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Autore: Tefnuth    09/03/2017    0 recensioni
Tricha non si è mai sentita veramente integrata nella città in cui è nata, e nemmeno in quella in cui è andata e vivere per studiare all'università. Si annoiava, per questo ha deciso di lasciare l'America per la Romania, dove il nonno, un brillante scienziato dell'Alaska, è a capo di un centro in cui si studiano persone molto speciali che sembrano discendere da antiche creature mitologiche. Era stato lui a chiamarla e lei aveva subito preso l'occasione, anche se all'inizio era scettica. Tuttavia il suo mondo di carta si brucia, quando conosce la verità dietro alla visite mediche cui lei non poteva mai assistere, cosi decide di far scappare le persone con cui ha stretto amicizia e di andare con loro. Ma nemmeno la lettera che lei lascia al nonno basterà a placare la pazzia latente in lui, e così la vita di Tricha subirà una brusca svolta che lei non aveva previsto.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Soffiava il vento sulla pianura del cimitero di Barlad, portando con sé minacciose nubi grigie. Pur sapendo della missione che li aspettava, Felis e gli altri fuggitivi erano stati di comune accordo nel dare, prima, una degna sepoltura al coraggioso Andreea. Dopo aver cancellato, in modo poco ortodosso, l’orribile scritta lasciata da Joseph, avevano portato il corpo dell’uomo fino al cimitero; avevano scavato una fosse dove riporre il corpo e infine vi avevano messo una lapide. Il tocco finale lo dette Abnoba, che compose un magnifico bouquet con i fiori di campo trovati nel cimitero.

“Mi dispiace per il tuo amico: era un brav’uomo” disse Xander a Felis, posando una mano sulla sua spalla in segno di condoglianze.

“Lo era, davvero. Ha fatto moltissimo per me. – L’uomo tigre si inginocchiò, e prese un pugno della terra di sepoltura. – Andreea, ti giuro che vendicherò la tua morte”.

E mentre loro discutevano sul da farsi, e su come penetrare nel laboratorio per salvare l’amica, il furgone che stava trasportando Tricha era ritornato alla base. C’erano volute alcune, noiose, ore di viaggio intervallate da un paio di soste per dar modo a Rellik di sfogare il suo perverso istinto omicida sui poveri animali. Tricha non ebbe modo di vedere il viaggio, né gli sfoghi del golem, poiché Joseph le iniettò del sonnifero poco dopo il loro alterco. Al suo risveglio, la ragazza si ritrovò distesa su di un tavolo operatorio. Era legata con delle cinghie, e a causa della troppa luce che le era puntata addosso le ci volle qualche istante, prima di riuscire a mettere a fuoco la vista. Attorno al tavolino, intenti ad osservarla con molta curiosità, c’erano tre uomini: Joseph, riconoscibile nonostante la mascherina che gli copriva quasi l’intero volto, e due assistenti più giovane dello scienziato. Tuttavia l’attenzione della ragazza si spostò velocemente, dai volti degli scienziati alla siringa che Joseph stava tenendo ben stretta nella mano sinistra.

“Ben svegliata, nipote” le disse l’uomo in modo abbastanza apatico, accarezzandole i capelli con la mano libera (guantata anch’essa come la sua compagna).

“Non toccarmi! – Affermò dura Tricha, scostando la testa per quanto le fosse permesso dalle cinghie.  –Sono stata una stupida a fidarmi di te”.

“Mia cara, non è stata quella la decisione sbagliata. – Joseph fece cenno ai due assistenti di lasciarli soli, e quelli obbedirono all’istanti. – Affezionarti a loro, e farli scappare, ecco cosa ti ha portato a questo punto”.

“Non rimpiango nulla. – Asserì Tricha. – Se dovessi mai tornare indietro, lo rifarei senza esitare”.

“Sei testarda, esattamente come tuo padre. – Joseph si allontanò dal tavolino, per inserire l’ago della siringa in una fialetta prendendo alcune gocce del liquido nero che vi era all’interno. – Prendi una via, e non la lasci più”.

La totale ignoranza su cosa fosse quella sostanza, fece assumere alla ragazza un’espressione interrogativa che lo scienziato colse con la coda dell’occhio.

“Questo, nipote, è il frutto di anni di ricerca: è in grado di attivare i geni che, se non fossero sopiti, renderebbero il loro portatore…speciale. – Spiegò lo scienziato. – Credo che tu sappia benissimo a cosa mi sto riferendo”.

“Ma solo se quei geni sono presenti. – Ribatté immediatamente Tricha. – Mi sembrava che entrambi fossimo d’accordo sul fatto che io non ne ho”.

“E’ solo una tua supposizione, io non ti ho mai detto niente del genere. – Joseph disinfettò l’area in cui avrebbe inserito l’ago. – Nel tuo d.n.a. c’è un piccolo gene che sta aspettando la sveglia, e sarò io a dargliela”. Lo scienziato iniettò il siero direttamente nel braccio destro della ragazza.

Inizialmente Tricha non avvertì alcun sintomi, ma poi un improvviso e insopportabile dolore si propagò dal braccio in tutto il corpo. Sentiva il suo essere disgregarsi e diventare di fuoco; tutti i muscoli fremevano sotto la cute, minacciando quasi di liquefarsi sotto la forza dei crampi. Persino le ossa sembrarono contrarsi, rompersi in una miriade di frammenti, e ricomporsi di nuovo. La ragazza dovette impiegare tutta la sua forza mentale, per evitare di impazzire dal dolore.

“A proposito. – Dichiarò Joseph, prima di uscire dalla stanza e lasciar sola la nipote. – Non ti disturbare a preoccuparti per i tuoi genitori: sono morti e sepolti già da un pezzo, nella loro bella casetta” e se ne andò, impaziente di vedere quale sarebbe stato il risultato dell’esperimento.

“MALEDETTO” gridò la ragazza con quella poca voce che riuscì a tirar fuori.
Poi ci fu il buio, e l’incubo.
C’era una radura, uno stupendo luogo verde baciato dai raggi del sole. Il vento soffiava dolce, piegando di qualche grado gli splendenti fili d’erba. Seduta sotto a un salice, nascosta in parte dai rami pendenti e con la schiena appoggiata al grande tronco, una ragazza.
Tricha le si avvicinò, notando che la sconosciuta le somigliava.
“Ciao” la salutò.
Quella, quasi destandosi dall’apparente stato di dormi-veglia, puntò su Tricha i suoi occhi. Non erano dolci come i lineamenti del viso, ma folli e rabbiosi tanto che la ragazza si spaventò ed indietreggiò.
Tutto il dolore che era stato dimenticato ritornò alla ragazza, e il mondo ameno si tramutò in un luogo infernale color sangue.
  
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