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Autore: Eilan21    21/02/2017    8 recensioni
Svezia, 443 dC. Con la morte del re, la successione al trono è incerta. La gloriosa Stirpe del Drago, che ha governato la Svezia per oltre trecento anni, rischia di estinguersi e precipitare il paese in un'era di guerre e anarchia. Tutte le speranze di un popolo sono riposte in Arianrhod, l'ultima erede della casata reale, una bambina di soli quattro anni.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Antichità, Medioevo
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Dragons





I bauli vennero riempiti per la seconda volta, le navi di nuovo caricate di armi e provviste, gli uomini allertati dell'imminente partenza. Data la fretta della partenza Arianrhod dovette limitarsi ad avvisare Morcant tramite un messaggero, perché non ebbe tempo di recarsi dal Piccolo Popolo personalmente.

Gerda raccolse tutti i suoi abiti, la sua spada, la sua armatura, i gioielli della regina Drott e la bambola Bron, e fece personalmente il suo bagaglio. Da quando la data della partenza era stata fissata, Gerda appariva cupa, triste, e Arianrhod cominciò a domandarsene il motivo.

Sospettava che non fosse solo perché si era affezionata a lei e le dispiaceva vederla andare via, anche se questo era certamente vero.

La mattina della partenza giunse accompagnata da una spessa bruma che avvolse Odense, e che lasciava presagire una giornata calda e serena. Il vento che avrebbe sospinto le navi attraverso il mare, fino in Svezia, soffiava vivace.

Arianrhod si stava vestendo in camera sua, con l'aiuto di Gerda, ma inorridì quando la serva le mise sotto il naso una tunica rossa con maniche ampie e mantello abbinato.

Non metterò un vestito, Gerda”, disse decisa.

E cosa avete intenzione di indossare?”

Portami le mie brache... e una blusa. Mi serviranno anche gli stivali.”

Gerda sbiancò, avendo la prima vera reazione da diversi giorni a quella parte.

Tuttavia non ribatté come avrebbe fatto di solito. Arianrhod notò che si morse la lingua, trattenendo una replica scandalizzata.

Decise di spingerla a confidarsi.

Ho notato che sembra esserci qualcosa tra te e Östen...”

Seppe di aver colto nel segno, perché due grandi chiazze rosse comparvero sulle guance di Gerda, mentre cercava di negare.

No... no, vi sbagliate. Non è così... non c'è niente tra me e lui, ve lo assicuro!”

Peccato”, disse Arianrhod con noncuranza, “perché avevo proprio bisogno di una persona che mi accompagnasse nel mio viaggio, e pensavo che potessi essere tu. Ma se preferisci rimanere a Odense...”

No!” esclamò in fretta Gerda, prima di riuscire a fermarsi. “Voglio dire... no, non ci tengo a rimanere qui. Mia madre è morta, non ho famiglia e... e voi siete stata così buona e gentile con me. Vorrei davvero accompagnarvi come vostra ancella...”

Riprese fiato dopo quel discorso sconnesso, pronunciato quasi senza prendere fiato.

Allora così sarà”, disse Arianrhod. “Sono felicissima di averti con me. Non sei tenuta a dirmi niente, ma sappi che sei puoi rendere felice Östen, renderai felice anche me. Lui è davvero un amico prezioso.”

Gerda chinò il capo, imbarazzata, e Arianrhod non insistette oltre. Il suo sorriso sognante e il suo rossore le avevano già dato conferma di ciò che sospettava.

Gerda tossicchiò, ancora in imbarazzo, ma trovò la forza di cambiare argomento.

Volete che vi acconci i capelli, ora?” chiese, senza poter nascondere il sorriso felice che ancora le incurvava le labbra.

A proposito di questo”, rispose Arianrhod, come parlando tra sé e sé, “ho deciso di no.”

Ma viaggerete scomoda con i capelli sciolti. So che non amate le grandi acconciature, ma lasciate almeno che vi faccia una treccia...”

Non ce ne sarà bisogno”, disse Arianrhod prendendo il pugnale che aveva nel fodero. “Tagliali.”

Gerda rimase a bocca aperta, totalmente inorridita.

Mia signora... dite sul serio? I vostri bellissimi capelli! Sarebbe un delitto tagliarli.”

Non li ho mai potuti soffrire, Gerda. Era mia madre a volere che li portassi così lunghi. Io li ho sempre trovati una scomodità incredibile. Vado in Svezia per combattere, non per partecipare a un banchetto. Questi capelli mi saranno solo d'impiccio.”

Gerda aggrottò la fronte, come cercando di ricordarsi qualcosa. Poi si avvicinò ad un baule, e con un'esclamazione di trionfo, ne tirò fuori una paio di forbici.

Le mostrò ad Arianrhod. “Permettetemi di usare queste. Il risultato sarà sicuramente migliore.”

Arianrhod annuì e si accomodò su una sedia. Gerda le si mise alle spalle e, con un sospiro rassegnato, cominciò a lavorare di forbici sulla chioma della sua signora.

Ciocca dopo ciocca, la lunga chioma argentea di Arianrhod cadde sul pavimento. Dopo che fu arrivata a tagliare all'altezza delle scapole, Gerda si fermò, le forbici a mezz'aria. Le sembrava un sacrilegio tagliare ancora.

Ma Arianrhod la pensava diversamente. “Continua”, la incitò in tono secco.

Siete sicura?”

Sì. Taglia ancora.”

Solo quando i capelli le arrivarono alle spalle, fu soddisfatta e disse a Gerda di fermarsi. La serva le porse uno specchio e Arianrhod si rimirò compiaciuta. Gwenael sarebbe inorridita se l'avesse vista in quel momento.

Perdonami mamma, non ero fatta per fare la moglie. Non sono come tu mi avresti voluto.



***


Era l’alba quando le navi della flotta attraccarono nella piccola baia di Sölvesborg, nel sud della Svezia. Il viaggio che avevano intrapreso salpando dalla Danimarca era stato breve e senza incidenti. Già nel pomeriggio, le spie mandate in avanscoperta tornarono con notizie fresche. Una parte dell'esercito, coloro che avevano abbandonato Ale per unirsi ad Arianrhod, li avrebbe raggiunti a Svängsta, a pochi giorni di cammino di distanza.

La piccola insenatura che ospitava le loro navi si apriva sul fiordo era silenziosa in quel sereno mattino d’estate. L’acqua del mare luccicava sotto i raggi del sole, gli stessi che davano una sfumatura rosata ai picchi innevati delle montagne che si vedevano in lontananza, sull’altro lato del fiordo. Ma lì, dove si trovavano loro, la neve si era già sciolta mostrando la tenera erba fresca puntellata qua e là da piccoli fiori. Le poche capanne del villaggio di Sölversborg si affacciavano direttamente sul fiordo. L'aria era profumata e fresca, e Arianrhod la aspirò a pieni polmoni, estasiata.

Benvenuta a casa, mia regina”, disse il duca Fjölnir, sorridendo commosso. Quell'impresa che sarebbe sembrata impossibile a tanti, era a un passo dal suo compimento. Il cerchio si chiudeva: aveva portato via un'erede al trono ancora bambina, e ora l'aveva riportata a casa, ormai donna. Se il suo amico Jörundr avesse potuto vedere quel momento ne sarebbe stato davvero felice.

L'esercito proseguì la marcia dopo una breve pausa. Il tempismo era di vitale importanza.

Si diressero verso nord, verso Uppsala, mantenendo un ritmo regolare. In quelle lunghe ore in sella al suo cavallo Arianrhod poté ammirare da vicino la sua terra, le immense vallate ricoperte di boschi di conifere, le cime innevate, i prati verdi alle pendici dei monti. Gareth e Östen le raccontarono di Uppsala, del suo castello e del grande tempio adornato d'oro che ospitava le statue degli dei: Thor, con Odino, suo padre, alla sua destra e Frigga, sua madre, alla sua sinistra. Ogni nove anni, durante il mese di febbraio, avveniva un sacrificio rituale. Si trattava di un rito, della durata di nove giorni, che coinvolgeva l'intera popolazione svedese. Ogni singolo albero nel bosco circostante era considerato sacro e depositario di enormi poteri, e ad essi venivano appesi i nove animali vittime del sacrificio.

Anche i monarchi vengono incoronati nel tempio di Uppsala”, concluse Gareth.

Credo di rammentare qualcosa”, disse Arianrhod, tentando di riportare i ricordi in superficie. “Qualcosa di quando ero piccola. Un grande, magnifico tempio dorato, e una sorta di cerimonia...”

Ricordi altro?” chiese Gareth

Arianrhod scosse la testa, desolata. “No, mi pare di no. Sono più delle immagini senza un filo conduttore. Avrò avuto forse tre o quattro anni.”

Si tengono altre cerimonie al tempio?” chiese Ragnhild, interessata.

Tre volte l'anno vi si svolge il Blót”, rispose Östen, “che significa “rafforzare”. Lo scopo della cerimonia è proprio quello di rafforzare il potere degli dei tramite il rituale. La carne degli animali sacrificati viene bollita, e poi condivisa con tutti i presenti, che banchettano insieme. Anche le bevande sono benedette e consacrate dai sacerdoti, i goði, offrono la bevanda consacrata a Frigga se è un blót di primavera o autunno, e a Odino, se è un blót d'estate.”

Quando al rito partecipa anche il re, è l'Arcidruido stesso a officiarlo”, aggiunse Gareth, “e invece della solita birra, viene importato addirittura del vino per l'occasione.”

Voi vi avete mai partecipato?”, chiese Hrolf.

Una volta, quando ero piccolo”, rispose Östen. “Lì vidi tuo padre, Arianrhod. E l'Arcidruido Sveigder.”

Abbiamo un rito simile in Danimarca”, disse Hrolf. “Viene usato per chiedere fertilità e prosperità per la nostra terra.”

Anche qui. La preghiera che recitiamo è til árs ok friðar, che significa “per un anno fausto e pacifico”. Preghiamo per la nostra salute, la fertilità della terra, per una vita serena, e per la pace e l'armonia fra il popolo e gli dei.”

E i cristiani che vivono qui in Svezia? Sono obbligati a partecipare ai riti?”, chiese Arianrhod.

Quando al potere c'era Jörundr erano liberi di seguire la loro fede, senza temere persecuzioni. Ora, con Ale, se vogliono essere esentati dalle cerimonie a Uppsala devono pagare un pesante tributo”, spiegò Östen.

Anche tu sarai incoronata lì, Arianrhod”, esclamò Ragnhild. “Ci pensi?”

Dove è stato incoronato tuo padre”, aggiunse Gareth, “tuo nonno, e tutti i tuoi avi prima di te.”

Ma Arianrhod non stava più ascoltando. Pensava a come avrebbe cambiato le cose una volta che fosse stata regina.



***


La cosa che preoccupava maggiormente Fjölnir e i suoi comandanti era la necessità di localizzare i ribelli il prima possibile, ma senza indicazioni su dove si trovasse il loro rifugio l'impresa si presentava davvero difficile. Le spie della Guardia Bianca inviavano regolarmente notizie sui movimenti delle truppe di Ale, ma ancora non erano riusciti a scoprire niente sui ribelli e sulla loro ubicazione. Sembrava impossibile stabilire un contatto con loro.

Fu quindi con grande stupore di tutti che, il giorno seguente, un uomo si presentò ai comandanti dell'esercito, dicendo di essere stato mandato da Hogne, il capo dei ribelli.

Lo abbiamo già controllato, non ha armi addosso”, disse Walbur conducendo l'uomo davanti ad Arianrhod.

La principessa notò che era spaventato, e non poteva biasimarlo. Il rischio di essere considerato una spia era concreto. In tempi come quelli il lusso di potersi fidare senza prove era impensabile.

Come ti chiami?”

Erling, mia regina. Mi manda Hogne, vi sta cercando.”

Perché non è venuto di persona?” lo sfidò Vanlande. Era ovviamente una provocazione: tutti i presenti conoscevano la risposta, perfino Domaldr.

Non osa esporsi così tanto, non ancora. La nostra sopravvivenza dipende dal mantenere segreta l'ubicazione del nostro rifugio. Solo questo ci ha permesso di sopravvivere fino ad oggi.”

Cosa propone il tuo capo?”, chiese il duca Fjolnir.

Un incontro, in un posto sicuro. Vi condurrò io.”

Arianrhod guardò i suoi comandanti. “Non possiamo spostare tutto l'esercito, non nel bosco... dovremo selezionare un piccolo gruppo. Andrò io, Gareth, Östen, Walbur, e una scorta. Tutti gli altri resteranno con il grosso dell'esercito.

Credete sia prudente?” interloquì Fjölnir.

Non abbiamo altra scelta.”

Forse sarebbe meglio se tu restassi qui”, disse Gareth.

No.”

Tutte le teste si voltarono verso Erling, che aveva espresso quell'obiezione.

Il mio capo vuole incontrare la regina” spiegò, “prima di concedere la sua alleanza.”

Arianrhod riportò lo sguardo sul viso dubbioso di Gareth. “Non abbiamo altra scelta.”


Arianrhod montò sul suo cavallo, tra i saluti di Ragnhild e le raccomandazioni di Gerda, che rimasero con il resto dell'esercito. Hrolf si offrì di accompagnarla, ma Arianrhod gli chiese di occuparsi della situazione lì, e notò l'espressione di sollievo sul viso di Ragnhild quando lo disse. La sua amica odiava essere separata da Hrolf, proprio come lei odiava essere separata da Gareth.

Il piccolo drappello di soldati si inoltrò nel bosco, seguendo Erling in testa al corteo, in quel mite pomeriggio. Gareth cavalcava accanto a Östen, gli davano le spalle Arianrhod e Walbur, che parlavano tra di loro.

Il silenzio del bosco che li circondava gli sembrava opprimente, tetro. Come il triste presagio di qualcosa di spiacevole.

Ehi, cos'hai?” gli chiese Östen strappandolo alle sue riflessioni. “Sei più cupo di un temporale.”

Scusami, è che ho una strana sensazione. Non mi convince quell'Erling...”

Ne sei sicuro?”

No, è questo il guaio”, sospirò Gareth, alzando le spalle. “E' solo una sensazione.”

Tutto sembrava tranquillo intorno a loro, niente più del cinguettio degli uccelli, dello scalpiccio degli zoccoli dei cavalli e del vociare sommesso dei soldati che parlavano tra loro.

Eppure Gareth sentiva che qualcosa non andava. Gettò un'occhiata all'uomo che li guidava, il sedicente membro dei ribelli. E con sua grande sorpresa, proprio in quell'attimo l'uomo guardò alla sua sinistra, verso il folto degli alberi. Il tutto si svolse nell'arco di pochi secondi, ma per Gareth il tempo sembrò contrarsi a dismisura. Guardò anche lui nelle stessa direzione e vide ciò che Erling aveva visto. Vide coloro a cui stava dando un segnale. Gareth capì ogni cosa; comprese che aveva avuto ragione a diffidare e che erano caduti dritti in una trappola. Ma era troppo tardi per fare qualsiasi cosa.

Un'orda di uomini a cavallo uscì allo scoperto lanciando grida selvagge. Non erano molti, ma abbastanza da restare nascosti nell'ombra in attesa del momento propizio; abbastanza da avere la meglio sul loro drappello.

Prima che chiunque potesse avere una qualsiasi reazione, si schiantarono contro il fianco della loro colonna, mandando nella polvere uomini e cavalli.

Gareth udì le grida di coloro che erano rimasti schiacciati sotto il proprio cavallo, le grida di coloro che venivano finiti con le lame, e sentì l'improvviso, familiare e pungente odore del sangue.

Con la spada in pugno si preparò a difendersi: affondò la lama nello stomaco del primo uomo che cercò di disarcionarlo e, miracolosamente, riuscì a rimanere in sella.

Quando ritirò la lama lorda di sangue, notò che Östen non era stato altrettanto fortunato. Era caduto a terra ed era stato ferito al braccio; era costretto a impugnare la spada con la sinistra e cercava valorosamente di parare i colpi che il suo avversario gli indirizzava con un'ascia.

Gareth saltò a terra e menò un fendente diretto alla schiena del guerriero, che cadde a terra con un urlo lacerante. Il suo sangue zampillò macchiando il volto e la casacca di Gareth.

Stai bene?” quasi gridò ad Östen per superare il clamore della battaglia.

Östen annuì, tenendosi stretto il braccio con la mano. “Non è grave. Ti devo la vita, amico mio. Vai da Arianrhod adesso!”

Gareth esitò. “Non posso lasciarti qui così...”

Vai, ho detto! La sua vita è più importante della mia.”

Per quanto avrebbe voluto correre da lei, Gareth non avrebbe mai lasciato l'amico a morire. Schivando un altro attacco, e colpendo a sua volta l'avversario alla gola, recuperò il suo cavallo afferrandolo per le briglie. Aiutò Östen a salire e poi montò a sua volta. Spronò il cavallo in avanti, travolgendo due guerrieri nemici che finirono schiacciati sotto gli zoccoli. Le loro grida di dolore e il rumore delle ossa rotte arrivarono ovattate alle orecchie di Gareth.

Frenò il cavallo solo quando raggiunse la testa della colonna. Solo allora si accorse che i nemici si stavano ritirando, e se ne chiese il motivo.

Gli fu chiaro quando vide Walbur a terra, sporco di fango e sangue rappreso. Gareth si chinò su di lui e constatò con sollievo che il sangue non apparteneva al comandante. Cercò di aiutarlo ad alzarsi, ma Walbur ricadde all'indietro con un gemito di dolore.

Östen, che era riuscito a scendere dal cavallo utilizzando l'unico braccio sano, si accovacciò accanto all'amico e, con uno sguardo significativo, sollevò la cotta di maglia del comandante.

Gareth imprecò quando vide lo squarcio che gli attraversava il ventre. Era profondo, e i due cavalieri si resero subito conto che era molto grave.

L'hanno presa”, mormorò Walbur, con un filo di voce.

Gareth sentì il sudore ghiacciarglisi addosso a quelle parole. Östen era sbiancato, e non solo per il sangue che aveva perso.

Dove l'hanno portata?”

Non lo so, si sono allontanati in quella direzione. Quell'uomo non era ciò che diceva di essere.”

Gareth strinse i pugni dalla rabbia. “Ci hanno ingannati! E noi abbiamo fatto il loro gioco!”

Östen cercò di tamponare la ferita di Walbur con le mani, ma il sangue continuava a sgorgare copioso.

Ho fallito il compito al quale avevo votato la mia vita”, disse il moribondo in un sussurro. “Credo che stasera sarò accolto nell'Helheim.”*

Un amaro sorriso gli si dipinse sul volto, sempre più terreo. Infine Gareth sentì la testa dell'uomo, che teneva sollevata, accasciarsi inerme sul suo braccio.

Sei morto da eroe, cercando di difendere la tua sovrana”, disse Östen, chiudendo gli occhi del morto con la mano sinistra. “Sono sicuro che stasera sarai accolto da Bragi, nel Valhalla.”**


***

Arianrhod riprese coscienza lentamente. Un dolore sordo gli pulsava nelle tempie. Si sfiorò la testa con un dito e lo ritrasse subito con una smorfia di dolore.

Ricordò di essere stata colpita alla testa, aveva perso conoscenza e ora sentiva dolore ovunque. Era seduta sul pavimento in pietra di una stanza in penombra. L'unico arredamento era un vecchio letto tarlato, un catino con un po' d'acqua e un pitale.

Cercò di mettersi in piedi, ma ricadde seduta con un gemito. Cosa diavolo le avevano fatto? L'avevano messa fuori gioco con una botta in testa, ma forse la cavalcata forsennata con la quale l'avevano portata in quel posto l'aveva lasciata contusa.

Con uno sforzo riuscì a mettersi a sedere sul letto e, allungando le mani fino ad immergerle nel catino, cercò di lavarsi via la terra, il fango e il sangue dalle mani e dal viso.

Per tutto il tempo si diede della stupida per essersi lasciata aggirare in quel modo. E si torturava non sapendo se Gareth e Östen stessero bene. Si consolò pensando che almeno Ragnhild e Gerda erano rimaste al sicuro con l'esercito.

Aveva una forte nausea, ma non seppe dire se fosse dovuta al colpo in testa che aveva ricevuto o fosse una conseguenza della gravidanza.

Il sole stava quasi per tramontare: Arianrhod se ne accorse dai raggi rossastri che penetravano dalla feritoia della stanza.

Sentì dei passi nel corridoio, e il rumore del chiavistello che girava. La porta cigolò sui cardini quando venne aperta.

Quando vide l'uomo che era entrato nella stanza, Arianrhod trattenne un grido.

Conosceva molto bene quell'uomo. Lo aveva conosciuto fin da quando erano entrambi due bambini, al villaggio.

Buonasera, mia adorata”, disse Owainn con un ghigno.





*Helheim è il livello più basso dell'oltretomba norreno, una landa desolata, battuta dal vento e dalle piogge. È popolato dalle ombre delle persone macchiatesi di colpe gravi, come omicidi e tradimenti, ma anche di coloro che sono morti senza gloria, da codardi.


**Il Valhalla è il terzo livello dell'oltretomba, dopo l'Helheim e l'intermedio Nilflheimer. E' uno dei palazzi di Asgard e residenza degli eroi morti gloriosamente in battaglia. Bragi è il dio, braccio destro di Odino, che accoglie le anime in questo regno.






Nota dell'autrice: Ciao a tutti!

Per questo capitolo volevo innanzitutto dare un paio di cenni. Prima di tutto sul Tempio di Uppsala: si tratta di un tempio realmente esistito che si trovava appunto a Gamla Uppsala (ovvero Uppsala vecchia), la capitale e centro del potere della dinastia degli Yngling, tant'è che le più antiche fonti scandinave come la Yngling saga e la Gutasaga si riferiscono ai sovrani di Svezia come "Re a Uppsala". I riti che ho descritto avevano davvero luogo in questo pregevole tempio, dalle decorazioni d'oro e adornato con statue dei principali dei norreni. È altresì storicamente vero che i re svedesi venivano incoronati qui e che vi avevano luogo i riti da me descritti. Purtroppo il tempio fu distrutto nel XI secolo per mano dei cristiani che erano ormai divenuti detentori la religione principale del paese. Diverse fonti parlano del tempio di Uppsala, ma le più importanti sono le "Gesta Danorum" di Saxo Grammaticus, uno storico tedesco del XI secolo, e le "Gesta Hammaburgensis Ecclesiae Pontificum" di Adamo di Brema, uno storico e teologo tedesco vissuto sempre nell'XI secolo.

Poi ovviamente sulla rivelazione del capitolo: l'identità del traditore. Alcuni di voi lo avevano già intuito! :) Nel prossimo capitolo spiegherò un po' più in dettaglio i motivi di questo figlio di ballerina di Owainn.

Grazie a tutti voi che leggete e recensite! You are my strenght! ^.^

Baci

Eilan




   
 
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