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Autore: Betta7    23/01/2017    3 recensioni
La ragazza S. e il ragazzo A.
Il Destino è un mistero che ci avvolge completamente nelle sue mani e, tra due anime affini, niente può fermare il corso dell'Amore.
" Non riuscivo a pensare lucidamente e, anche se era piuttosto stupido e alquanto imbarazzante, non riuscivo neanche ad immaginare quanto sarebbe stata bella.
Stringevo tra le mani il pacchetto con la rosa all'interno e, riflesso su di esso, vidi Sana scendere dalle scale.
Mi sembrò che il mio cuore si fosse fermato e che, improvvisamente dopo qualche secondo, avesse ripreso a battere. "

" Appoggiai di nuovo la testa sulla sua spalla e mi lasciai portare da lui, e mi resi conto in quel preciso istante dell'enorme fiducia che riponevo in quel ragazzo.
Eravamo amici-nemici, da sempre, eppure non avrei affidato la mia vita in mano a nessun altro. "

Dopo University Life, un'altra storia su un rapporto ai limiti dell'impossibile, un passo separa l'Amicizia e l'Amore.
Ma il Destino sa sempre cosa fa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Natsumi Hayama/Nelly, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 16.
PAURA DI PERDERTI.


Pov Sana.

Mi sembrava di fluttuare in un mare profondo e azzurro. Non volevo aprire gli occhi, non volevo muovermi, non volevo fare nulla, volevo solo rimanere a crogiolarmi nella mia felicità. Ero così contenta. Non avevo mai immaginato che la felicità, l'appagamento, facessero quell'effetto.
Non mi mossi per non svegliare Akito. Sentivo ancora il suo respiro regolare, potevo percepire il movimento del suo petto che si alzava e abbassava. Volevo svegliarmi in quel modo tutte le mattine, preferibilmente evitando la parentesi sul pavimento del salotto, con l'uomo della mia vita accanto e il cuore che stava per scoppiarmi. Quando aprii gli occhi, invece, mi ritrovai Akito ad un centimetro di distanza che mi fissava insistentemente.
"Buon giorno anche a te!" esordii io, stampandogli un veloce bacio sulle labbra. Lui non ricambiò e già la cosa mi preoccupava. Si era pentito?
"Stai bene?". Non mi toccava nemmeno per sbaglio e capii che era perchè voleva il mio permesso. Ancora, dopo quello che avevamo fatto, dopo tutto quello che ci eravamo detti, temeva ancora che io potessi spaventarmi o, peggio, che quei gesti pieni di amore potessero riportarmi alla memoria altre mani.
Se non lo avessi già fatto, lo avrei sposato!
Gli sorrisi e lui continuò a guardarmi con fare incerto.
"Sto bene, Akito. Smettila di preoccuparti per me.". Il tono della mia voce era autoritario, ma comunque avevo tentato di essere il più dolce possibile: non volevo che si sentisse ferito.
"Bene." cominciò, baciandomi teneramente. "Perchè voglio il bis prima che ci alziamo!".
Scoppiammo a ridere, ero colpita dalla sua improvvisa audacia, e lo abbracciai mettendomi a cavalcioni su di lui.
"Mi aspettavo un po' più di resistenza da te." ammiccai. Volevo essere sensuale per lui, volevo che lui mi vedesse bella e attraente, ed era una sensazione che non avevo mai sperimentato prima.
Ci guardammo per qualche secondo, volevo solamente baciarlo e perdermi in lui, per dimenticare i casini e i drammi infiniti della mia vita. Mi avvicinai lentamente, continuando a guardarlo negli occhi, e lui poggiò le labbra sulla mia fronte. Amavo quel gesto, amavo quando cercava di infondermi tutto il suo appoggio, perchè lo rendeva diverso dal solito Akito.
Le sue labbra erano calde e umide e mi facevano pensare al nostro primo bacio ogni volta che le sfioravo. Allora sapevano di limone, erano un po' aspre, ma realizzai che non ero riuscita a staccarmi, e non per la sorpresa, come avevo sempre detto. Anche in quel momento erano state una calamita per me.
"Sana...". Quando lo sentii pronunciare il mio nome gli circondai il collo con le braccia e lui, di tutta risposta, mi afferrò per i fianchi e si mise sopra di me imprigionandomi immediatamente contro il materasso. Sentivo il calore del suo corpo attraverso la biancheria e l'aria cominciava a diventare pesante e densa.
Lo baciai furiosamente, le nostre lingue danzavano insieme e mi sembrava di morire, che il cuore mi sarebbe scoppiato dentro il petto. Lui non parlava, si limitava a tenere gli occhi fissi su di m mentre mi accarezzava il collo. Era lento, lo faceva di proposito a farmi impazzire, ma avrei ricambiato con la stessa moneta. Volevo che mi marchiasse, che lasciasse i segni di quel momento, perchè volevo essere sua, stavolta completamente. Avvolsi le dita in mezzo ai suoi capelli biondi e li tirai piano, il suo gemito mi disse che gli piaceva. Stare con Akito era catartico, mi portava fuori dalla mia dimensione di attrice e mi trasformava nella semplice ragazza di diciannove anni che ero.
"Ma come ho fatto per tutta la mia vita?" sussurrò lui, prima di slacciare il reggiseno, far scivolare le spalline per poi togliermelo e perderlo tra le lenzuola. Mi imbarazzava sempre essere nuda davanti a lui e mi sentivo le guance in fiamme, oltre che tutto il resto.
"Non devi vergognarti."
Mi guardò dritto negli occhi, sciogliendo ogni mio dubbio con il potere del suo sguardo. Volevo fare l'amore con lui, non potevo più aspettare e me ne fregavo della voglia di andarci piano e con i piedi di pombo.Volevo lui. E niente mi avrebbe impedito di andare fino in fondo.
Pensarlo era sicuramente più semplice che dirlo, ma lo desideravo più di quanto fosse umanamente possibile, non pensavo nemmeno che si potesse desiderare qualcuno così tanto.
Lui non si fermò, mi baciava con foga e a me mancava il respiro.
La mattinata passò tranquilla, tra baci e carezze, e per quei momenti mi sembrò che la vita avesse smesso di passarmi palle sbagliate.
Ovviamente, non sarebbe mai successo.
*
Guardai fuori dalla finestra e poi tornai in salotto, a crogiolarmi nella mia infelice condizione di attrice braccata dai giornalisti. Non accennavano a schiodarsi da fuori casa mia, era un continuo schiamazzo perchè litigavano per chi mi avrebbe intervistata per primo o per chi avrebbe scattato la prima foto.
Io li rispettavo, il loro era un lavoro come un altro e il giorno in cui avessero smesso di occuparsi della mia vita la mia carriera sarebbe finita, ma c'era un limite a tutto. Loro mi torturavano, non facevano altro che seguirmi e disturbarmi e io non ce la facevo più. Era come vivere con la continua consapevolezza che non ci fosse nulla di solo mio, perchè loro se ne appropriavano e, il più delle volte, lo distruggevano.
"Kurata?". Ma l'avrebbe smessa mai di chiamarmi in quel modo?
Lo vidi arrivare in salotto a piedi scalzi e a petto nudo. Da sotto l'elastico del pigiama si intravedevano i boxer. Mi si seccò la gola in un secondo.
"Sono ancora lì, eh?". Mi voltai a guardarli un'altra volta: qualcuno lo conoscevo anche.
"Si, non fanno altro che gridare! A volte vorrei mandarli al diavolo senza preoccuparmi dei loro giudizi."
Sospirai, esasperata da quella situazione. Akito si avvicinò a me e mi afferrò per i fianchi, intrecciando le mani dietro la mia schiena.
"Se vuoi, esco e li ammazzo di botte." scherzò. In realtà non era male come idea.
"Sono qui solo perchè ho abbandonato il film. Vorrano sapere i motivi."
Akito abbassò lo sguardo e mi accarezzò le punte dei capelli che gli toccavano le mani dietro le mie spalle.
"Pensi di fare qualche dichiarazione su quello che è successo?"
Gli occhi di Akito mi supplicavano, ma non sapevo come interpretare quella domanda. Voleva che lo facessi? Ma così tutti avrebbero saputo...
"Non lo so..." ammisi. "Non credo di volerlo. I giornalisti non mi lascerebbero più in pace."
Lui annuì, sapendo che avevo ragione. Mi abbracciò forte. Ero spaventata all'idea di programmare un'intera vita con Akito Hayama, la persona più complicata che avessi mai conosciuto.
Ce l'avremmo fatta?
Non volevo divorziare, in realtà non lo avevo mai voluto, nemmeno quando il nostro matrimonio era una finzione.
Il telefono di Akito squillò improvvisamente, lui lo prese dalla tasca senza smettere di abbracciarmi.
"E' l'università." disse aggrottando le sopracciglia.
"Rispondi, io vado a preparare il pranzo."
Schiacciò il pulsante verde e, prima di rispondere, si voltò a guardarmi con una faccia disgustata. "Non tagliarti Sana, ti prego."
Gli feci una linguaccia e mi diressi verso la cucina, vedendolo chiudersi in camera da letto per rispondere alla chiamata.

Pov Akito.

Risposi immediatamente dopo essere uscito dal salotto e aver lasciato Sana alla preparazione del pranzo, sperando di non ritrovarla con la pasta tra i capelli.
"Pronto?". Chiusi la porta della camera da letto, andando a sedermi sul puff che Sana aveva comprato contro la mia volontà.
"Signor Akito Hayama?". Era una donna, con una voce fastidiosamente squillante. "Sono la signorina Zenjishi, la chiamo dall'università."
"Si, mi dica.". Erano giorni che non mi presentavo a lezione, probabilmente voleva chiedermi il motivo, visto che c'era stato un seminario a cui avrei dovuto partecipare.
"L'ho chiamata perchè volevo informarla che lei, insieme ad altri cinque componenti del corso di Archeologia del Paleolitico di diverse università, è stato scelto per partecipare ad uno stage di un mese ad Osaka in cui avrà la possibilità di lavorare in un laboratorio di datazione reperti. Il professor Siroki ci ha pregato di dirle che è una possibilità da non sottovalutare."
Sospirai, sedendomi sul letto. Ci mancava solo quello! Sapevo che, se non avesi accettato, Siroki avrebbe anche potuto bocciarmi anche se avessi fatto un esame impeccabile. Ma, se avessi partecipato, Sana e Kaori sarebbero rimaste da sole per un mese intero, proprio nel momento in cui il mio rapporto con Sana stava migliorando.
"E devo confermare adesso?" chiesi, pensando che avrei voluto pensarci prima di dare la mia disponibilità.
"No, ma entro domani, per favore. Il laboratorio e il museo che vi seguiranno in questo progetto vogliono avere il numero preciso degli studenti partecipanti."
Annuii, un giorno sarebbe stato abbastanza per decidere e soprattutto per dirlo a Sana.
"Va bene, allora domani do la conferma, la ringrazio."
La segretaria mi salutò e chiusi la chiamata; buttai il telefono sul letto, non sapevo come comportarmi, se accettare o no.
Cazzo. Era una possibilità troppo vantaggiosa per lasciarmela sfuggire, ma non ero sicuro di voler lasciare Sana per tutto quel tempo. Però lei l'avrebbe fatto per il film, se non si fosse presentata quella complicazione che ero ancora indeciso se risolvere con un omicidio o con una denuncia, quindi perchè avrei dovuto rinunciarci?
"Akito?". Sana bussò alla porta, aprendola piano. "E' successo qualcosa?"
Scossi la testa. "No, mi hanno chiamato perchè sono stato scelto per uno stage in un laboratorio in collaborazione con un museo."
"Ma è una cosa meravigliosa!". Si gettò su di me, baciandomi e sorridendomi così tanto che pensai le si sarebbe rotta la mascella.
"Ad Osaka." puntualizzai. Il suo sguardo cambiò subito. "Per un mese." terminai, assestandole il colpo di grazia.
"Ah...". Abbassò gli occhi, fissandomi le labbra. Ma perchè faceva sempre così? Avrei perso la lucidità necessaria per affrontare quel discorso.
"Bè..." cominciò, per poi darmi un leggero bacio. "Mi mancherai tanto."
Non credevo che sarebbe stato così facile.
"Non devo andarci per forza."
"Si che devi. Il discorso del seguire le proprie passioni non vale solo per me."
Mi sorrise e io mi rilassai immediatamente, le cinsi la vita con le braccia stringendola ancora di più a me.
"Grazie." mi limitai a dire.
Ero eccitato, sarebbe stata un'esperienza incredibile, avrei esaminato un sacco di fossili che altrimenti non avrei avuto molte possibilità di vedere, se non dopo la laurea.
Ma lasciare Sana proprio in quel momento mi sembrava la cosa meno giusta da fare. Decisi comunque di non dargli troppo peso, o avrei passato un mese pieno di paranoie e dovevo concentrarmi sul mio lavoro perchè, se Sana aveva già un futuro e una carriera dall'età di quattro anni io, al contrario, avevo capito ciò che mi appassionava davvero poco prima di fare domanda all'università. Dovevo costruire la mia indipendenza.
Le sorrisi e le baciai il naso, sapevo quanto lo piacesse, e poi decidemmo di vestirci per andare a prendere Kaori.
Ma, quando ci alzammo dal letto, anche a Sana squillò il telefono.
Quanto volevo trasferirmi in un'isola deserta!

Pov Sana.

Guardai lo schermo del cellulare che lampeggiava sul comodino. Era Rei, ma non sapevo se rispondere o lasciarlo squillare a vuoto.
Akito mi passò il telefono, capendo la mia indecisione. "Rispondi." mi ordinò.
Pigiai il tasto verde e, senza neanche lasciarmi il tempo di parlare, Rei mi urlò di accendere la televisione.
"Perchè, che succede?". Andai verso la cucina, seguita da Akito.
"Tu fallo e basta."
Accesi la tv, come mi aveva chiesto, e rimasi sbigottita alla vista di Miyazaki che indiceva una conferenza stampa. Era su tutti i canali.
"La signora Kurata ha avuto le sue ragioni per decidere di abbandonare il mio progetto, ma senza di lei non ci sarà alcun film, quindi annuncio pubblicamente che voglio mettere da parte per un po' questa pellicola e attendere che Sana Kurata torni sui suoi passi, perchè è un attrice di talento e muoio dalla voglia di lavorare con lei."
Le sue parole mi investirono come un treno, era stato così dolce durante il nostro colloquio e mi dispiaceva deluderlo, visto che si era mostrato così disponibile nei miei confronti.
"E adesso viene la parte migliore." sentii dire a Rei dal telefono. Stava sogghignando.
"Ci dica, signor Miyazaki, è un caso che Shuzo Goro sia stato licenziato proprio subito dopo l'abbandono di Sana Kurata?"
Il sangue mi si gelò nelle vene. L'aveva licenziato.
"Si, è un puro caso. Io e il signor Goro abbiamo avuto una piccola divergenza d'opinione su come gestire il personaggio che avrebbe interpretato, quindi abbiamo preferito interrompere il nostro rapporto professionale. Adesso, nell'attesa della decisione, spero positiva, della signora Kurata, stiamo cercando qualcuno di più vicino alle mie esigenze, per così dire. Ma lo ribadisco: non vedrete mai questo film senza Sana Kurata, e io sono disposto ad aspettare tutto il tempo che lei vorrà. Ho tante altre sceneggiature già pronte per essere mandate alla casa cinematografica, attendere non sarà un problema."
Mi veniva da piangere. Aveva licenziato Goro per me, anche se aveva dissimulato la cosa. Ci teneva davvero che fossi la sua protagonista e la cosa mi faceva commuovere.
"Hai sentito? Lui vuole te! Sana dimmi che posso chiamare per dare la conferma della tua partecipazione!".
La voce di Rei era lontana, poi mi accorsi che era perchè il telefono era tra le mani di Akito che, subito, se lo portò all'orecchio.
"Sagami, ti richiama.". Chiuse la telefonata e spense la televisione davanti ai miei occhi.
"Cosa pensi?" gli chiesi, speranzosa che non mi attaccasse.
Lui si strizzò gli occhi con le mani e poi mi guardò.
"Penso che impazzirò nel vederti recitare in quel ruolo, ma il discorso di seguire le proprie passioni non vale solo per me.". Ripetè volutamente le mie parole di poco prima.
Non credevo di poterlo amare di più. "Devi accettare, Sana. Ho letto il copione, è una storia troppo profonda per finire tra le mani di qualche attricetta frivola. Sei tu Miya. E poi l'hai sentito il tizio qui... senza di te non ci sarà nessun film."
Mi rivolse un sorriso meraviglioso, cercando di infondermi tutta la fiducia che mi stava dando e io volevo solamente renderlo fiero di me. L'unico modo che avevo per farlo era partecipare a quel film e dimostrare a tutti che Sana Kurata era cresciuta non solo fisicamente ma anche e. soprattutto, artisticamente ed era pronta a dimostrarlo a tutti quelli che dicevano il contrario.

*
Ero stata contattata da una famosa azienda di lingeriè per essere il volto della loro nuova campagna, e avevo accettato approfittando dell'onda delle dichiarazioni di Miyazaki per trovare più ingaggi possibili. Erano giorni ormai che le mie giornate erano occupate tra le foto e preparativi della partenza di Akito che, anche se non lo davo a vedere, mi preoccupava abbastanza. La sua lontananza mi sembrava già insopportabile e non riuscivo nemmeno a pensare come sarebbe stato non vederlo per un mese intero.
"Mi raccomando Kurata, vai da Natsumi almeno una volta a settimana e porta con te Kaori. Assicurati che mio padre mangi, chiamalo ogni giorno se necessario e non incendiare casa, ti prego."
Akito continuava a darmi raccomandazioni da più di mezz'ora, e io continuavo ad ignorarlo. Mi aveva già riempito la testa con mille cose che avrei sicuramente dimenticato non appena lui avesse varcato la soglia e lasciato casa nostra.
Ci abbracciammo ancora, poi lui si staccò leggermente e mi stampò un bacio sulle labbra. Leggero, delicato, perchè sapevamo che, se avessimo cominciato a baciarci per davvero, non saremmo stati in grado di fermarci.
"Adesso vado." disse senza staccarsi.
"Vai."
Si avventò su di me con forza, chiudendo la porta alle mie spalle e baciandomi con foga, insinuandosi nella mia bocca come se gli fosse mancato l'ossigeno e io fossi stata l'unica in grado di dargliene un po'. Ricambiai il bacio, stringendomi a lui con tutta la forza che avevo in corpo tanto da conficcargli le unghie nel collo.
Mi accarezzò i capelli e mentre ci baciavamo sospirò ancora, come se si stesse trattenendo, e io avrei voluto chiudere a chiave la porta e non lasciarlo mai andare via.
Non potevo, quindi provai con tutta me stessa ad allontanarmi. Lui opponeva resistenza e a me venne da ridere, poi capì che facevo sul serio.
"Ho capito, va bene, me ne vado."
Aprii di nuovo la porta e lui prese la sua valigia, nel frattempo lanciata da qualche parte nell'ingresso, e finalmente uscì da casa. Lo guardai con gli occhi che mi si stavano riempiendo di lacrime. Mi sentivo ridicola, in fondo stava andando via per poco più di un mese, ma dopo tutto quello che avevamo affrontato stare senza di lui mi sembrava una tortura.
"Ci vediamo, Kurata.".
Salì sul taxi e andò via, lasciandomi solo con quello sguardo. Sarebbe stato quello sguardo a darmi la spinta per concentrarmi sul mio lavoro, perchè se Akito aveva finalmente trovato il suo punto di svolta, il mio era rappresentato da quel film e avrei dato tutta me stessa perchè fosse l'esperienza più stimolante della mia carriera.

Pov Akito.

Dopo due settimane lontano da Tokyo mi sentivo allo stesso tempo spensierato e preoccupato. Lo stage al laboratorio mi piaceva ogni giorno di più, i professori che se ne occupavano avevano solo belle parole per me e avevo capito che era proprio quello che volevo fare nella mia vita. D'altra parte però, la campagna pubblicitaria che Sana aveva appena terminato, mi stava creando non pochi problemi. Osaka era tapezzata dalle sue fotografie in lingerie, tutti potevano vedere mia moglie mezza nuda, e io non potevo far altro che calare la testa e tacere, perchè era il suo lavoro e non potevo interferire. In realtà, era proprio quello che volevo. Ogni giorno i miei compagni non facevano altro che fare apprezzamenti su di lei, li sentivo commentare il suo culo o le sue tette e cercavo di contenermi più che potevo, ma era difficile. Nessuno di loro sapeva che io e Sana eravamo sposati, avevano sentito del suo matrimonio ma, fondamentalmente, non avevano mai visto una mia immagine da nessuna parte.
Josuke e Hiroto entrarono nella mia stanza stringendo una bottiglia di vino tra le mani. Erano gli unici due che riuscivo a tollerare.
"Hayama, ma non ti rompi mai di fare l'imbronciato? Divertiti con noi ogni tanto!" disse Hiroto, accomodandosi sulla poltrona che avevo in camera. Josuke invece prese posto sul letto, accanto a me.
Gli lanciai un cuscino addosso e loro scoppiarono a ridere.
"Non avete di meglio da fare che rompere i coglioni a me?"
"Bè... effettivamente potremmo uscire e divertirci, ma non sia mai che lasciamo il signor Hayama a deprimersi da solo."
Fulminai con lo sguardo Josuke e lui smise subito di parlare.
"Ok, ok. La smetto. Ma tu dovresti scioglierti un po', divertiti! E' appena arrivato un pullman di modelle russe, noi pensiamo di buttarci. Tu che fai, ti unisci?"
Scossi la testa, e Hiroto si alzò dalla poltrona. "Non posso." risposi a denti stretti.
I ragazzi scoppiarono a ridere, ma io non avevo affatto voglia di ridere, volevo solo fare le valigie e tornare a casa. Sana mi mancava, e non riuscivo a pensare ad altro. In più, i commenti dei miei compagni mi stavano facendo impazzire.
Me la scoperei volentieri.
Chissà che tette.
Una troietta così... non la farei uscire dalla camera da letto per giorni.

E io non potevo dire niente. Non smettevano di parlare nemmeno per un attimo. Ryozo era il peggiore, non faceva altro che torturarmi perchè, anche se non capiva il motivo, si era accorto che le sue parole facevano scattare la mia rabbia. Il mio telefono squillò, mi fiondai a prenderlo dalla scrivania, e vidi che era Sana a chiamare.
Onestamente ero indeciso se risponderle o meno, non ero arrabbiato con lei ma mi infastidiva troppo il fatto che il suo lavoro mi mettesse in difficoltà. Comunque, dopo qualche squillo di troppo, pigiai il pulsante verde e portai il telefono all'orecchio.
"Pronto?" dissi, sperando di riuscire a nascondere il mio nervosismo.
"Ciao, straniero! Come sta andando la serata?"
La voce squillante di Sana mi colpì dritto al cuore, lei era tranquilla e serena, mentre io continuavo a crearmi problemi per qualcosa che dovevo solo imparare ad accettare.
Aprii la porta della mia stanza e andai nel corridoio, appoggiandomi al muro. "Abbastanza bene, e la tua?".
Non mi rispose subito e, nel frattempo, sentii un tonfo. "Sana, ma cosa stai combinando?".
Lei scoppiò a ridere, contagiandomi. "Scusami, Aki, sono appena tornata a casa e stavo cercando di togliermi le scarpe."
"E sei caduta, ovviamente." finii la frase per lei, sentendo la sua risata piena. Quanto mi mancava vederla ridere...
Non pensavo che tre settimane potessero sembrare così infinite quando ti manca qualcuno che ami.
"Sei strano, Hayama. Cosa è successo?".
Ammutolii all'istante, non riuscivo a dire nulla, perchè non capivo come potesse essere possibile che riuscisse a capire il mio stato d'animo anche a chilometri di distanza.
Comunque negai. "Nulla, perchè?".
La discussione si fece seria, e io sapevo già che sarebbe finita con un litigio.
"Nulla? Lo sento da qui che c'è qualcosa che non va."
"Giuro, Kurata, non è successo nulla."
Non sapevo cosa dirle, perchè in realtà non era davvero successo nulla, eppure non ero in grado di mettere da parte i miei pensieri.
"E' per le foto?". Rimasi in silenzio, ma lei aveva già capito tutto. "Avevi detto che ci avresti provato..." sussurrò Sana, e sentivo tutta la sua delusione.
"No... Senti Sana, non sono io che scelgo le persone con cui passare questo periodo, e mi sono ritrovato con gente che non fa altro che rompermi con dei commenti su di te e il fatto che la città sia tapezzata di cartelloni con le tue foto, mezza nuda, non aiuta di certo la situazione.". Buttai fuori tutto d'un fiato, senza pesare le parole e me ne pentii immediatamente. Dovevo smetterla di farla sentire in colpa per il suo lavoro!
"Che genere di commenti?".
Sbuffai, tirando indietro la testa sul muro. "Non ha importanza, Sana. Non voglio litigare o farti sentire in colpa, voglio solo che questo stage finisca e tornare a casa." conclusi infine, cercando di essere convincente.
Lei rimase il silenzio.
"Akito, che genere di commenti?" chiese di nuovo. Non potevo nasconderglielo nemmeno volendo, perchè avrebbe minato l'inizio del nostro rapporto.
"Commenti molto pesanti, Sana. Qui tutti sognano di entrare nelle tue mutande, lo capisci? Per me è estenuante!".
"Cerca di non ascoltarli allora!" urlò lei, agitandosi. Non volevo litigare, ma lei mi costringeva.
"E come dovrei fare esattamente? Tappandomi le orecchie? Devo lavorarci ogni dannato giorno con questi imbecilli! E anche se ti avevo promesso di provarci, non credo di esserci riuscito, ok?".
Sana non disse nulla, la mia sfuriata doveva averla colpita e soprattutto ferita, perchè non capitava spesso che lei restasse senza parole.
Mi sentivo un verme, per averla trattata in quel modo quando lei non si meritava affatto il mio atteggiamento rancoroso.
"No.. Sana, scusa..." sospirai.
"No, Akito, hai ragione. Non ci sei riuscito affatto."
Mi chiuse il telefono in faccia e io rimasi lì, appoggiato al muro, aspettando il momento in cui la mia vita sarebbe tornata alla normalità.


Pov Sana.

Ero esasperata. Stanca. Non riuscivo nemmeno a pensare lucidamente. Akito era arrabbiato con me, con me che non facevo altro che sacrificarmi per lui!
Lo avevo sposato, dannazione!
Mentre la mia vita sentimentale andava in pezzi, a Kaori venne la felice idea di mettersi a piangere, quindi mi fiondai nella sua camera e la presi in braccio, cercando di calmarla.
Le diedi il ciuccio e lei sembrò smettere, quindi andai a sedermi sul divano, mentre la cullavo dolcemente.
"Cosa devo fare con tuo zio, piccolina?".
Lei mi guardò con quegli occhioni ambrati, quasi uguali a quelli di Akito. Quasi, perchè i suoi erano leggermente più scuri mentre quelli dello zio molto più tendenti al color miele.
Sbuffai. Aspettavo una chiamata da Rei che, ovviamente, non si decideva ad arrivare. L'azienda che mi aveva ingaggiato per la campagna pubblicitaria di intimo mi aveva proposto un secondo servizio fotografico non appena avessero preparato la collezione primaverile, fra un mese o due, quindi Rei doveva confermarmi o meno la loro richiesta.
Arrivai alla conclusione che il mio lavoro sarebbe stato sempre un problema tra me e Akito, un enorme macigno che rischiava di caderci addosso e di schiacciare il nostro rapporto. Non potevo rinunciare ai miei sogni, nemmeno per l'amore che provavo per lui, e mi sembrava quasi di essere egoista. Ma, cosa c'era di male nell'avere degli obiettivi? Lui ne aveva tanti, e anch'io dovevo sentirmi appagata.
Perchè non lo capiva? Cos'era che lo rendeva così insicuro?
Forse pensava che non lo amassi abbastanza. Ma io lo amavo, e tanto, e non sopportavo che lui pensasse il contrario. Non era stato forse a causa del troppo amore che avevo deciso di sposarlo e di fare da madre a sua nipote e, non era per lo stesso motivo, che non avevo pensato neanche per un attimo a chiedergli di rinunciare a questa opportunità ad Osaka, nonostante sapessi che sarei restata sola a gestire una bambina di pochi mesi? Quando si ama la felicità della persona che ti sta vicino ha la priorità, possibile che Akito non capiva che il mio lavoro era parte di me e che avevo voglia di dimostrare che i ruoli che mi venivano assegnati esulavano dal mio aspetto fisico, perchè dietro c'erano stati sacrifici, rinunce e tanto studio.
Kaori si era quasi addormentata, le sfiorai la guancia paffuta e sentii la sua pelle liscia contro le mie dita.
"Oh, tesoro... cosa posso fare? Devo andare da lui?".
Quando le feci quella domanda, anche se stava dormendo, Kaori emise un suono che la mia mente interpretò come un si.
Non dovevo perdere tempo.

*

Ci avevo impiegato letteralmente una vita ad arrivare ad Osaka, avevo dovuto lasciare Kaori a casa di mia madre e poi recuperare il necessario per passare almeno tre giorni fuori casa.

Mi sentivo nervosa in modo quasi imbarazzante, non sapevo se ad Akito avrebbe fatto piacere vedermi o se si sarebbe arrabbiato perchè non lo avevo avvertito.
Rei mi aveva fatto milioni di storie perchè voleva accompagnarmi, ma in macchina ci avrei impigegato il doppio del tempo e in più avrei dovuto sentire le sue ramanzine indesiderate. Arrivata alla stazione di Tocho Mae, cercai l'uscita più vicina e provai a trovare un taxi, che si accostò davanti a me pochi minuti dopo.
"Mido-Suji, blocco 15, per favore."
Il taxista mi sorrise e avviò il tassametro. Non era tardi, le settedi sera passate, e l'indirizzo dell'hotel di Akito era abbastanza distante dalla stazione. Quello mi diede il tempo di riflettere un po' sul da farsi, su come presentarmi davanti a lui e come spiegargli il motivo della mia visita.
La città di sera era stupenda, ci ero stata tante volte ma sempre per lavoro quindi non mi ero mai soffermata a guardare la sua bellezza.
Quando arrivammo a destinazione pagai la corsa e salutai il tassista, ritrovandomi davanti l'imponente edificio. Ero terrorizzata, ma dovevo farmi coraggio, perchè dovevo assolutamente salvare il nostro matrimonio.
Entrai in albergo e andai verso la reception, mentre una signora seduta su una poltroncina mi fissava, come se si stesse chiedendo se ero veramente io o se mi stava scambiando per qualcun'altra.
"Buona sera signorina." dissi alla ragazza annoiata che, non appena mi vide, sfoderò il suo miglior sorriso.
"Ma... ma tu sei...?" urlò, battendo le mani come una ragazzina.
"Ti prego, ti prego! Non urlare, non voglio che qualche giornalista arrivi qui a rovinarmi la serata.".
Kiki, così diceva il suo cartellino, si zittì immediatamente ma continuò a sorridermi. "Certo, tutto quello che vuoi! Cosa posso fare per te? Posso darti del tu, vero?"
Era dolce, quindi ricambiai il sorriso e parlai a bassa voce, cercando di non farmi sentire dal gruppo di ragazzi che stavano nella hall e che continuavano a fissarmi.
Forse erano quelli i compagni di Akito.
"Quei ragazzi sono i partecipanti al progetto di archeologia?".
Lei annuì, guardandoli, poi aggrottò le sopracciglia. "Si, ma credo ne manchi uno: un biondino davvero niente male." sussurrò Kiki. Mi venne istintavamente da ridere.
"Hai bisogno di qualcos'altro?" mi chiese Kiki, mentre io fissavo quei ragazzi che a poco a poco si andavano avvicinando.
"No, va bene così per adesso..." dissi allontanandomi per sedermi al bar adiacente alla reception.
Mentre sorseggiavo il mio drink vidi il gruppo di ragazzi avvicinarsi al bar, ordinare e poi sedersi intorno ad un tavolo. Li osservai per un po' e notai che oltre ad Akito mancava qualche altro componente del gruppo. Mi feci coraggio e decisi di avvicinarmi con finta noncuranza. Gli passai vicino, studiando ogni mio movimento, ordinai un altro analcolico e mi sedetti allo sgabello, accavallando le gambe, lasciate un po' scoperte dal vestito. Alcuni di loro mi guardarono in modo lascivo e quando mi riconobbero gli apprezzamenti pesanti si sprecarono, credendo di non essere sentiti. Adesso capivo Akito, doveva assere difficile per lui controllare la rabbia e fare l'indifferente, sentendo quei commenti piccanti su di me. Uno di loro si avvicinò a me e mi disse che lui ed i suoi amici avrebbero avuto piacere se avessi accettato di sedermi con loro. Era incredibile l'effetto che la notorietà avesse sulle persone, portandole a distorcere la realtà: per loro ero una ragazza da copertina, un oggetto delle loro più intime fantasie, non mi avrebbero mai visto come Sana Kurata, una semplice ragazza, ma solo come l'immagine di un cartellone pubblicitario o di uno spot. Cominciarono a riempirmi di domande e io gli raccontai che quel viaggio fuori porta non era previsto, ma avevo deciso di rimandare vari impegni lavorativi per fare una sorpresa a mio marito, perché erano, ormai, tre settimane che eravamo lontani. Uno di loro si fece coraggio e mi domandò cosa ci avesse spinti a sposarci così giovani. Uno dei ragazzzi che non aveva smesso di farmi i raggi x da quando ero arrivata, non perse occasione per fare una battuta offensiva, affermando che era più che evidente il motivo per cui mio marito avesse voluto sposarmi, accompagnando queste affermazioni, con gesti molto eloquenti. Lo fulminai con lo sguardo e gli dissi che era questo il motivo per cui si sarebbe dovuto accontentare di una semplice immagine, mentre mio marito avrebbe avuto la versione in carne ed ossa. Mentre gli altri ragazzi si scusavano per il comportamento inopportuno del loro amico, sentii il rumore delle porte dell'ascensore che si aprivano e, da quelle uscì un Akito con la faccia imbronciata e annoiata. Quando i nostri occhi si incrociarono il cuore cominciò a martellarmi nel petto e, immediatamente, mi alzai per corrergli incontro. Mi strinse forte, mi sollevò da terra e mi baciò. Quando si accorse che il mio vestito, nella foga del momento, si era alzato, mi mise a terra e riprendemmo coscienza che non eravamo soli, diversi occhi ci fissavano. Akito mi presentò e decidemmo di restare a cenare con loro, nonostante cercasse ogni scusa per potermi sfiorare, per realizzare che ero lì, finalmente, in carne e ossa. A fine serata l'atmosfera era ormai rilassata e, quando Akito mi strinse la mano, capii che era arrivato il momento di ritirarci in camera, finalmente.
In ascensore, quando ci ritrovammo da soli, mi voltai di colpo, incrociando i suoi occhi dopo ben tre settimane di tortura. Gli gettai le braccia al collo, baciandolo con foga.
Mi aggrappai a lui con tutta la forza che avevo, e me ne fregavo se la gonna mi lasciava praticamente quasi nuda, me ne fregavo che i giornalisti avrebbero assediato l'albergo entro un'ora al massimo, volevo solo stringermi ad Akito senza preoccuparmi dei miei o dei suoi problemi. Eravamo solo io e Akito, il resto del mondo non mi importava.
"Ma che cosa ci fai qui?" mi chiese lui, scostandosi leggermente tanto da potermi guardare negli occhi.
"Sono venuta per un certo biondino di cui la receptionist è segretamente innamorata." bisbigliai, a pochi centimetri dalla sua bocca.
Pochi minuti dopo eravamo in camera sua. A giudicare da come mi aveva accolta doveva essere felice di vedermi, ma forse era solo l'euforia del momento e mi avrebbe scagliato addosso tutta la sua ira non appena avesse realizzato che ero lì per farmi perdonare.
Perdonare cosa, poi? Non lo sapevo.
Si avvicinò mentre io mi distendevo sul suo letto, piccolissimo rispetto a quello di casa nostra, e mi stiracchiavo cercando di sciogliere i nodi alla schiena dovuti al viaggio stancante.
Me lo ritrovai improvvisamente addosso, troneggiava su di me in tutta la sua bellezza, e io mi sentivo così spaventata da ciò che avrebbe potuto dire. Non eravamo ancora in grado di definire a pieno la nostra storia, insomma ci amavamo, ma non eravamo di certo bravi ad essere marito e moglie.
Non ancora, almeno.
"Quindi... ti sei fatta quattro ore di treno solo per venire a trovarmi?". Si sporse verso di me e mi diede un bacio a fior di labbra. Io annuii, sorridendo mentre le nostre bocche si sfioravano.
"Mi mancavi." sussurrai tra un bacio e l'altro. "Pensi che i tuoi compagni la smetteranno di darti fastidio adesso?".
Akito sbuffò, poggiandosi su un fianco accanto a me. "Spero di si. O dovrò ucciderli, visto che adesso non sei più una semplice fotografia da osservare."
Gli sorrisi, avvicinandomi a lui. "Esattamente, quanto ti sono mancata?"
Con un gesto repentino mi afferrò e mi portò su di lui, colmando la distanza che ci separava baciandomi.
Volevo che quella notte fosse speciale, finalmente la notte che avevamo aspettato per anni, mentre il nostro rapporto cresceva e si evolveva senza che noi ci accorgessimo dell'amore che ci aveva sempre tenuto legati. Eravamo dei bambini, inesperti e ingenui, che avevano affrontato sin troppe tragedie nella loro vita per rendersi conto di quanto l'altro fosse importante.
Lo amavo così tanto... ma dovevo essere sincera con lui.
"Mi hanno ingaggiato per un altro servizio fotografico mentre eri via." Il suo sguardo cambiò, ma non sembrava arrabbiato, semplicemente mi ascoltava attentamente. "Sarà per la collezione primaverile." terminai.
Akito annuì, accarezzandomi piano i capelli e spostandoli dietro le orecchie. "Va bene così, Sana. Avevi ragione tu."
Rimasi ferma per un secondo sentendo quelle parole. Mi stava dando ragione? Ma si sentiva bene?
"Sei sempre stata comprensiva con me. Mi hai aiutato con Kaori, quando non eri tenuta a farlo. Mi hai sposato. Non voglio rischiare di perderti per una sciocchezza come questa. Non siamo più i ragazzini di un tempo, adesso siamo adulti, dobbiamo smetterla di scappare."
Lo ascoltai attentamente, analizzando ogni singola parola, e una lacrima mi scese involontariamente.
Lo abbracciai così forte che credetti di averlo soffocato, ma volevo solamente essere sua. Sua per davvero.
"Facciamo l'amore." dissi tutto d'un fiato, senza accorgermi davvero delle parole che avevo appena pronunciato.
"Ma.. Sana...". Lo zittii immediatamente.
Era il momento giusto. Lui era la persona giusta. L'unica persona che volevo al mio fianco, che volevo ricordare per sempre.
"Ti prego." sussurrai infine.
Akito sembrava indeciso su cosa fare, se darmi ascolto o aspettare ancora un po', perchè probabilmente credeva lo dicessi solamente per la felicità che provavo in quel momento.
Decisi di prendere l'iniziativa, mettendomi a cavalcioni su di lui. "Ti prego." ripetei, baciandolo.
Akito sembrò convincersi, e prese ad accarezzarmi lentamente sui fianchi, dove la maglia si alzava leggermente. Annuii, in risposta alla sua domanda taciuta, e lui mi sfilò la maglia dalla testa. Io smisi di baciarlo il tempo necessario per fare lo stesso, ritrovandomi davanti quel corpo che per così tanto tempo avevo avuto davanti senza vederlo per davvero.
"Non voglio che sia stasera." disse con un gemito. La delusione si impadronì di me, avevo fatto tutto quel viaggio per stare con lui, e mi respingeva?
"Voglio che sia tutto perfetto. Voglio andare prima a cena, vederti indossare un bel vestito...". Si avvicinò per baciarmi, e io gli sorrisi, cercando di accettare il suo discorso. "Voglio avere l'onore di togliertelo e di passare tutta la notte con te."
Gli saltai addosso e lo abbracciai, stringendolo a me più forte che potevo. Era l'unica cosa vera e pulita che avevo sempre avuto e volevo anch'io che fosse tutto perfetto, quindi annuii.
"Va bene, Akito..." sussurrai tra le sue braccia.
"Adesso dormiamo, sarai stanca.".
Si preoccupava per me in ogni modo possibile e io mi chiedevo se avessi mai potuto trovare qualcuno che tenesse a me in quel modo, che si interessasse alle piccolezze. Lo guardai adorante, lui si accorse dell'insistenza del mio sguardo e si voltò, sfoderando un'espressione interrogativa.
"Che c'è?".
Sorrisi, scuotendo la testa. "Ti amo. Tutto qua." ammisi infine.
Akito sorrise, sdraiandosi accanto a me e abbracciandomi. "Buonanotte Kurata."
Ci addormentammo in quella posizione, cullati dalla consapevolezza che la sera successiva ci saremmo appartenuti per davvero.


Pov Akito.

Guardavo il petto di Sana alzarsi e abbassarsi ritmicamente, mentre lei era ancora nel mondo dei sogni e io mi ero svegliato ore prima. Mi capitava spesso di guardarla dormire, e ogni volta mi stupiva sempre di più.
Fece un gemito, spostandosi e tirando le lenzuola per coprirsi meglio. La bocca rossa era leggermente aperta, e il labbro inferiore era gonfio e lucido per via dei baci che ci eravamo scambiati per tutta la notte.
Fuori c'era un po' di trambusto, ma inizialmente pensai che fosse dovuto all'arrivo di un nuovo gruppo di turisti. Quando mi alzai e andai alla finestra mi accorsi che i turisti non c'entravano niente e che l'ingresso dell'albergo era assediato dai giornalisti.
"Non ci credo..." dissi tra me e me, portandomi una mano tra i capelli, confuso dalla situazione e dalla ricerca di un modo per risolvere quel problema. Era un casino.
Mentre camminavo avanti e indietro davanti al letto in cui Sana ancora dormiva beatamente, bussarono alla porta. Andai ad aprire e mi ritrovai davanti Josuke, ancora mezzo addormentato ma con la rabbia dipinta in volto.
"Fuori è pieno di giornalisti, Hayama.".
"Zitto." lo bloccai, indicando Sana a letto. "Sta ancora dormendo, usciamo."
In corridoio mi spiegò che era tutta opera di Ryozo, aveva chiamato i giornalisti e se n'era pure vantato, il bastardo.
"Non so nemmeno se qualcuno lo ha aiutato, so solo che dopo aver fatto una telefonata quegli avvoltoi si sono presentati qui sotto." disse con un'espressione corruciata in volto. Annuii, consapevole che bastava un niente per attirare l'attenzione della stampa, soprattutto quando si parlava di Sana.
"Lo sapevo che quel bastardo avrebbe fatto di tutto per mettermi i bastoni tra le ruote."
Sbuffai. "Fammi un favore: vai a parlare col direttore, digli che ho bisogno di un'uscita d'emergenza sicura e di una macchina a quell'uscita. Fra poco scendo io e organizzo tutto."
Josuke annuì e corse verso l'ascensore, lasciandomi solo a organizzare i miei pensieri. Rientrai in camera e, non appena aprii la porta, trovai Sana già vestita e con la borsa pronta tra le mani.
"Già sveglia?"
"Ho sentito voci e confusione, ho aperto la finestra e, come per magia, l'incubo della mia vita si è materializzato di nuovo." disse sorridendo, ma con una punta di fastidio nella voce.
"Mi vesto e ce ne andiamo."
Corsi in bagno, presi le prime cose che trovai nei cassetti e, dopo aver preso un po' di soldi dalla cassaforte dell'albergo io e Sana uscimmo dalla camera.
Il direttore ci riservò un'uscita di sicurezza che usammo per aggirare i giornalisti, e in pochi minuti ci ritrovammo in macchina.
"Dove andiamo?" chiese Sana sorridendo, eccitata dalla giornata che avremmo passato insieme.
"E' una sorpresa." risposi, ricambiando il sorriso.
Avevo in mente qualcosa che Sana non avrebbe dimenticato tanto presto.

*

Sana continuava a chiedermi dove la stessi portando, mentre camminava bendata, guidata solo dalle mie mani.
"Fai le sorprese in grande stile tu, eh?". Camminava inciampando ogni tanto, quindi facevo ben attenzione a dove le facevo mettere i piedi, per evitare di vederla rovinare a terra. Era molto elegante, anche se i suoi capelli erano tutti arruffati, ma in ogni caso non riusciva a nascondere la sua bellezza. Non avrebbe potuto nemmeno se ci avesse provato.
"Vieni avanti. Ancora. Ancora." continuai a guidarla fino a che non ci ritrovammo davanti al cancelletto d'entrata.
Avevo preparato tutto. Negli ultimi mesi ci ero venuto spesso, per sistemare le pareti, ridipingere e arredare tutta la casa. Ne avevo parlato con mio padre dopo l'arrivo di Kaori a casa, e lui mi aveva aiutato a non far capire nulla a Sana.
"Akito, ora basta." disse fermandosi davanti alla porta di casa. "Dimmi dove siamo.".
La trascinai più avanti e poi aprii la porta. "Siamo in un posto molto speciale." risposi io, entrando e accendendo la luce.
Sana continuava a muoversi in modo scordinato, mi venne da sorridere nel guardarla. Era nervosa e si vedeva.
Le ripresi la mano, avvicinandola alla porta.
"C'è un gradino qui.". Lei alzò subito il piede e per poco non cadeva, quindi l'afferrai e i nostri corpi scivolarono l'uno sull'altro. Le posai un leggero bacio sulle labbra, lei mi sorrise e il fatto che non potessi guardarla negli occhi era confortante, almeno non avrebbe potuto vedere la tensione che sentivo addosso in quel momento.
"Vieni, andiamo." le sussurrai a un millimetro dalla bocca, poi le presi la mano e la trascinai per tutta la casa, fermandomi in salotto. L'avevo preparato in ogni dettaglio, ogni mobile, ogni quadro, ogni singolo oggetto che c'era in quella casa era stato scelto con cura e pensando sempre e solo a lei.
"Sbaglio o sento il rumore del mare?" squittì Sana, eccitata perchè adorava andare in spiaggia, ed era proprio per quel motivo che quando mio padre mi aveva detto della casa a Sandanbeki, mi ero subito prodigato per rimetterla in sesto.
Ormai la mia vita era un susseguirsi di scelte fatte in funzione di Sana.
La feci mettere davanti alla finestra, lasciandola lì per un paio di minuti mentre mi guardavo attorno per controllare che tutto fosse perfetto. Poi tornai dietro di lei e, lentamente, le tolsi la benda.

Pov Sana.

Lo spettacolo che mi si mostrò davanti era mozzafiato. Il mare si scontrava piano con la sabbia, il rumore delle onde era ipnotico, e io pensai di essere in paradiso.
Akito era dietro di me, mi cingeva la vita tenendo ancora tra le mani la benda, sentivo il suo respiro alle mie spalle, che mi sfiorava il collo. Il mio corpo sembrava recepire anche il minimo movimento del suo, e mi stupii di non averlo mai notato prima. Le mie terminazioni nervose lo cercavano, lo sentivano, lo percepivano più di qualsiasi altra cosa.
"E' stupendo.." sussurrai voltandomi verso di lui e incrociando i suoi occhi ambrati. La luce del sole colpiva le sue iridi e creava sfumature che andavano dal nocciola al dorato, un meraviglioso gioco di colori che rimasi incantata a guardare.
"Sapevo che ti sarebbe piaciuto." si limitò a dire lui, stringendomi ancora di più a lui. Avrei voluto che quel momento non finisse mai, che potessimo dimenticare le nostre vite e i nostri problemi per rimanere in quella casa per sempre.
Mi avvicinai a lui, baciandolo prima lentamente e poi con tutta la passione che avevo in corpo. La sua bocca si posò leggera sulla mia, la sua lingua tracciò piano i contorni delle mie labbra fino a farle schiudere come se volesse convincermi. Avrei mai potuto resistergli, in ogni caso?
Mi sembrava impossibile.
Ogni istante che passavo con Akito era una secchiata d'acqua gelida, sapevo di amarlo con tutta me stessa ma non sapevo quanto quell'amore potesse distruggermi.
Le sue mani scesero sui miei fianchi, facendomi venire la pelle d'oca in ogni parte del corpo. Gli gettai le braccia al collo e lascia che la me più intima prendesse il sopravvento: volevo essere sua e lo volevo in quel momento.
Ma Akito non era della stessa opinione, e lo sapevo, voleva che fosse tutto perfetto, per me, perchè mi amava. E io non volevo togliergli quella soddisfazione.
Mi staccai lentamente, sorridendogli mentre gli passavo la mano tra i capelli già arruffati. Ricordai che voleva cenare insieme, passare una bella serata, e io volevo solo avere la possibilità di stare con lui più tempo possibile, prima di tornare alle nostre vite.
"Allora... questa cena?" dissi quasi senza fiato. Akito accennò un sorriso e si staccò velocemente da me, andando verso il corridoio. Non mi aveva ancora mostrato la casa quindi non sapevo dove stesse andando.
Quando tornò aveva indosso un grembiule da cuoco e sembrava davvero convinto di mettersi ai fornelli.
Non aveva avuto il tempo di andare prima alla casa e cominciare a preparare, ma cercai di sgomberare la mente per essere totalmente concentrata su di lui e sulla nostra serata.
Mi accompagnò in camera, al centro c'era un enorme letto matrimoniale. L'arredamento era molto rustico, l'avevo notato anche in soggiorno, e mi piaceva tutto di quella casa. Forse perchè era un po' il nostro rifugio.
"Questa è la camera da letto. Puoi posare tutto qui e raggiungermi in cucina quando sarà tutto pronto."
Mi voltai per rivolgergli uno sguardo di sconcerto.
"Stai scherzando, spero." dissi mentre mi liberavo della borsa e della giacca. "Non lascerò che la nostra cena sia nelle tue mani."
Akito sbuffò e si diresse verso la cucina, sapendo perfettamente che lo avrei seguito di lì a poco.
Mi accomodai sul letto per un attimo, cercando di mettere a posto i pensieri che affollavano la mia mente. Poggiai una mano sul mio petto, ascoltando i battiti del mio cuore che minacciava di strappare la pelle e uscire fuori.
Tutto sarebbe cambiato, io sarei cambiata. Però volevo cambiare, ero pronta. Volevo appartenere a qualcuno, e quel qualcuno era Akito e sarebbe stato sempre e solo lui, di questo ne ero certa. Decisi di cambiarmi, non ero abbastanza comoda con i jeans quindi presi un vestito in jersey dalla borsa e lo indossai, togliendomi le scarpe e rimanendo a piedi nudi.
Andai verso la porta e la aprii, trovandomi in corridoio. Feci un respiro profondo e mi incamminai verso la cucina, riconoscendola dalla luce accesa, mentre il cuore mi sobbalzava nel petto per farmi capire che, finalmente, ero felice.

*

Quando Akito mi vide i suoi occhi si illuminarono, mi fissò da testa a piedi e poi mi indicò la scodella piena di pezzetti di polpo che aveva tra le mani. L'avevo visto sorridere di più nelle ultime due ore che in tutta la nostra vita e il fatto che fosse a causa mia mi faceva sentire meravigliosamente bene. Quando riuscii a distogliere lo sguardo dal suo, notai che si era cambiato anche lui, indossando un paio di jeans strappati e una maglia bianca a maniche corte e che aveva lasciato i capelli ribelli, proprio come piacevano a me. Gli sorrisi e lui mi disse di avvicinarmi se volevamo mangiare in tempo.

"Takoyaki, eh?." commentai vedendo tutti gli ingredienti. Aveva pensato ad ogni dettaglio, ma ancora non mi aveva spiegato come avesse fatto ad affittare quella casa in così poco tempo.
Quando si sporse per prendere la farina e le nostre braccia si sfiorarono, glielo chiesi.
"No, in realtà è dei miei nonni. Sono... sono venuto ogni settimana per controllare i lavori di ristrutturazione."
Ricordai immediatamente che, ogni week-end, Akito mi lasciava a casa per qualche ora con la scusa di andare da Tsuyoshi.
"E tu hai fatto tutto questo, per me?" gli chiesi, senza neanche accorgermi quanto potesse suonare patetica quella domanda. Akito non rispose, si limitò ad annuire e a continuare a mescolare la farina con il brodo e l'acqua.
"Accendi la piastra." mi ordinò, e io feci come mi aveva detto.
Preparammo la cena in poco tempo, ridendo come due imbecilli per ogni pezzo di polpo che ci cadeva dalle mani per il troppo olio, o per la farina che mi era finita, ovviamente, sul naso.
Sorrisi pensando che quel ragazzo avrebbe fatto di tutto per me e che non avrei mai potuto ripagarlo per tutto l'amore che mi donava ogni giorno.
La serata passò velocemente, ridemmo tanto, così tanto che non immaginavo fosse possibile, e più stavo con lui più mi rendevo conto che tutte le riserve di cui mi ero fatta scudo negli anni erano state solo una scusa, che non avevo mai voluto vedere i miei sentimenti perchè ero terrorizzata da loro, proprio come ero terrorizzata in quel momento da ciò che sarebbe successo. Le conseguenze emotive sarebbero state devastanti se qualcosa fosse andato storto.
Ma cosa poteva andare storto quando l'amore che provavamo l'uno per l'altro era più forte di qualsiasi cosa?
Scacciai ogni pensiero, mi alzai dalla sedia e andai verso di lui, aggirando il tavolo. Sentii la temperatura e l'atmosfera cambiare, diventare più densa, e le mie guance andare in fiamme.
"Anche io ho una sorpresa per te." dissi tutto d'un fiato, cercando di non far trasparire il nervosismo nella voce.
Akito mi rivolse uno sguardo interrogativo, ma capendo che non era più il momento di scherzare, poggiò il tovagliolo lentamente sul tavolo, senza staccare gli occhi dai miei. "Abbiamo discusso tanto per la campagna pubblicitaria, per le foto in tutta la città e per la lingeriè che, in realtà, non abbiamo riflettuto abbastanza sul punto cruciale."
Akito annuì, rimanendo seduto e con lo sguardo in alto per raggiungere i miei occhi. Mi sentivo in imbarazzo e profondamente vulnerabile, ma dovevo reagire e superare le mie paure.
Portai le mani verso l'incavo delle spalle, toccando le spalline del vestito. Le abbassai velocemente, per non dare al mio cervello il tempo di sintetizzare la pazzia che stavo facendo. Quando il silenzio invase la stanza già silenziosa, gli occhi di Akito cambiarono immediatamente e, quando feci cadere il vestito ai miei piedi, in una pozzanghera di stoffa, smise di respirare.
"E quale sarebbe il punto cruciale, Sana?" chiese quando riprese finalmente a gonfiare il petto d'ossigeno.
"Che il mondo intero può solo guardarmi su un cartellone pubblicitario o su una rivista indossare questa biancheria, mentre tu..." esitai, non sapendo come dirglielo.
"Io?" mi incalzò, alzandosi finalmente dalla sedia.
"Tu puoi avere tutto.". Presi la sua mano e la poggiai sulla mia spalla nuda. Chiusi gli occhi nel sentire il suo tocco leggero sulla pelle e sospirai non appena la sua mano raggiunse la curva del mio seno.
Quando aprii gli occhi e incrociai lo sguardo di Akito, tutto il desiderio, tutta l'attesa, tutto l'amore che provavo per lui salì a galla ricoprendo ogni cellula del mio corpo. Gli circondai la vita con le gambe e con le braccia il suo collo, lo baciai come se la mia vita dipendesse da quello e lui fece lo stesso. Il contatto della mia pelle con i suoi vestiti mi diede i brividi e, quando sentii tutto quello che c'era sulla tavola cadere rovinosamente a terra, aprii gli occhi all'improvviso. Mi ritrovai sdraiata sul tavolo con Akito che troneggiava su di me, mentre cercavo di togliergli la camicia. Lui mi aiutò a sbarazzarmi della barriera di stoffa che ci separava.
Le nostre mani viaggiavano le une sul corpo dell'altro, mi sembrava di essere in paradiso, ma mi sbagliavo. Il paradiso arrivò quando Akito mise le braccia sotto le mie ginocchia e, senza smettere di baciarmi, mi portò in camera da letto, chiudendo la porta alle sue spalle.
Mi adagiò a letto e, prima di tornare sopra di me, si tolse i pantaloni rimanendo in boxer davanti ai miei occhi. Di solito si dice che il corpo nudo di un uomo non sarà mai bello quanto quello di una donna. In quel momento pensai che chi aveva detto quell'assurdità non aveva mai visto il corpo di Akito. Era perfetto. Le spalle larghe e la vita stretta rendevano la sua figura armoniosa e indiscutibilmente bellissima.
Akito si accorse che lo stavo fissando, ma non disse nulla. Si avvicinò lentamente, io cercai di non fare movimenti bruschi, ma dentro di me il desiderio di toccarlo si fece sempre più pressante, più insistente, costringendomi a mordermi il labbro per evitare di fare mosse avventate. Non volevo in alcun modo rovinare le cose.
Lo sguardo di Akito mi rese impossibile respirare, mi resi conto di stare trattentendo il fiato solo quando le nostre bocche si toccarono e fui costretta ad aprirla per accogliere la sua lingua, che spingeva sempre di più dentro di me togliendomi ogni possibilità di scelta. Ero sua, lo ero sempre stata e in quel momento lo ero ancora di più.
La sua figura mi sovrastava totalmente e presi ad accarezzarlo piano su tutta la schiena, mentre lui si chinava su di me, lasciandomi una scia di leggeri baci partendo dalla bocca fino all'ombellico. Faceva su e giù, mentre io continuavo a passare le dita su tutta la superficie che riuscivo a percorrere con esse. Mi sentivo una dea, adorata e venerata dal meraviglioso uomo che era sopra di me, che sarebbe stato pronto a dare la sua vita per la mia.
"Vorrei avere mille bocche per poter baciare ogni millimetro della tua pelle." sussurrò Akito. Lo guardai dritto negli occhi, non immaginavo nemmeno che potesse dire parole così belle, eppure lo fece e io non riuscii ad emettere un suono, mi limitai a colmare la distanza tra di noi, che mi sembrava infinita.
Le mani di Akito viaggiarono dai miei capelli, in cui si infilarono per qualche secondo, stringendomi i lati della testa, costringendomi a reggere ancora il suo sguardo, fino ad arrivare alla mia schiena, sfiorando il gancetto del reggiseno. La lingeriè che avevo indossato era abbastanza semplice, nera e di pizzo, mi calzava alla perfezione ed era elegante e sexy al punto giusto.
Il rumore dei due gancetti che venivano staccati fu l'unica cosa che si sentii in camera da letto, misti ai nostri respiri ansimanti e ai nostri cuori che battevano all'unisono. Quando mi liberai del reggiseno, la mano di Akito prese a sfiorarmi lentamente, senza urgenza, mentre la mia mente si sgomberava di ogni pensiero, per concentrarmi solo sulla sensazione delle sue dita che giocavano, stringevano, sfioravano i miei capezzoli. Avrei voluto dire qualcosa, buttare fuori tutto il desiderio che provavo dentro attraverso le parole, ma non riuscivo nemmeno ad emettere un suono che potesse almeno avvicinarsi ad una parola di senso compiuto.
Le mie mani erano libere, andavano su e giù per la schiena e per il petto di Akito, finchè non mi fermai, sentendo il rigonfiamento dentro i suoi boxer. Non avevo mai riflettuto veramente su come fosse l'intimità prima del momento in cui l'avevo provata con Akito. Cominciai lentamente a dimenticare come fosse la vita prima di lui e, in quel momento, capii che non era vita quella che non contemplava il biondino che mi aveva sconvolto l'esistenza.
Con un'improvvisa scarica di coraggio abbassai lentamente i boxer di Akito che, accorgendosene, accennò un sorriso e mi aiutò a toglierli del tutto. Poi fu il mio turno e ci ritrovammo entrambi totalmente nudi.
Mi sembrava che la nostra pelle stesse andando a fuoco, e non riuscii a trattenermi dall'emettere qualche gemito.
Feci scorrere la mano ancora più giù, sfiorando prima pelle del suo bacino e poi stringendo la sua erezione nella mia mano. Mi sentivo potente, in grado di poterlo rendere pazzo, furioso, eccitato e felice grazie a quel potere.
Cominciai a toccarlo piano, mentre lo baciavo, reclamando tutto di lui, anche le cose che odiavo. Aumentai il ritmo quando sentii che i suoi gemiti diventavano sempre più forti. Quel suono era come un promemoria di quanto fosse stupendo e intimo l'appartenersi.
Mi allontanai per un secondo per riprendere fiato, ritrovandomi a guardare Akito. Mi resi conto che, probabilmente, non l'avevo mai visto davvero: i suoi occhi luccicavano in un modo che non avevo mai visto prima, il mio riflesso si perdeva tra quelle iridi ambrate così come io avrei voluto perdermi in lui.
Le mani di Akito tornarono sul mio seno, continuando a torturarmi senza pietà, mentre io cercavo di concentrarmi per non mettermi a urlare. Era difficile con lui che mi toccava in quel modo.
Si spostò più in basso, allontanandosi per un secondo da me per poi concentrarsi solamente sui miei capezzoli, come se fossero due oggetti da adorare. Cominciò a mordere, poi a succhiare, poi a soffiare e io pensai che mi sarei sgretolata in quell'istante se non l'avesse smessa immediatamente. Come se mi avesse letto nel pensiero prese a scendere, lasciando un sentiero di saliva lungo tutta la mia pancia, per poi risalire e scendere ancora fermandosi sempre più giù, solo per il gusto di farmi impazzire.
Quando scese del tutto, e mi ritrovai con la sua testa in mezzo alle mie gambe, persi totalmente il controllo. Non volevo che lo facesse, ma quando la sua lingua mi sfiorò lentamente pensai di stare per svenire. Strinsi i lati del lenzuolo con una mano, cercando di aggrapparmi da qualche parte per non cadere dal precipizio verso cui Akito mi stava spingendo. Con l'altra, invece, tiravo i capelli di Akito, che sembrava non accorgersene affatto. Quando avevo già un piede nel vuoto, Akito si allontanò da me e mi sentii improvvisamente furiosa, ma realizzai immediatamente che stava cercando di preparare la strada per ciò che sarebbe successo di lì a poco e in quel contatto sentii un amore immenso sgorgarmi da dentro.
"Aki..." sussurrai tra i gemiti, mentre anche lui sembrava sull'orlo del precipizio grazie a me.
La mia mente tornò ad essere invasa da domande, ma non parlai perchè non ne sarei stata capace nemmeno volendo.
Akito se ne accorse. Non volevo sembrare una bambina ai suoi occhi non volevo che pensasse che non lo desiderassi tanto quanto lui. Anche se era sbagliato, anche se stavo urlando con tutta me stessa alla mia testa di smetterla di avere paura, mi ritrovai a provare terrore. Inizialmente pensai che fosse normale, che ogni donna in quel momento provasse gli stessi miei dubbi, ma poi la realtà di ciò che provavo mi colpì in pieno. Non c'era l'ansia per quello che stava per succedere con Akito, del dolore, di perdere la verginità e poi pentirmene. Ero paralizzata dalla paura di perdere lui. Akito era tutto per me, rappresentava praticamente ogni passo importante della mia vita, compresa la scoperta di una me che non avevo mai conosciuto, e se lo avessi perso mi sarei distrutta con un alito di vento. Akito mi prese la testa tra le mani e mi obbligò a guardarlo, ancora, come se non volesse che io scappassi, nemmeno con la mente.
"Non..." sussurrò, ma io lo zittii.
"Non ho paura di te. O di questo." puntualizzai, mentre Akito ansimava. "Ho solo paura di perderti." dissi sull'orlo delle lacrime.
"Io sono qui, sono tuo e lo sarò sempre. Non ho mai amato nessuno, se non te. Non ho mai voluto nessuno, se non te. Vorrei solo che tu potessi vederti con i miei occhi. Vedresti la più stupenda e la più meravigliosa donna che esista. Non potrei essere di nessun altro se non della ragazzina con i codini che mi ha catturato alle elementari, ero tuo già allora. Ti amo da sempre..."
Mi resi conto solo quando smise di parlare che ero scoppiata in lacrime, che avevo affondato le unghia nella sua pelle. Sentii la necessità di aggrapparmi a lui come mai prima di allora, e di non lasciare andare quel sentimento che mi stava scoppiando nel petto.
Quando, lentamente, si fece strada dentro di me non riuscii a dire nulla, o a muovermi, perchè mi sentii piena, d'amore e di felicità, perchè lui era tutto per me e anche se stavo provando dolore in quel momento non m'importava.
Avevamo represso per anni i nostri sentimenti che sentirli tutti in quell'istante mi sembrò così destabilizzante che non riuscii a controllarmi e presi a spingere i fianchi verso di lui. Il bruciore cominciò piano ad affievolirsi, e il desiderio invece cresceva sempre più velocemente mentre Akito si spingeva sempre più in fondo dentro di me.
I suoi occhi ambrati catturarono i miei, e rimenemmo fermi per un secondo guardandoci.
"Ti amo." sussurrai piano, in un alito di parole che sentivo nel mio cuore come mai avevo sentito nient'altro. Sentivo Akito. Lo sentivo dappertutto. Nella pancia, nel petto, nelle braccia, nelle mani, negli occhi. Lo sentivo in ogni istante e volevo sentirlo per il resto della mia vita.
Akito mi baciò il naso mentre con la mano mi accarezzava adagio, con tenerezza e allo stesso tempo con una passione che non avevo mai sperimentato addosso.
Era perfetto.
Ci muovevamo insieme, io tenevo gli occhi chiusi perchè anche se avessi voluto aprirli non ci sarei riuscita. Sentii il mondo sbriciolarsi sotto di me, mentre Akito spingeva dentro e fuori, mentre i nostri respiri catturavano il silenzio della camera da letto.
"Ti amo." ripetè con lentezza Akito.
Non sapevo a cosa quell'amore mi avrebbe portato. Alla distruzione. Al pentimento. Alla felicità.
Non ero sicura di niente, nemmeno di me stessa. Ma di una cosa ero sicura: avrei amato Akito per ogni giorno della mia vita, anche se quello avesse significato strapparmi il cuore dal petto.
Quando mi resi conto che stavo per lasciarmi andare totalmente, quando mi accorsi che non ce la facevo più, il primo impulso fu quello di allontanarmi, perchè non sopportavo quella sensazione che mi dava dolore e infinito piacere allo stesso tempo. Mentre i nostri respiri si univano l'uno all'altro, sentii il mio e il suo piacere venire a galla, ogni muscolo del mio corpo smise di appartenermi. Diventò di Akito.
Io divenni una parte di Akito e Akito divenne, finalmente, una parte di me.


Pov Akito.

Mi appoggiai allo stipite della porta a braccia conserte, la guardai dormire per circa un'ora. Non mosse un muscolo, i capelli le ricadevano leggeri sul cuscino e, nonostante avessimo sudato, non ne portava la minima traccia addosso. Nella stanza c'era un odore acre, odore di sudore e d'amore, l'amore che io e Sana avevamo taciuto per troppo tempo.
Non ero in grado di definire esattamente la sensazione che avevo provato quando ero entrato dentro di lei, quando catturai finalmente l'attimo perfetto della mia vita. Era quello.

Non ho paura di te. O di questo. Ho solo paura di perderti.

Le parole di Sana mi rimbombavano nella testa. Come poteva temere di perdermi se l'unica cosa che desideravo era passare il resto della mia vita con lei?
Eppure conoscevo la sensazione che provava, la conoscevo fin troppo bene. L'avevo provata per anni, sentendomi sempre meno, sempre non abbastanza, per lei e per la sua vita.
Mi ero sempre chiesto perchè Sana avesse scelto me, tra mille, perchè da bambini avesse avuto l'impulso di salvarmi dal mio baratro per poi rispedirmici ogni volta che qualcosa tra noi andava storta. Mi ero sempre fatto un sacco di domande, domande a cui prima di quella notte non avevo mai trovato risposte.
Quando mi ero ritrovato lì, senza difese, senza barriere, senza alcuna aspettativa, le trovai tutte.
Io e Sana eravamo due parti di puzzle che combaciavano perfettamente, con i nostri difetti, con le nostre parti da smussare e da modificare, ma comunque compatibili.
"Che fai lì?".
La voce di Sana si propagò per tutta la stanza, fuori era ancora buio pesto, ma la flebile luce della luna illuminava un po' la sua figura. Aveva i capelli scompigliati, le labbra gonfie, era piena di segni sul corpo eppure era sempre stupenda.
"Ti guardo."
Lei sorrise, alzandosi dal letto preoccupandosi di avvolgersi nel lenzuolo, come se non avessi già visto ciò che era importante.
"Vieni a letto Aki..." sussurrò con fare sensuale.
"E' una proposta indecente?" chiesi ammiccando anch'io. Non sentivo nulla in quel momento se non l'amore immenso che provavo per lei.
"Può darsi..."
Si voltò e lasciò scivolare il lenzuolo alle sue spalle, prima di sdraiarsi a letto con gli occhi fissi su di me. Aspettava.
Aspettava me.
Voleva me.
Arrancai a fatica verso il letto, verso la donna che amavo, in preda alle mille sensazioni diverse che lei mi provocava.
Quando mi ritrovai sopra di lei, mi tenni in equilibrio con i gomiti, cercando di non schiacciarla con il mio peso.
"Ma.. ti senti bene?" le chiesi, perchè pensavo che fosse ancora indolenzita.
"Non potrei stare meglio." rispose, tappandomi la bocca con la sua.
Quando, dopo pochi minuti, fui di nuovo dentro di lei mi resi conto che avevo aspettato quel momento per tutta la vita ma che, prima, non lo avevo assaporato come avrei dovuto. Ero preoccupato, preoccupato per lei e per il dolore che avrebbe potuto sentire. In quel momento, però, anche se sapevo bene che il dolore non era stato spazzato via, sapevo che Sana era mia, che non poteva essere di nessun altro e che solo io avrei avuto quel ruolo nella sua vita. Sempre.
Cominciai a muovermi prima piano e poi con un'energia sempre più frenetica. Guardai Sana, teneva gli occhi chiusi e si mordeva il labbro superiore cercando di controllarsi, ma evidentemente non ci riuscì perchè poco dopo cominciò a mugolare.
Se la prima volta era stata meravigliosa, quella mi sembrò catartica. Io e Sana eravamo uniti in un legame che nessuno avrebbe potuto eguagliare e che nemmeno se avessimo deciso di farlo saremmo riusciti a distruggere.
Ogni più piccola particella di Sana era in sintonia con ognuna delle mie.
Mi ero sentito sbagliato moltissime volte nella mia vita. Sbagliato per la mia famiglia. Sbagliato per i miei amici. Sbagliato per la società. Sbagliato per lei.
Ma, in quell'istante, mentre io e Sana ci muovevamo all'unisono e respiravamo insieme, capii che ero sempre stato io il mio unico limite, perchè Sana era lì, mi amava esattamente come la amavo io e non c'erano parole per descrivere il senso di completezza che sentii quando, finalmente, ci buttammo insieme nel tunnel di piacere che ci stava aspettando.
Eravamo la ragazza S e il ragazzo A.
Avremmo mai potuto rinunciare a tutto quell'amore?




Perdonatemi per questa mia assenza prolungata, causa studio e università. ma non mi sono dimenticata di chi mi segue assiduamente e di chi mi manda i messaggu privati chiedendomi di continuare. Grazie, veramente.
Il prossimo capitolo è solamente da correggere, quindi non dovrete attendere molto, intanto spero che questo vi sia piaciuto e che vi siate goduti il momento speciale di Sana e Akito.
Grazie davvero e vi voglio bene!
Akura.









   
 
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