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Autore: belle_delamb    03/01/2017    3 recensioni
Ecco una raccolta di storie su quanto possa essere oscuro l’amore, soprattutto se interviene la magia. Fate innamorate di mortali, ragazze tanto gelose da uccidere, scienziati desiderosi di creare la moglie perfetta, antiche maledizioni, uomini dei sogni oppure usciti da un qualche libro e tanto altro.
Partecipa al Challenge: Mal d’amore challenge
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era la terza volta quella settimana che facevo quel sogno. Lui, l’uomo dei miei sogni, era sempre lo stesso, alto, dai folti capelli neri e dalle labbra carnose, bello oltre ogni definizione. Si avvicinava ogni volta con la stessa sfrontatezza e vinceva sempre le mie resistenze senza una parola, spingendomi contro il muro e baciandomi, con forza bruta ma gradita. Il sogno finiva così, a metà. Quella notte però successe qualcosa di diverso, lui si bloccò e mi sorrise.
-Ho bisogno del tuo aiuto, Miriam, ho assolutamente bisogno che tu prenda la collana che troverai sotto la terza mattonella partendo dalla parete a destra della tua stanza. Quando l’avrai trovata spediscila all’indirizzo che vedrai sul foglietto che c’è con essa-
Riaprii gli occhi, turbata da quel sogno. Possibile che ci fosse qualcosa di vero in esso? Follia anche solo pensarlo, eppure qualcosa mi spinse ad ubbidire all’uomo che avevo sognato. Quale fu la mia sorpresa quando scoprii che la mattonella che aveva indicato si poteva alzare e che sotto di essa c’era veramente una collana con un biglietto sul quale si poteva leggere un indirizzo scritto a mano. Mi ritrovai così a non sapere cosa fare. Provare a mandare la collana? Oppure fingere che non fosse mai successo nulla e rimetterla dove l’avevo trovata? Ci meditai un attimo, poi annuii, perché non fare un tentativo in fondo? Al massimo non sarebbe arrivata a nessuna destinazione.

Quella mattina andai a lezione con una certa inquietudine. Prima di arrivare all’università ero passata a spedire la collana e avevo scritto nella lettera, che avevo allegato ad essa, di essere la nuova inquilina dell’appartamento in cui l’avevo trovata e che avendo visto il foglietto con l’indirizzo avevo ipotizzato che la collana appartenesse a qualche abitante di quel luogo. Chiedevo cortesemente di farmi sapere se la mia ipotesi era corretta. Pensando alla lettera presi posto in fondo all’aula. Il mio cellulare vibrò nello stesso istante. Era Mark, il mio ragazzo. Feci una smorfia. I primi tempi, quando tradivamo il suo amico Jonathan, erano stati eccitanti, ma ora tutto aveva perso il suo spessore e lui non faceva altro che parlare della sua ex. Gli risposi rapidamente, prima di concentrarmi sulle parole del professore. Stava parlando di Shakespeare. Improvvisamente mi chiesi, e non era la prima volta, se avessi scelto la strada giusta. Studiare lettere mi piaceva, certo, ma non mi sentivo a mio agio lì, proprio come non la ero stata a giurisprudenza e a lingue. Sospirai. Forse avrei dovuto provare le materie scientifiche. Biologia o chimica oppure, perché no, ingegneria. Come dirlo però a mio padre? Non volevo dargli l’ennesima delusione. Sospirai e mi ritrovai a ripensare al sogno fatto, all’uomo che mi aveva dato un brivido che non provavo da quando io e Mark eravamo amanti clandestini. Non riuscendo a concentrarmi decisi di alzarmi e andare a fare un giro. Proprio mentre camminavo per i corridoi della facoltà, lo sguardo perso nel vuoto, incontrai Jill, la mia compagna di corso, che arrivava con respiro affannoso.
-Sono in ritardo?- mi chiese.
-Non ti sei persa nulla-
Lei traballò sui tacchi alti, quindi si risistemò lo zainetto viola sulle spalle, un residuo del liceo probabilmente. –Stai andando via?-
-Non m’interessa e poi … ho fatto di nuovo quel sogno-
Lei inarcò le sopracciglia sorpresa, poi annuì. –Quell’uomo?-
-Esatto e c’è di più, se mi accompagni al bar ti racconto-
Jill parve un attimo indecisa, poi acconsentì. Andammo al bar di fronte all’università e ci accomodammo in un tavolino in disparte, in modo tale che i nostri discorsi fossero lontani da orecchie indiscrete.
-Tu non crederai alla storia della collana- fu la reazione di Jill al mio racconto.
-Non puoi negare che questa storia sia strana-
-Bizzarra, certo, ma questo non vuol dire che quell’uomo fosse reale- sospirò –piuttosto le cose con Mark come vanno?-
-Perché me lo chiedi?-
-Perché forse il problema non è l’uomo dei sogni, ma il fatto che tu non riesca a stare con un ragazzo senza tradirlo con un altro-
-Avresti dovuto studiare psicologia, lo sai?-
-Ora aggredisci perché ti senti scoperta- esclamò con sguardo vittorioso.
Sì, proprio una psicologa mancata, comunque era ancora in tempo per seguire la sua strada e soprattutto per lasciare stare la mia.
- Mark è un bravo ragazzo dopotutto e ti ama molto, dovresti dargli una possibilità-
-E secondo te cosa sto facendo?-
-Una possibilità vera intendo-
Mi alzai, infastidita da quello che Jill stava insinuando. –Questa chiacchierata mi ha fatto molto piacere, ma ora devo andare-
-Pensa a quello che ti ho detto-
-Certo, certo- dissi dirigendomi verso l’uscita.

Quella notte lo sognai ancora. Mi venne incontro come al solito, mi spinse contro il muro e lo baciai. Questa volta fui io a parlare.
-Ho mandato la collana- dissi.
Lui sorrise mostrandomi i denti bianchi. –Bene- e tentò di baciarmi.
-Fermo- dissi, spingendolo via –voglio sapere chi sei-
-Chi sono io? Non mi riconosci? Vengo ogni notte da te, non dovrei essere più uno sconosciuto-
-Chi sei?- ripetei con voce che non ammetteva repliche.
- Robert – si presentò con un profondo inchino –per servirti-
-Non mi basta un nome-
-Ma noi siamo un nome, cosa dovrei dirti di più?-
Solo un nome … odioso ma vero. –Almeno mi puoi dire per chi era quella collana?-
- Un’amica, gliel’ho semplicemente restituita-
-Tu abiti nella mia casa?- domandai con esitazione, temendo la risposta.
-Abitavo- mi corresse.
-Cosa vuol dire?-
-Prima di morire abitavo lì- puntualizzò e i miei dubbi divennero conferme. Mio padre mi aveva proprio trovato decisamente un bell’alloggio.
-Spero che tu non sia morto proprio nella stanza in cui dormo io- mormorai.
-Oh no, non temere, e poi non sono uno spirito vendicativo, al contrario- mi accarezzò la guancia.
-Se non sei rimasto per vendicarti allora perché sei qui?-
-Sinceramente non lo so, forse alcuni vanno avanti e altri rimangono qui, io sono sempre stato uno attaccato al passato-
-E come mai mi appari nei sogni?-
-Non so rispondere neppure a questo … mi hai forse preso per un’enciclopedia?- rise come se fosse la battuta più divertente del mondo.
Io rimasi muta, tra lo spaventato e il confuso. Doveva essere solo un sogno, non poteva esserci nulla di reale in quella folle storia. Forse avevo sognato anche la collana. Sì, doveva essere andata proprio così, altrimenti tutta quella storia proprio non si spiegava.
-So solo che sono qui e che mi sento vivo per davvero, forse per la prima volta nella mia vita-
A quel punto la sveglia cominciò a suonare, potevo sentirne con precisione il suono. –Non ora- mormorai.
-Non temere, tornerò- disse, prima di sparire nella nebbia.
Mi svegliai nel mio letto. Doveva essere stato solo un sogno, per forza. Mi misi seduta. Forse davo troppa importanza a quei sogni. Mi misi in piedi e iniziai a prepararmi. Mi stavo infilando la maglietta quando mi venne una folle idea. Rapida corsi al computer e lo accesi. Appena mi si aprì la pagina internet digitai il nome Robert e l’indirizzo del mio appartamento, quindi premetti invio e incrociai le dita, con la folle speranza che quel tentativo avrebbe dato i suoi frutti. Ed effettivamente qualcosa trovai. La pagina web si riempì di una serie di titoli. Aprii il primo e lessi rapidamente. Si trattava di un articolo di parecchi anni prima che parlava della morte di una coppia di fidanzati proprio nell’appartamento in cui stavo io. Entrambi erano morti per delle fughe di gas la cui origine non era chiara, comunque tutti i siti che aprii erano concordi nell’affermare che si era trattato di un incidente, o almeno che non erano state trovate prove di un intervento umano in quella faccenda. Cliccai su una delle fotografie per ingrandirle e potei vedere Robert abbracciato a una ragazza bionda dai grandi occhi azzurri. Quindi quella era la sua fidanzata. Sentii una stretta allo stomaco, era forse gelosia? Mi ricordava vagamente l’ex di Mark e questo non mi piaceva. Chiusi il computer e finii di prepararmi.

-A cosa stai pensando?-
-A nulla- dissi, continuando il bacio che Mark aveva interrotto.
-Ehi- disse lui allontanandomi –prima mi dici che succede e poi continuiamo-
-Non c’è nulla che non va- mi sforzai di sorridere.
-Ormai è da qualche giorno che ti vedo strana-
Forse non avrei dovuto tradire il tuo amico per te, pensai. Ovviamente mi limitai a scuotere la testa. –Sono solo un po’ stanca-
-Tutto qua?-
Annuii. – Cos’altro ci dovrebbe essere?-
-Non so, volevo solo esserne sicuro-
Mi rigettai su di lui, baciandolo. In realtà mentre le mie labbra si muovevano sulle sue il mio pensiero era molto lontano da lì, in un’altra realtà, tra le braccia di un altro, un uomo morto e sepolto.
-Aspetta-
Buttai indietro la testa e sospirai. –Non mi piace aspettare e lo sai bene-
-Questa sera i miei non ci sono-
Annuii. E a me cosa cambiava?
-Magari potresti venire da me, potremmo anche dormire insieme-
Passare la nottata lontana dal mio appartamento? Rischiare che Robert non venisse a trovarmi? Mi piaceva Mark, ma non fino a quel punto. –Penso che sia meglio non lasciare vuoto il mio alloggio, non vorrei che entrassero i ladri-
-Allora posso venire io da te-
Restai un attimo in silenzio prima di comprendere che non esisteva nessuna obiezione sensata. –Okay- mi ritrovai a dire.
-Perfetto, vengo per le nove-
Annuii senza avere la forza di dire nulla.

Quella sera io e Mark andammo a dormire tardi. La sua presenza nel mio letto mi dava un certo fastidio, ma strinsi i denti e mi sforzai di non darlo a vedere.
Robert arrivò senza indugi. –Mi sei mancata- mi sussurrò –questa sera hai ritardato, sei in dolce compagnia?-
Sorrisi. –Ora sì- e lo baciai.
-Questa notte ho in mente una sorpresa- mi disse.
-Quale?-
Un attimo dopo ci trovavamo in un’enorme piazza con la torre Eiffel che brillava sopra di noi. La fissai ad occhi aperti. Ero stata in Francia solo una volta, anni prima. All’epoca la mia bambinaia, una delle tante, mi aveva portata a visitare la città mentre i miei si dilettavano in chissà quale attività. Ricordavo di essere stata sotto la torre Eiffel e di averne ammirato le forme con la fronte aggrottata, chiedendomi come fosse possibile che un ammasso di ferraglia attirasse tante persone. Ora lo comprendevo. Vederla così illuminata, non so, mi trasmetteva qualcosa.
-Ti piace?- chiese Robert al mio fianco.
-È meravigliosa- mormorai, il cuore in gola per la sorpresa.
-Ed è tutta per noi- disse e indicò un tavolino che parve apparso dal nulla –vogliamo sederci e bere qualcosa?-
Annuii, confusa ed euforica.
Robert mi precedette e tirò indietro la sedia per farmi sedere. Sorrisi, un vero gentiluomo. Mi accomodai.
-Cosa vorresti bere?-
-Non so, consigliami tu-
Un attimo dopo mi apparve di fronte un calice pieno di un liquido giallo e spumoso.
-Questo è un ottimo spumante- mi disse lui, con un sorriso, prendendo il calice analogo che era apparso di fronte a lui.
-Questo sta a me deciderlo- dissi, portandomi alle labbra il bicchiere. Devo ammettere che lo spumante mi piacque subito.
-È di tuo gradimento?-
-Abbastanza-
Robert bevve un lungo sorso, quindi sospirò. –Parigi, la mia città preferita-
-Anche la mia- dissi in un sussurrò.
-Davvero?-
-Sì, sarà perché quando eravamo a Parigi c’era Bea-
-E chi è? Se non sono indiscreto-
-Oh, era la mia bambinaia, una ragazza divertente, sapeva un sacco di cose, mi piaceva molto Bea-
-Siete rimaste in contatto?-
-Oh no!- esclamai, scuotendo la testa –Bea è andata via quando ero ancora piccola-
-Nulla di grave, spero-
-No, dopo un po’ se ne andavano tutte, papà non voleva che stessero molto, che mi affezionassi a loro-
-Quindi ne hai avute molte?-
-Troppe, non le ricordo neppure tutte- dissi, sforzandomi di sorridere –Bea, Hilary, Meg, Sally, erano così tante, tutte giovani, carine e cortesi- sussurrai. Tutte particolarmente legate a mio padre. Mi mordicchiai le labbra, ecco ciò che tutte avevano in comune, il legame con mio padre. Cercai di pensare ad altro.
-Deve essere stato difficile per te-
-Nemmeno troppo, alla fine erano come vaghe figure di passaggio, stavano un paio di mesi, sei al massimo e poi sparivano come se non fossero mai arrivate- sospirai. Non era doloroso parlarne, ma neppure piacevole, come se in qualche remoto angolo del mio cuore quella storia mi rattristasse.
In quel momento una musica invase l’aria. Robert si alzò e mi porse la mano. Sorrisi, sapendo cosa stava per succedere. Un attimo dopo ballavamo sotto la torre Eiffel illuminata.

-Miriam- mi chiamò una voce.
Aprii gli occhi controvoglia. Potevo ancora sentire il profumo di Robert e il calore di suoi corpi. Incontrare lo sguardo di Mark, tanto più che mi sembrava infuriato, mi fece sobbalzare.
-Chi è Robert?- mi chiese immediatamente.
Come poteva sapere di Robert? Possibile che avessi detto il suo nome nel sonno? –Non so, dimmelo tu-
-Un tuo amante probabilmente- ruggì, prendendomi per le spalle e scuotendomi.
-Lasciami, mi fai male- urlai, dibattendomi.
Lui mi lasciò e io sbattei con la schiena contro la spalliera del letto. –Pensavo che con me fosse diverso, ma tu non puoi cambiare- si alzò e si allontanò senza dire nulla.
Io rimasi immobile nel letto, tra il sollevato e l’infelice. Sobbalzai quando sentii la porta sbattere e attesi.

Più tardi vidi che avevo ricevuto una lettera. Non riconobbi il mittente per cui l’aprii e la lessi. Riguardava la collana che avevo spedito due giorni prima. Mi veniva comunicato che la collana era stata ricevuta e che la sorella di Sue era molto felice per averla ritrovata. Nulla d’altro. Presa da un’ispirazione improvvisa presi lo smartphone e ricercai il nome di Robert. Avevo ragione, Sue era il nome della fidanzata. Quella collana apparteneva a lei.

-Hai litigato con Mark?- mi chiese Jill, lo sguardo sgranato e la tazza di tè caldo tra le mani.
-Esatto e ora giurami di non prendermi per pazza-
Jill esitò, poi annuì.
Le raccontai rapidamente di Robert, dell’incidente che lo aveva ucciso, della lettera in risposta alla collana.
-Non hai detto nulla di Mark- mi fece notare lei.
-Non ha importanza ora-
-Sì invece, è di grande importanza ciò che pensi di lui-
Sospirai. Non capiva, non poteva capire, nessuno aveva mai capito.
-Lo chiamano amore conflittuale-
-Cosa?-
-Le tue relazioni, l’ho letto in uno dei libri di mio padre, è una teoria psicologica che dice che se si hanno avuti vari oggetti d’amori durante l’infanzia se ne hanno diversi anche da adulti e non ci si riesce ad accontentare-
La fissai un attimo senza parlare, non sapendo proprio cosa dire.
-Il tuo è un classico caso da manuale, genitori assenti e bambinaie troppo presenti-
-Forse hai ragione- acconsentii per poter spostare l’argomento su ciò che m’interessava maggiormente –ma adesso dobbiamo parlare di Robert -
-Mi dispiace dovertelo dire ma Robert è frutto della tua fantasia, il modo per trovare l’uomo perfetto e che tra un po’ non ti basterà più nemmeno lui-
Sospirai e mi alzai in piedi. –Mi dispiace, ma se non mi credi è inutile continuare questa conversazione- e me ne andai furiosa.

Quella notte chiesi a Robert di Bea.
-Era la mia fidanzata-
-L’amavi?-
-Mai come te-
E per il momento mi bastò.

Nei giorni seguenti cercai di evitare Jill. Quando ricevevo le sue chiamate le rifiutato e quando la vedevo all’università, cercavo di sedermi il più lontano possibile. Per quanto riguarda Mark mi capitò d’incontrarlo una volta. Ci fissammo un attimo, poi io proseguii dritta, fingendo di non sentire che mi stava chiamando. In quel momento avrei solo voluto essere tra le braccia di Robert.

-Mi sei mancato- gli sussurrai quella sera. Non l’avevo mai detto a nessuno prima.
-Anche tu mi sei mancata- mi disse lui, stringendomi a sé.
Restammo immobili, abbracciati, a farci da sfondo Praga innevata, così bella da sembrare irreale, ed effettivamente era irreale, appartenente a un sogno.
-Che ne dici di conoscerci un po’ più approfonditamente?- mi chiese Robert.
Mi sentii avvampare come ormai non succedeva più da anni.
-Scusa, non volevo imbarazzarti-
-Nulla- dissi io.
-Io sono disposto ad … -
Lo interruppi con un bacio. Certo che ero pronta, da molto tempo oramai. Iniziammo a spogliarci. Sentii il mio abito argentato scivolarmi lungo il corpo, quindi feci un balzo e gli cinsi la vita con le gambe, aggrappandomi a lui con tutta la mia forza. Lui mi depose su un enorme letto a baldacchino, quindi mi fu sopra.
-Sei mia, Miriam – mi sussurrò, con una voce che, chissà perché, mi fece rabbrividire.
Il suono del telefono invase il sogno. Mi sentii ghiacciare. No, non proprio in quel momento. Non potei impedire il risveglio.

- Miriam - era Jill.
-Che vuoi? Stavo dormendo- risposi, non nascondendo il fastidio.
-Mi spiace averti svegliata, ma è una cosa urgente- la voce sembrava agitata.
-Che cosa?-
-Si tratta di Robert -
Sospirai. –Dimmi-
-Ho parlato con il poliziotto che si è occupato dell’incidente-
-Tu cosa?-
-Non riattaccare, è importante, lui pensa che l’incidente sia stato provocato e non è tutto, la fidanzata di Robert aveva sporto una denuncia contro di lui, ritirata proprio il giorno precedente la loro morte-
-Una denuncia?-
-A quanto pare il fidanzato perfetto molestava la ragazza-
Non ci potevo credere. –Deve esserci una spiegazione-
-Io non so se credere o meno alla tua storia, Miriam, però promettimi che starai attenta-
-Attenta a cosa?- domandai –Non corro nessun pericolo- dissi, ma ormai neppure io ero troppo convinta di questo, nonostante non volessi darlo a vedere.
-Non so cosa stia succedendo, ma non sei la prima a dire di averlo sognato, ho parlato con il precedente proprietario di casa tua, dice che da quando aveva comprato la casa era tormentato dagli incubi-
Risi. –Credimi, i miei non sono incubi-
-Certo, tu sei una donna, ma con lui Robert era molto aggressivo, lo voleva uccidere-
-Impossibile- ma perché una parte di me non era così sconvolta e neppure sorpresa?
-Io non so davvero cosa sia vero e cosa no, ho l’impressione di stare per impazzire, ma ascoltami, la situazione è grave-
-Io credo in Robert – dissi con voce sicura, quindi riattaccai.

Inutile dire che fui tormentata tutto il giorno dai dubbi e che quella notte fermai Robert prima che mi abbracciasse.
-Un attimo, voglio che parliamo di una cosa- dissi, facendo un passo indietro.
-Tutto quello che vuoi-
E io gli dissi ciò che Jill mi aveva riferito. –Io non so a cosa credere- sussurrai.
Robert sospirò. –E se anche fosse?-
-Cosa vuoi dire?-
-Bea non era una santa, questo se lo dimenticano tutti-
Mi sentii gelare a quelle parole. –Sei stato tu?-
-Aveva giurato di amarmi, sai? Lo aveva detto così tante volte che alla fine mi aveva convinto- sbuffò, furioso –Mi ero innamorato veramente di lei, poi mi ha preferito l’altro-
-Sei stato tu?- ripetei.
-Se si fosse comportata meglio non sarebbe successo nulla-
Ora sì che Robert mi faceva paura.
-Ma tu non mi farai questo, vero? Altrimenti sarà la fine-
In quel momento mi piantai le unghie nei palmi delle mani con tutta la forza che avevo in corpo. Il dolore mi svegliò. Sbattei le palpebre disperata e osservai la stanza buia. Un attimo dopo chiamai Jill.

-Mi dispiace venire a casa tua a quest’ora- dissi, entrando quando Jill mi aprì la porta.
-Non importa- disse lei, facendosi da parte per farmi entrare.
-Non avrei saputo a chi altro rivolgermi e soprattutto non potevo aspettare fino a domani mattina-
Jill mi condusse in camera sua. Era una stanza piccola, con poster di cantanti che ricoprivano le pareti. –Accomodati dove vuoi-
Come se ci fossero molti posti. Mi accosciai sul letto. –Bella stanza- dissi, tentando di essere gentile.
-Grazie- si sedette sulla sedia della scrivania –ora dobbiamo capire come si annienta uno spirito-
-Non guardare me, io non ho mai visto un film horror in vita mia, non so neppure da dove s’inizi-
-Io conosco una persona che adora i film horror- mormorò Jill.
- Cos’aspetti a chiamarla allora?-
Lei sospirò. –Aspetta qua- si alzò e uscì dalla stanza.
-Io non intendevo immediatamente- dissi. Va bene la fretta, ma come poteva pretendere che una persona le rispondesse a quell’ora della notte? Era troppo tardi. Inaspettatamente Jill tornò in compagnia di un ragazzo dall’aria assonnata e dai capelli spettinati.
-Si può sapere p … - si fermò, la bocca spalancata, lo sguardo fisso su di me. Gli sorrisi, ben consapevole del mio fascino e dell’effetto che faceva sul ragazzo.
-Avremo bisogno del tuo aiuto- dissi.
-Al vostro servizio, fanciulle-

Spiegai rapidamente la situazione al fratello di Jill, che scoprii chiamarsi Jason, correlandola con molti sorrisi e sguardi languidi. La cosa funzionò alla perfezione.
-Signore, ammetto che è un caso difficile, ma non impossibile-
-Davvero?-
-Non esiste l’impossibile-
-Allora sono in ottime mani-
La soluzione però non era così semplice. –Gli spiriti restano legati ai luoghi in cui hanno lasciato qualcosa durante la loro vita-
-Questo cosa vuole dire?-
-Che dobbiamo cercare cos’ha lasciato a casa tua e che lo lega ad essa-
-E lo dobbiamo fare prima che io vada a dormire- non volevo più aver modo d’incontrare Robert, soprattutto dopo ciò che sapevo di lui.

Perquisimmo la mia casa da cima a fondo, cosa stavamo cercano non era chiaro, ma questo in fondo non aveva una grande importanza, lo avremmo capito non appena trovato.
-Non c’è nulla qua- urlò Jill dalla cucina.
-Deve essere qualcosa di evidente- precisò Jason, piegato sotto il mio letto.
Per sicurezza eliminammo tutto ciò che poteva trattenere lì Robert. E alla fine trovai un medaglione al cui interno c’erano delle ciocche di capelli e una scritta: Bea & Robert.
-Ecco cosa lo trattiene qua- esclamò Jason.
-A questo punto cosa facciamo?- chiesi.
-Bruciamo il medaglione e tutto sarà finito-
Lo bruciai personalmente e mi accertai che i capelli al suo interno ardessero fino a diventare cenere. –Meglio portarle fuori- dissi –tanto per essere sicuri-
Buttammo le ceneri il più lontano possibile dal mio appartamento, quindi ci congedammo. Io ero veramente stanca.
-Domani sei libera?- mi chiese Jason prima che ci separassimo.
-Certo-

Ho messo per iscritto questa storia per aiutare chiunque si trovi nella mia situazione, tra poco andrò a dormire senza più l’incubo di Robert.

L’appartamento sfortunato
Possibile che un appartamento porti sfortuna? Ieri mattina è stata trovata in fin di vita nel suo appartamento Miriam Liam, figlia dell’omonimo industriale. La giovane è morta poco dopo in ospedale. Chi l’ha assistita nei suoi ultimi attimi di vita dice che delirava, parlando di un uomo dei sogni. La causa della morte non è chiara, ma si sospetta una fuga di gas, lo stesso motivo che portò alla morte nello stesso luogo alcuni anni fa una coppia di fidanzati. Vi terremo aggiornati sugli sviluppi.

Note: Questo racconto partecipa al challenge Mal di challenge e parla dell’amore conflittuale
   
 
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