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Autore: Mellybonf    02/03/2017    1 recensioni
Questa è la mia prima FanFiction, spero vi piaccia. Parla di me, della mia vita, della mia famiglia e ovviamente delle nostre amate TMNT.
Tratto dal primo capitolo: "Ognuno di noi è diverso dall’altro, nell’aspetto e nel carattere. Ognuno di noi è unico ma non sempre ci si sente speciali, spesso ci si sente solo sbagliati.
La parola diverso ha il potere di farti credere di essere distinto e completamente imparagonabile a chi ti circonda. Credi di essere inadeguato nei confronti di qualsiasi cosa. [...]
Per un ancor più ristretto numero di persone particolarmente sensibili, anche la propria famiglia può apparire come una relazione troppo dolorosa da sopportare. Per quanto l’ amore per la famiglia sia grande, per quanto loro ricambino il tuo amore e cerchino di proteggerti, istintivamente chiudi ogni porta e ogni spiraglio del tuo guscio. Inconsciamente entri in uno stato di chiusura. [...]
L’Autismo è questo.
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Cap. 8-Legami sottili.

Mick si ritrovò in uno spazio azzurro tenue, enorme e senza confini. Gli ricordava il piano astrale visto durante le meditazioni più profonde, ma aveva qualcosa di diverso, era più percettibile, afferrabile.
“Dove diamine sono finito?” Si chiese passandosi una mano dietro la nuca.

-Sei entrato nella mia coscienza, Michelangelo.- la voce di Nadia gli rimbombò in testa.

–O meglio, sei nella rappresentazione mentale che possiamo dare ad essa. In questo momento ci troviamo al primo livello, quello razionale.- Si girò cercando di intravederla, ma intorno a se c’era il vuoto più assoluto. “Dove sei? Non mi sembra il momento di giocare a nascondino.”

-Non sto giocando, siamo contemporaneamente uno nella coscienza dell’altra, ci possiamo sentire, ma non vedere.-

“Strano…”

– Che cosa, precisamente, ti sembra strano? Il fatto di sentirmi nella tua testa o il fatto che sei dentro la mia testa?-

“Che domanda…tutto in questa situazione è strano.”

–Non dirlo a me! Faccio ancora fatica a credere di essere nel vostro universo, figuriamoci essere nel tuo cervello…-

“È vuoto quanto il tuo?” chiese ironicamente, riferendosi all’ambiente che lo circondava.

Visto che parliamo di te, è fin troppo pieno.- rispose divertita.

“Finalmente hai fatto una battuta!”

-Cosa vuoi dire?-

“Semplice, fai dei discorsi troppo seri e complicati. Perlomeno sei imbranata e goffa, altrimenti saresti impossibile da sopportare!”

–Oh, andiamo! C’è già Luca che mi da dell’imbranata, non mettertici anche tu…e poi, è solo perché non mi conosci che mi trovi insopportabile, guarda che anch’io so fare battute!-

“Allora, hai fatto la parte della seria psicologa in ansia molto bene!”

-Ah, ah, come sei spiritoso.- ribatté sarcastica –Cominciamo ad esplorare invece di fare ironia. Dovremmo cercare delle aperture simili a finestre e dentro vedrai scorrere delle immagini, i miei ricordi.-

Michelangelo mosse i primi passi in quello spazio sconfinato, i sensi erano particolarmente ovattati, ma non assopiti; sentì una strana sensazione in tutto il corpo, come se fosse scoperto. E in effetti lo era, niente tuta nera e niente maschera.

-Sei a disagio…-

“C-come?”

–Non nasconderlo, percepisco come ti senti. Cos’hai?-

“Ecco…ok, lo ammetto. Mi sono accorto di essere completamente nudo e mi imbarazza! Lo so che ho girato per anni senza vestiti, ma sono nella tua testa e…” proferì teso e tutto d’un fiato.

–Oh…- fece lei – Capisco l’imbarazzo, la sessualità è sempre un tasto delicato.-

“Ehi, ehi, cosa c’entra la sessualità adesso?” chiese ancora più teso.

–Andiamo Michelangelo! Ti comporti da stupido, ma non lo sei, hai capito a cosa mi riferisco…-

“Io non mi comporto da stupido, semplicemente preferisco divertirmi. Se passo per superficiale, non mi interessa.” Rispose mezzo infastidito.

-Come vuoi, ma sono convinta che sul sesso ne sai esattamente quanto me, forse di più…-

“Sai, una ragazza non dovrebbe parlare di certe cose in modo tanto…leggero. Ti dispiace cambiare argomento?”

 –Un po’si. Sentirti alle strette è divertente!- fece con tono allegro.

“Ma sentila! Se la metti su questo piano, è il mio turno di metterti in imbarazzo: immagino tu sia nuda come me, sbaglio?” chiese con un tono volutamente fastidioso.

-Sbagli.- rispose tranquillamente lei- Indosso la tuta bianca che avevo sulla nave Utrom. In effetti non ci avevo fatto caso, è strano che io abbia addosso dei vestiti e tu no…comunque, dovrai trovare qualcos’altro per mettermi in imbarazzo.- nella mente di Nadia si stavano già affollando diverse risposte per quello strano fatto, ma in quel momento nessuna le sembrava valida…meglio rimandare, in fondo era un particolare di poca rilevanza.

Mick però era rimasto infastidito “Non trovo giusto che tu non sia nelle stesse condizioni…diciamo scoperte, in cui mi trovo io! E non mi sfidare, nell’infastidire gli altri sono un asso, te ne pentiresti!” ribatté.

Trascorsero un paio di minuti in silenzio. Per quanto camminassero, sembravano fermi al punto di partenza.
Nadia si stava domandando perché l’ambiente dai toni arancio tenui, diverso da quello bianco che aveva visto nella coscienza di Marco, non stava reagendo. Nella precedente sincronizzazione, quando era entrata insieme a Luca nella mente del fratello, nel giro di pochi passi avevano incontrato i suoi ricordi. Ci doveva essere qualcosa di diverso, forse non si fidavano a sufficienze l’uno dell’altra.

“Senti, mi sto annoiando.” proferì Mick facendola trasalire. “Ti posso fare una domanda?”

-Solo se posso fartene una anch’io. Vorrei entrare in confidenza, troveremo più facilmente le finestre.-

“Va bene, nessun problema. La mia domanda è questa: perché ti sei appassionata tanto alle nostre storie? Posso capire Marco e Luca, ma tu…fatico ad immaginarti.”

Quella domanda la sorprese. Ci aveva pensato per anni, trovando alla fine un valido motivo a quella sua… fissazione, ma non le era mai capitato di doverla spiegare.
-Diciamo, che vedere quattro fratelli uniti contro battaglie e avversari più grandi di loro, mi ha emozionato fin da piccola. Mi sarebbe piaciuto riportare una storia similare nella mia vita, vivere grandi avventure crescendo con Marco e Luca…in un certo senso l’ho anche fatto; dopo che vi ho scoperto li ho coinvolti molto di più, anche nel vostro mondo di avventure e combattimenti. Ho sempre visto delle potenzialità, caratteristiche davvero stimolanti in tutti voi, soprattutto sul piano della fantasia: quattro tartarughe umanoidi, adottate nella prima infanzia, di supporto le une alle altre, contro un mondo che non le capisce e non prova neanche a farlo, sono cose che portano a riflettere. Anch’io mi sono sentita così.-

“Se era una battuta, non l’ho capita. L’ultima volta che ho controllato, non avevi la pelle squamosa e verde o un guscio sulla schiena…” proferì ironicamente.

-Hehe, hai ragione, ma non mi dispiacerebbe assomigliarvi.- Fece serena.
Continuando a camminare, notò che i toni intorno a lei stavano diventavano più scuri. Parlare si stava rivelando utile e decise di sbilanciarsi ulteriormente, anche se l’idea non le piaceva fino in fondo. Si stava fidando di una sensazione sottile, un leggero tepore che le dava fiducia, un filo che le indicava la strada da seguire.
-Forse ho esagerato a paragonare la mia situazione alla tua, ma essere la sorella di un ragazzo autistico porta l’esterno a giudicare tutto di te: come sei, come ti comporti, cosa fai, perché lo fai; sembri effettivamente un mutante uscito dalle fogne. La persona che viene etichettata non è la sola che finisce nel mirino, tutta la famiglia viene emarginata. Non ho mai capito come faccia Marco, ha una forza d’animo incredibile: va avanti per la sua strada, nonostante tutto intorno a lui lo ferisca. Io potrei vivere una vita considerata da tutti normale, eppure mi  sento sempre in trappola, sempre a disagio, sempre sbagliata, sempre fuori posto, sempre inutile…come se fossi anch’io autistica, diversa. Con il passare del tempo mi sono adeguata, diventando quello che l’esterno si aspettava: un fallimento. Non volendo abbandonare il mio legame con Marco, sono stata esclusa da tutto il resto; o forse sono io ho voluto escludermi, ormai non capisco dove sia la differenza.-

Il mutante percepì una strana sensazione alla gola, un groppo che faticava a scendere, ma non era suo, lo percepiva come un rimando sottile che non gli apparteneva, era di Nadia. Stava provando le stesse sensazioni della ragazza, adesso era chiaro come avesse fatto a percepire il suo stato d’animo, era la sincronizzazione che lo rendeva possibile. Ma non era solo quell’elemento a fargli capire la delicatezza del discorso: la voce di Nadia era cambiata, più profonda, triste. Mick fece passare alcuni secondi, non voleva riaprire vecchie ferite con la sua domanda e parlare in quel momento sembrava così difficile.
“Scusami.” Riuscì a dire “Ti ho fatto parlare di una cosa dolorosa.”

-Non ti scusare. È un argomento che farà sempre male, ma parlarne aiuta. Anzi, ti ringrazio per avermi ascoltato.-

“Figurati, è servito anche a me, ho capito che non siamo molto diversi. Non immaginavo che la tua situazione fosse così simile alla mia, alla nostra.”

–Beh, immagino sia per questo che tu e la tua famiglia avete tanto successo nel nostro universo, non sono la sola che si è sentita così. Siete eroi da scegliere, fuori dal comune concetto di supereroe; siete apprezzati e di supporto a chi conosce la vostra storia, a chi sente di aver vissuto sulla propria pelle quel senso di alienazione.-

“Forse non ho capito…mi stai dicendo che siamo gli eroi degli emarginati? Non mi hai appena detto che abbiamo successo?”

-Esatto, avete successo proprio perché molti si sentono emarginati, non capiti, lontani da tutto e da tutti solo perché diversi. La vostra forza è sapere di essere diversi e fare comunque la cosa giusta per voi e per gli altri, anche se non vi viene riconosciuto lottate contro avversari e sfide troppo grandi per chiunque, ma non per voi.-

Quell’affermazione lo fece sorridere. In effetti, quante volte leggendo le avventure dei suoi eroi si era sentito in qualche modo supportato, felice di vedere che esistono persone che combattono per fare del loro meglio contro sfide più grandi delle proprie forze.
Una strana sensazione sottile di tepore lo spinse a proseguire, questa volta facendo lui la parte dell’intervistato “Dai, spara! Qual è la tua domanda?”

–In realtà ne avrei un mucchio, ma dato che lo abbiamo accennato poco fa, come mai avete deciso di vestirvi? Mi sembravate a vostro agio da adolescenti, cos’è cambiato?-

“Ti sei fissata con questa storia…” fece lui di nuovo infastidito. “Le motivazioni non sono tante: volevamo mimetizzarci durante le ronde e crescendo abbiamo voluto assomigliare agli esseri umani.
L’essere esclusi per anni, sentirci sempre diversi come hai detto tu, ci ha fatto pensare: forse potevano fare qualcosa per integrarci. Non lo abbiamo fatto coscientemente, ci siamo ritrovati a compiere quel cambiamento uno alla volta, come se fosse un passaggio obbligato. Raf è stato il primo a farla diventare un’abitudine: ha continuato ad andare in giro vestito da Nightwatcer dopo il rientro di Leo dall’amazzonia; si sentiva più sicuro e con il passare del tempo ha trovato il coraggio di dichiararsi a Joi. Te la ricordi?”

–Certo, la ragazza bionda che faceva parte degli accoliti del Tribunale Ninja. Una tipa tosta e molto carina. Tuo fratello ha buon gusto.- *(1)

“Dici? Non mi è mai sembrata niente di speciale…comunque, per un po’ le cose sono andate bene. Raf era talmente di buon umore in quel periodo che faticavamo a riconoscerlo: sorrideva, scherzava, si arrabbiava sempre di meno, sembrava un'altra tartaruga. Siamo stati contagiati dal suo modo di fare e, in modo quasi automatico, abbiamo iniziato ad allontanarci.”

-Beh, crescendo è anche normale che avvenga…anche se fatico ad immaginarvi. Mi siete sempre sembrati molto uniti, ognuno parte dell’altro come in un sistema perfetto.-  

“Hai ragione, eravamo un sistema perfetto! Ho avuto l’impressione che mi mancasse qualcosa negli ultimi due anni, come se avessi perso un pezzo di me, ma è la prima volta che ci faccio veramente caso. Probabilmente eravamo troppo concentrati su di noi: Leo andava in amazzonia con regolarità, quel luogo lo ha catturato fin dal suo primo viaggio e tornava a visitarlo ogni sei mesi; Raf si era lanciato in una sorta di convivenza con Joi, la chiamo così perché comunque tornava a casa molto spesso, nell’ultimo periodo continuavano a litigare; Don invece, aveva iniziato a frequentare Jhanna l’aliena,*(2) la vedevamo regolarmente al rifugio. Donni non ci ha mai detto nulla, ma secondo Raf, era nato qualcosa tra loro.”

–Immagino, che anche tu abbia trovato una compagna.- proferì Nadia.

“Hahaha, ma no!” fece ridendo di gusto “Mi hai mai visto interessato a qualcuna quando ci guardavate in televisione? A differenza dei miei fratelli, non mi sono mai sentito attratto dal genere femminile. Non so cosa significhi innamorarsi o avere una compagna.” Si fermò di botto sgranando gli occhi: non aveva mai fatto discorsi del genere, con nessuno. Parlarne con l’unica ragazza che lo aveva colpito non era una buona idea. Inoltre, stava dando un’idea sbagliata. “Intendiamoci, siete molto carine e mi piacete molto, ma non ho mai provato altro che simpatia. Sono pur sempre un mutante, non mi faccio illusioni.” Si affrettò ad aggiungere.

-Strano, per anni ho pensato che fossi il più facilitato a trovare la persona giusta: sei sensibile e hai un umorismo contagioso che dimostra sicurezza. A mio parere, sono caratteristiche che attraggono. Il fatto che tu sia un mutante, mi sembra strano che possa essere visto come un ostacolo. Siete piacevoli da guardare.-

Quelle parole lo sorpresero, Nadia aveva visto qualcos’altro, andando oltre l’aspetto esteriore, che comunque era…piacevole; non sapeva come interpretare quella parola, ma si sentiva meno in difficoltà.
Ma si era fatta comunque un’idea parziale di lui e della situazione.
“In realtà, sono meno sicuro di quanto faccia vedere. Ho sempre alleggerito le situazioni con l’umorismo perché vedevo quanto fossero pesanti, ma il mio scherzare è solo una facciata…e poi, ti assicuro che per come sono andate le cose ai miei fratelli, l’essere un mutante ha incrinato parecchio i loro rapporti.” Si bloccò un’altra volta. Parlare con Nadia si stava rivelando più complicato del previsto, portava sempre in una sola direzione: scoprirsi.
E poi, parlare delle relazioni dei fratelli senza di loro non era molto corretto.
Urgeva cambiare argomento “Comunque…anch’io mi sentivo più a mio agio vestito: di notte facevo le ronde da solo e di giorno continuavo a lavorare come animatore per feste di compleanno. In quel periodo ho conosciuto due fratelli, i primi umani che ho frequentato senza coinvolgere la mia famiglia. Due persone davvero sorprendenti.”

-Davvero? Ti va di parlarmene? Sono curiosa…-

Mick abbozzò un sorriso, il ricordo dei due giovani boliviani era ancora vivido nella sua memoria, come se non se ne volesse andare.
“Beh, non è facile descriverteli, ma ti posso assicurare che avevamo un legame unico: Javier, il maggiore, mi ha fatto conoscere cose di me che ignoravo, mi sono ritrovato a preoccuparmi di lui. Assurdo per un combina guai come me. L’ho conosciuto l’anno scorso, quando aveva quindici anni: un ragazzo turbolento finito nel giro dei Dragoni Purpurei,*(1) con furti e pestaggi all’ordine del giorno. Gli ho evitato guai con la legge enormi! Mi stava simpatico, le sue qualità mi hanno fatto provare ammirazione: un vero genio nel disattivare allarmi e costruirsi armi artigianali, coraggioso e un po’ spericolato, ma anche responsabile e attento a quello che poteva servire a sua sorella minore; se penso che aveva iniziato a rubare per permetterle una operazione costosa… La sorellina l’ho incontrata il giorno del suo ottavo compleanno, senza saperlo Javier mi aveva chiamato ad animare la sua festa. Consolation o Conny per gli amici, aveva dei problemi ad integrarsi, essere una bambina cieca l’ha resa distante, anche da suo fratello. Con me invece si era aperta fin dal primo momento, mi ha fatto sentire speciale; diceva che la mia voce la faceva sentire meno sola. Credo di averle letto un migliaio di favole nelle varie sere che sono andato a trovarli, vederla sorridere nel sonno è stata una delle cose più belle che mi ha regalato.”

- Si sente che ci tieni a loro. La tua voce è cambiata, più profonda, coinvolta, matura. Dev’essere bello sentire un legame del genere, mi piacerebbe conoscerli…-

Mick si irrigidì “N-non credo sarà possibile…”

– Perché?-

“Sono morti…a causa mia.”

Entrambi troppo concentrati nella discussione, non si accorsero che le coscienze stavano reagendo: in lontananza si addensarono delle nubi innaturali. All’improvviso, delle grandi finestre saettarono loro accanto, ad una velocità impressionante: la maggior parte erano colorate, piene di vita, ma altre non avevano le stesse tonalità; alcune erano grigie, altre ancora completamente nere.

“N-Nadia? Sono quello che credo…” fece Mick con una nota d’ansia.

–Si, sono le finestre di cui ti parlavo, continueranno a muoversi finché non ne sceglieremo una. L’ultima volta, volevo capire perché mio fratello avesse manifestato quello scudo e la finestra giusta si è avvicinata da sola. Concentrati sulla domanda che hai fatto prima di iniziare la sincronizzazione.-

Mick ripensò a quello che voleva sapere: non aveva formulato una domanda, si era chiesto cosa potesse preoccupare tanto Nadia. Dal primo momento in cui l’aveva vista, vedeva una persona desiderosa di proteggere; non sapeva perché quel fatto lo incuriosisse tanto, ma avrebbe voluto capire. Era certo che non fosse solo la situazione di per se a renderla tesa, Luca aveva accennato qualcosa a proposito di un sogno e la cosa era sospetta.
Una finestra scura si parò di fronte ai suoi occhi. Alcuni vicoli di New York, avvolti dall’oscurità più totale presero forma; le figure di Nadia, Marco e Luca gli tagliarono il campo visivo, correndo a perdi fiato inseguiti da una strana nebbia grigia.
…….
“Certo che fanno impressione…” proferì Raffaello fissando a braccia conserte Mick e Nadia, ancora fluttuanti a pochi centimetri da terra. La luce bianca che li aveva avvolti era scomparsa, permettendo ai presenti di osservare. “Solo a me fa un brutto effetto vederli così?”

“No, anche a me non piace…” asserì Leonardo. Da quand’era cominciato il processo, non si erano mossi di un millimetro: mani ferme sul cuore, occhi illuminati, persi uno nello sguardo dell’altra.

“C’è qualcosa di diverso rispetto alla sincronizzazione che abbiamo visto tra voi e i Navigatori.” Disse Don avvicinandosi con il rilevatore Utrom.

“È diversa anche da quella che abbiamo fatto tra noi, sono già trascorsi diversi minuti e non sta succedendo nulla…” proferì Luca avvicinandosi alla cugina. Provò a toccarla, ma Don lo fermò appoggiandogli una mano sulla spalla.

“Non possiamo intervenire, rischieremmo di ferirli o di essere coinvolti. Le frequenze hanno una potenza troppo elevata in questo momento e sono concentrate sull’essenze, se interrompessimo il collegamento potremmo comprometterne l’integrità. Non preoccupiamoci, secondo il rilevatore stanno bene.”

Marco si avvicinò a Nadia e Mick, li osservò con sguardo curioso, fissava rapito dei particolari invisibili. Vedeva qualcosa di diverso nella sorella, qualcosa che gli piaceva, ma che non capiva. Si passò una mano sulla fronte e serrò gli occhi, come se un pensiero gli stesse sfuggendo e volesse trattenerlo.

“Marco, volevo farti una domanda già da ieri sera: dato il vostro legame e dato che non è stato a causa della sincronizzazione, cos’ha procurato quei tagli a Nadia e a Luca? Cos’è successo durante il processo?” Domandò il genio.

Il ragazzo lo guardò negli occhi “Nono, cos’è successo no!” fece teso; si allontanò dal gruppo e si chiuse in un angolo, braccia strette al petto e occhi serrati.

“Non credo voglia dirlo, è stata un’esperienza poco piacevole… e poi, avrai capito che Marco non parla praticamente mai. Lo ha fatto anche più del solito in questi giorni.” chiarì Luca.

“Lo vedo.” Proferì quasi dispiaciuto Don. “Dovrò trovare un altro modo per entrare in contatto con te Marco, le parole servono a poco.” il diciannovenne continuava tenere gli occhi chiusi, ma l’espressione era più serena dopo quella frase.

“Sta succedendo qualcosa.” richiamò l’attenzione il Maestro.
Nadia si stava muovendo, ferma ancora a mezzaria, ma con ogni centimetro del corpo tremante e smosso da percosse invisibili.

“Che cazzo sta succedendo?” chiese Luca teso. Marco si avvicinò con fare preoccupato, passando lo sguardo dalla sorella al genio, intento ad analizzare il fenomeno con il rilevatore.

Dei segni aranciati si delinearono sul corpo di Michelangelo. “Non scherziamo…” fece Raf “Sono gli stessi simboli attivati dai medaglioni d’accoliti, *(3) ma non può essere! Non li abbiamo più manifestati!”

“Don, hai una spiegazione?” chiese Leo.

“N-no. Il rilevatore e il chip non mi dicono nulla.”
……
Nadia aveva gli occhi sgranati nell’osservare la finestra, quello spettacolo era…devastante.
Percepiva qualcosa nella sua replica, stava soffrendo, ma adesso non poteva preoccuparsene; quello che aveva davanti era più importante.
I quattro fratelli si trovavano su un tetto fatiscente, bagnati dalla pioggia, illuminati dalle fiamme di un palazzo in distruzione e scossi da un potente vento; respiravano pesantemente, i fiati si condensavano in nuvolette bianche che sparivano alla stessa velocità con cui venivano create.
Le tute erano bruciacchiate, sgualcite e i corpi riportavano segni di lotta, ferite e bruciature su ogni centimetro di pelle scoperta. Sembravano dei sopravvissuti, ma a differenza di altre volte, nei loro occhi c’era solo senso di colpa, rabbia, fallimento, impotenza.

“Maledizione Mick!” Raffaello stava urlando nel ricordo, sbiascicando come se fosse ubriaco “Sei il solito idiota, hai coinvolto Javier in una cosa più grande di lui! Lo sapevo che sarebbe stato solo un peso! Si è portato dietro la sorella cieca, solo un ragazzino poteva fare una cosa tanto stupida…non dovevamo fidarci, ma soprattutto non dovevamo fidarci di te!” aveva la voce irata, sconvolta. Puntava uno dei Sai in direzione del più giovane, coprendo con la mano libera una ferita fresca sopra l’occhio.
Ma il suo interlocutore non lo considerava. Completamente perso, osservava un cappellino da baseball sporco di sangue stretto tra le dita.

“Smettila Raf, è colpa di tutti!” esclamò Leo sguainando una delle Katana per intervenire. Il suo viso era segnato dalla stanchezza e dalla rabbia “Abbiamo dato per scontato che Mick fosse in grado di gestire la cosa, ma  si è sempre definito un ragazzino spensierato, è solo un immaturo che non vuole crescere!” Guardava l’arancio con uno sguardo al limite del rifiuto. “Ma vuoi sapere qual è il vero problema?” chiese voltandosi nuovamente verso il rosso. “Non siamo più quelli di un tempo! Abbiamo preso le cose sottogamba e ci è andato di mezzo un innocente. Siamo tutti responsabili!”

“Oh, hai ragione Leo, siamo tutti responsabili… anche e soprattutto tu!” proferì acidamente. “Ci hai cacciato in un sacco di guai stasera, il tuo improvviso attacco di mutismo non poteva arrivare in un momento peggiore! Il compito di un leader è dirigere le missioni, non agire da solo! Sei diventato ancora più… superiore. Cos’è, mischiarti con noi tre ti fa schifo?”

“Ehi, non sono io quello che si è lanciato addosso ad Hun! Javier ha fatto da scudo a Mick, perché ci hai fatto scoprire! Non mi sento superiore, ho dovuto intervenire, avrebbero dato l’allarme! Quando la smetterai di essere così impulsivo?”

“Non ci provare Leo! Javier non doveva trovarsi lì e nemmeno Mick! Si sono mossi perché hai interrotto le comunicazioni! Piantala di dare tutte le colpe a me e prenditi le tue maledette responsabilità!”

“Parlare di responsabilità nella tua posizione…ironico! Ti sei presentato completamente sbronzo stasera! Come hai potuto esse tanto superficiale e menefreghista?” s’inserì Don, anche lui particolarmente provato.

Raf digrignò i denti e spostò l’attenzione sul genio. “Visto che ti sei intromesso fratello, che mi dici di te? Non era compito tuo monitorare che non ci fossero esplosivi? Forse sei distratto, perso nel tuo mondo, ringraziamo la visitatrice dalle stelle per questa situazione…”

“Di che diavolo stai parlando? Ho fatto un maledetto errore, capita anche a me!” iniziò il viola, ma poi socchiuse gli occhi in modo tagliente. “Oh, ti riferivi a Jhanna, vero? Sei assurdo! Non sai niente, chi ti credi di essere? Oh, ma tu sei Raffaello, quello che spara giudizi senza mai mettersi nei panni degli altri, come se avesse le verità del mondo in mano.” continuò avvicinandosi al rosso con aria aggressiva. “Dato che hai iniziato a parlare della mia vita privata con tanta leggerezza, che ne dici se faccio lo stesso? Parliamo di Joi, così finalmente mi libererò di quello che penso…”

“Non-nominarla-davanti-a-me!” proferì a denti stretti e serrando le dita sull’impugnatura del Sai.

“Piantatela, tutti e due!” esclamò il leader.

“Taci Leonardo!” ribatterono entrambi irati. La pioggia si era fatta più battente, ormai erano completamente zuppi.

“Sei sparito ancora una volta e più di una volta in questi due anni, non sai nulla di noi, non sai cosa abbiamo passato. Quale diritto credi di avere per dirci cosa dovremmo o non dovremmo fare?” Lo accusò Donatello, sporto in avanti e con tono sempre più aggressivo.

“Ci hai abbandonati, di nuovo! Continui a farlo, ogni anno di più. Pensi che tutto possa tornare come prima, coinvolgendoci in una missione disastrosa perché è nostro dovere?” continuò Raf.

Leonardo si passò una mano sul viso “Hahahaha!” rise in modo acido e freddo. “Voi due che vi trovate d’accordo, una rarità! Forse dovrei esserne lusingato…per accusarmi di qualcosa siete in perfetta sintonia.” *(4)

La pioggia continuava a cadere, del palazzo avvolto dalle fiamme se ne distinguevano solo i calcinacci in lontananza. Il vento continuava a soffiare e ricopriva quasi completamente i suoni del circondario; sembravano distanti, lontani miglia e miglia da New York, nonostante le luci della metropoli illuminassero i profili dei palazzi alle loro spalle.
Facendo ricadere la mano lungo il fianco, Leonardo lanciò un’occhiata irata e allo stesso tempo esausta verso i due. “Credete che in questi anni non avessi voglia di fare quello che desideravo? Avete continuato le vostre vite senza responsabilità, tanto c’ero io che mi prendevo carico di tutto. Mi domando come mai uno con le verità in mano come te Raf, non abbia mai voluto veramente prendere il mio posto, ti sarebbe bastato poco, ma immagino sia troppo scomodo fare il capo, vero? O chissà perché fratello geniale, maturo e attento a tutto, non abbia mai capito che ero logorato da questa situazione, troppo poco razionale da capire? Se non vi fosse chiaro, io non sono al vostro servizio, ho anch’io il diritto di vivermi la mia vita!”

“E tu pensi di averci lasciti liberi? Non ci siamo mai sentiti capaci di lasciare il nido che con tanta fatica stavi cercando di proteggere, sempre legati a questo concetto di famiglia, onore, responsabilità. Ti faccio notare, che non ti abbiamo mai chiesto nulla di simile! E perché non ce ne hai parlato?” ribatté il viola.

“Perché avrei dovuto? Non mi avreste mai ascoltato! Proprio tu, che stai sempre chiuso in quel laboratorio, quando mai ti sei aperto con noi?”

“Ehi, non puoi ribaltare su di noi le tue scelte, puoi recriminare solo il tuo orgoglio! Ti rendi necessario, non ci dici che hai un problema e sparisci fuggendo dalle tue responsabilità!” continuò ad insistere il rosso.

“Non insultarmi, io non sono fuggito! Ho solo provato a prendere i miei spazi…ma non potrò mai permettermelo! Dopo stasera mi è tutto chiaro, aspettate ancora qualcuno che vi tolga dai guai, siete dei bambini!”

“Attento a quello che dici Leo!” proferì Raf, ormai giunto al limite. Essere definito addirittura un bambino, da Leonardo, non poteva accettarlo; si avvicinò scoprendo la ferita sull’occhio per afferrare anche l’altro pugnale.

“Altrimenti? Cosa credi di fare con l’alcool che hai in corpo? È un miracolo se ti reggi in piedi! Forse dovresti chiedere aiuto al nostro geniale fratellino…” il blu si era portato in posizione d’attacco, come a voler schernire chi aveva di fronte: baricentro più basso e  gambe divaricate per un maggiore equilibrio, una spada in posizione d’attacco e una in difesa.

Non era solo Raf ad essere pronto al contrattacco, anche Don aveva l’aria aggressiva, stringeva il Bō tra le mani in modo convulso. Bastava un pretesto, un motivo qualsiasi e sarebbero scattati.

“Smettetela!” Urlò Mick. I tre si bloccarono, la voce del più giovane era di un suono completamente diverso da quella a cui erano abituati, profondamente sconvolta e irata; si voltarono verso di lui, ma l’arancio non riusciva a guardarli negli occhi.
Rimaneva fisso sull’indumento macchiato di sangue. “Abbiamo perso un amico! Smettetela…vi prego!”
                                                “…vi prego!”
                           “…vi prego!”                       “…vi prego!”
                                             “…vi prego!”

La voce era spezzata e sofferente, risuonava come un’eco, perso nei meandri della coscienza di Mick.
Nadia avrebbe voluto sapere di più, ma non le fu concesso. La finestra si allontanò e si sentì scaraventare lontano, come se fosse richiamata da qualcosa.
Sentiva dolore percorrerle ogni centimetro del corpo e lo riconosceva, erano i colpi subiti durante il sogno, l’incubo che l’aveva tormentata per mesi. I muscoli, le ossa, tutto faceva male; il dolore era tale che non riusciva a ragionare con lucidità.
Ma quello che aveva visto, era difficile non pensarci. Le faceva eco nel cuore, quel confronto tra fratelli riapriva tante vecchie ferite.
Ritrovandosi dentro la replica priva di controllo e dolorante, cadde tra le braccia di qualcuno, era una stretta rassicurante. Avvolta da un tranquillo tepore, sentì la sensazione piacevole di qualcuno che la sosteneva e una sottile percezione di appartenenza e ricongiungimento si insinuò nel petto.
Si abbandonò, troppo esausta per capire chi la stesse abbracciando. Perse definitivamente i sensi, facendo scivolare in fondo alla veglia il desiderio di capire chi le avesse dato quel senso di pace.
 


Zona dell’autore:
Ed eccomi di nuovo! Scusate il ritardo, ma sta succedendo di tutto in questo periodo.
Lo ammetto, questo capitolo mi piace molto, sono davvero felice di averlo pubblicato! Ma è di una pesantezza quasi insopportabile, ne sono consapevole.
Vengono fuori un sacco di cose: le sofferenze vecchie e nuove, le relazioni passate, il senso di prigionia di, chi sono/erano i due amici boliviani…a proposito, non penserete che li lascerò in sospeso? C’è ancora molto da chiarire, m poco alla volta ogni pezzo del puzzle sarà chiaro.
Intanto, passo a spiegare alcune cose:
*(1) Qui faccio riferimento a Joi, personaggio conosciuto dalle tartarughe nella serie del Tribunale Ninja. È uno degli otto accoliti. Non si sa quasi nulla del suo passato, ma si è lasciato intendere che è per metà giapponese. Il suo spirito avatar è un falco, rappresenta il coraggio. Come ho scritto è una tipa tosta. In quelle puntate si vedeva una sorta di simpatia tra lei e Raf e io ho immaginato che ci fosse stato un seguito…tutto da scoprire ovviamente.
*(2) Qui mi riferisco a Jhanna, l’aliena arrivata sulla terra durante uno scontro con la sua maligna sovrana. È un’abile combattente, leale e curiosa sugli aspetti sociali della Terra, infatti lascia intendere che sarebbe tornata sul pianeta per studiarne le consuetudini. In quell’episodio, Don dimostra una particolare attenzione nei suoi confronti, ma non è stata la sola a cui il genio della famiglia Hamato ha dimostrato una forte simpatia. Infatti…
*(3) I segni aranciati che compaiono sul corpo di Mick, fanno riferimento ancora alla serie del Tribunale Ninja. Per chi non lo sapesse, quando le tartarughe e gli altri accoliti indossano i medaglioni, manifestano dei particolari poteri, legati ad un elemento naturale e alle caratteristiche profonde di chi li indossa. Ogni tartaruga ha dei simboli specifici, con trame e disegni differenti.
*(4)Leo si riferisce alla quasi totale assenza di relazione tra Don e Raf, sono quelli che comunicano e si confrontano meno, come se non fossero interessati a farlo o troppo diversi. Questa è stata la mia interpretazione, assolutamente contestabile, però a differenza del legame che esiste tra gli altri, loro sembrano i più distanti. Ho dato una mia interpretazione narrativa che approfondirò in seguito.
Promettetemi che non fuggirete dopo queste pagine. Il prossimo capitolo sarà più divertente, ma devo farli penare un po’, non sarebbero loro altrimenti!
Intanto, vi ringrazio per aver letto.
Mellybonf.
   
 
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