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Autore: gattina04    19/03/2017    2 recensioni
È un momento tranquillo ed Emma ha tutto ciò che ha sempre cercato e voluto; non c’è niente che possa desiderare, nemmeno il giorno del suo compleanno, ad eccezione di un piccolo insignificante rammarico. E sarà proprio quel pensiero a stravolgere completamente la sua esistenza catapultandola in un luogo sconosciuto, popolato da persone non così tanto sconosciute. E se ritrovasse persone che pensava perse per sempre: riuscirà a salvarle ancora una volta?
E cosa succederà a chi invece è rimasto a Storybrooke? Riusciranno ad affrontare questo nuovo intricato mistero? E se accadesse anche a loro qualcosa di inaspettato?
Dal testo:
"Si fermò e trasse un profondo respiro. «Benvenuta nel mondo delle anime perse Emma»."
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Robin Hood, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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9. Vicini e lontani
 
POV Emma
Sicuramente la città che stava dall’altra parte poteva considerarsi del tutto diversa da quella che avevamo affrontato fino ad allora. Non era molto affollata, come per esempio lo era stata la piazza che avevamo attraversato. C’erano poche persone e per la maggior parte vagano sole senza una meta precisa. Erano anime perse, ma non emettevano nessun lamento né interferivano con il nostro cammino. Era come se si fossero ormai rassegnate a quella condizione e non avessero più nessuna speranza. Era triste, ma almeno non era inquietante.
Fu un sollievo raggiungere il limitare di quella che avevamo erroneamente chiamato foresta. In realtà gli alberi, che avevamo creduto di scorgere, erano degli ammassi informi, sembravano più dell’alghe giganti che veri e propri alberi. Ed in effetti aveva una certa logica visto che ci trovavamo in fondo ad un fiume.
Quella strana vegetazione era all’inizio più diradata e si infittiva via via che si allontanava dalla città, dando vita ad una massa intricata di piante. Tuttavia solo quando fummo arrivati al limitare dei primi alberi, ci accorgemmo di quanto quella strana foresta fosse vasta. Se la donna che stavamo cercando si nascondeva là dentro, avremo potuto cercarla per giorni senza trovarla realmente. Capivo perché aveva scelto proprio quel posto: se era un nascondiglio che cercava non avrebbe potuto trovare di meglio. La parte più difficile spettava a noi che volevamo raggiungerla.
«Direi che abbiamo un problema», sentenziò Charlie grattandosi la testa con la mano. «Questa cosa è così intricata che se entriamo là dentro rischiamo di non uscire più».
«Fosse solo il problema di trovare di nuovo l’uscita», mormorò Milah. «Come diavolo facciamo a scovare una persona là dentro?».
«Anche se lei esiste realmente e non stiamo dando retta ad una stupida leggenda», continuò Robin, «chiunque, una volta entrato là, perderebbe la fiducia dopo un po’».
«Beh pensateci. È il nascondiglio perfetto». Indicai con la mano le piante di fronte a me come se la cosa fosse ovvia. «È naturale che lei sia lì».
«Esatto», convenne Milah. «Dobbiamo solo capire come trovarla».
«Per fortuna avete con voi un ladro che ha passato la maggior parte della sua vita vivendo in una foresta». Robin sorrise compiaciuto di sé. «Ho imparato a seguire le tracce. Se lei è qui, la troverò».
«Credi davvero di poterti orientare là dentro?», gli domandai titubante. Non che mettessi in dubbio le sue capacità, ma dovevamo essere il più possibile sicuri.
«Sì penso di riuscirci. È una persona, deve pur aver lasciato qualche indizio da seguire».
«Robin ha ragione», concordò Charlie. «Credo che nessuno si sia mai spinto così oltre solo per vederla. Non sarà così accorta nel nascondere le sue tracce se nessuno è mai andato a cercarla».
Il loro ragionamento aveva senso, ed in fondo eravamo arrivati fino a là e non potevamo di certo tirarci indietro.
«Potremo marcare gli alberi che superiamo», suggerì Milah.
«Non sono propriamente alberi», ribattei senza neanche accorgermene.
«Insomma quello che sono». Milah scosse le braccia in un gesto esasperato. «Così potremo sapere se siamo già passati da quel punto e potremo seguire il percorso a ritroso per uscire».
«È un ottima idea», convenne Robin. «Guardiamo se sono abbastanza resistenti». Senza aspettare oltre, poggiò lo zaino che aveva sulle spalle a terra e ne estrasse una freccia.
«Dove l’hai presa quella?», chiesi istintivamente.
«È una delle poche cose che avevo ancora quando sono arrivato qua». Beh almeno lui aveva qualcosa che gli ricordasse chi era, non potevo pensare all’anello di Liam senza sentirmi male.
Robin prese la freccia e ne pigiò la punta su quegli strani alberi. Anche se sembravano decisamente delicati, dovette fare parecchia pressione per riuscire a disegnarci sopra una ics.
«Va bene», convenne infine, «sembrano diversi ma sono esattamente come alberi normali».
«Non hanno una corteccia eppure sono solidi». Charlie aveva allungato la mano e stava toccando quella strana pianta.
«Charlie!», gridammo io e Milah contemporaneamente.
«Che c’è?». Ci guardò come se non capisse il perché di quel rimprovero.
«Potrebbero essere velenosi o pericolosi», aggiunsi come se fosse ovvio. «O chissà cos’altro».
Alzò le spalle con un gesto non curante. «Beh adesso sappiamo che non lo sono. Sono solo piante».
«Evidentemente tu non sei abituato ad avere a che fare con stranezze di ogni tipo». Era estenuante vedere un possibile pericolo anche nella più semplice cosa. Per esempio non era più nemmeno sicuro spengere delle candeline per il proprio compleanno.
«Ero un taglialegna, non potrò mai avere paura di due o tre alberelli».
«Non sono proprio due o tre», ribatté Milah.
«E non sono propriamente alberelli», continuai.
«Ah lasciatolo stare voi due», intervenne Robin.
«Esatto», convenne Charlie. «Diamoci una mossa piuttosto».
«Direi di procedere in fila indiana», propose Robin. «Io e Charlie staremo davanti in modo tale da farci strada, cercheremo di creare un percorso. Voi due starete dietro e l’ultima segnerà gli alberi da cui siamo passati».
«Segno io». Presi la freccia dalla mano di Robin senza lasciare a nessuno il tempo di protestare.
«Mi raccomando. Non lasciar passare troppi alberi senza che siano segnati».
«Robin so come si fa», sbottai.
«Bene allora muoviamoci», concluse Milah.
Iniziammo a camminare in fila indiana addentrandoci sempre più all’interno di quella strana vegetazione. Più procedevamo più il paesaggio intorno a noi si faceva strano. Quelle piante erano gigantesche, eppure la luce che filtrava all’interno di quel bosco era la stessa che c’era all’esterno, se non di più. Era come se quelle piante convogliassero la luce circostante all’interno di quella particolare foresta. Inoltre, al contrario dei boschi a cui tutti eravamo abituati, là non si sentiva nessun fruscio, nessun suono: solo un assoluto silenzio interrotto dal rumore dei nostri passi.
Proseguimmo per un po’ senza intoppi; il terreno non era così accidentale come in un bosco normale e questo ci faceva procedere più spediti. Sembrava non esserci nessuna forma di vita là dentro, a parte noi, e per il momento non avevamo trovato niente che ci indicasse la presenza della donna che stavamo cercando. Nessuno di noi aveva pensato di poterla trovare così in fretta e quindi in un certo senso eravamo preparati. Nessuno si demoralizzò e continuammo a camminare con la stessa motivazione di prima.
Stavamo camminando da un paio d’ore, quando all’improvviso sentii una strana fitta al petto. Fu solo un momento, ma era come se inconsciamente percepissi che stava per accadere qualcosa o che qualcosa era appena accaduto. Era solo una sensazione, ma sembrava che il mio istinto mi stesse suggerendo qualcosa che io non riuscivo ancora a capire. Era come un presentimento ma non sapevo di cosa.
Scossi la testa per scacciare quei pensieri e continuai a camminare, lasciando perdere le sensazioni che il mio inconscio mi stava suggerendo. E poi all’improvviso lo sentii.
«Emma!». Mi immobilizzai udendo la sua voce, così chiara e distinta da pensare che si trovasse esattamente dietro di me. Era troppo reale perché fosse frutto della mia immaginazione; era perfetta, con il suo accento particolare, con quel tono che mi scaldava il cuore.
Mi voltai di scatto e quel che vidi mi fece completamente perdere il controllo del mio corpo. Lasciai cadere la freccia che tenevo tra le mani e le mie gambe cominciarono a tremare; le farfalle mi riempirono lo stomaco, il mio cuore accelerò al massimo, sbattendo all’impazzata al centro del mio petto, e per un attimo non riuscii più a ricordare come si facesse a respirare.
Killian era davanti a me, perfetto come sempre, con gli occhi spalancati e con quello sguardo che mi faceva letteralmente cadere ai suoi piedi. Mi fissava come se non credesse ai suoi occhi ed io dovevo avere esattamente la stessa espressione.
«Killian», sussurrai stentando a crederci. Sarei voluta correre da lui, ma ero come pietrificata. Dovevo sapere che niente in quel mondo era come poteva sembrare.
«Mio Dio stai bene». Il sollievo che si dipinse sul suo volto, fece crollare tutte le difese che mi restavano.
Mossi qualche passo in avanti avvicinandomi a lui fino a stringere la sua mano. «Come sei arrivato qui?». La sua pelle era liscia e calda, esattamente come la ricordavo. Le sue dita istintivamente si intrecciarono alle mie come per non lasciarmi più andare, mentre io naufragavo nell’oceano dei suoi occhi.
«Non c’è tempo», rispose zittendomi. «Dimmi dove sei?». Mi scostò una ciocca di capelli dal viso e mi accarezzò la guancia con l’uncino. Con quel semplice gesto mandò in tilt tutte le mie capacità cognitive, mentre sul mio viso si disegnava un sorriso ebete.
Non feci a tempo a riprendermi per rispondere alla sua domanda, che qualcuno si avvicinò a noi, probabilmente chiedendosi perché mi fossi fermata. «Emma che succede?». Milah si avvicinò da dietro le mie spalle e, anche se non potevo vederla, riuscii a scorgere dal volto di Hook l’esatto istante in cui i loro sguardi si incrociarono. La bocca di Killian si spalancò e nei suoi occhi potei leggere un sentimento simile a quello che mostrava per me.
«Killian?», balbettò Milah, confermando che il bellissimo uomo a cui stringevo la mano non era solo il frutto della mia immaginazione. Hook la guardò incredulo per un altro istante per poi perdersi nuovamente nei miei occhi. Di sicuro non si era aspettato di trovare la sua ex amante proprio insieme a me. Riuscivo quasi a sentire il flusso dei suoi pensieri e di tutte le implicazioni che potevano passargli per la mente in quel momento. In fondo era stata il suo primo amore e l’aveva amata per secoli, era ovvio che il loro incontro non potesse lasciarlo indifferente.
E poi esattamente come era apparso Killian sparì. Un attimo prima stringevo forte le sue dita e l’istante dopo nella mia mano restava soltanto aria.
«Killian!», gridai sconvolta. Voltai la testa cercandolo intorno a me, ma non c’era più da nessuna parte. Era come se non fosse mai stato lì.
«Dove è andato?», chiesi a Milah sentendomi sull’orlo di una crisi di nervi.
«Non lo so», rispose, rimanendo ancora pietrificata.
«Ma l’hai visto anche tu vero?». Cominciavo a chiedermi se non stessi impazzendo; se la mancanza che sentivo di lui non stesse influendo in qualche modo sulla mia sanità mentale.
«Sì, certo che l’ho visto». Milah non riusciva ancora a muoversi. Aver visto Killian anche solo per qualche secondo doveva averla sconvolta, esattamente come aveva sconvolto me.
«Ragazze che succede?». La voce di Robin giunse dalle nostre spalle.
«Perché vi siete fermate?», domandò Charlie comparendomi davanti ed oscurandomi la visuale del resto della foresta.
«Killian è qui», balbettai. «Era qui».
«Emma…». Robin usò un tono di voce condiscendente come di solito si usa con i pazzi.
«È vero», urlai senza neanche rendermene conto. «Hook è stato qui, l’abbiamo visto. Anche Milah l’ha visto». Non sapevo se mettermi ad urlare dalla rabbia oppure scoppiare a piangere.
«Era qui», ripeté Milah con tono inebetito, ancora sotto shock.
«Che diavolo succede?», chiese Charlie, ma sembrava che la domanda fosse solo rivolta a Robin.  «Che cos’ha Milah?».
«Beh devi sapere che Hook è l’ex amante di Milah. È per questo che adesso sono entrambe sotto shock».
«Io non sono sotto shock». Mi voltai verso Robin e gli puntai un dito contro. «So cosa ho visto. Sono abbastanza esperta da sapere ciò che è reale e ciò che invece è solo un trucco della magia. E lui era reale. Era qui esattamente come lo siamo io e te».
Robin alzò le mani in un gesto di difesa. «D’accordo Emma, ma se lui è qui, dov’è adesso?».
«Io non lo so». Dal mio tono poté percepire tutta la mia preoccupazione. Dove poteva essere finito? Perché era apparso e poi scomparso? Si trovava veramente lì o forse era solo una cosa momentanea? Non sapevo rispondere neanche ad una di quelle domande e questo mi mandava fuori di testa.
Iniziai a camminare avanti e indietro portandomi le mani tra i capelli, non capendo più cosa fare né tantomeno ciò che stava succedendo. All’improvviso con il piede calpestai qualcosa di duro, sicuramente diverso dal piatto terreno che ci circondava; mi fermai di colpo e abbassai lo sguardo per poter osservare di cosa si trattasse e lì il mio cuore perse un altro colpo. Mi accucciai e raccolsi quell’oggetto che mi era talmente caro da averne sentito la mancanza come fosse stata una parte del mio corpo. L’anello di Liam splendeva nella mia mano, sempre legato a quella resistente catena. Quella era la prova che non ci eravamo immaginate tutto, che lui era stato veramente là. Come poteva essere altrimenti? Come poteva se no quell’anello, che era rimasto sicuramente a Storybrooke, trovarsi tra le mie mani in quel momento?
«Emma che cosa c’è?», mi domandò Charlie vedendomi accucciata a terra.
Mi alzai di nuovo e mostrai agli altri la catena con l’anello che tenevo tra le dita. «Guardate».
Milah sbatté le palpebre cercando di mettere a fuoco l’oggetto che avevo fra le mani e allo stesso tempo di riprendere il controllo di sé stessa. «È l’anello di Liam?». Non dovevo essere sorpresa che lei sapesse di cosa si trattasse, tuttavia quel fatto mi fece infastidire. Era una cosa tra me e Killian, lei non doveva farne parte.
«Sì, Hook me l’ha dato per tenermi al sicuro. Secondo lui è grazie a questo che è sopravvissuto per tutti quei secoli».
«Come è arrivato qua?», domandò Robin, cominciando a ricredersi sulla versione della nostra storia.
«Era a Storybrooke, ne sono certa. Killian è stato qua».
«È assurdo», dichiarò Charlie.
«Cosa non è assurdo in questo mondo?», gli fece notare Milah.
«Era questo che cercavo, l’oggetto che mi avrebbe permesso di non perdere la testa. Killian lo sapeva perciò ha fatto in modo che lo avessi».
«Sì, ma come diavolo è arrivato fino a qua? E adesso lui dov’è?». Capivo il perché delle domande di Robin. Se lui era arrivato in quel mondo, forse poteva trovare il modo di tirarci fuori da lì senza stare ad inseguire fantomatiche donne leggendarie.
«Non lo so», risposi. «Ma forse dovremo rimanere qua. Dovremo aspettarlo».
«Cosa?». Questa volta Charlie e Robin parlarono contemporaneamente.
«È assurdo!», continuò Charlie. «Come puoi credere che stare qui fermi sia una buona idea? Come puoi essere sicura che lui tornerà?».
«Lui tornerà!». Gli urlai contro, in un tono rabbioso. Non avrei voluto farlo, ma mi aveva fatta arrabbiare. Come poteva mettere in dubbio il mio Hook senza neanche conoscerlo? Nessuno poteva farlo, tantomeno un presuntuoso ragazzotto che non l’aveva neanche mai visto.
«Emma ha ragione», convenne Milah sorprendendomi. «Conosco Killian e lui troverà il modo per tornare».
«Allora è deciso noi ci fermiamo», continuai puntando i piedi e incrociando le braccia al petto. «Voi proseguite pure se volete».
«Oh andiamo Emma non essere ridicola», protestò Robin.
«Noi lo aspetteremo, è la cosa giusta da fare», replicai. «Lui tornerà da me».
«Non credo che vi convenga aspettare qua, nel pieno centro della foresta». Una voce alle nostre spalle ci fece voltare di scatto. Una donna ci stava osservando ai piedi di una di quelle gigantesche piante. Era mora, indossava un vestito lacero ed era scalza; i suoi occhi erano grigi ed erano così profondi che sembravano racchiudere un’infinita conoscenza e anche una struggente sofferenza.
«Lui non tornerà», continuò. «Non è più in questo mondo adesso. In fondo siete arrivati qua per me, dovreste lasciare perdere il resto per il momento».
«Sei la donna della leggenda?», domandò Milah titubante.
«Si dicono molte cose su di me», tergiversò. «Seguitemi e vi dirò ciò che volete sapere». Restò là in attesa mentre noi ci consultavamo con lo sguardo. Era ovvio che fosse la donna che stavamo cercando; chi altro poteva trovarsi là dentro? Tuttavia potevamo davvero fidarci? Ormai avevamo imparato da tempo che quel mondo riservava solo brutte sorprese. Certo seguirla era la cosa più logica da fare, però dovevamo comunque stare attenti e mantenere la guardia costantemente.
Lessi nello sguardo dei miei compagni le stesse intuizioni e annuii in segno di assenso. Non era da me fidarmi di una sconosciuta apparsa all’improvviso, ma mi sarei comunque dovuta adeguare. Anche se volevo restare ad aspettare Killian sapevo che al momento dovevamo invece seguire quella donna. Era per lei che ci eravamo spinti tanto oltre, sarebbe stato da stupidi rifiutare una simile offerta. Ed in più lei sembrava conoscere molte cose: non aveva appena detto che Killian non era più in quel mondo? Dovevo assolutamente scoprire come faceva a saperlo con tanta sicurezza.
«Va bene, ti seguiamo», disse Robin per tutti.
«Perfetto». La donna si voltò ed iniziò a camminare seguendo una meta ben precisa. «Per favore chiamatemi pure Euridice».
 
POV Killian
Continuavo a rigirarmi l’anello di mio fratello tra le dita mentre aspettavo che il Coccodrillo tornasse dal suo negozio. Ero salito di nuovo nella vecchia stanza di Emma e mi ero seduto ancora una volta sul suo letto. Se l’incantesimo di Gold avesse funzionato presto avrei rivisto Emma, anche se solo per pochi secondi. Avrei potuto chiederle se stava bene e dove diavolo fosse finita. Mi mancava da morire e non potevo credere di aver accettato di correre un simile rischio assecondando il bisogno che avevo di lei. Non ero certo un codardo, però da quando io ed Emma avevamo costruito una sorta di famiglia, avevo smesso di pensare solo a me, per iniziare a considerare ciò che era meglio per noi. Se mi fosse successo qualcosa Emma ne sarebbe uscita distrutta di nuovo; d’altra parte se non lo facevo non avremo avuto nessuna possibilità di trovarla.
«Non devi sentirti obbligato a farlo. La mamma non vorrebbe». Henry era sulla soglia della porta e mi stava osservando tenendo in braccio la baby Emma.
«Non sono obbligato», risposi rimettendo l’anello in tasca e facendogli cenno di avvicinarsi. «E poi questa è la migliore possibilità che abbiamo».
«Sì lo so bene, ma so anche quanto potrebbe essere rischioso. Non voglio una missione Oltretomba seconda parte».
«Che ci fai con lei?», domandai per cambiare argomento, indicando la bambina. Henry si sedette sul letto accanto a me e la baby Emma si sporse per venirmi in braccio.
«Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere tenerla un po’ prima di iniziare». Lasciò che io prendessi la bambina e iniziò a giocherellarci sporgendosi sopra di me.
«Hai letto il libro Henry. Lei non è più qui». Indicai con lo sguardo la piccola, come ad indicare che quello che rimaneva della mia Emma era solo un guscio voto.
«Kill…», mugugnò la bimba stringendosi contro il mio petto, quasi intuendo il significato delle mie parole.
«Beh non puoi saperlo con certezza, non finché il nonno non tornerà» ribatté Henry. Aveva ragione, ma più di una volta avevo avuto la sensazione che la mia Emma fosse sparita e che la piccola c’entrasse poco con lei.
«In fondo questo resta sempre il suo corpo». Un corpo che non potevo amare come avrei voluto.
«Kill goca co me», balbettò Emma, tirando su la testina per guardarmi.
«Non credo che sia il momento di giocare». Una voce alle nostre spalle ci fece voltare. Mary Margaret era entrata nella stanza ed aveva sul volto un’espressione preoccupata. «Gold è tornato».
«Scendiamo subito». Mi alzai tenendo in braccio la bambina e mi avvicinai a lei.
«Ha detto che puoi rimanere qua, è meglio se stai disteso durante l’incantesimo. Dammi la bambina, noi saliamo tra un secondo». Detto ciò mi tolse la baby Emma dalle braccia e la portò di nuovo di sotto. Io ed Henry rimanemmo in silenzio nell’attesa che gli altri tornassero e che Gold si mettesse così a giocherellare con il mio cuore.
Non passò molto tempo che sulla soglia della porta apparve il Coccodrillo seguito da Regina e Mary Margaret.
«Bene, pirata sei pronto?», mi domandò studiando apertamente la mia espressione.
«Sì». Gli lanciai uno sguardo truce che valeva molto più di mille parole.
«Bene per prima cosa ho bisogno che tu scelga qualcuno che ti riporterà indietro».
«In che senso?», domandai cercando di capire.
«Qualcuno che ti chiami e che ti faccia in qualche modo risvegliare. So che la persona più indicata sarebbe Emma, ma visto che stiamo cercando di contattare proprio lei dovrai scegliere qualcun altro».
Non dovetti neanche pensarci molto, mi venne istintivo, naturale. «Henry». Lo guardai cercando il suo consenso: lui spalancò gli occhi non aspettandosi di essere scelto ma poi annuì leggermente accettando quell’incarico. Vidi Regina storcere la bocca; sapevo che, se qualcosa fosse andato storto, Henry si sarebbe sentito in parte responsabile, ma se c’era qualcuno che poteva riuscire ad allontanarmi di nuovo da Emma quello era lui.
«Bene», disse Gold. «Direi che voi due potete anche andare». Indicò le due donne che lo fulminarono con lo sguardo.
«Neanche per sogno», protestò Regina, «non ti lascerò certo da solo a giocare con la vita del pirata di fronte a mio figlio».
«Esatto», confermò Mary Margaret. «Non me ne vado neanche io».
«D’accordo. Allora cominciamo». Gold estrasse dalla tasca una piccola fialetta e me la passò. «Prima di tutto bevi questa e distenditi sul letto».
«Che cos’è?», domandai prendendola.
«Collegherà la tua anima a quella di Emma. Bevila». La cosa non mi piaceva, ma avevo preso la mia decisione già da tempo. Con il pollice stappai la fiala e la buttai giù tutta di un fiato. Aveva un sapore orribile che mi fece storcere la bocca.
«Bene adesso distenditi», mi ordinò. Feci come mi aveva ordinato e mi sistemai al centro del letto. Henry si mise alla mia sinistra, stringendomi l’uncino, mentre inaspettatamente Mary Margaret dall’altro lato afferrò la mia mano.
«Adesso chiudi gli occhi e cerca di rilassarti». La faceva facile lui: al Coccodrillo spettava solo il divertimento, era il mio cuore quello che si stava per fermare.
Ciò nonostante chiusi gli occhi e sospirai cercando di rilassarmi; ovviamente non ci riuscii. Riuscivo a sentire il battito accelerato del mio cuore fin dentro le orecchie. Sapevo benissimo che non mi agitavo perché avevo paura, ma perché semplicemente stavo per vederla e non volevo altro da giorni. In quel momento le sarei stato più vicino di quanto avessi potuto fare da quando era scomparsa. Pensare ad Emma, alla possibilità di incontrarla mi faceva letteralmente impazzire, così tanto che non riuscivo neanche a gestire i battiti del mio cuore.
«Che diavolo, pirata!», proruppe Tremotino. «Dovresti calmarti, non posso fare nulla se tu non ti rilassi».
«Tranquillo Killian, andrà tutto bene». Mary Margaret mi accarezzò la mano che teneva tra le sue, cercando di rassicurarmi. Io sospirai e cercai di nuovo di rallentare i battiti del mio cuore, ma ancora una volta lo sentii pulsare fin dentro le orecchie.
«Non ci riesco», ammisi amaramente a denti stretti, riaprendo gli occhi.
«Forse so io quello che ti serve», intervenne Henry. Voltai la testa verso di lui fissandolo in attesa che continuasse. «Perché non chiudi gli occhi e provi a parlarmi della mamma?».
Lo guardai perplesso. «Cosa vuoi che ti dica?».
«Scegli tu, raccontami qualcosa». Annuii assecondando anche quel tentativo.
Richiusi gli occhi e respirai a fondo, cercando uno dei tanti ricordi felici passati con lei. «Quando abbiamo fatto il viaggio nel tempo», iniziai, «tua madre ha combinato un disastro impedendo l’incontro dei tuoi nonni. Per questo ci siamo dovuti rivolgere a Tremotino e alla fine siamo finiti ad un ballo a casa di re Mida. Lei indossava un vestito rosso ed era così bella… era assurdo che non si fosse mai sentita una principessa. Quella è stata la prima volta che ho ballato con lei e forse anche la prima volta che ha lasciato che fossi io a condurre. Mi ricordo di averle detto che era nata per quello, perché nonostante lei si sentisse soltanto la Salvatrice, lei era pur sempre la figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro, ce l’aveva nel sangue. Era quello il suo posto, anche se purtroppo non aveva mai potuto farne parte». Lentamente mentre parlavo sentii il mio cuore rallentare, i miei sensi farsi più deboli, gli occhi sempre più pesanti fino a quando mettere in fila una parola dietro l’altra divenne troppo difficile e il silenzio assoluto piombò intorno a me.
Quando riaprii gli occhi, mi ritrovai in piedi nel bel mezzo di una strana foresta. Avevo visitato centinaia di luoghi ma nessuno era come quello. La vegetazione in quel posto era talmente strana da mettere i brividi, per non considerare l’atmosfera alquanto inquietante. Mi guardai intorno cercando di individuare la mia Emma, fino a quando non la vidi. Stava camminando dandomi le spalle ed era esattamente di fronte a me. I capelli le ricadevano sulla schiena in maniera disordinata, il suo corpo era così perfetto che avrei potuto riconoscerla anche in mezzo a migliaia di persone.
«Emma!», gridai sollevato. Sentendo la mia voce lei si immobilizzò, probabilmente non aspettandosi di trovarmi lì. Si voltò di scatto e posò lo sguardo su di me; i suoi occhi si allargarono riempiendosi di stupore e di emozione e rendendola ancora più bella. Dio! Non potevo credere di averla finalmente così vicino. Era davvero troppo bello per essere vero.
E se da una parte avrei voluto correre da lei e baciarla fino a farle mancare il respiro, dall’altra avevo paura che ogni mio minimo gesto potesse spezzare quel già fragile incantesimo e che sarei potuto tornare a Storybrooke senza aver concluso niente.
«Killian», sussurrò con un tono che mi fece ancora di più venir voglia di baciarla.
«Mio Dio stai bene», balbettai invece tenendo a bada i miei istinti.
Emma, quasi leggendo e rispecchiando i miei pensieri, mi si avvicinò e mi strinse la mano. Quel contatto mi fece ribollire il sangue nelle vene: per giorni non avevo desiderato altro che ritrovare la mia Emma ed adesso le tenevo la mano. Intrecciai le mie dita alle sue e non avrei davvero più voluto lasciarla andare. Nello stesso istante incatenai i miei occhi ai suoi, perdendomi in quell’immenso prato verde.
«Come sei arrivato qui?», mi chiese sbattendo le ciglia.
«Non c’è tempo», la fermai. Dovetti usare tutta la mia determinazione per fare ciò per cui ero venuto, lasciando perdere ogni mia altra emozione. «Dimmi dove sei?». Le scostai una ciocca di capelli dal viso e le accarezzai la guancia con l’uncino: era questo il massimo che potevo permettermi nell’attesa della sua risposta.
Tuttavia non fece a tempo ad aprire bocca, che qualcuno si avvicinò a noi, da dietro le spalle di Emma. Sentii chiaramente i passi, ma ero così concentrato sul mio cigno da non preoccuparmene.
«Emma che succede?», domandò una voce femminile alquanto familiare. Alzai la testa, costringendomi ad abbandonare con lo sguardo il volto della mia adorata Emma per osservare la persona che ci aveva raggiunti. Tuttavia colei che vidi mi fece letteralmente rimanere senza fiato; la mia bocca si spalancò per la sorpresa ed ogni mio muscolo si pietrificò.
Quella che avevo davanti era Milah, la mia Milah. Non la vedevo da secoli ormai, e l’ultima volta io tenevo tra le braccia il suo corpo privo di vita. Era stata parte integrante della maggior parte della mia vita, avevo un tatuaggio con il suo nome sul braccio, per lei avevo perso la mia mano e cercato vendetta per anni; era naturale che la sua presenza mi facesse provare un tumulto di emozioni.
«Killian?», balbettò Milah, sorpresa quanto me. La guardai di nuovo non capendo cosa diavolo ci facesse lei con Emma, per poi tornare ad osservare di nuovo il mio cigno. Ero certo di avere un’espressione incredula e disorientata, ma la presenza del mio primo amore, insieme alla padrona attuale del mio cuore, mi aveva del tutto sconvolto. Avevo persino scordato il perché fossi arrivato fino là, o il fatto che non mi rimaneva più molto tempo. Il coccodrillo avrebbe potuto risvegliarmi da un momento all’altro.
Quello che provavo per Milah non era mai scomparso dentro di me; non c’era stata semplicemente una fine tra noi e, se anche adesso il mio cuore era di un’altra, era naturale che mi preoccupassi sempre per lei. Avrei voluto abbracciarla, chiederle se stava bene, dirle che mi dispiaceva per ciò che le era accaduto. Avrei avuto mille domande da farle e avrei davvero voluto avere il tempo per poter sentire le sue risposte, o anche semplicemente per ascoltare ciò che anche lei avrebbe voluto dirmi.
Tuttavia sentii qualcosa ai margini della mia mente, come un flebile sussurro che tentava di strapparmi da quel luogo particolare.
«Hook». Cercai di non prestarci attenzione e di articolare invece qualcosa di intelligente da dire. Eppure nonostante la mia mente fosse affollata di pensieri non riuscivo ad esprimerne neanche uno ad alta voce.
«Killian ti prego». La voce supplicante di Henry arrivò dai confini più remoti della mia mente. Sbattei le palpebre cercando di concentrarmi e quello bastò per riportarmi dritto a Storybrooke. L’unica cosa che riuscii a fare, prima di andarmene del tutto, fu quella di far cadere a terra ciò che avevo portato con me: l’anello di Liam. Sapevo che Emma l’avrebbe trovato.
Quando poi riaprii gli occhi la strana vegetazione che mi aveva circondato era scomparsa ed io ero di nuovo sdraiato sul letto nella vecchia camera di Emma.
«Grazie a Dio», sentii mormorare Mary Margaret.
«C’è mancato poco», sospirò Regina con un certo sollievo.
Mi misi a sedere sul letto ed Henry mi travolse in un abbraccio. «Per fortuna stai bene. Non riuscivo a svegliarti».
«Va tutto bene ragazzino», riuscii a stento a balbettare, scompigliandogli i capelli con l’uncino.
«Non me lo sarei mai perdonato se ti fosse successo qualcosa».
Cercai di regolarizzare il mio respiro dando un senso a tutto ciò che avevo appena visto. La presenza di Milah aveva messo sottosopra ogni singola parte del mio corpo.
«Allora ha funzionato?». Era la voce del Coccodrillo, ma ero troppo distratto per prestare attenzione alle sue parole. Il pensiero che Milah si trovasse con Emma era un’idea che non mi era mai passata per la testa. Erano diventate amiche? Era possibile? Quando avevo guardato Emma negli occhi chiedendole tacitamente cosa diavolo ci facesse l’altra là, lei non era stata sorpresa della sua presenza. Era un particolare che non avevo notato in quel momento, ma ripensandoci adesso risultava evidente.
Se si trovavano insieme, voleva dire che… cercai per un attimo di scacciare quel collegamento dalla mia mente. Portava con sé troppe implicazioni negative per riuscire ad affrontarlo subito.
Cercai di nuovo di concentrarmi su Milah. Avevo letto mille cose nel suo sguardo; un tempo riuscivo a capirla come un libro aperto, ma la donna che avevo scorto in quel luogo non era più la stessa Milah che conoscevo io. L’aver passato secoli nell’Oltretomba doveva averla cambiata; quel luogo cambiava tutti. Avrei tanto voluto sapere cosa pensasse in quel momento di me ed era stupido, ma in qualche modo, avrei voluto che fosse orgogliosa del mio cambiamento. La sua opinione non avrebbe cambiato niente, eppure era importante per me, avrebbe influito su quello che provavo io. Era incredibile come a distanza di secoli, io tenessi ancora così tanto al suo giudizio. Sapere che accettava Emma, che in qualche modo ci dava la sua benedizione, era qualcosa a cui avevo sempre tenuto, ma a cui avevo rinunciato da quando l’avevo creduta persa per sempre.
«Hook!». Qualcuno mi scosse violentemente ridestandomi dai miei pensieri.
«Eh?». Mi guardai intorno realizzando solo in quel momento che gli altri tre mi stavano fissando preoccupati.
«Sei sicuro di non avergli causato qualche deficit mentale?», domandò Regina rivolta a Gold.
«Io di questo non sono responsabile, il deficit mentale del pirata è una dote naturale».
«Sto bene», ribattei piccato. «Non ho nessun problema mentale, ero solo sovrappensiero».
«Ti abbiamo chiamato più volte», mi spiegò Mary Margaret dolcemente. «Allora ha funzionato? L’hai vista?».
«Sì», sussurrai. «L’ho vista». Ed era stata una visione meravigliosa.
«Davvero?». Sia gli occhi di Biancaneve che di Henry si illuminarono.
«Sì, credo che stia bene».
«E ti ha detto dove si trova?», mi domandò Regina.
«No», mormorai, «non ha fatto in tempo».
La delusione si diffuse nella stanza ancor prima che io potessi continuare. «Però so dove si trova».
«Cosa? Come?».
«Non conosco quel luogo», spiegai. «Era una specie di strana foresta, però con lei c’era un’altra persona. Con lei c’era Milah». Vidi il Coccodrillo irrigidirsi sentendo quella mia rivelazione. Dopo tutto ciò che le aveva fatto passare era naturale che i rapporti con la sua ex moglie non fossero rosei; tuttavia sembrava che ci fosse qualcosa di più sotto.
«Milah? Quella Milah?», domandò Mary Margaret.
«Sì, la mia ex amante, la moglie di Tremotino, la madre di Bealfire».
«Mia nonna?», domandò Henry. «Ma la nonna è stata gettata da Ade nel fiume dell’anime perse, quello che si trova nell’Oltretomba».
«Già», risposi amaramente. «Pensateci, ha una certa logica. Finché non riusciamo a far tornare il corpo di Emma come prima, la sua anima è persa. In quale altro posto potrebbe trovarsi se non in quello dove vengono spedite tutte le anime smarrite?».
«Ma in teoria», intervenne Regina, «ho sempre pensato che una volta entrati in contatto con le acque di quel fiume le anime cessassero semplicemente di esistere o di essere loro stesse».
«Un tempo pensavamo che anche dopo la morte non ci fosse niente», le feci notare. «Poi abbiamo scoperto l’Oltretomba».
«Tu credi che sia possibile?», domandò Mary Margaret a Tremotino che si era zittito da quando avevo nominato Milah.
«Tutto può essere», scrollò le spalle riconquistando il suo atteggiamento presuntuoso.
«È così, ne sono certo», conclusi. «La domanda adesso è: come diavolo facciamo a tirarla fuori da là?».


 
Angolo dell’autrice:
Buona domenica a tutti!
Ho voluto dedicare questo capitolo a due punti di vista differenti dello stesso evento. Mi sembrava giusto descrivere sia le sensazioni di Emma che quelle di Killian riguardo il loro breve incontro.
Quindi riassumendo: da una parte l’incantesimo di Gold ha funzionato e, grazie all’improvvisa apparizione di Milah, adesso sanno dove si trova Emma. Dall’altra parte finalmente sembrano essere arrivati alla meta: anche se non hanno trovato la donna leggendaria, è stata lei a trovare loro. E sorpresa: è Euridice. Mi è sempre piaciuta la storia di Orfeo e Uridice, quindi ho pensato bene di infilarci in qualche modo il suo personaggio. Chissà adesso cosa dirà ai nostri quattro avventurieri!
Grazie a tutti coloro che leggono, seguono e recensiscono la mia storia. Grazie di cuore! <3
Un bacione e alla prossima settimana!
Sara
 
  
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