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Autore: Signorina Granger    01/03/2017    5 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Agli occhi di molti la Cimmeria Academy è solo l'ennesima scuola privata, con le sue divise perfette e i suoi brillanti e ricchi studenti. La scuola ospita i figli delle più influenti e importanti famiglie di tutto il mondo, i ragazzi più promettenti e destinati a ricoprire ruoli di spicco nella società, come i loro genitori.
Ma mai giudicare un libro dalla copertina: la Cimmeria è molto di più e nasconde dei segreti, come alcuni suoi studenti già sanno... e presto anche altri se ne renderanno conto.
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Night School '
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 Capitolo 19: La verità fa male  
  
Venerdì 8 Gennaio

 
Sorrise, finalmente. Neve… amava la neve, da sempre. Non sentiva nemmeno freddo, stranamente. 

In effetti ci mise qualche attimo a rendersi conto di non essere nel parco della Cimmeria… no, ad essere completamente innevato era un posto che le era altrettanto familiare.

“Mamma!” 
Quando sentì quella voce, così familiare ma allo stesso tempo così distante, aveva già capito dove si trovava. Mosse la testa quasi automaticamente, ritrovandosi a guardare una bambina di cinque o sei anni che camminava verso di lei… o verso la donna che le era appena comparsa accanto.
“Che cosa c'è, Belle? Perché sei tutta bagnata?”
“Alastair mi ha fatto cadere.”  Isabelle sorrise debolmente, guardando sua madre ridere mentre le spolverava i capelli coperti di neve e le sistemava il berretto blu con il pom-pom che aveva in testa:
“Porta pazienza tesoro… è un maschio. Ma puoi sempre farlo cadere anche tu!” 
La piccola Isabelle non disse niente, limitandosi a sollevare le piccole mani completamente sbucciate, guardando la madre con gli occhi verdi lucidi.
“Non è niente Belle… passa subito.”
“Non piangere, Isabelle.”   Le parole le uscirono in automatico, parlando in contemporanea alla donna che le stava accanto. Vedendola di più di dieci anni più giovane doveva ammettere che avevano ragione, quando dicevano che si somigliavano… o almeno, fisicamente era così. 
Isabelle guardò sua madre sorridere, tirando fuori la bacchetta per passarla sulle mani della figlia. La bambina sfoggiò un’espressione meravigliata prima di sorridere allegramente alla madre… il tutto mentre una terza figura raggiungeva le due, la sciarpa mezza snodata e il capello blu messo storto:
“Non l'ho fatto apposta! Scusami Isabelle!” 

“Come no. Certo che l'avevi fatto apposta, piccolo stronzetto.” 

“In effetti ero un po’ rompiscatole all’epoca… ma così dannatamente adorabile. Non trovi?” 
Isabelle sorrise, annuendo leggermente mentre guardava una versione infantile di se stessa e del suo migliore amico fare pace come sempre nel giro di due minuti… prima di tornare a giocare come se niente fosse successo, sotto lo sguardo di sua madre. 

Isabelle si voltò, non battendo ciglio nel trovarsi accanto ad Alastair, che continuò a guardare i due bambini giocare con la neve:
“C'è una cosa… che vorrei sapere. Hai sofferto molto?” 
Alastair si voltò verso di lei, rivolgendole il suo solito sorriso, quello che riusciva a rassicurarla a sei anni e lo faceva anche a quasi 18.
“Non importa, ormai… non trovi? Io preferirei assicurarmi che tu la smetta, di soffrire. E non ascoltare tua madre, Belle, per quanto io le abbia voluto bene: smettila di trattenerti. Piangi, se vuoi, nessuno ti giudica alla Cimmeria.”
“Mi crederesti se ti dicessi che non ci riesco?” 
Isabelle sorrise amaramente, voltandosi di nuovo per guardare i due bambini sulla neve. Parlare, tenersi per mano, le teste vicine mentre si sorridevano, probabilmente programmando il guaio successivo da combinare. Così complici, così tranquilli. Così diversi da quello che erano diventati. 
“Si. Ma provaci e basta… vedrai, dopo andrà meglio.” 
Alastair le sorrise, avvicinandosi per metterle una mano sulla spalla. Isabelle avrebbe voluto abbracciarlo un’ultima volta, o dire qualcos’altro… ma non ne ebbe il tempo: semplicemente si svegliò, ritornando alla realtà anche se forse di controvoglia. 
A volte sarebbe stato molto più facile restare in un sogno che alzarsi e affrontare la vita vera.
 
                                                                                         *

Stava bussando da quasi mezz'ora, ormai definitivamente intestardito: non si sarebbe mosso, non finché quella porta non si sarebbe aperta… gli sarebbe andata bene anche una maledizione. Tutto sarebbe stato più piacevole di quel silenzio così inusuale e glaciale.

Stava prendendo in considerazione l'idea di mandare la privacy a quel paese e di aprire la porta con la magia quando l’anta finalmente si spalancò, rivelando una Isabelle spettinata e dall'aria torva:

“RYLE. Spero che tu abbia un valido motivo per avermi svegliata all’alba al secondo giorno di scuola.”
“Veramente sono quasi le sette.”

“Appunto. Alba. Che cosa c'è?” 

Isabelle incrociò le braccia al petto, sbuffando leggermente e facendo sorridere Sebastian, che le porse qualcosa prima di schiarirsi la voce:

“Volevo darti questo. L’ho trovato il Sala Comune ancora qualche giorno fa, ma ultimamente parlarti è un po’ difficile. Credo che dovresti tenerlo tu.”

L'espressione di Isabelle si distese anche se non sorrise, allungando lentamente una mano per prendere l'oggetto che il ragazzo le porgeva: era l'orologio da scacchi di Alastair, quello che usavano sempre quando giocavano… anche senza i pezzi.
La ragazza ne accarezzò il legno chiaro prima di accennare un debole sorriso, parlando con un filo di voce:

“Grazie.” 

“Prego. Dopotutto io e Al non giocavamo molto a scacchi… diceva che era meglio giocare con te perché sei molto più difficile da battere.”
“Ah, diceva così? In realtà lo battevo quasi sempre, ma odiava perdere e non l'avrebbe mai ammesso.”

Isabelle si strinse nelle spalle, parlando finalmente con un po’ di espressione sia nel tono che negli occhi verdi, facendo sorridere con sollievo Sebastian:

“Beh, visto che sei sveglia ma è un po’ presto… credo che sia il momento di fare due chiacchiere Isabelle.”
“Non se ne parla, sono in pigiama! E non mi va di parlare.”

“Rilassati, sei bella lo stesso.”
Sebastian le sorrise col suo solito modo ammiccante, guadagnandosi un’occhiata assassina dalla ragazza che sbuffò, sapendo che non sarebbe riuscita a cacciarlo. Disgraziatamente era molto più forte di lei ed era già sgusciato dentro la camera, sedendosi comodamente sulla sua sedia.

“Bene. Come ti pare. Ma non toccare niente.”
“Tranquilla. Belli, però…”

Sebastian lanciò un’occhiata ai fogli che Isabelle aveva appeso alla finestra, coprendo quasi interamente il vetro con i suoi disegni. 
La ragazza si strinse nelle spalle e andò a sedersi sul suo letto, incrociando le gambe e guardandolo con un sopracciglio inarcato, nella sua consueta espressione scettica:

“Allora… che cosa c'è?”
“Lo sai. So che è difficile Isabelle, ma lo è per tutti… anche per me. Non puoi fare finta di niente per sempre, prima o poi dovrai parlare di quanto è successo.”

Isabelle appoggiò l’orologio sul comodino, evitando di guardare Sebastian e tormentandosi invece le mani prima di parlare, fissando il proprio materasso:

“Non mi è mai piaciuto parlare. Non sono brava con le parole Sebastian… Lo sapeva anche lui.”
“So quanto gli volessi bene Isabelle… perciò fallo per lui. Lo conoscevo bene anche io, so che non vorrebbe vederti così. Per tutto l'anno ha continuato a dire che tu non gli parlavi, che gli nascondevi qualcosa… non continuare a farlo anche ora che è morto.” 

Isabelle alzò lo sguardo per posarlo su Sebastian, accennando un debole sorriso prima di parlare:

“Hai mangiato un libro di filosofia o roba del genere ieri a cena?”
“No, sono profondo di mio, ma sei troppo occupata a reputarmi un cretino per rendertene conto. Piuttosto, TU non mangi quasi più… dopo andiamo a fare colazione.”

“Non ne ho voglia.”
“Beh, indovina un po'? Non mi interessa. E se non vieni chiamo mia cugina, così ti trascinerà per i capelli lei.”

Sebastian si strinse nelle spalle, parlando con il tono piatto e neutro di chi in genere parla del tempo. Un sorriso tetro invece comparve sul volto di Isabelle mentre giocherellava con il bordo del copriletto, esitando per qualche secondo prima di parlare a bassa voce:

“È solo… strano. Ogni momento, ogni ricordo, ogni episodio rilevante che ho vissuto… lui c'è sempre. C'è sempre strato, è per questo che è strano pensare che non ci sia più. Pensa a Faye. Se morisse… come ti sentiresti? Rispondi senza riflettere.”

“Vuoto.”

Per una volta fece come gli era stato detto, Sebastian Ryle rispose senza esitare o senza riflettere, dicendo puramente quello che gli passava per la testa… era cresciuto insieme a sua cugina, la considerava quasi più una sorella. Non sapeva come sarebbe stato vivere senza di lei… e forse non voleva nemmeno pensarci.

Isabelle annuì, sorridendo leggermente:

“Esattamente. Come se tutto all'improvviso perdesse di importanza, se accanto a noi non dovesse esserci più la persona con cui abbiamo sempre condiviso tutto. Sai Sebastian… non ho davvero voglia di fare nulla. Non so perché, mi sembra tutto piuttosto irrilevante.”

“Passerà, vedrai. Ma smettila di cercare di isolarti dal mondo intero Isabelle… forse ti senti sola senza di lui, ma non lo sei. Phoebe e Faye muoiono dalla voglia di parlare con te come prima. E anche ieri sera è stato strano senza di te. Stasera sera voglio vederti all'incontro, ok?” 

Sebastian le rivolse un debole sorriso che però non venne ricambiato, visto che Isabelle si limitò ad annuire un lieve cenno del capo, continuando a non guardarlo.
“Posso chiederti… tu ne sai qualcosa? Su quello che è successo, intendo. Non sopporto di non saperne niente Isabelle, voglio sapere come è successo, chi è stato.”


Isabelle esitò prima di rispondere, consapevole di non potergli dire quello che sapeva… in un certo senso sapeva chi aveva ucciso Alastair certo, ma dall'altro no. Era già piuttosto difficile senza mettere in mezzo qualcun altro.

E poi non voleva che venisse ucciso anche lui.

“Io ho saputo che era morto esattamente come te, Bas. L'ha trovato Jude, forse dovresti chiedere a lui.”
“Credi che non l'abbia fatto? Ma lo conosci, sai quanto possa essere dannatamente sibillino! E comunque non credo che nemmeno lui ne sappia poi molto, da come si comporta.”

“Perché, come si comporta?”
“Credo proprio che anche lui sia impaziente di parlare con te, Belle. Immagino proprio a proposito di questo… strano. Come mai molti pensano che tu possa saperne più degli altri?”

Sebastian inarcò un sopracciglio, osservandola e parlando con una punta di ironia nella voce che la ragazza finse di non cogliere, limitandosi a stringersi nelle spalle:

“Probabilmente perché ero la sua migliore amica.”
“Già… ma chissà, magari c'è un fondo di verità.”

Isabelle posò gli occhi verdi sul ragazzo, che la stava osservando di rimando con attenzione, come se volesse cogliere quello che pensava e quello che provava. 
Per sua sfortuna però, Isabelle Van Acker ormai sapeva mascherare le emozioni dannatamente bene… aveva un mucchio di pratica alle spalle, anche prima di tutta quella storia.

Si alzò, consapevole che quella conversazione dovesse finire:

“O magari no. Te l'ho detto Bas, parlane con L’Oracolo.”
“E chi diamine sarebbe?”

“... Verräter. Scusa, è l'abitudine. Ora se non ti dispiace devo vestirmi Sebastian, non vorrei che tutta la scuola mi vedesse in pigiama e con i capelli ridotti chissà come.”

La ragazza si avvicinò alla sua porta e l’aprí in un chiaro invito ad andarsene che però il ragazzo finse bellamente di non cogliere, sorridendole con aria divertita e accavallando una gamba:

“Non è un problema, se vuoi posso restare qui mentre ti cambi.”
“Ryle. Esci, o giuro che ti Schianto!” 

Sebastian rise leggermente, alzandosi e sollevando le mani in segno di resa mentre attraversava la camera per raggiungere la porta, fermandosi però davanti ad Isabelle, che lo guardava con aria vagamente seccata.
Le sorrise prima di chinarsi leggermente, dandole un bacio sulla guancia e mormorandole qualcosa all'orecchio:

“È questa la Isabelle che mi piace… non quella stoica e passiva. Ci vediamo in classe.”


“Guarda che a me non interessa la Isabelle che piace a TE!”

Isabelle sbuffò, mettendo la testa fuori dall'uscio per sottolinearlo… ma Sebastian si limitò a ridacchiare mentre si allontanava lungo il corridoio, rivolgendole anche un cenno con la mano mentre qualche porta si apriva e delle ragazze più piccole lo osservavano accigliate… prima di voltarsi dritte verso di lei con aria torva.

“BEH? Che avete da guardare? Andate a fare colazione! In questa scuola nessuno si fa mai gli affari propri…”

Isabelle Van Acker sbuffò prima di sbattere la porta con veemenza, chiedendosi perché fosse finita in quel covo di matti invece che a Beauxbatons… suo padre era olandese e la madre inglese, lei aveva frequentato Hogwarts da giovane… suo padre invece aveva studiato alla Cimmeria come tutta la sua famiglia da intere generazioni, e lei non era riuscita a sfuggire alla tradizione. 
Chissà come sarebbe stato studiare a Beauxbatons, come tutti gli altri giovani maghi che vivevano in Olanda… forse molto più tranquillo, ma ormai era tardi per pensarci.


                                                                                           *


"Maledizione, è tardissimo!”
“Prima o poi mi spiegherai PERCHÉ odi quando gli altri arrivano in ritardo ma poi TU lo sei sempre!” 

Phoebe non rispose, limitandosi a fulminare Faye con lo sguardo mentre correva verso l'aula di Storia della Magia. 
Triste ma vero, la sua amica aveva ragione… se non altro però non era sola e anche Faye si era presa a letto come lei. 

“Quanti minuti di ritardo?”
“Ehm… 8.”
“Dici che ci ucciderà?”

“C'è un solo modo per scoprirlo.” Faye si strinse nelle spalle prima di stamparsi il suo sorriso migliore sulle labbra come sempre dipinte di rosso, bussando e aprendo elegantemente la porta:

“Buongiorno signore… ci scusi tanto per il ritardo, ma il Professor Oldman ci ha trattenute per parlarci del colpito della prossima settimana.”

Ovviamente non era vero, ma Phoebe annuì con tutta la convinzione che riuscì a trovare mentre si affrettava ed entrare nell'aula dietro all'amica, cercando con lo sguardo un banco vuoto.
Nel vedere Isabelle seduta da sola provò sensazioni contrastanti, indecisa se sedersi vicino a lei… voleva parlarle certo, ma aveva paura che lei non ne volesse sapere.

Isabelle però alzò lo sguardo proprio su di lei e Phoebe le si avvicinò, chiedendole silenziosamente il permesso di sedersi vicino a lei.
La ragazza annuì e Phoebe sorrise quasi con aria vittoriosa prima di appoggiare la borsa sul banco e lasciarsi scivolare accanto a lei:

“Sono felice di vederti... come stai?”
“Bene.”
“Sicura? Ho sentito che hanno visto Bas uscire dalla tua camera stamattina… avete parlato di Alastair?”

Isabelle roteò gli occhi, confermando definitivamente la sua teoria: in quella scuola era impossibile che qualcuno si facesse gli affari propri. Stava cominciando a pensare che anche i muri avessero le orecchie o gli occhi…

“Si, circa.” 
“Mi fa piacere.”  Phoebe sfoggiò un sorriso sinceramente sollevato che Isabelle ricambiò debolmente, chiedendole silenziosamente scusa per essere stata tanto scostante nelle ultime due settimane.
Non era mai stata brava con le parole, ma per sua fortuna nemmeno la sua migliore amica era una campionessa in quel frangente… e Phoebe capi perfettamente che cosa volesse dirle, limitandosi ad appoggiare la mano sulla sua prima di rivolgersi all’insegnante. Del resto era probabilmente una degli unici che seguiva le lezioni di Storia della Magia per filo e per segno…



A cominciare da sua sorella, che si stava annoiando praticamente a morte… così, seduta in ultimo banco accanto a Mathieu, aveva tirato fuori la bacchetta e aveva cominciato a cambiarsi colore ai capelli, lo sguardo perso sul vetro di una delle tre finestre ad arco come se stesse pensando ad altro, con la testa tra le nuvole.

“Cami… sei fonte di distrazione!” 
Mathieu sbuffò, parlando a bassa voce affinché nessuno lo sentisse tranne la vicina di banco, che si voltò verso di lui proprio mentre i suoi capelli diventavano di un acceso rosa, a mo’ di gomma da masticare. 

Un sorrisino comparve sul volto della ragazza, che puntò la bacchetta contro l'amico… facendogli diventare i capelli scuri metà azzurri. Dopotutto ormai era una specie di maestra in quel tipo di incantesimi.

“Ma come sei carino…”
“CHE HAI FATTO? Frankie, hai uno specchietto?” 

Il ragazzo sfoggiò una smorfia disgustata, voltandosi di scatto verso Francisca. La ragazza, seduta nella fila accanto, si voltò verso di lui e dovette premersi una mano sulle labbra per non ridere, mentre Adrianus non provava nemmeno a mascherare l’attacco di ilarità.

“Non fare quella faccia, sei abbonato alla divisa!” Camila sfoggiò un sorriso angelico mentre Mathieu le sibilava di farlo tornare con i capelli normali. 
Intanto anche qualcun altro aveva seguito la scena… e Jude reputò che l'americana avesse avuto una splendida idea, così prese la bacchetta a sua volta e si fece diventare i capelli color verde smeraldo, sorridendo persino con soddisfazione: lo faceva anche ad Hogwarts per essere abbinato alla divisa dei Serpeverde, anche se suo padre gli ripeteva sempre che era un pugno in un occhio… e anche i professori.

“Si può sapere che cosa c'è di divertente? … Leroy, con quei capelli sei un elemento disturbatore nella classe!”

“Ma Signore, è stata Camila a farmi cambiare colore ai capelli!”
“Beh, allora sei l’elemento disturbatore passivo della classe. Per favore, giocate fuori da questa classe ai piccoli parrucchieri… incluso tu, Verräter.”


Jude sfoggiò un sorriso angelico prima di annuire, parlando con un tono di voce del tutto calmo e pacato:

“Certo, professore.”


“Ruffiano!” Il Serpeverde sorrise, voltandosi verso Adrianus e strizzandogli anche l'occhio prima di dargli di nuovo le spalle e tornare a rivolgersi all’insegnate, mentre l'ex Corvonero roteava gli occhi grigi, ormai arreso alla mania di Jude di fingere di assecondare perennemente insegnanti e superiori in generale. 

L'ex Serpeverde riportò lo sguardo su insegnante e libri… ma invece di prendere appunti si ritrovò più che altro a scarabocchiare, per una volta faticando a seguire la lezione.
Da un paio di giorni aveva una specie di chiodo fisso in testa… continuava a pensare a tutte quelle candele che galleggiavano sul Lago, illuminandolo di una calda luce rossastra. 

A lui Alastair Shafiq non era mai piaciuto poi molto… ma sembrava essere stato quasi l'unico, visto che praticamente tutti si erano presentati per ricordarlo in quel modo.
All'improvviso Jude ricordò Jackson, a quando avevano fatto una cosa simile anche dopo la sua morte… tutti quegli oggetti. 

Erano entrambi morti, ma c'erano molte persone a ricordarli.
Molte che soffrivano per quelle perdite.

Jude pensò ad Isabelle, a come dovesse ancora riprendersi dalla morte del suo amico. 
Probabilmente era una reazione abbastanza normale… ma continuava a chiedersi se per lui sarebbe stato lo stesso. 
Si rigirò la piuma tra le dita, sorridendo leggermente e dandosi mentalmente dell'idiota: 

No, certo che no. 
Lo sapeva già, dopotutto… forse l'aveva sempre saputo. Quando sarebbe morto lui, nessuno l'avrebbe rimpianto come avevano fatto per Alastair Shafiq… 
Anzi, era quasi certo che sarebbe morto perfettamente solo.

Del resto non si fidava di nessuno, e di riflesso nessuno si era mai fidato davvero di lui. Non per niente quando gli chiedevano qualcosa sapevano già che avrebbe voluto qualcosa in cambio.

Per la maggior parte del tempo fingeva di non pensarci o di non darci affatto peso, ma in realtà ogni tanto ci pensava… specialmente in quei giorni, dopo la morte di un suo compagno di scuola.
Tutti pronti a rimpiangerlo… peccato che lui non avrebbe di certo avuto lo stesso trattamento. 

Sì, la verità a volte faceva male. Ma lui preferiva vederla comunque invece che illudersi inutilmente.


                                                                                      *



Trovarlo deserto era piuttosto raro, visto che piaceva molto a tutti gli studenti… in primavera era quasi sempre occupato, ma in inverno stare in tranquillità al Padiglione era già più semplice.

A lei era sempre piaciuto, sin da quando suo padre l'aveva portata a vedere la scuola a Luglio, poche settimane prima dell'inizio del suo primo anno.
Era l’una, tutti erano ancora in Sala da Pranzo a mangiare… e forse lei era uscita proprio per questo: a quell'ora sarebbe senza dubbio riuscita a stare lì da sola per un po’, anche perché faceva ancora piuttosto freddo e nessuno sembrava avere molta voglia di uscire. 

Isabelle era seduta sul marmo, la schiena appoggiata ad una colonna e gli occhi chiusi.
Non era più tornata al Padiglione da dopo il Ballo, ma forse aveva fatto bene ad andarci… 
Riaprì gli occhi e sollevò lo sguardo, fissando il punto dove aveva trovato Alastair. 

Deglutì, cercando di ignorare il nodo che le si era formato sia sulla gola che allo stomaco. 
Era ora di pranzo ma no, non aveva affatto fame. 

“Sapevo che ti avrei trovata qui.” 
“E io sapevo che prima o poi avresti voluto parlare con me.” 

Isabelle non batté ciglio, almeno non apparentemente, quando Jude salì i gradini e si fermò davanti a lei, osservandola per un attimo prima di sedersi sul marmo a sua volta, mettendosi alla sua stessa altezza per poterle finalmente parlare. Di certo non le avrebbe permesso di filarsela, non quella volta. 

“Perché sapevi che sarei venuta qui?”
“Prima o poi tutti tornano dove hanno perso qualcuno… e di sicuro saresti voluta venire qui da sola, quindi quale orario migliore di questo, quando sono tutti dentro a pranzare? Buffo… chi l'avrebbe mai detto, io e Isabelle Van Acker condividiamo un segreto. Immagino che nessuno saprà mai che in realtà Alastair è stato ucciso qui.” 

Jude si strinse nelle spalle, parlando con un tono calmo e rilassato che fece accigliare leggermente la ragazza, portandola a guardarlo con lieve scetticismo:

“È un modo sibillino per dirmi che dirai la verità, cioè che non l'hai trovato tu?”
“No. Non credo che lo farò, anche perché rischierei a mia volta di finire nei guai per aver mentito… no Isabelle, non lo dirò in giro. Ma mi piacerebbe sapere perché sei venuta qui, perché pensavi che ti avrebbero uccisa.”

Isabelle sbuffò leggermente, appoggiando il capo contro la colonna fredda e sollevando di nuovo lo sguardo, allontanandolo da Jude e dalla sua espressione inquisitoria.
Probabilmente si sarebbe staccata un braccio piuttosto di ammetterlo, ma riusciva sempre a metterla a disagio… all'improvviso le sembrava di essere di nuovo all’interrogatorio.

“Ironico… all’interrogatorio dissi che non era finita. E infatti eccoti qui a farmi altre domande. Perché ti interessa tanto quello che sta succedendo Jude? Mi fai domande de genere anche prima che Al… da prima.”

Non riusciva ancora a dirlo. Non sapeva perché, ma non riusciva ancora a dire espressamente che Alastair era morto… usava sempre altre parole, mai quelle. 
Riabbassò gli occhi sul ragazzo, che esitò come se stesse pensando alla risposta da darle, come se se lo stesse chiedendo a sua volta. 

Già. Perché gli interessava tanto? Non era solo pura e semplice curiosità… non era la sua mania di sapere sempre tutto di tutti. O almeno, forse all'inizio era stato così, certo. 
Ma poi le cose erano cambiate, forse fin dalla morte di Jackson. Qualcosa si era spaccato, l’equilibrio aveva cominciato a rompersi e la crepa era solo aumentata con il passare del tempo. 


Perché gli interessava tanto? 
Non voleva ammetterlo, nemmeno a se stesso. 
Ma forse voleva sapere che cosa stava succedendo, chi c'era dietro per assicurarsi che non avesse niente a che fare con lui. Perché l'idea l'aveva sfiorato diverse volte di recente… 

“A qualcuno deve interessare. Insomma, tu ti comporti come se non fosse niente di grave, o almeno finora hai fatto così. So che sei orgogliosa Isabelle, ma non puoi fare sempre tutto da sola. Io credo che ti abbiano fatto credere che ti avrebbero uccisa perché, di qualunque cosa si tratti, tu non ti stai “rendendo utile” come gradirebbe qualcuno. Forse l'uomo con cui ballavi al Ballo… Sai, io e Alastair parlavamo prima che morisse, negli ultimi tempi. Di te.”

“Di me?”
“Era preoccupato per te, Isabelle. E come dargli torto, eri indiscutibilmente strana. Così mi ha chiesto di aiutarlo a scoprirne di più, perché infondo sapeva che nessuno poteva aiutarlo meglio di me, modestamente parlando.”

Isabelle non disse niente, limitandosi a guardarlo di rimando. E Jude capì che era arrivato finalmente il momento di capirci di più, di dirle tutto quello che pensava e che si portava dentro da settimane:

“Lascia che io ti esponga la mia teoria, visto che a te non piace parlare…
Sai, avevo detto una cosa ad Alastair: secondo me ti tenevano, e ti tengono, in qualche modo sotto torchio. Come? Beh, magari usando proprio LUI, visto che per te era così importante. Ma sai, prima mi aveva sfiorato un'altra idea… sulla tua famiglia. Mi sono reso conto di non sapere molto su di te, almeno non della tua vita fuori da queste mura. Così ho… beh, prelevato il tuo fascicolo.”

“Tu hai fatto cosa? Quando?”  Isabelle sgranò gli occhi, drizzando improvvisamente la schiena e parlando con un tono vagamente allarmato. Ma di fronte al sorrisetto di Jude non ebbe bisogno di alcuna risposta, limitandosi a sospirare e passarsi una mano tra i capelli:

“Ah, certo… quando siamo stati da Hamilton. Beh, ottimo lavoro Verräter, sei meglio di Lupin.”*
“Non so di chi si tratti, ma lo prenderò come un complimento. Ad ogni modo… ho potuto saperne di più sulla tua famiglia, anche parlando con Alastair visto che le vostre famiglie si conoscono da molto. Tutto lineare, niente che fosse fuori posto. I tuoi genitori non erano al Ballo, vero?” 

“No. Per favore, ora non tirare in ballo anche la mia famiglia.”
“Tranquilla Isabelle, so quanto a volte sia difficile parlarne… per alcuni di noi la famiglia più che un appoggio rappresenta un vero e proprio tasto dolente. Sai Isabelle, ho smesso di pensarci. Ho letto il fascicolo, ne ho parlato con Alastair… mi sono reso conto che al Ballo non c'erano, ma mi è bastato fare un paio di domande per saperne il motivo.
Non me ne sono più preoccupato. Ma sai, c'era qualcosa che mi disturbava, che mancava. E ci ho messo qualche giorno, è vero, ma poi ho capito che cosa stonava.” 

Jude sorrise, l'occhio nero quasi luccicante di soddisfazione ed eccitazione allo stesso tempo, come sempre quando risolveva un grattacapo… moriva dalla voglia di dire quelle parole ad alta voce per vedere la sua reazione, cogliere il minimo mutamento espressivo nella ragazza che gli stava di fronte, oltre quel muro che lei stessa aveva costruito ma che forse stavano iniziando a demolire. 

“Oh, davvero? Beh, dimmi… che cosa manca agli occhi del Detective Verräter?” 

Isabelle inarcò un sopracciglio, parlando con il tono più scettico che le riuscì e osservando il ragazzo restando impassibile come sempre, come aveva imparato da bambina. 
Infondo però aveva quasi paura a sentire le sue parole… paura di sentire quelle giuste. 

“Una lettera, o una visita. Tu chiami il padre di Alastair “Zio”, i vostri genitori si conoscono, sono vecchi amici, no? Presumo quindi che i suoi genitori siano legati a te, e lo stesso vale per i tuoi e Alastair probabilmente. Ma dimmi Isabelle, dove sono le lettere dei tuoi genitori, che ti scrivono per starti vicino in un momento così distruttivo, per la loro unica figlia? Senza contare che è morto un ragazzo che loro conoscono bene, magari lo consideravano quasi un secondo figlio… sbaglio? A questo punto mi chiedo se i tuoi genitori non siano davvero coinvolti come avevo supposto all'inizio.”

Jude le sorrise, ottenendo solo un tetro silenzio. 
Isabelle lo guardava, la mascella serrata, le braccia conserte e gli occhi vagamente lucidi.

Sapeva che non gli avrebbe risposto se non con un insulto, così il ragazzo si limitò ad alzarsi, spolverandosi la giacca prima di parlare con il tono più rilassato del mondo, come se non fosse per nulla toccato dall’argomento:

“Credo che la pausa pranzo sia quasi finita… meglio andare, non perderei Pozioni per niente al mondo. Ah, Isabelle… un’ultima cosa: ho detto ad Alastair che se tu stessi tentando di proteggerlo da qualcosa, gli avresti chiesto di tornare a casa con te per le vacanze. E visto che l'hai fatto, immagino che lui sapesse, o almeno aveva intuito cosa stessi cercando di fare. Se ti può far sentire meglio, è morto sapendo che volevi proteggerlo e che gli volevi bene.” 


Jude le rivolse un’ultima occhiata prima di lasciare il Padiglione, costringendosi a non voltarsi. Isabelle invece non diede cenno di volersi alzare, premendosi invece una mano sulle labbra per nascondere il più possibile i singhiozzi che avevano iniziato a scuoterla. 
Chiuse gli occhi, lasciando finalmente che le lacrime le rigassero il volto prima di abbandonarsi completamente, appoggiandosi sul marmo freddo e restando immobile, accucciata su se stessa come Jude l'aveva trovata sul letto di Alastair.


Jude continuò a camminare, gli occhi fissi sulla Cimmeria mentre cercava di non chiedersi come potesse stare Isabelle dopo quello che le aveva detto.
Non gli doveva interessare, dopotutto. Doveva solo concentrarsi su quello che voleva, ossia andare a capo di quella storia.

Dalla sua reazione, doveva aver colpito il tasto giusto… la sua famiglia centrava, in un modo o nell'altro. Non si era sbagliato, alla fine. 

Si Isabelle, la verità fa male… ma accettala per quello che è


Ne era felice, ovviamente. Soddisfatto, più che altro… ma si sentiva un po' strano, come se infondo non fosse poi così “giusto”.
Scosse il capo, costringendosi a chiedersi quando aveva cominciato a preoccuparsi troppo degli effetti delle sue azioni… non lo aveva mai fatto. A lui piaceva che tutto andasse secondo le sue regole, secondo quanto aveva stabilito LUI. Degli effetti collaterali non se ne era mai curato, non di quelli che colpivano gli altri. 

Infilò le mani nelle tasche della giacca, sorridendo leggermente di fronte alla prospettiva di andare a lezione di Pozioni, la sua materia preferita in assoluto. 
Non se ne rese conto e non lo immaginò neppure, ma le scritte che di norma erano invisibili, marchiate sui polsi, stavano luccicando leggermente.



                                                                                      *

"Sono passate più di due settimane… credo che la sua vacanza sia finita.”
“Sì… dubito che si sia ripresa, ma forse è meglio così. Magari sarà più incline a collaborare. Si, credo che stasera tornerò a farle visita, giusto per ricordarle che siamo ancora qui. Saremo sempre qui.” 

Annuì leggermente, spostando lo sguardo dalla ragazza per posare gli occhi sul ragazzo che si stava allontanando, dirigendosi verso la scuola. Era un peccato non aver potuto ascoltare cosa si erano detti… ma a giudicare dallo stato di Isabelle, forse niente di troppo piacevole.

“D'accordo. Ma ti prego, sii gentile… è in lutto.” 

Sbuffò, annuendo leggermente prima di sorridere, spostando lo sguardo da entrambi gli studenti per allontanarsi, trattandosi dal ridere mentre parlava di nuovo, in risposta a quelle parole che trasudavano ironia e divertimento:

“Io sono sempre gentile.”


                                                                                      *


“Devo andare.”

Frankie sorrise leggermente, parlando con il tono più gentile che le riuscì mentre invece Adrianus sbuffava, sfoggiando tutto il suo disaccordo mentre non accennava a mollare la presa sulla sua vita, continuando a tenerla sulle sue ginocchia.

“Devi proprio?”
“Temo di sì.” 

Francisca sfoggiò un sorriso quasi colpevole mentre metteva le mani su quelle del ragazzo, cercando di fargli allentare la stretta. Adrianus invece si limitò ad alzare lo sguardo, puntando gli occhi grigi dritti nei suoi prima di parlare:

“Non puoi dirmi dove o a fare cosa, vero?”
“Purtroppo no. Lo sai come funziona…”

“Si, lo so. Beh, stai solo attenta, ok?” 
“Tranquillo Steb, hai già testato che quando voglio mi trasformo in una specie di piccolo ninja!”

“Si lo so, mi fa ancora male la schiena se proprio ci tieni a saperlo! Ricordami di non farti mai arrabbiare…”

Adrianus sfoggiò una smorfia mentre invece Francisca ridacchiava, scivolando dalle sue gambe prima di rivolgergli un sorriso e dargli le spalle per uscire dalla Sala Comune.
L’ex Corvonero la guardò allontanarsi e quando la ragazza fu uscita dal suo campo visivo si voltò verso la finestra, osservando il cielo ormai completamente buio. 

Probabilmente non doveva, e in effetti non si era mai curato particolarmente della Night School. O almeno, quando era arrivato alla Cimmeria ne era stato incuriosito, certo, ma poi si era reso conto che era meglio starne fuori e aveva smesso di darci molta importanza.

Questo fino a qualche settimana prima, quando aveva visto diversi tra i suoi compagni di classe girovagare per la scuola in piena notta… e tra questi c'era anche Frankie Lothbrock. 

Dopo tutto quello che era successo nella scuola da quando l'anno era conciato, sperava solo che non le succedesse niente di male, qualunque cosa andasse a fare dopo il Coprifuoco. 


                                                                                 *


Faye Cassel sbuffò leggermente, continuando a tamburellare le dita sulla propria gamba mentre teneva gli occhi fissi su Oldman e Jefferson, che stavano parlottando tra loro a bassa voce infondo all’aula, mentre lei e gli altri erano in piedi, disposti in file ordinate. 

“Ma di che cavolo staranno parlando da dieci minuti? Potevano dirci di arrivare dopo…”
Faye sbuffò con impazienza, ricordando l'ultima volta in cui li avevano fatti aspettare in quel modo prima di fare l'appello: quando avevano parlato degli Interrogatori… possibile che volessero riproporli? Del resto avevano passato settimane a studiare il linguaggio del corpo e la gestualità per riuscire a cogliere le bugie. 

Accanto a lei Phoebe si strinse nelle spalle, anche se lanciò un’occhiata alle armi che i due istruttori avevano già preparato… sembrava che quella sera si sarebbero allenati con archi e balestre. Un lieve sorriso increspò le labbra della mora, che si voltò verso l'amica e accennò nella direzione delle armi, facendo sorridere quasi allegramente anche Faye: entrambe andavano matte per le balestre, anche se nessuna delle due sapeva spiegarsi per bene il perché.

Faye fece per dire qualcosa, probabilmente che non vedeva l'ora di iniziare… ma Jefferson la precedette, schiarendosi la voce per attirare l'attenzione di tutti i ragazzi.
Immediatamente calò di nuovo il silenzio più completo nella sala, lasciando che l'unico rumore fosse la voce dell’insegnante, insieme al suo eco: 

“Stasera continuiamo con le armi Babbane, ci soffermeremo per un altro paio di settimane su quelle manuali prima di passare a quelle da fuoco. Ma prima di iniziare, avremmo qualcosa da dirvi: ne abbiamo discusso con il Preside e abbiamo concordato che, dopo quanto è successo e avendo perso quattro membri dall'inizio dell'anno, faremo entrare qualche studente dell'ultimo o penultimo anno.” 

Quattro membri dall'inizio dell'anno

Faye e Phoebe si scambiarono un’occhiata incerta, mentre tutto intorno a loro si chiedevano di cosa stessero parlando i due istruttori: certo, c'erano state quattro vittime… ma solo tre facevano parte della Night School.

Un lieve mormorio si diffuse tra la quarantina di studenti, che iniziarono a porsi le medesime domande mentre Sebastian, in piedi in prima fila come sempre visto che era dell'ultimo anno ed era tra quelli che faceva parte del gruppo da più tempo, si voltava per scrutare i suoi compagni con attenzione. 

Perché anche se gli rodeva ammetterlo sapeva che sua cugina aveva ragione: ogni volta in cui entrava in classe la cercava con lo sguardo, così come agli incontri. E quando tardava, finiva sempre col preoccuparsi. 

Non c'era 
Perché non c'era?

“Fate silenzio! Saprete i nomi la prossima settimana probabilmente, ne stiamo ancora discutendo con il Preside. Ora, prendete i parabraccia e le armi, potete cominciare.” 

Oldman, con un pigro gesto della bacchetta, fece comparire i bersagli appesi al muro che usavano sempre in quel genere di incontri. Nonostante fossero tutti curiosi molti non si fermarono ad indagare su quanto appena sentito e si affrettarono per accaparrarsi le protezioni di pelle migliori… ma per una volta Sebastian Ryle non era tra questi, preferendo invece avvicinarsi ai due insegnanti:

“Sono morti Jackson, Alexandrine e Alastair tra i membri della NS. Quindi sono tre… chi è il quarto?”

“Ryle, prendi un arco.”  Jefferson inarcò un sopracciglio, osservandolo quasi con esasperazione. In genere il Vicepreside aveva il potere di far affrettare tutti gli studenti e di farli obbedire sempre… ma non quella sera, tanto che Sebastian non si mosse neanche di un centimetro: 

“Chi è il quarto?”

Sebastian contorse la mascella, deciso a non far cadere la questione mentre teneva gli occhi fissi sui due insegnanti. Entrambi esitarono, scambiandosi un’occhiata incerta di fronte al tono glaciale e deciso del ragazzo… forse si ricordarono che la sua famiglia era una specie di istituzione alla Cimmeria, o forse intuirono solo che non li avrebbe mollati neanche sotto minaccia finché non avrebbero risposto.
Oldman sospirò prima di annuire, voltandosi verso il ragazzo e fissandolo con gli occhi neri fissi nei suoi, guardandolo dall'alto in basso prima di parlare, usando un tono perfettamente neutro:


“Isabelle Van Acker.” 
















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Angolo Autrice:

Buondì! Il capitolo era già mezzo pronto quando ho postato l'altro e non mi andava di tenerlo in stand by nel PC… così eccomi qui. 
Vado parecchio di fretta quindi non mi dilungo neanche stavolta… ma ci sentiamo nel weekend al massimo con il prossimo capitolo! 
E ne approfitto anche per ringraziarvi visto che quasi tutte vi siete iscritte anche alla mia nuova storia! u.u
Un bacio, buona giornata, 

Signorina Granger 
   
 
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