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Autore: LeAmantiDiBillKaulitz    24/03/2017    0 recensioni
Prendete Chelsea e Alexandria, due migliori amiche particolarmente male assortite: una, rumorosa, casinista, molto oca e morbosamente ossessionata dal cinema, l'altra acida, nervosa, arrabbiata e decisamente pronta a picchiare tutti. Poi aggiungete Bill, antipatico, isterico, viziato ma terribilmente sexy. Mescolate con un'intervista ai Tokio Hotel per il giornalino universitario, con un Tom molto scemo, un Georg molto martire e un Gustav molto affamato. Il piatto è pronto: tra gaffes, incomprensioni, tacchi alti, litigi e romanticismo-fai-da-te, riusciranno le due ragazze a conquistare l'algido cuore del cantante?
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome, Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO TREDICI: COMPLICAZIONI ESISTENZIALI 

-Io non ho capito perché devo fare il tassista kazako. Cioè, c’erano tanti personaggi tra cui avreste potuto scegliere: un hacker che lavora per la libertà della nazione, un indipendentista, uno storico della Grande Guerra, un …
-E invece te ne stai e fai il tassista kazako, punto e basta.
Il salotto di casa Kaulitz potrebbe sembrare un vero campo di battaglia che farebbe impallidire Waterloo, ora che, dopo che a me e al mio fratellone è venuta la strepitosa idea di fare un film per riconciliarci con Bill e costringerlo finalmente ad ammettere che è cotto perso di noi. Certo, probabilmente un profano rimarrebbe visibilmente scioccato dal vedere un panzone che mangia pacifico un hot dog come se lui non facesse minimamente parte della situazione, un metallaro finto che bestemmia in aramaico misurando la stanza a grandi passi, un trans che si ritocca il trucco con la faccia tutta tirata da “chi cazzo me l’ha fatto fare di dire di sì?” (in realtà, se vogliamo proprio metterla così, siamo stati tutti abbastanza abili da ricattarlo dicendogli che se non avesse partecipato attivamente avremmo sempre potuto convincere Jostein a mettere le sue foto hard sul web. Chissà come mai è passato da un inventario di urla, strepiti e vari “vi squarto e intingerò le vostre dita nel latte la mattina” a un mogio e sottomesso “Va bene, ma non finisce qui!”, sibilato prima di nascondersi in un mutismo offeso nascosto dal pellicciotto nero.), un Obelix a dieta che saltabecca in giro a braccetto con una rasta lentigginosa e una darkettona che insegue il metallaro brandendo un forchettone da barbecue, ma tutto ciò a noi non interessa. Le riprese di Misty Berlin devono cominciare, dopo che abbiamo lavorato alacremente alla prima scena del copione e abbiamo costretto i nostri avvenenti partecipanti a impararsi a memoria un pacco di battute, e avevamo gloriosamente pensato di buttarci con un inizio contemporaneamente squallido ma sexy, con Bill come protagonista indiscusso della scena che osserva i movimenti del gradasso Gustav, una pantera che si aggira con una maschera di sensuale apatia attorno al suo sfatto e smargiasso amante, opportunamente abbigliato con un completo finto Armani che gli sta strettissimo amabilmente unto di senape, anche se sono sempre più convinta che se fossimo riusciti a convincere Bill a mettersi un paio di calze a rete con un vestitino nero cortissimo l’effetto sarebbe stato migliore di quell’abito con lo spacco e la schiena nuda. Ma il signorino si è opposto urlando e scalciando alle calze a rete e al vestitino vertiginoso perché “Non mi farò mai vedere da queste due proletarie vestito così!”. Sì, le due proletarie che ti stavi limonando ben bene nel bar dei froci e che ti vedranno vestito così, fosse anche l’ultima cosa che fanno nella loro marcia vita.
-Più che altro, non si capisce dove voglia andare a parare sta cazzata.- grugnisce Alexandria, appollaiandosi con aria truce sul divano bianco panna, pericolosamente vicina a Bill. Io e Tom ci lanciamo un’occhiata, scrutando con aria gnorri la reazione del cantante al fatto che la nostra Coinquilina Hannibal gli si sia praticamente seduta in braccio, visto che GusGus occupa mezzo divano da solo. Ottimo lavoro, Alex, distrai il nemico con le tue argute tecniche d’assalto frontale, non lasciare che vinca questa guerra di logoramento dove solo noi possiamo avere la meglio, ne va del tuo onore che ti sei scavata dopo tanti anni di guerre scolastiche. Mi aspetto in realtà che ora Bill balzi in piedi e fugga, per quanto gli possano permettere i tacconi vertiginosi dei sandali alla schiava che indossa, nascondendosi dietro al grosso tavolo della cucina dove campeggiano ancora gli avanzi del nostro pranzo. Vedo già il vestito che ondeggia sensuale nella fuga, accompagnato da un gesto sexy dei capelli corvini e il conseguente strillo oltraggiato quando … mi rendo conto che Bill non si è mosso da un millimetro dalla sua postazione sul divano, dritto come un fuso e serio come la morte, così impassibile e intento a ritoccarsi il cerone da non reagire minimamente al “Oh cazzo, ma è davvero Bill quello?” sibilato tra i denti da Tom, al “Ma stiamo scherzando?” soffocato dalla sottoscritta nel braccio del fratellone, e alla faccia letteralmente sconvolta di Alexandria a vedere che il suo vago tentativo di suscitare una reazione in Bill si è risolto addirittura non solo senza fuga, ma pure senza smorfie schifate e nauseate.
-Ma io te l’avevo detto che anche a lui piacciamo.- sussurro nell’orecchio di Tom.
-E’ una cosa inquietantemente inaudita … - mormora lui con tono reverenziale in risposta, prima che la mia attenzione venga colta dall’S.O.S. terrorizzato degli occhi scuri e scioccati della mia amica. Credo che la povera corazzata Herder stia cominciando a fumare, come se le avessero acceso dentro dei razzi segnalatori prima di sfondare la frontiera della salvezza e ho ancora più ragione di credere che il fatto che Bill se la tenga quasi in braccio come se manco l’avesse notata, è per lei qualcosa di troppo scioccante per poter reagire, penso che sia meglio se mi lanci a salvarla con uno delle mie missioni tipo. Tecnicamente, poi, io sarei quella che si mette nei casini ma poi in fondo sono anche quella capace di cavare gli altri fuori da essi, ne è un esempio pratico quando avevo inscenato una crisi epilettica per distogliere le attenzioni del prof di matematica del liceo da una furibonda Alexandria che rischiava di venire espulsa per insulti a superiore. O quando avevo abilmente salvato mia sorella Charity Rebecca dalle ire funeste di nostra madre, anche se quello non l’avevo nemmeno fatto apposta, siccome non avrei mai voluto salvare quella vipera con la cresta verde acido, ma sono una regista così appassionata da non poter venir privata di una delle attrici del mio cast stellare e quindi avevo abilmente convinto la mamma che colei che aveva depredato la sua toeletta degli smalti non era stata Charity Rebecca bensì una misteriosa cugina Karina di nostro padre sbucata da non si sa dove, e solo grazie al fatto che io abbia una parlantina degna del più grande oratore mondiale e che siamo una famiglia così vasta che conoscere tutti i cugini è matematicamente impossibile, mia sorella l’aveva scampata. Dunque, non dovrebbe essere così difficile proteggere ancora una volta la mia migliore amica. Peccato che sottovaluto il diavolo a quattro nel lanciarmi come un peso morto addosso a loro strillando in un falsetto perfetto e cadendo di conseguenza come un sacco di patate sui due. Infatti, travolgendoli, rovescio miseramente lo smalto che Bill si sta diligentemente dando sulle unghiette da arpia e glielo spalmo amabilmente sul vestito, facendo rotolare Alex lontano come un povero foglio di carta gettato nel vento. Il silenzio orribile e inquietante che segue alla mia caduta di stile mi fa temere il peggio per la mia incolumità; Georg ha smesso di piagnucolare e mi guarda trasecolato, Gustav ha addirittura fatto cadere il panino doppio che stava divorando e apre e chiude ripetutamente le fauci, Alexandria mi lancia una di quelle occhiate così perfide che mi fanno accapponare la pelle, Tom semplicemente ha una faccia così terrorizzata che sembra che sia appena scoppiata la terza guerra termonucleare, e io … beh, io alzo lo sguardo atterrita sul nostro cantante, cercando di spalancare gli occhi da manga il più possibile, spremendo fuori tutta la mia vena irlandese, gonfiando le guance lentigginose e cavando addirittura una lacrimuccia disperata che dovrebbe muovere a compassione gli animi. Credo che sarebbe interessante anche cimentarmi nel trashmovie, in perfetto stile “American Psycho”, quello di Mary Harron, del 2000, con Christian Bale e Willem Dafoe, però ancora più scadente nel trash, con Bill che mi usa per farsi le unghie, come penso stia per succedere adesso. Posso già sentire le sue unghie distruggermi e farmi a fettine e il mio sangue imbrattare il tappeto persiano sul pavimento e questi divani bianco panna, i miei dread usati come cordoni per il lampadario, i miei occhi messi al posto di orecchini, i …
-Uh, ma guarda che disastro che hai combinato Canterbury!
Tutti guardiamo Bill con aria scioccata. Non sta urlando. Non mi sta accoltellando. Non mi sta nemmeno bruciando con lo sguardo. No, semplicemente si guarda il grembo sporco di smalto con aria corrucciata e una dolcissima espressione indispettita, come quella di una bambina a cui hanno tagliato i capelli della Barbie.
-Oh mio dio, Bill, stai bene!?
Tom gli si fionda addosso, scuotendolo per le spalle sottili, strizzandogli le guance, mettendogli la mano sulla fronte e berciando di conseguenza, mentre gli afferra il polso e se lo schiaccia sull’orecchio
-Sei caldo! Lo sapevo, hai la febbre equina! Georg, svelto, chiama l’ambulanza! Ecco, mancano i battiti! Hai un calo di pressione! Un attacco di ulcera fulminante! Un …
-Giù le mani, fratello pervertito maniaco depravato e cretino!
Tom è costretto a ritirarsi dopo che la Delfina gli ha mollato un ceffone che avrebbe girato la testa di Schwarzenegger.
-Ma Bill … - piagnucola il fratellone – Ti ha appena rovesciato lo smalto sul vestito, l’ultima volta che l’ho fatto io mia avevi inseguito per tutta la casa con un forchettone cercando di infilzarmi, quindi siccome non hai reagito pensavamo che stessi male.
-Uff, come sei sofistico Tom!- sbuffa Bill, alzandosi e schiacciando volutamente la mano del povero chitarrista seduto per terra afflitto col tacco a spillo. – Tu mi avevi sporcato anche la mano, lei si è limitata a rovesciarmelo su questo vecchio Lauren, non ci vuole niente a farlo lavare da quella buona a nulla di Amelia!
-Quindi non mi punirai, o Delfina?- balbetto io, inginocchiata per terra, prostrandomi in venerazione di questa bellezza rara.
-Per questa volta sarò magnanimo, Bradford.- il nostro cantante si scosta uno dei piccoli dread bianchi dalla fronte e mi guarda come fossi una piccola pastorella sperduta – Vai in pace.
Il fatto che poi io mi metto a sbaciucchiargli i piedi prostrata in venerazione (Santo Scorsese, pure i piedi profumano! Non come quelli di Alexandria che sembrando due formaggette andate a male) e che la coinquilina Hannibal sia rapidissima a saltarmi al fianco e ad abbaiarmi qualcosa con cattiveria mentre mi strappa dai piedi di Bill (seh, che poi l’ho vista benissimo che nel strapparmi via pure lei gli sbaciucchiato un piede), assolutamente non scalfisce l’atmosfera puramente sconvolta del salotto che osserva Bill uscire dalla sala sculettando abbondantemente, un po’ di smalto che gocciola dallo spacco vertiginoso del vestito.
Il silenzio tombale è rotto solamente dalla lamentosa voce di Georg
-Va beh, sì, tutto quello che volete, ma io continuo a non capire perché io debba fare il tassista kazako e voi …
Ma io e Alex non lo sentiamo nemmeno, troppo impegnate a guardarci negli occhi e a comunicare telepaticamente tutta la carrellata di emozioni sconosciute che ci ha appena travolto come un fiume in piena. Non solo ha bellamente ignorato il fatto che la nostra punk gli si sia spalmata addosso, ma ha pure resistito stoicamente al mio splendido disastro da povera matricola sfigata. Sembra quasi che Alexandria avesse ragione quando asseriva che non era stato tanto il bacio in sé quanto il momento in cui la ricevuto. Messo così, poi, sembrerebbe quasi che abbiamo cominciato a smuovere qualcosa nel cuore di ghiaccio della principessina algida come un ghiacciolo e cattiva come un demonio sbucato fuori dalla penna di Dante insieme a uno dei mostri di Fussli. Mi gratto la pancia, mentre lei si gratta l’orecchio, segnale che, nel nostro complesso gergo, vuol dire “All’attacco!”; questa cosa dei gesti era nata quando eravamo ancora due piccole e innocenti alunne delle sfigate elementari di periferia gestite dalle suore di Magdeburgo, quando Alexandria aveva brillantemente pensato che prendere il crocefisso e appenderlo al contrario immerso nella minestra fosse un’idea geniale, come io ero convinta che tenere banco coi compagni costringendoli a girare un corto inneggiante al nazifascismo e alla segregazione razziale (colpa delle inquietanti fissazioni estremiste di mio fratello Cooper Carter, che all’epoca aveva sedici anni e si approfittava di un’innocente sorellina di dieci e della sua amichetta cercando di influenzarle con la sua politica senza che loro capissero un benemerito cazzo, e considerandole eretiche non appena si erano rivelate una punk e l’altra più di una sponda che dell’altra) fosse una grande idea. Le suore ci avevano etichettato come “indemoniate bambine progenie di Lilith”, osservandoci da vicino e costringendoci dunque a creare un linguaggio gestuale per comunicare le nostre idee ribelli senza farci scoprire, cosa che si era rivelata più utile del previsto e che si era successivamente ampliata a seconda delle esigenze. Beh, la grattata di pancia e orecchio ha sempre voluto dire una e una sola cosa “All’attacco”, e sarà quello che faremo per riuscire finalmente a beccare Bill nel momento giusto.
-Perché state facendo quelle facce inquietanti?- mormora Tom, spaventato – E’ per il fatto che forse avevate ragione su mio fratello?
-E certo, capra bollita! Che ti credi!?- abbaia Alex, ringhiandogli in faccia – Fanculo a te che dicevi che non avremmo avuto nessuna possibilità. In culo, Kaulitz!
-Visto, tesoro?- cinguetto io, saltellando amabilmente vicino a lui e saltandogli sulle spalle – Siamo o no le ragazze più sexy di Hollywood?
-Una patata fritta e uno scheletro dark non le considererei esattamente le ragazze più sexy di Hollywood, comunque.- dice Gustav.
L’ultima cosa che interrompe la mattina prima di riprendere le riprese di Misty Berlin è il batterista della più famosa band del momento correre in tondo inseguito da una ragazza mezza rapata che gli corre dietro brandendo un coltello da cucina.
 
-Chess, quando ti deciderai a cambiare quella dannata suoneria?- mi rimprovera Alexandria dal bagno mentre io, affondata nel divano senza via di scampo, frugo alla cieca alla ricerca del telefono mentre guardo “Monty Python – Il senso della vita”, quello di Terry Jones e Terry Gillian, con Graham Chapman e John Cleese del 1983, che ogni tanto danno sulla rete e mentre mi strafogo di patatine fritte preparate amorevolmente da Mamma Alex.
Il fatto che poi appena trovi il cellulare e veda scritto #Sorella5 cacci un urlo terrorizzato da fare invidia alle sirene antiaereo e faccia uscire la mia migliore amica dal bagno in accappatoio cristando in aramaico antico potrebbe rientrare in una situazione tipo nella casa Herder-Spiegelmann (che contiamo presto di far diventare casa Kaulitz, ma.) se non fosse che la #Sorella5 non chiami mai la sottoscritta se non quando ci sono dei drammi apocalittici. Ecco, lo sapevo che era tutto troppo bello per essere vero. Sono stata punita per la mia empia soddisfazione, ora mi dirà che il nostro fratello Billy Terry ha l’AIDS (cosa oltretutto più che probabile se non certa) e che mi toccherà mollare la Germania e di conseguenza Bill e Tom per andare con la Famiglia e l’immancabile Alex a consolarlo nei suoi ultimi giorni di vita in quel buco del culo in Irlanda.
-Cazzo Alex!- strillo, afferrandola per le spalle e facendole cadere l’accappatoio e beccandomi un ceffone di conseguenza – E’ Katie Crystal, l’uccello del malaugurio! Vuol dire che è successa una disgrazia!
-Ma invece di starnazzare come un’oca, rispondi!- strilla Alexandria, dandomi un pugno in testa. Ma lei non ricorda, povera infante, le apocalissi di mia sorella.
Deglutisco rumorosamente, rispondendo prima di venir scaraventata giù nella pattumiera di sotto.
-Ehm … pro … pronto?- balbetto. La sento già “Terry ha l’AIDS” “Papà è morto” “Un parente ha deciso di ucciderci tutti” “E’ scoppiata la terza guerra mondiale”.
-Chelsea, dico, ma sei scema?
L’inconfondibile voce antipaticissima di quella troia di mia sorella si spande nell’aria, mentre metto titubante il vivavoce.
-Ciao Crystal.- pigolo, facendomi piccola piccola nel divano – Cosa … vuoi?
-Senti, Chess … c’è anche Alexandria lì con te?
Eccolo il demonio: aspetta pure la nostra punkettara per portare le sue maledizioni.
-Certo che ci sono, oca giuliva coi capelli rossi, cosa credi?- ruggisce la mia coraggiosa amica.
-Quand’è che vi sposate voi due? No, perché avrei un’amica che ha un negozio di vestiti da sposa, vi farebbe un bello sconto, sicuro. Io pensavo che magari però Magdeburgo è un po’ squallida come location, dovreste almeno scegliere Dublino, così anche lo zio Niall potrebbe venire e …
-Ma che cazzo ti fumi?!- urliamo in perfetto coro noi due – Non ci dobbiamo sposare!
Questa è una strana e inquietante paturnia mentale delle mie sorelle, quella che io e Alex ci dovremmo sposare. Beh, sì, appena convinciamo anche Bill sicuramente organizzeremo un favoloso matrimonio a tre, magari lui col vestitone bianco e noi due in frac, con Tom che mi fa da testimone e mia sorella Charlotte Chanel, che è la più piccola di casa e l’unica coi boccoloni biondi e gli occhioni azzurro innocenza, insieme a un tenero e pacioccone Gustav a lanciare confetti al cianuro nero. Che poi io una volta ne sia uscita fuori dicendo “Alex, e se ci sposassimo? Fa sempre più figo una regista sposata con un’artista eccentrica che single”, ma l’unico risultato era stato un insulto e un anfibio borchiato stampato in fronte. Sicuramente, una regista di fama mondiale, uno dei cantanti più in voga del momento e una prossima chitarrista con un grande futuro farebbero impazzire i gossip di tutto il mondo, roba che farebbe sembrare Johnny Depp, Angelina Jolie e Leonardo Di Caprio gli ultimi arrivati.
-Comunque, che cazzo vuoi uccello del malaugurio? Terry è morto di AIDS dopo essersi scopato tutta la popolazione maschile tedesca e irlandese? Madison è stata rinchiusa in un istituto per psicopatici per aver ammazzato qualcuno con forbici a punta arrotondata? Avery è stata fagocitata dalle sue piante carnivore? Charity si è impiccata come nei suoi video da depressa emo?
Queste elencate sono solo alcune delle uscite tipo che solo la più bella delle mie sorelle potrebbe tirar fuori, le più papabili e le meno drammatiche. Io e Alexandria ci scambiamo un’occhiata, stringendoci istintivamente sul divano una accanto all’altra, i Monty Phyton che continuano a cazzeggiare in tv e le patatine che il gatto Panther Lily sta amabilmente finendo.
-Nah, niente di così tragico.- sentiamo distintamente la gomma da masticare che scoppia ripetutamente col quel suono così molle, annoiato e così dannatamente americano medio borghese. Katie Crystal è il perfetto esempio di americana medio borghese con le sue gomme da masticare, i suoi scaldamuscoli rosa confetto, il suo trucco da cheerleader, le gonne corte e i suoi continui OMFG. – Volevo solamente chiederti se potevamo vederci. Noi fratelli e Alex.
-Ma ti ha dato di volta quel poco di cervello che hai?!- abbaia la mia amica, strappandomi il cellulare dalle mani e sputandoci sopra – Chi ha voglia di tornare a fare la babysitter a voi tutti!
-Dai, Alex, stai calma per favore.- dico, togliendole il telefono prima che me lo sbatta per terra e lo pesti – Ma perché poi dovremmo vederci?
-Ma come “perché”? Dai, Chess, siamo comunque fratelli.
Sentila, la Giuda Iscariota. Sentila, la Hagen. Sentila, la Iago. Sentila, l’ipocrita che ha sempre odiato il fatto di essere “sorella di una patata rasta”.
-E quando dovremmo vederci, di grazia?- in realtà, lo dico balbettando, sepolta sotto la mia batteria e usando il vinile di Iggy Pop come scudo protettivo, uno scolapasta occasionalmente trovato calcato in testa.
-Stasera!- trilla Crystal e posso sentire la sua odiosa risatina soffusamente costruita – Ho già chiesto agli altri, a parte Flora che tanto abita in culo al mondo- e ci mancava giusto Flora Anne e poi ce l’avevo nel culo, tra lei e Alexandria non so chi sia peggio – Dovremmo esserci tutti e nove.- Sì, lo so, siamo nove noi Spiegelmann, ma la mia coinquilina Hannibal è sempre stata contata da tutti i miei fratelli come sorella adottiva.
-Ma stasera dobbiamo andare fuori a cena con i ragazzi!- esclama Alex, tirandomi con cattiveria un dread rosa. Eccola lì, l’altra ipocrita, che quando si trattava di dover parlare delle riprese di Misty Berlin ha accettato solo perché avevamo un’altra possibilità di baciare il nostro Billuccio. Ora fa tutta la scena perché non vuole vedere, come me d’altronde, tutto il clan irlandese.
-E’ vero!- cinguetto io, cercando di salvare i miei capelli dalle sue unghie dipinte malamente di nero – Scusa, Crys, ma stasera siamo impegnate.
Ora, siccome Chelsea Sienna Spiegelmann è sinonimo pure di Fogna Di Bocca Per Eccellenza, non penso minimamente alla cazzata enorme che sto per commettere mentre trillo
-Andiamo a cena con i Tokio Hotel.
Nemmeno il tempo di finire di parlare che dall’altro capo del telefono si sente un urlo trapanante, mentre nel nostro appartamento fatiscente si vede una rasta vagamente sovrappeso che corre strillando come un’oca sgozzata inseguita da una tipa anoressica che le tira in testa tutte le Converse luride che possiede.
-Brutto rafano sottosviluppato messo in salamoia da un cuoco fatto di foglie di banano andato a male, ma che cazzo di problemi hai?!
-Ma tu scherzi, Chess! Mi sembra un ottimo motivo per venire con voi, no?!- esclama Katie Crystal, prima che Alexandria le ringhi qualcosa di intellegibile addosso, mentre io tento di ripararmi inutilmente sotto la mia povera batteria.
-Col cazzo, carina.- Alex si impone, afferrando il telefono e piantandosi davanti ai Monty Python. – Tu e tutta quella sfilza di checche, ballerine, botaniche, nazisti, e bamboline di porcellana non verrete a rovinare la mia vita, ok? Perché si dà il caso che sia coinvolta anche io in questa storia e che non voglia assolutamente dover aver a che fare di nuovo con tutti voi irlandesi di sta minchia. Ci sono già quei quattro ritardati che bastano e avanzano.
-Ma Alex!- sento mia sorella strillare come la Scream(ing) Queen che in fondo è – Dopo tutto quello che hai fatto con noi!
-Appunto, razza di uccello del paradiso con le penne spelacchiate e gli scaldamuscoli rosa confetto, mi avete rovinato l’adolescenza? Bene, non mi rovinerete sicuramente la maturità.- poi si gira verso di me, guardandomi come si può guardare solo un lurido soldatino che si è messo a piangere al primo sparo – E quanto a quella palle mosce senza nerbo di Chelsea … finché è sotto la mia giurisdizione, voi non la toccate.
Oh alleluia. Temevo già che mi avrebbe luridamente venduto alla fratellanza per la mia pavidità. Ma forse lei è ancora un soldato come si deve, che rispetta il proprio commilitone, non come Bill, che ce lo vedo già come lurida spia che mi avrebbe venduto al primo miglior offerente. E non posso fare a meno di pensare
 
Inquadratura classica, una stanza spoglia come quelle delle carceri dove si interrogano i prigionieri, nessuna musica se non giusto il sordo ronzio dell’aria condizionata rotta. Ci sono due ragazze sedute su due seggioline di metallo, una, la bionda mezza rapata, che tiene alta la testa, lo sguardo immobile e battagliero, l’altra, con i dread bianchi e rosa guarda per terra, continua a muoversi, ad agitarsi. La bionda la guarda male, un’occhiata così fredda che la rasta pigola qualcosa di sconnesso tra i denti. Parla una lingua sconosciuta, forse dell’Est Europa. Sembra stia facendo degli scongiuri a un dio che non l’ascolta, più la si guarda più è chiaro che sta pregando mentre singhiozza un nome sconnesso. Si inquadra più vicino sulle due, un crescendo delle suppliche della rasta, la voce che si alza sempre di più in una nenia inquietante e ossessiva, ripete un nome americano in mezzo alla sua disperata cantilena in un lingua che potrebbe essere rumeno, ma anche albanese, per quello che si può capire. La bionda sbotta, a un certo punto. Lei parla inglese, invece, mette fine alla nenia dell’altra, è esasperata ma suda, è palese che anche lei è terrorizzata a morte come la sua compagna, dice quel nome tra i denti, lo sputa. La telecamera si sposta, inquadrando un capannello di uomini in divisa. Uno di quelli, il capo, a giudicare dal portamento tirato, si siede dall’altro capo del tavolo, fa un gesto in silenzio a due sottoposti di mettersi ai lati delle due ragazze ammanettate. La bionda sputa sul tavolo tutta la sua rabbia, maledicendoli, la rasta china il capo, continuando imperterrita a pregare, come fosse una formula per isolarsi da quell’inferno. Forse è bulgara. La telecamera è sempre fissa sulle due ragazze, mentre il militare parla e le prende in giro, quando la sua parlantina è interrotta dall’urlo disperato della ragazza bionda, che prova ad alzarsi di colpo ma viene trattenuta dall’altro soldato, la rasta scoppia semplicemente a piangere. La telecamera gira lentamente, per scoprire chi ha fatto impazzire così le giovani prigioniere. Viene inquadrato un uomo (o forse è una donna?) truccatissimo, vestito come una meretrice di bassa lega, i capelli lunghi acconciati in modo da coprirgli in parte il viso da bambolina. Cammina come fosse in passerella, ancheggia, ma non sorride. Viene sottolineato il fatto che cerchi di ignorare le due ragazze che strepitano e piangono, la mascella induritasi improvvisamente, il fantasma di una lacrima di rimorso nelle pupille, ma forse è solo un mero effetto della luce. Il generale ride forte, una brutta risata, si fa sedere il ragazzo moro sulle ginocchia. Lui obbedisce, sorride smielato, forse lo bacia, sfarfalla gli occhi, ma è sempre più palese l’orrore che sta provando in questo momento, sotto lo sguardo accusatorio delle due. Si sente in colpa, e la telecamera lo coglie come mai. La ragazza bionda gli dà addosso, lo insulta, prima di venire zittita dal ceffone di uno dei soldati. La rasta si limita a dire qualcosa nella sua lingua, guardando piangendo la sua amica. Le ragazze si guardano disperate prima di fissare di nuovo il giovane e il militare che ride, e lo stringe a sé, e lui non fa altro che fingere di ridere, di cinguettare, ma le guarda e nei suoi occhi brilla il senso di colpa. Il soldato ride ancora
-Allora, Bill, sono loro le due sporche sovversive? Sono loro quelle che hanno attentato alla vita del nostro beneamato presidente?
Silenzio di tombe, rotto solo dalle lacrime che cadono per terra e dal condizionatore. Capisci che sono in guai inimmaginabili, forse rischiano addirittura la pena di morte, lo senti, è palese. Le vedi, che lo fissano, e gemono il suo nome tra i denti. Lo sguardo della bionda chiede vendetta, quello della rasta chiede giustizia, quello del ragazzo chiede pietà. Chiede pietà mentre sussurra
-Sì, Jostein. Sì, sono loro.
 
-Chess, perché stai facendo quella faccia?
La voce di Alexandria mi risveglia brutalmente dalla perfetta scena da Oscar che mi si stava srotolando nella mente, trascinandomi nuovamente al lurido divano incassato nel nostro triste e squallido appartamento e al poster gigante di Gene Simmons sopra al frigo. Come se qualcuno avesse detto a Lewis Carroll “Lew, tesoro, perché stai scrivendo di un coniglio con l’orologio da taschino?”, o come se qualcuno si fosse permesso di prendere da parte Ernst per dirgli “Ok, Max, come mai fai dei mostriciattoli ermafroditi che piangono?”, ecco, questo strapparmi dal mio film perfetto sarebbe come aver smontato due Grandi della letteratura e della pittura. Non potete permettervi di smontare la prossima Grande Regista Surrealista che riscriverà tutta la storia della cinematografia mondiale, a cui sarà dedicata una stella commemorativa nella Hall of Fame e che tra secoli tutti ricorderanno.
-Stavo pensando a come potrebbe essere fare un film con …
-Ok, basta.- Alex mi fa gli occhiacci, stringendosi l’accappatoio rosa con i teschi rossi che le avevo regalato qualche compleanno fa e che usa solamente perché sa che per comprarglielo avevo dovuto rinunciare a comprarmi una nuova luce per le inquadrature dei miei film. Forse anche lei è umana, in fondo. Ma in fondo, eh. – I tuoi trip mentali non mi interessano, piuttosto, vedi di andare a lavarti che puzzi come un maiale appestato e di vestirti. Tra un po’ abbiamo l’appuntamento con i ragazzi a casa dei gemelli coltelli.
Mentre saltelliamo in bagno, con lei che si trucca il peggio possibile e io che ballo nella doccia al ritmo di qualche canzone dei White Snake, mi affaccio dalla cabina, scuotendo i dreadlocks come un cane e inzuppando la coinquilina di conseguenza
-Senti, tesoro, però … credi che dovremmo fare qualcosa con Bill stasera?
-Qualcosa tipo scoparlo fino a farlo piangere?- la Coinquilina Hannibal continua a truccarsi tranquillamente e approfittando per tirarmi il tubo rosa.
-Dai, non dirlo così male.- la rimprovero, grattandomi il collo – Ero seria, per una volta. Dovremmo …
-Ma certo, oca giuliva!- si gira e mi guarda come fossi scema – Secondo te perché ho accettato di dar retta a te e alla capra bollita? Ben per Bill, no?
-Per un bellissimo momento, avevo sperato che fosse anche perché finalmente avevi compreso la mia arte … - commento ironica, beccandomi un phon in testa.
-La tua non è arte, Chess, è deficienza congenita. E Tom ti può dar la mano. Comunque, sì, certo, hai visto benissimo che anche la Fatina sta cominciando a cedere e noi dobbiamo approfittarne. Mi raccomando, poi – mi guarda fisso, prima di uscire dal bagno ancheggiando vagamente – Vestiti in maniera sgargiante come tuo solito. Dobbiamo dargli alla testa come una droga.
E chissà perché, qualcosa mi dice che non ce la faremo mai.
 
Io e Tom siamo seduti sul divano bianco a leggere insieme una rivista di cinematografia, cercando di ignorare Alexandria che misura a grandi passi il salotto dopo aver rovistato tutta la discografia di casa Kaulitz, e di ignorare pure Georg che dà manforte alla Coinquilina Hannibal, senza contare Gustav che si è paciosamente addormentato sulla poltrona. Quant’è che aspettiamo che Bill sia pronto? Un’ora? Un’ora e mezza? Due ore?
-Ma è affogato nel cesso o cosa? Io ho fame!- sbotta Alex, dando un pugno sul muro. – Tom, non puoi andare a chiamarlo?
-Scusa, Alex, ma non voglio morire così male.- risponde serafico il fratellone – Se vuoi andarci tu, prego, terza porta a sinistra.
-Eh, mi pare un’ottima idea!- trilla Georg – Ragazze, non potete andare voi a chiamarlo? C’è la speranza che non vi tiri dietro un forcone rosa con i brillantini, dopo quello che è successo stamane sono fiducioso per voi!
Beh, considerando che sì, oggi nonostante tutto quello che gli abbiamo fatto non ci ha nemmeno lanciato una maledizione in antico persiano e che avremmo la possibilità mica da ridere di entrare in camera sua …
-Dai, Alex, sto morendo di fame! Andiamo a recuperare la Delfina!
 E senza tanti complimenti, barcollando sui tacchi esagerati dei miei soliti stivali verde acido, la acchiappo e, prima che possa ribattere, la trascino verso lo scalone principesco
-Dico, ma sei scema?!- sibila, mentre saliamo le scale dirette verso la fantomatica terza porta a sinistra – Che cazzo ti viene in mente quando hai fame?!
-E dai, ti ho detto mille volte che se vogliamo Bill delendo est, allora dobbiamo buttarci a fare cazzate simili, tipo questa!- sbotto, sorridendo allegramente.
Me ne frego se alza gli occhi al cielo e mi manda a fanculo tra i denti e la trascino verso la porta bianca da dove provengono delle strilla disperate e degli insulti a una “spazzola che non vuole spazzolare come io comando!”
-Ehm, Bill …? Tutto bene?- chiedo, poggiandomi alla porta. E rotolando miseramente per terra come un sacco di patate nel momento in cui Bill la spalanca urlando isterico e calpestandomi tranquillamente.
-No che non va tutto bene! Sta stronza di una spazzola non sta facendo il suo lavoro! Detrazione dello stipendio! Corte marziale! Vendetta efferata e trasversale! Primogeniti sacrificati! Maledetti bastardi dell’Illinois!
A parte la citazione da Blues Brothers che apprezzo particolarmente, vengo calpestata e tirata su con brutalità dalla mia migliore amica e sbattuta di conseguenza in una camera da letto che dire imperiale è dire poco, con un meraviglioso letto a baldacchino decorato da stucchi bianchi e tende rosa confetto che coprono una meravigliosa trapunta rosa antico con enormi cuscini rosa polvere e adorabili orsacchiotti fucsia e rosa shocking. Il mio paradiso, in poche parole.
-Oh ma che è sta merda?- se ne esce Alex, guardando scioccata la toelette bianca e rosa con gli angioletti rosa geranio che farebbe impazzire tutti.
-E’ il paradiso terrestre … - pigolo io, guardando ammirata l’enorme lampadario rococò rosa pompelmo che sovrasta la camera.
-E’ la mia … sigh … la mia stanza!- piagnucola teatralmente Bill, seduto sull’adorabile sgabello bianco col cuscino rosa pallido a inserti dorati – Ma io … io sono sigh … orribile pettinato così!
Lo guardiamo. Ci guardiamo. Lo guardiamo. E scoppiamo a ridere come due sceme.
-Orribile?! Ma se sei la cosa più bella che si sia mai vista al mondo!- esclamiamo in coro perfetto, fregandocene altamente di sembrare sdolcinate. Io non so dove si veda in disordine, vestito tutto di nero e argento nel modo più sexy e puttanesco possibile e immaginabile, truccato così tanto da essere un pagliaccio e con quei capelli corvini e bianchi lisciati che manco gli spaghetti alla bottarga di Alexandria.
-Dite davvero o lo fate solo perché … sigh … perché avete fame e volete andare a mangiare?- ci guarda con una faccina sperduta.
-Beh, principalmente perché abbiamo fame, ma poi anche perché è vero!- dico io, beccandomi il solito ceffone che incasso in silenzio.
-Forse Chess non ha tutti i torti.- dice Alex, cominciando ad avvicinarsi a lui con una luce maniaca negli occhi che non mi piace, e trascinandomi con lei, io, con la faccia da patata irlandese con zero sensualità – Ma sei davvero, davvero, perfetto …
E lo baciamo di nuovo. Forse un po’ più impacciate, forse un po’ meno alla sprovvista, ma lo baciamo di nuovo, e, sogno dei sogni, apocalisse della apocalissi, la nostra Delfina ricambia il bacio (perché sì, tu, bellissima Delfina, salva la triste Ippolita dalla sua depressione; amala come non ami nemmeno te stessa, tra le coltri leggiadre di un letto bagnato dalla vostra impurità, voi, che solo Dio può vedere e giudicare colpevoli, tu, nel letto di un uomo che non ami a fare tua la fanciulla che ti ha rapito il cuore. Ama la dolce Ippolita, sublime Delfina. Falla tua, davanti a dio e alla società blasfema di una Parigi soffocata dalle impurità). Ci baciamo in  tre, che poi fa pure ridere, ad assaporarci a vicenda le bocche che si divorano come se si conoscessero dalla notte dei tempi, come fossimo una creatura come l’Idra di Lerna, stessa cosa separata e ora finalmente riunita, mentre barcolliamo sul bellissimo letto tutto rosa e ci cadiamo sopra con una finezza unica. Cioè, Bill è fine pure mentre cade sulle coltri e ci infila le mani nei capelli, noi sembriamo due troglodite mentre inciampiamo miseramente su di lui, lo pressiamo come una sardina in scatola e cominciamo a slacciargli la camicia e a baciargli il collo da cigno ma tant’è. Bill striscia verso la testata del letto, e apre le gambe, mentre noi due gli ciondoliamo in braccio e lo fissiamo, occhi neri, marroni e violetti.
-Baciatevi. Per me.- sussurra lui, stringendoci le nuche e facendo cozzare le nostre bocche in un bacio che non è nulla di nuovo, perché io e Alex siamo talmente unite da non avere il minimo problema, o inibizione, a baciarci tranquillamente sotto gli occhioni truccatissimi del nostro fantomatico cantante, prima di scambiarci un’occhiata e cominciare una a baciargli il collo, l’altra a slacciargli la camicia e baciargli lo sterno di conseguenza, sentendo le sue mani lunghe, pallide e flessuose, slacciarci i vestiti e infilarsi sulle nostre pelli, quella di Alex, così pallida e grigiastra e la mia, così lentigginosa, e accarezzarci, toccarci, studiarci. E graffiarci con quelle cazzo di unghie da arpia smaltate di nero e bianco zebrate. È una cosa vagamente saffica, e vagamente perversa, ma è troppo, dannatamente, da film.
-Cosa vuoi che facciamo?- chiediamo io e Alexandria, guardandolo negli occhi e sentendo le sue mani toccarci le pance e stringere la mia ciccia tra le unghie.
-Gloucester, devi buttare giù un po’ di ciccia, lo sai? E tu, Alexandria, dovresti mettere su un po’ di peso, sei ossuta!- Bill ci guarda scuotendo la testa, con aria perfettamente nauseata. E vagamente eccitata e sconcertata quando io comincio a slacciargli i jeans e Alex comincia a spogliarsi completamente del vestito borchiato.
-Ma porca miseria Bill, metterti dei jeans che non siano pelle?- sbuffo io, dando uno strattone troppo forte a sti dannati fuseaux di pelle nera.
-E te metterti dei vestiti umani, Doncaster?- abbaia lui, strappandomi di conseguenza il top azzurro di paillettes.
-E voi due piantarla di scartavetrare i coglioni anche quando si scopa?!- ruggisce Alex, sbattendo il seno in faccia a Bill – Siete impossibili!
-Anche te sei impossibile, drogata di acidità!- ribattiamo noi due, mentre lui comincia a baciarle il davanzale e a levarle il reggiseno e mentre io glielo prendo in bocca senza troppi complimenti.
Wow. Ce l’abbiamo fatta. Stiamo scopando con il nostro sogno. Un punto alla premiata ditta Spiegelmann-Herder, forse questa guerra abbiamo ancora qualche possibilità di vincerla, dopo tutto. Forse proprio schifo non lo facciamo visto che io e la mia collega ci siamo appena scambiate di ruolo e il nostro soggetto si sta dando parecchio da fare a non lasciarci andare, ma anzi, sta guardando piuttosto allegramente me e Alex che ci sbaciucchiamo e ci si sta mettendo pure lui in un intrico di corpi che si baciano, si leccano, si toccano e parlottano inframmezzando il tutto con insulti e gemiti mischiati.
Ora, dico, sarebbe perfetto. Quella scena che se fosse un film fatto bene ora dovrebbe prevedere lui che comincia a scoparsi seriamente una delle due mentre si limona l’altra per poi farle scambiare. O dove le due scopano e lo massacrano, certo. Ma ho detto, se fosse un film fatto bene. Perché proprio nel momento in cui io e Alex gli tiriamo via i boxer e ci leviamo a nostra volta gli slip, si sente la voce di Tom dall’altra parte della porta e due pugni su di essa
-Ehi, ragazze, ci siete tutte e tre? No perché … si sono appena presentati alla porta  due ragazzi e cinque ragazze che sostengono di essere i fratelli di Chess …
Perché questo, ve l’ho detto, è il film surreale che nessuno vorrà mai vedere se non nel piccolo cinema sperduto in un villaggio svedese.
   
 
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