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Autore: Gem    15/12/2016    2 recensioni
Questa è una raccolta di storie slegate tra loro e scritte per Promptember. Appariranno molti personaggi, ma la maggior parte delle fanfic sono AU e dedicate a Milo e Camus. Moltissimi generi presenti: storico, commedia, fantascienza etc.

«Vedi Cappuccetto?» il cacciatore, vestito interamente di nero, si sistemò un’arma in spalla spostando i lunghi capelli biondi dietro la schiena. Poi si avvicinò verso la creatura senza vita. «Tutti i bambini vogliono diventare cacciatori, non corrieri…»
«Smettila di chiamarmi Cappuccetto, Milo.» sentenziò severamente il corriere. «Non ho tempo per te. Il locandiere mi aspetta a Newark.»
Il bambino sbirciò il cacciatore.
Quel Milo si chinò accanto al corpo e, prese delle funi dalla cinta, iniziò a legare gli arti al corpo. Non si degnò di rispondere.
Il corriere allora avanzò di un passo. «Ci vediamo.»
«Se ti chiamo Camus resti?»
«Quando lavoro sono Corriere Rosso 11.»
«Dai, Cappuccetto è più simpatico.» il cacciatore iniziò a trascinare il corpo della bestia.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Gold Saints, Scorpion Milo, Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Per un paio di pantaloncini
Rating: verde.
Tipologia: flashfic.
Genere: generale, commedia.
Pairing: Milo/Camus (?)
Personaggi: Milo, Camus
Avvertimenti: POV di Camus, AU.
Parole: 475
Note dell’autore: I pantaloncini incriminati https://67.media.tumblr.com/5c0d4feb701f6947fee5a76f2048fcec/tumblr_inline_nn3c4vmn4g1qdmcfd_540.png mentre Camus è per me il re della moda pop (?) anni ’80, Milo rappresenta l’animo (glam?) rock molto nero e lontano anni luce dagli scaldamuscoli del fidanzato.
Prompt:
 
'I found you stuck in the toilet because you ripped your pants ok so I had to lend you my gym shorts and it looks so funny on you I can't breathe' AU
By @dailyau and @duquesarosa
 
«Milo?»
Due lievi colpetti sulla porta.
«Sei lì dentro?»
«Camus, grazie a Dio!»
Camus dovette indietreggiare quando la porta si spalancò all’improvviso e Milo avanzò trafelato, quasi sconvolto.
«Me li hai portati?»
Camus gettò un’occhiata all’altro dalla testa ai piedi. Una t-shirt rossa risaltava prepotentemente su un paio di pantaloni di pelle neri e i capelli biondi di Milo non facevano che brillare per il contrasto di colore così elevato.
«Mi sembri a posto.» rispose Camus. «Dov’è lo strappo?»
Milo aggrottò la fronte. «A posto, dici?»
Si voltò, lentamente, e sospirò.
Un lungo squarcio partiva dalla tasca destra e arrivava fino al ginocchio opposto, e il danno era tale da aver completamente scoperto l’intero fondoschiena di Milo. Degli slip bianchi facevano capolino tra la stoffa sfilacciata.
«Non credo nessuno si lamenterebbe della vista.» commentò Camus, beffardo.
«Dammi i tuoi dannati pantaloncini e facciamola finita.» replicò Milo.
Camus prese dal proprio borsone il capo richiesto e glielo porse, ma non senza un’espressione dubbiosa.
«Sei sicuro di non volere i miei pantaloni?» chiese. «Indosso io quelli…»
«Se vostra signoria anni ’80 smettesse di indossare roba così aderente, forse  riuscirei a infilarmeli, non trovi?» rispose Milo. Socchiuse appena la porta e si sfilò i pantaloni distrutti, non senza gettare un’altra occhiata torva a Camus. «Almeno questi pantaloncini sono più larghi.»
«E anche molto corti…»
Milo sbatté i piedi per terra. «Mi devono interrogare in greco e matematica, capisci il mio dramma?!»
Camus alzò le spalle e osservò l’altro infilarsi quel capo di vestiario. Beh, tra lui e Milo c’erano quasi dieci chili di differenza e una o due taglie, a seconda della vestibilità, e non aveva molti cambi d’abito da offrire se non qualche cosa infilata a caso nel borsone di educazione fisica.
Quando Milo si issò del tutto, Camus tuttavia non riuscì a rimanere serio. I pantaloncini erano un tipico modello in voga negli anni ’80, cortissimi e con la classica apertura laterale; il colore verde acceso, poi, non faceva che enfatizzare le cosce abbronzate di Milo e il suo cavallo.
«Sembra imbottito.» ebbe il tempo di dire Camus, prima di iniziare a ridere a denti stretti, cercando di trattenersi.
«Ti ammazzo.» Milo uscì dal bagno e gettò i pantaloni strappati nel proprio zaino. «Almeno hai una felpa per coprirmi il culo?!»
Camus sentì gli occhi pizzicare per le risate trattenute a stento.
«No.»
«Camus diamine, sono tuoi! Li indossi sempre!» Milo si spazientì, mentre tentava di osservarsi la schiena. «Cosa c’è che non va?!»
«Niente…» ammise Camus. Gli guardò il sedere: era quasi scoperto. «Ma sono piccoli per te…»
«Meglio, così distraggo i professori col mio culo.» Milo prese lo zaino e se lo mise in spalla. «Se la gente si è abituata a te, si abituerà anche a me, no?»
Il tizio rockettaro che veste quasi sempre di nero in pantaloncini verde pisello? No, pensò Camus.
  
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