempre il solito.”.
Appese il mantello a una gruccia, poi raggiunse con le mani l’interruttore sulla propria schiena. La sua forma EX era impeccabile, ma qualcosa gli diceva che l’altra lo avrebbe bendisposto in modo migliore. 
Sans era un padrone di casa indolente, ma tutto sommato cortese. Gli offrì da sedersi e gli permise di attaccare il proprio cavo a una spina alla parete.
-Papyrus sta facendo la spesa. Tornerà fra una mezz’oretta. Vuoi sentire qualche battuta per ingannare l’attesa?-
Mettaton rivolse lo sguardo al sorriso di Sans. Sembrava ragionevole, dopotutto. 
“Ora o mai più” pensò.
-Volevo chiederti una cosa, in realtà. Una cosa un po’ strana, ma… diciamo, importante per me.-
-Chiedi quello che vuoi.- rispose lo scheletro, sorridendo bonariamente. Mettaton smise di tormentarsi le dita, e si impose di andare dritto al punto.
Estrasse l’astuccio dal suo comparto interno e lo sbatté sul divano in mezzo a loro.
-Cosa sai dirmi di questo?-
Si aspettava che lo scheletro ridesse delle sue parole, o lo guardasse con ilarità e confusione. Quello che accadde fu l’opposto. Il suo sorriso si mutò istantaneamente in un’espressione corrucciata. Per la sorpresa, il robot quasi trasalì.
“Sai cose che non so?” domandò intimidito. 
-Vieni in cucina.- disse. -Dobbiamo parlare in privato.-
Mettaton odiava ricevere ordini, men che meno da uno sconosciuto, ma in quel momento lo avrebbe seguito anche a occhi bendati, se fosse stato necessario. Scivolò alle spalle di Sans verso una porta in un angolo senza fare commenti, e lasciò che lo scheletro reggesse la porta per farlo passare. Di solito apprezzava le galanterie, ma in quel momento non riuscì a impedirsi di rabbrividire.
Sans prese una sedia da un tavolo al centro della stanza e ne indicò un’altra al suo ospite.
-Così hai trovato gli appunti, eh?- domandò. Mettaton annuì muovendo lo schermo su e giù. 
-Brutta storia, questa. Di tutti i punti in cui dovevi andare a fare la tintarella da star, proprio quello dovevi scegliere.- Scrollò le spalle, sospirando. -Credo che tu abbia capito che non si tratta di un fotoromanzo creato da qualche fan con tanto tempo da perdere.-
-So cosa non è.- sibilò Mettaton. -Quello che vorrei sapere è cos’è.-
Avrebbe voluto aggiungere “e cosa significa per me”, ma non osò parlare oltre. Ogni gesto di Sans lo inquietava: aveva i nervi tesi al massimo e non perdeva d’occhio un suo gesto.
-Tieniti forte, allora, perché lo dirò tutto d’un fiato.-
Mettaton annuì muovendo lo schermo su e giù. Sans strinse le mani l’una nell’altra. 
-Sono pezzi di un futuro che è già avvenuto. Una linea temporale che si è riavvolta su sé stessa per ricominciare daccapo. Un futuro in cui, a seguito della morte di Asgore e Undyne, il popolo del Sottosuolo sceglie te come nuovo sovrano. È almeno la quinta volta che capita. A volte mio fratello Papyrus è con me, a volte no. Ormai conosco a memoria tutto il suo sviluppo. Credo che sia giusto che tu lo sappia, perché se sopravviverai all’umana, accadrà proprio questo.-
Mettaton rischiò di perdere l’equilibrio.
-Undyne… Undyne è morta?-
Si sentì mancare. Undyne, l’eroina del Sottosuolo. La guerriera determinata che era stata sua vicina di casa ai tempi delle Cascate, colei che Alphys aveva amato sin dal primo momento…
Era morta. 
Una bambina l’aveva uccisa e presto sarebbe venuta per lui.
Quando tornò a guardare Sans, il suo sguardo glaciale lo fece irrigidire. Avrebbe voluto scappare via a tutta forza, ma non osò farlo. Aveva ancora troppe domande senza risposta.
-Undyne è morta, e Asgore la seguirà presto. Domani affronterai l’Umana nel CORE: lei ti ucciderà, oppure passerà oltre e ti lascerà vivere. In quel caso la tua batteria si scaricherà nello scontro: Alphys ti riparerà, ma quando riprenderai conoscenza, lei sarà morta suicida.-
Le parole di Sans rimbombarono nella testa di Mettaton, mescolandosi con quelle del suo diario. Era un canto di accusa e non sembrava voler smettere.
-No!-
Mettaton sentì la terra mancargli sotto la ruota e cadde all’indietro verso il pavimento della cucina. Un attimo prima di sfracellarsi, una forza impalpabile lo afferrò da sotto, sorreggendolo. Sans aveva sollevato la mano, e un flusso blu circondava le dita ossee.
“Telecinesi. Solo i mostri migliori riescono a controllarla”. Lasciò che Sans lo aiutasse ad alzarsi, sollevandolo fino a fargli riguadagnare la posizione eretta. Si accorse di avere un grosso nodo in gola e che la sua vista si stava annebbiando. Sans si avvicinò a lui, prendendogli le mani nelle proprie.
-Mi dispiace. So cosa stai provando. Ogni tanto anche mio fratello fa una brutta fine.-. 
Mettaton annuì, deglutendo metaforicamente. Non riusciva a credere a quello che aveva udito. Undyne morta era un grande dolore. Alphys morta era metà della sua anima che se ne andava in pezzi.
Alphys lo aveva creato dal nulla. Aveva reso possibile tutti i suoi sogni più profondi. Lo aveva compreso, sostenuto, aiutato nei momenti di sconforto… E lui l’aveva lasciata morire. 
“Non può essere vero, non deve… eppure lo è. Lo è, e tu lo sai.”
Sans lo condusse verso il divano nel salotto e lo aiutò a sdraiarsi. Si lasciò guidare come una macchina senz’anima, senza parlare, trattenendo a fatica l’isteria. 
-Hai molto da assorbire.- disse lo scheletro gentilmente. -Capisco che tu sia sconvolto, ma non voglio che tu dia nulla per scontato. Quando eri re hai fatto cose orribili e io le ho viste tutte. Spero che tu sappia cosa significa per me accoglierti in casa mia dopo tutto questo.-
Mettaton annuì, sospirando tristemente. Non riusciva più a sopportare quel dialogo e poteva percepire dal sudore sulla fronte di Sans che anche lui stava attraversando un momento poco piacevole. Tuttavia, un’ultima curiosità lo stuzzicava.
-Parlami della mia morte. E non lasciare fuori niente.- 
Lo scheletro lo guardò fisso: -Non è una storiella piacevole.-
-Dimmelo, Sans. Dimmi tutto!-
Sans si sedette dal lato opposto del divano. 
-Ero là il giorno in cui ti sei consegnato a loro. Mi hai dato l’astuccio contenente gli appunti e mi hai detto di lasciarlo in uno dei punti del Sottosuolo in cui la Linea Temporale non scorre. Poi sei uscito dal castello a mani alzate e hai permesso ai ribelli di legarti e incappucciarti. In quelle condizioni ti hanno confinato in uno dei capanni di guardia, mentre saccheggiavano il palazzo e facevano a pezzi tutti i tuoi poster. Due giorni dopo il patibolo era pronto.-
-Mi hai visto morire?-
-Sì, ho assistito alla tua esecuzione. Non ho mai visto i mostri così arrabbiati. Ti hanno tirato contro di tutto e chiamato in tutti i modi. Uno dei cani aveva persino una frusta. Ma tu… l’hai gestita bene. Non una parola, non un grido, nemmeno un singhiozzo, non davanti a loro. Persino quando ti hanno costretto a sfilare nudo lungo tutta New Home prima di condurti al patibolo non hai battuto ciglio. Un ultimo atto eccellente, devo dire. Dopo la tua esecuzione ho adempiuto alla mia promessa. Le fotografie le ho aggiunte di persona: un mio amico di qui era il tuo fotografo ufficiale, e lui non è il tipo che rifiuta i favori. Non sarebbe “gentile”.- 
Fece una pausa, senza perdere d’occhio il robot. -Papà chiamava “Luoghi Epurati” i punti in cui la Linea Temporale non scorre. Ho scelto la zona di Snowdin perché mi sembrava la più sicura da sguardi indiscreti. Di solito laggiù vengono solo i cani, e a loro non interessano plastica e carta.-
Mettaton si lasciò ricadere sui cuscini, cercando di riordinare i pensieri. Provò ad immaginare la scena, sensazione per sensazione. Le urla della folla ridotta allo stremo. Le scintille che vorticavano nell’aria secca del Sottosuolo. La consistenza scabra delle corde attorno ai polsi. Il suo respiro solitario al di sotto del cappuccio. Lo schiocco della frusta. La sensazione di impotenza, umiliazione, della pubblica nudità. Sentì i brividi scorrergli nei circuiti.
“Dovrei odiarli, per avermi fatto questo”. Eppure non vi riusciva. Riconosceva molti dei visi nell’ultima foto, ma il desiderio di vendicarsi non era sbocciato. 
Qualcuno da odiare c’era, in quella faccenda, ma non era nel pubblico. 
Doveva esserci una scappatoia. Ingoiò la paura e si impose di parlare con voce salda.
-Devi aiutarmi a uscire da questa situazione. Io non permetterò che accada di nuovo. Io non sono Re Mettaton I. Non sono un tiranno. Io non… non oserei mai…-
Si interruppe: c’era qualcosa di stonato nel suo tono di voce. Mettaton capì dallo sguardo di Sans che anche lui lo sapeva. Capì anche che da quel momento non l’avrebbe più consolato.
-Sapevo che avresti parlato così, e ho già pronta una risposta per te: non puoi evitarlo. È un punto fisso della nostra storia. Domani, nel CORE, tu affronterai la bambina. Se le sopravviverai, Mettaton morirà e Re Mettaton I nascerà dalle sue ceneri. -
Se fosse stato nella forma EX, Mettaton avrebbe sentito le lacrime pungergli le palpebre. 
-Aiutami… fermam…fermalo. Devi fermarlo!- supplicò, giungendo le mani verso lo scheletro come se fosse stato un altare sacro.
Sans si alzò dal divano: -Ci ho provato la prima volta. Mi hai buttato giù dalla scalinata con un calcio e mi hai detto di tornarmene nella mia bara.- 
Mettaton si accorse di non riuscire a respirare. Per un attimo, la stanza si spense. Cadde all’indietro nei cuscini, tremando come un macchinario inceppato.
Sans sospirò. Scese dal divano e scosse la testa con gesto rassegnato.
-Mi dispiace. Per te, e soprattutto per il Sottosuolo, ma ormai le cose stanno così.-
Mettaton non riuscì a formare una parola. Portò le mani allo schermo, guardando impotente attraverso le dita Sans che si allontanava su per le scale.
-Ti lascio qualche minuto per riprenderti.- 
Mettaton tentò di urlare, ma il suo amplificatore riuscì solo a gracchiare qualche suono di disperazione. Non osò nemmeno alzarsi dal divano: ormai era chiaro che Sans non gli avrebbe detto nulla di più. Credette di svenire, di morire addirittura. Forse lo avrebbe voluto, ma non lo capiva. Non capiva più niente, eccetto una singola cosa: si odiava.
Si gettò tra i cuscini, nascondendo lo schermo sotto di essi, e scoppiò in un pianto incontrollabile.

Angolo della Lady:
Ho sottoposto questo capitolo a una massiccia revisione. La mia prima caratterizzazione di Sans mi sembrava decisamente troppo fredda e crudele verso Mettaton. È comprensibile che non sia super felice di vederlo, considerando quello che ha fatto in passato e tutte le persone che ha ferito, ma mi pareva lo stesso troppo "cattivo", dandogli la colpa diretta per la morte di Undyne e rifiutando di aiutarlo con un atteggiamento meno rassegnato e più opposto. Ormai è stanco di vivere all'infinito la stessa storia, e odia il King MTT Ending per ovvi motivi, ma un po' di simpatia verso Mettaton doveva dimostrarla, considerando che per la prima volta trova qualcuno che capisce cosa si provi a rivivere la propria vita. Inoltre ho aggiunto la chicca di farlo parlare in Comic Sans, cosa che non posso fare con suo fratello quando arriverà. Troverò un surrogato.
Vi starete chiedendo perchè Mettaton si dispiace per la morte di Undyne e di Alphys, ma non di Asgore. Lo vedremo presto, quindi non gridate all'OOC da subito. Ormai è chiaro che è sconvolto, e il prossimo capitolo (che non sarà il Terzo Atto, bensì un Interludio per stabilizzare la posizione di Mettaton e dargli il tempo di assorbire del tutto la notizia) spiegherà meglio i suoi sentimenti ambivalenti e il suo desiderio di rivalsa.
Ah, e ci sarà Papyrus, anche se OVVIAMENTE non si tratterà di una Papyton.
Un bacio a tutti e a presto.
Lady R


 
  
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