CICUTA
Stavo bene,
il mio mondo era fatto di alberi e
foglie.
Il verde e le stelle erano come la
purezza
di un cielo azzurro, potente nella
sua ingenuità.
C’ero io, solo, sulle sponde del
torrente
che porta verso l’eterna
incomprensione,
e c’eri tu, sull’altra sponda, mogia.
Chi dei due non ha saputo capire?
Che i fulmini di un temporale
rabbioso
distruggano questo paradiso, questo
Eden che non è mio!
Che il torrente esondi, e che mi
porti via,
ad annegare nel mare, o a naufragare
su un’isola deserta.
Che anche il cielo arda, dannato dal
suo blu profondo,
oppure che venga avvolto dal gelido
vento siberiano,
che lo stritoli, che ne annulli la
sua essenza.
Che la mia rabbia tracimi l’orlo del
mondo.
Un mondo che non si rispecchia su una
realtà precisa,
bensì fatta di piccole cose. Un
libro, una penna, un ricordo.
Un sorriso sincero, non
compassionevole come il tuo,
e solo ora lo comprendo, per la
miseria.
Forse, me lo sono immaginato; ma
certo che l’ho fatto,
la mia mente va oltre la realtà delle
cose.
Tu eri solo cosa astratta, cosa
spigolosa,
così che se provavo ad afferrarti mi
ferivo.
Lettere elevate a spada,
colpo mancino ed inaspettato come un
Giuda
che sulle guance porge il suo misero
bacio,
e la carne si lacera, mentre una
ferita dell’animo si squarcia.
Ed io, che ora sono ferito, e che mi
umilio davanti a te
per ciò che Dio sa che non ho fatto,
che non ho voluto.
E la tua mano gronda, non vedi? È
parte della mia vita
che scivola via… mi hai strappato
linfa vitale dal petto.
Ma ora lasciami andare, che il mio
piccolo mondo torni verde,
che alberi e vita primigenia tornino
ad essere la mia casa,
e che nulla, nessun suono, opera
scritta o parola
turbi la mia esistenza sempre più
deturpata.
Che l’esistenza metafisica torni ad
esser qualcosa di labile,
che dolore sia metafora e sinonimo di
un pizzico
di comprensione futura.
Che la mia follia, incompleta, mi
renda suo e mi culli,
che sia una madre che mi sfama con
albume d’uovo di serpe.
Un giorno, dopo un bicchiere di
cicuta,
sarà come se una testa ciondolasse
sul vuoto,
sull’indefinito di un’esistenza mai
realmente esistita.
NOTA DELL’AUTORE
Salve a tutti, carissimi e gentilissimi lettori!
Questo giovedì, offro alla vostra lettura questo bel
componimento, a mio avviso molto intenso. L’ho scritto durante un momento di
profondo sconforto, e ogni volta che lo rileggo mi sembra di saggiare
nuovamente sulla mia stessa pelle i sentimenti che ho provato in quel fatidico momento.
Spero che, nonostante la sua forza e la sua enfasi, forse un po’ eccessive, sia
stato di vostro gradimento.
Grazie di cuore per tutto, e buona giornata! A giovedì
prossimo.