Acqua
Sirius si svegliò di soprassalto, ritrovandosi nel letto della sua nuova casa. Il cuore gli martellava nel petto a una velocità eccezionale e gli mancava quasi il fiato. Si passò una mano tremante tra i capelli, per scoprire di avere la fronte madida di sudore freddo.
Il ricordo dell’incubo che aveva
appena fatto sfumava ogni volta che cercava di acciuffarlo, ma alcune
immagini
gli erano rimaste impresse.
C’era acqua. Una distesa infinita
di acqua nera come l’inchiostro.
Aveva sentito delle urla provenire
da quell’abisso, e non aveva dubbi. Avrebbe riconosciuto
quella voce in mezzo a
quelle riunite di migliaia di persone.
Si costrinse a darsi una calmata
e guardò fuori dalla finestra: sembrava il giorno del
giudizio.
La pioggia era così fitta che
sembrava una cupa tenda grigio scuro, illuminata da lampi abbaglianti,
seguiti
dal fragoroso rombo dei tuoni. Aveva un brutto presentimento.
C’era troppa
acqua.
Un’occhiata alla sveglia gli
suggerì che erano le sei del mattino, nonostante il buio
fosse completo.
Si alzò e andò a vestirsi,
dopo
di che scese di sotto a fare colazione. Per tutta la durata dei
preparativi,
non si riuscì a scrollare di dosso la sensazione di vuoto
che dominava nella
sua mente.
Era come se avesse perso una
parte di sé.
Insomma, è solo un sogno! pensò, prendendosela con se stesso. Ma allora perché tremava ancora?
Si costrinse a pensare che l’incubo fosse soltanto dovuto alla paura che lo affliggeva da qualche giorno a quella parte, ossia quella che suo fratello potesse…
L’improvviso bussare alla porta
d’ingresso lo fece sussultare. Chi poteva essere a
quell’ora del mattino?
Di solito teneva la bacchetta
pronta tutte le volte che qualcuno bussava, e invece quella mattina fu
assalito
da una speranza che gli fece dimenticare quella precauzione.
Regulus… Ti
prego, fa’ che sia lui…
Raggiunse la porta, il cuore in
gola, e chiese:
“Chi è?”
“Siamo noi, Ramoso e tutti gli
altri” rispose la voce di James, con un tono cupo e
sbrigativo.
“Oh…”
Per la prima volta in vita sua,
Sirius voleva che al posto del suo migliore amico ci fosse stato
qualcun altro.
Aprì la porta con irritazione e
lasciò entrare James, Remus, Peter e Lily, senza neanche
guardarli in faccia.
Quando chiuse la porta, finalmente si voltò verso di loro.
Erano zuppi di pioggia e stranamente
silenziosi.
“Allora? Come mai siete qui a
quest’ora? Che…?” Sirius si
bloccò, vedendo i loro volti scuri, e si accorse di
tremare. “È successo qualcosa? Gli altri
dell’Ordine…?
“Stanno bene… loro”
disse James,
mordendosi il labbro. Nei suoi occhi non era rimasto nulla della
consueta
allegria.
“Sirius, forse è meglio se ti
siedi” provò a dire Lily, ma lui non mosse un
muscolo.
Remus sospirò e decise di parlare chiaro.
“Si tratta di… tuo fratello” disse molto lentamente.
Quella frase ebbe su Sirius un effetto devastante. Il presentimento che aveva cercato di scacciare fino a quel momento si era trasformato in un mostro che gli artigliò le viscere con violenza.
“Sembra che sia sparito”
spiegò
James preoccupato. “È scritto sul giornale questa
mattina, ma abbiamo anche
sentito due Mangiamorte, che controllavamo, dire che Voldemort
l’ha convocato
per tre volte consecutive, e lui non si è mai
presentato”.
“A quanto hanno detto, non è
tornato a casa ieri notte” proseguì Remus.
“Loro credono che… ma non è detto,
insomma”.
Sirius voltò le spalle a tutti
loro. Non sopportava che qualcuno lo vedesse piangere, ma in pochi
istanti le
lacrime avevano inondato il suo viso.
Immagini vivide e brevi
dell’incubo di quella notte gli tornavano in mente come
flash, in concomitanza
con i lampi del temporale di fuori.
“Sirius, non è detto che
sia…”
provò Lily.
“Sì, invece!”
sbottò lui. “È
morto. Io glielo avevo detto di farsi aiutare! Perché non ha
voluto?”
Nessuno rispose. Erano tutti disorientati dal dolore che l’amico cercava invano di nascondere. Quanto a Peter, la sua coscienza sporca gli impediva di distogliere lo sguardo dal pavimento.
Senza dare spiegazioni, Sirius li
superò e uscì di casa, fermandosi proprio nel
punto in cui aveva visto Regulus
per l’ultima volta, sotto la pioggia dirompente.
Il cielo era nero, e a Sirius
sembrava di trovarsi sotto una cascata.
Ma non gli importava. Non gli
interessava più nulla, ormai.
Fino a qualche mese prima, aveva
creduto di considerare Regulus come un perfetto estraneo. E invece,
quando
l’aveva visto diventare un Mangiamorte, aveva capito di
soffrire terribilmente
per la sua scelta.
Mentre la pioggia scrosciava sulle sue spalle, Sirius capì di essere stato uno stupido. Aveva avuto un fratello per diciassette anni ma li aveva sprecati trattandolo malissimo, solo perché i suoi genitori lo ritenevano migliore di lui. Era inutile mentire a se stesso. Aveva sbagliato tutto con Regulus, lo aveva tiranneggiato per un sacco di tempo, solo per sfogare il proprio malessere su chi non si sarebbe potuto difendere.
Se solo glielo avessi detto l’ultima volta, pensò, disperato. Chissà se adesso sa quello che sto passando…
Non sapeva neanche perché stesse
guardando speranzoso in direzione di dove l’aveva visto pochi
giorni prima.
Forse desiderava che potesse apparire di nuovo.
Ma non c’era nessuno, e Sirius lo
sapeva bene.
Non si sarebbe mai perdonato di
non aver insistito per aiutarlo.
Cadde in ginocchio e rimase lì a disperarsi, mentre l’acqua pioveva dal cielo, quasi a volerlo sommergere.
***
“È lei Rachel Queen?”
Rachel non si sarebbe mai
aspettata di vedere un elfo domestico sconosciuto comparire
improvvisamente
davanti a lei.
Si trovava seduta sulla veranda,
sotto la tettoia che la riparava dal terribile temporale di quella
mattina.
Non era ancora l’alba, ma lei si
trovava là dalla sera precedente. Non aveva avuto nessuna
voglia di andare a
dormire mentre sapeva che Regulus fosse impegnato in chissà
quale impresa.
Anche lei aveva una brutta sensazione.
“Sì” rispose, allarmata. “E tu chi sei?”
L’elfo aveva gli occhi rossi e gonfi di pianto, e le lacrime gli rigavano il viso.
“Kreacher” rispose. “Sono Kreacher”.
Lei saltò su dalla sedia di legno. Regulus le aveva parlato del suo elfo domestico, perciò sapeva bene chi fosse.
“E Regulus
dov’è?”
“Il padrone ha detto a Kreacher
di darle questa lettera” rispose l’elfo, tirando
fuori una busta un po’
accartocciata e umida.
“Grazie, ma lui come sta? Sta
bene?”
Kreacher non riuscì a trattenersi. Scoppiò a piangere cadendo a faccia in giù, e cominciò a dare pugni per terra, disperato.
“Non sta bene! Il padrone non
può
stare bene! Kreacher ha cercato di aiutarlo, ma non ce l’ha
fatta! Kreacher non
ha potuto salvarlo! Dovrebbe essere punito!”
“C-cosa…?”
Rachel sperò di aver capito male. Doveva aver capito male. L’elfo ora stava sbattendo violentemente la testa contro il pavimento, e Rachel lo trattenne.
“Che cosa è successo? Rispondi, avanti!”
Era terrorizzata. Non poteva essere accaduto veramente …
“I-il padrone è… è morto” sibilò Kreacher.
Lei lo lasciò andare di scatto,
come se avesse toccato un ferro incandescente.
Improvvisamente il rumore della
pioggia scrosciante intorno a lei sparì. Non sentiva
più nulla, a parte un cupo
fischio all’interno della propria testa. Aveva la netta
sensazione che il suo
cuore si fosse fermato.
Quello che provava era
indescrivibile. Sentiva un immenso dolore fisico, come se qualcuno la
stesse
stritolando con una tenaglia, impedendole di respirare.
Tuttavia non voleva ancora
accettarlo. Non era possibile. Era sicura che da un momento
all’altro Regulus
si sarebbe Materializzato proprio lì, come aveva sempre
fatto, sano e salvo, ma
più trascorrevano i minuti più si rendeva conto
che non sarebbe arrivato mai.
Ma non voleva ancora abbandonarsi
alla disperazione. In quel momento la lettera che teneva stretta in
mano le
parve l’ultima ancora cui si sarebbe potuta aggrappare,
l’ultima cosa che le
restava di lui.
Impiegò parecchio tempo ad aprire la busta, perché le mani le tremavano e la vista era appannata dalle lacrime che le riempivano gli occhi, ma che ancora non riuscivano a scendere, come se fossero state congelate. Infine distese il foglio di pergamena e cominciò a leggere; ogni parola le procurava una fitta al cuore e le lacrime furono libere di scenderle lungo il viso.
Rachel,
mi dispiace di non averti detto che non ci
saremmo più rivisti, ma non potevo. Molto probabilmente,
quando leggerai questa
lettera, sarò già morto.
Preferisco non pensare a come reagirai.
Non
ho nessuna intenzione di farti soffrire e spero che non mi odierai per
questo.
Sappi solo che chiunque tentasse di fare come me, la sua morte sarebbe
inevitabile. Non ho voluto chiedere a qualcun altro di morire al posto
mio.
Prima o poi lo capirai anche tu.
Non so nemmeno cosa dire per aiutarti,
perché in questo momento ho davvero tanta paura e non so se
riuscirò ad andare
fino in fondo.
Avrei voluto passare tutta la vita con te,
ma quando sono diventato un Mangiamorte mi sono condannato da solo.
Non fare sciocchezze, per favore. Ho
ancora
bisogno di te.
Ieri sono entrato a casa tua e ho messo un
biglietto per Silente sotto il comodino della tua camera. Non leggerlo,
devi
solo consegnarglielo. Riguarda quello che ho scoperto su Voldemort.
Secondo, a me Sirius non ha creduto quando
gliel’ho detto, ma forse a te darà più
retta. Peter Minus è un Mangiamorte.
Devi dirlo a Sirius, prima che il suo amico faccia danni irreparabili.
So che adesso sarai disperata e furiosa al
tempo stesso, e hai ragione, ma questo riguarda il futuro di tutti. Tu
sei
forte e puoi farcela, altrimenti non ti avrei chiesto di aiutarmi.
Ora che devo andare, penserò a
te tutto
il
tempo. Sei stata tu a darmi il coraggio necessario ad affrontare tutto
questo.
Grazie per avermi reso davvero felice in questi ultimi mesi. Sono stati
i più
belli della mia vita.
Regulus
PS:
scusami per aver voluto evitare che
questa lettera sia letta da qualcun altro.
Un attimo dopo la lettera, completamente zuppa di lacrime, prese fuoco per magia. Rimase solo un mucchietto di cenere ai piedi di Rachel, che non poté fare a meno di sentirsi come se lo avesse perso una seconda volta.
Come poteva pretendere che lei
accettasse tutto ciò senza reagire? L’aveva messa
davanti al fatto compiuto,
quando lei gli aveva promesso che sarebbe rimasta sempre al suo fianco.
Era vero che prima o poi avrebbe
capito il suo sacrificio, ma non in quel momento. Rachel voleva solo
poter
tornare indietro e impedirgli di andarsene.
In preda alla disperazione, si lasciò cadere in ginocchio sulla sabbia, il viso nascosto tra le mani, desiderando con tutto il cuore di restare così per sempre, ignara dell’uragano. Ormai sapeva che non c’era più nessuna speranza.
La gola le bruciava per i singhiozzi che non riusciva a trattenere e intanto nella sua mente un centinaio di voci urlavano tutto il suo dolore.
“Reg, perché l’hai fatto?” gemette sottovoce, come se lui le fosse talmente vicino da poterla sentire.
Non sapeva se Kreacher fosse ancora lì o se ne fosse già andato via, non sapeva nemmeno dove si trovasse in quel momento. Ormai il resto del mondo non le interessava più.
Non è vero che
sono forte, pensò. Senza
di te non posso sopravvivere.
L’unica cosa che avrebbe voluto
in quel momento era morire il prima possibile, perché era un
dolore troppo
grande per essere sopportato.
Perché mi hai
lasciato? Lo sai che non avrò mai il tuo stesso coraggio.
Non voglio vivere ma ho paura di morire. Che cosa faccio adesso?
Non avrebbe mai più potuto toccarlo, abbracciarlo o anche soltanto vederlo, cose che neanche prima le erano sembrate scontate, e ora che aveva perso quelle possibilità le desiderava ancora di più.
Un odio profondo, che non aveva
mai provato in vita sua, la invase al pensiero del vero responsabile
della
morte di Regulus. Era tutta colpa di Voldemort. Era stato lui a dare il
via a
quella dannata guerra, a gettare nel terrore tutta la
comunità magica, a
uccidere tutta quella gente.
Non è giusto,
pensò, sempre più disperata. Voldemort
meritava di morire, non Regulus.
Il rombo di un tuono fece
scuotere le pareti della villa alle sue spalle, ma lei rimase
indifferente.
Ti prego, fa’
che mi colpisca un fulmine. Non ce la faccio…
Invece non accadde nulla di tutto
ciò. Un attimo dopo si sentì circondare da un
paio di braccia delicate, ma
continuò a piangere senza fare caso a cosa le diceva sua
madre.
Nessuno avrebbe mai potuto capire
come si sentiva in quel momento. Le tornavano in mente soltanto i
ricordi degli
ultimi anni, rendendosi disperatamente conto che Regulus era sempre
stato parte
integrante della sua vita.
Ora invece non aveva la più pallida idea di come andare avanti.
*Angolo autrice*
Mamma
mia, forse questo capitolo
è stato ancora peggio dell’altro. Il prossimo
sarà il penultimo, a proposito.
Comunque, se la cosa può
consolarvi, mi è venuta in mente un’altra storia
alternativa in cui Regulus non
muore. L’idea me l’ha data Alohomora e ora
comincerò a pensarci sul serio.
MEISSA_S
(grazie, anche io odio
Alohomora (ciao,
grazie ancora per la pazienza che hai avuto
per sopportarmi! Poi ti farò sapere quando avrò
ideato per bene la storia
alternativa)
Basta_MarySue
(hai proprio ragione, bastava un niente per
farlo salvare…)
Dirkfelpy89
(grazie mille, sapere che almeno l’ho scritta
bene mi risolleva un po’ il morale)
LMP
(in effetti, anche se è colpa sua, il fatto di aver
perso due figli deve aver distrutto Walburga… non vorrei
proprio essere al suo
posto, anche se io al suo posto non mi sarei comportata come lei.
Però è vero,
è un fallimento tremendo per qualsiasi genitore)
lyrapotter
(bè, sì, se non fosse stato per la pessima idea
della Rowling, Regulus sarebbe stato ancora vivo. Ma come ho
già detto, ne
scriverò un’altra che non seguirà la
storia originale, anche se devo ancora
decidere parecchie cosette…)
Pervinca Potter
97 (mi fa piacere che tu non abbia protestato,
anche se non sono d’accordo con
_Mary
(anche io, mentre scrivevo la ff, mi sono affezionata
sempre di più a Regulus, e scrivere questi capitoli mi ha
letteralmente
distrutta…)