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Autore: Scarlet Jaeger    30/03/2017    3 recensioni
Dal capitolo 18:
"«Eh sì, io ti conosco bene…angelo sul volto, demone nel cuore!» sorrise, anche se una nuova consapevolezza e una nuova idea iniziò a farsi spazio nel cuore del colpito. Forse fu la disperazione del momento a muovere Kanon. La disperazione fa fare alla gente cose assurde…"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Nuovo Personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4
 
Risoluto a portare a termine quella missione, Camus raggiunse Hyoga nel posto dove riposava sua madre. Sapeva che l’allievo si sarebbe trovato in quel luogo, pronto a dare di nuovo l’ultimo saluto alla donna che riposava nel profondo di quei gelidi abissi, in cui lui stesso la fece sprofondare ai fini di spronare il ragazzo alla battaglia. In quel tempo la sua fede era accecata da Saga, che non sapeva essere sotto mentite spoglie del Grande Sacerdote e quell’inezia fu la sua prima condanna agli inferi. Se ripensava a quei giorni si sentiva completamente diverso, ma dopo tutti quegli anni adesso doveva di nuovo tornare a fare i conti con i ricordi di quell’uomo. Sarebbe dovuto tornare ancora più indietro della battaglia delle dodici case e della Guerra Sacra. Si stava apprestando a ridurre la distanza con un passato ancora più remoto di quanto ci tenesse ad ammettere. Il lungo apprendistato a Saint, come tutti gli anni di servizio al Tempio vestendo le sacre vestigia dell’Acquario, avevano fortificato il suo cuore ed avevano fatto sì che null’altro potesse scalfirlo, nemmeno il gelido e regale comportamento che aveva col prossimo.
Eppure…
« Siete già di ritorno! » L’esclamazione del Cigno lo riportò alla realtà, bloccando il flusso dei suoi pensieri. In parte gliene fu grato. Non poteva certo continuare a farsi scudo con ricordi e vecchie domande. Atena contava su di lui per la conclusione di quella missione per un motivo che lui conosceva bene.
Annuì con la testa in segno affermativo, arrestando i passi a poca distanza da lui.
Il biondo aveva indosso una pelliccia spessa a coprirgli ogni centimetro del suo corpo, ma notò sul suo viso le gocce d’acqua che scivolavano dalla frangia fradicia.
Era sceso nelle profondità degli abissi e la voragine accanto a lui ne era la prova. Eppure lui se ne stava in piedi come se avesse fatto la cosa più semplice del mondo. A volte si meravigliava di quel ragazzo e, nonostante fosse stato lui stesso il suo mentore, doveva ammettere che di cose da imparare da lui erano ancora molte.
« Sono pronto a seguirlo allora. » Gli sorrise impercettibilmente, lasciando che la Bronze Cloth del Cigno prendesse posizione sulle sue membra.
Camus dal canto suo gli rispose alzando lievemente gli angoli della bocca, poggiando il Pandora Box a terra e vestendo anch’egli la sacra Gold Cloth.
Erano pronti a portare a termine quella missione.
Da lontano, Ecate si godeva la scena.
 
****
 
Raggiunsero in un tempo incredibilmente breve il Cosmo della ragazza, nonostante cercasse di tenerlo oscurato. Ricordava gli anni di addestramento e, nonostante non l’avessero portata a guadagnarsi la lucente Cloth adesso propria al Saint dell’Acquario, ricordava le parole del loro maestro.
Imparate a nascondere la vostra forza al prossimo. Fate che sia sempre una sorpresa.” E negli anni a seguire le era risultato anche semplice, ma non in quell’ultimo giorno. Non dopo la conversazione con la dea della magia. Era terribilmente inquieta dopo quell’incontro ed ancora vagava tra i ghiacci, con la mente lontana da quelle terre ed i pugni ben serrati.
Si era “esiliata” in quella distesa di ghiaccio per pensare, per liberare la mente dai pensieri e tenere il corpo allenato. Attorno a lei c’erano i segni dei suoi pugni, così come sulle sue nocche. Il sangue colava dalle piccole abrasioni che si era auto inferta coi suoi colpi e macchiava l’immacolato azzurro del pavimento ed il consono mantello che usava contro il freddo. Ma a lei non importava. Avrebbe potuto controllare ogni singola parte del suo corpo e colpire i suoi bersagli con quanta più forza avesse in corpo uscendone illesa ma non se ne curava. Sembrava come se quei tagli fossero una sua silenziosa punizione. Non una parola usciva dalla sua mascella serrata, se non grida di rabbia contro qualcuno probabilmente senza un volto preciso. Ce l’aveva con Ecate, con Camus, col suo maestro…ma soprattutto con sé stessa.
L’ultimo colpo lo sferrò dritto di fronte a lei, decapitando un cumulo di ghiaccio alto almeno 3 metri e mentre osservava i pezzi di ghiaccio disintegrarsi sul pavimento vide due distinte figure avvicinarsi.
Sì drizzò in attesa, cercando di regolarizzare il respiro corto e riordinare i pensieri. Nessuno sarebbe dovuto giungere in quelle terre, nessuno conosceva quel luogo a parte…
Man mano che i due si avvicinavano ed i tratti somatici le erano via via più chiari, scopriva di più i denti in un’espressione a dir poco furiosa, fino a che non furono faccia a faccia a qualche metro di distanza.
Nessuno dei tre osò proferire parola. Si presero il tempo necessario per scrutarsi a vicenda, come se tutti quegli anni trascorsi non fossero effettivamente passati; come se fossero di nuovo due reclute, l’uno di fronte all’altra nella sacra lotta alla conquista della Gold Cloth dell’Acquario, la stessa che adesso troneggiava sul corpo del Saint.
Ippolita fece una smorfia nell’osservarla, storcendo la bocca in un sorrisetto di scherno. Si perse ad osservarne il pregiato oro immacolato che, nonostante le innumerevoli battaglie, ancora possedeva la sua lucentezza ed il suo fervore. Osservò il mantello bianco svolazzare sotto la brezza gelida del luogo, trasportando in essa vecchi dissapori, finendo poi ad osservare l’espressione pacata nel volto del Saint.
Ricordava gli occhi blu di Camus, ma non che fossero così profondi e taglienti.
Quella consapevolezza la face reagire di conseguenza, neanche degnando Hyoga di uno sguardo.
« Ma guarda che visita di cortesia. A cosa devo l’onore? » Fu la prima a prendere parola, facendosi sarcastica e portando le braccia sui fianchi.
« Anche per me è un piacere rivederti… » Soffiò apatico l’Acquario, non prendendosi neanche la briga di cambiare espressione e facendo saltare i nervi alla ragazza.
« Per me non è un piacere. Ma non è una coincidenza la vostra presenza qua… » Spostò lo sguardo curioso verso il Cigno, che la squadrò di rimando con altrettanta curiosità.
« In effetti non c’è nessun piacere per noi nell’essere qua, a parte assecondare i voleri della divina Atena. » Azzardò un passo avanti sul ghiaccio, lasciando la ragazza sospettosa.
« Buffo come abbia mandato proprio te… » Iniziò impettendosi, portando le braccia congiunte al petto.
« Conosciamo queste terre quasi come noi stessi. » Parlò Camus al plurale, dettaglio che ricordò alla ragazza di guardare meglio la persona affianco al suo ex compagno d’armi.
Si prese qualche secondo di silenzio per osservarlo nei minimi dettagli. Osservò dapprima la lucente armatura di bronzo del cigno, finendo poi a scrutare l’espressione pacata del viso, dove i profondi occhi color del ghiaccio sembravano volessero perforarla.
« Saresti così gentile da presentarci? » Continuò con voce sarcastica, riportando l’attenzione al più grande.
« Sono Hyoga, Bronze Saint del Cigno, suo allievo. » Disse però il biondo senza aspettare di essere introdotto nel discorso. La sua cavalleria non glielo avrebbe permesso.
Alle sue parole però, Ippolita si esibì in un’espressione di falsa meraviglia.
« Allievo! » Esclamò ridendo, facendo saltare i nervi ai due. Soprattutto a Camus, che nella sua regale pacatezza però non lo dette troppo a vedere. « Hai fatto carriera, me ne compiaccio! » Concluse assottigliando lo sguardo, ma prima che potesse aprire bocca di nuovo, l’Acquario la precedette.
« Potrei dire molto della mia lunga e fiorente carriera come Gold Saint del Tempio. Questa Cloth mi ha riserbato molte soddisfazioni, seppur a caro prezzo. » Tagliente e diretto come era solito essere, le parole del ragazzo colpirono l’orgoglio di Ippolita come una lama ben affilata, facendole storcere per un breve momento la bocca.
Fu abile a non cadere nella sua trappola, nonostante Camus sapeva di aver centrato un nervo scoperto. In genere non era mai così subdolo, quel ruolo lo lasciava a persone del calibro di Death Mask, ma in quella situazione non riusciva a tenere alta la sua fierezza. Non con lei, che con il suo sarcasmo diretto non aveva nulla da invidiare al Cancro dorato.
« Beh, risparmio alle mie orecchie il fastidio di ascoltarla. In ogni caso, gradirei sapere il vero motivo per il quale siete qua. »
Si fece tutta orecchie, riprendendo posizione con le braccia conserte in attesa di sentire finalmente la verità.
Non poté non dirsi meravigliata, o spiazzata di trovarsi di fronte l’uomo che era diventato, a buttarle addosso ciò che aveva cercato di dimenticare per anni. Se avesse avuto un po’ meno orgoglio, avrebbe potuto raggiungere il Tempio comunque ed a quest’ora sarebbe stata una Sacerdotessa. Avrebbe difeso il Santuario come la guerriera che aveva sempre cercato di essere e forse avrebbe messo pace al suo animo inquieto. Invece era rimasta “bloccata” in quei luoghi, come se la sua vita fosse stata messa in loop e solo in quel momento qualcuno avesse pigiato di nuovo il tasto play.
« Dobbiamo condurti al Tempio. » Disse semplicemente Camus, sintetico come il suo solito.
Ippolita dal canto suo rimase disorientata da tale confessione ed abbassò le braccia in segno di difesa, come se da un momento all’altro i due potessero condurcela di peso.
« Dovere è una parola forte dal momento che non ho intenzione di obbedire. » Rispose solamente, cercando di mantenere un tono quieto ed i sensi all’erta.
« Questi sono i voleri di Atena ed un semplice uomo non può sottrarsene. » Continuò lui con il suo tipico tono gelido che la mandò su tutte le furie.
« Non sono un Saint! Mi sembra che il mio destino si sia compiuto anni or sono, dunque la nostra conversazione finisce qua! » Concluse lei, accennando un passo a ritroso per poter riuscire a sottrarsi a quella conversazione oramai per lei senza senso.
Serrò la mascella e ripensò alle parole di Ecate il giorno prima. Anche quella dea cercava di imporle il suo volere, convincendola a prendere una decisione per lei assurda. Quindi cosa c’era di diverso in quelli della dea della giustizia? Perché i voleri di Saori sarebbero dovuti essere diversi?
« Anni or sono si è concluso il tuo volere, ben diverso dal tuo destino. »
Quelle semplici parole riuscirono a spazzare via ogni pensiero dalla sua mente. Portò di nuovo gli occhi su Camus, che la stava osservando imperturbabile ed in attesa che lei potesse controbattere. Ma a cosa sarebbe servito? Lei sapeva quanto quelle parole fossero vere, ma sentirle dal tono freddo della sua voce prendevano tutto un altro aspetto.
Mandò giù un groppo di amaro di saliva, cercando di riordinare le idee e lasciare che il suo cuore riprendesse a battere a ritmo normale.
Fu in quel momento che la voce di Ecate risuonò forte e chiara nella sua mente, come se fosse veramente all’interno del suo cervello.
Torna alle tue origini, ricorda da dove vieni.”
Quella semplice frase bastò a farle accapponare la pelle, tanto da indurla a prendere una decisione di cui, probabilmente, si sarebbe pentita da lì a breve. Non avrebbe lasciato che una dea manipolatrice come Ecate giocasse con la sua vita, non quando ci aveva giocato abbastanza lei stessa. Aveva commesso degli errori in passato e per una qualche ragione divina le stavano servendo su un piatto d’argento una seconda occasione.
Sospirò allentando la tensione sui suoi muscoli, sentendo la pesantezza di quella giornata sulle spalle. La luce stava scemando ed il sole aveva già iniziato a tramontare, lasciando che i bagliori arancioni dei suoi raggi giocassero sulle lastre di ghiaccio, mostrando ben distintamente le loro ombre. Le armature di Camus e Hyoga brillavano in tutta la loro magnificenza in quegli attimi, più di quanto avrebbe voluto ammettere. Erano così regali e perfetti che sentì salirle al petto un moto di stizza ed invidia.
Eppure, nonostante il flusso dei pensieri contrastanti tra loro, avanzò qualche passo fino a trovarsi all’altezza delle loro spalle. Da quella posizione riusciva ad intravedere la strada di ritorno al villaggio, che osservò mestamente prima di proferire le parole che mai avrebbe pensato di poter dire.
« Seguitemi. Partiremo all’alba. » E senza aspettare una qualche risposta da parte dei Saint, che meravigliati da quel repentino cambiamento di idea si scambiarono solo una breve occhiata d’intesa, iniziò a precederli.
La strada a ritroso fu più che mai silenziosa. Ippolita dava loro le spalle, camminando risoluta e con andatura spedita verso la sua dimora, mentre i due la osservavano semplicemente camminare di fronte a loro.
Camus ogni tanto gettava curiose occhiate alle spalle della ragazza, ancora non tanto convinto dal suo comportamento fin troppo consenziente. In più si prese il tempo che gli servì per studiarla. Certo non era più la ragazzina di tredici anni che aveva visto per l’ultima volta in quelle terre, con il corpo tonico ma non ancora del tutto sviluppato. Negli anni si era fatta più alta ed ogni curva del suo corpo, che rimandava senza ombra di dubbio alle sue origini, era nascosta dal pesante mantello di pelliccia. Non si preoccupava di essere femminile e lo dimostravano i mossi capelli castani, in quel momento domati dalla treccia che sbucava fuori dal cappuccio, come qualche ciuffo della frangia che cercava di raggiungerle gli occhi verdi. Dovette ammettere che, nonostante il ricordo che aveva di lei ed i vari sentimenti contrastanti che aveva provato nel trovarsela di nuovo di fronte, quella ragazza era un vero mistero.
Quando arrivarono davanti all’umile dimora dove lei passava le sue notti, prima di aprire la porta verso il caldo interno, Ippolita si voltò perentoriamente verso i due, distogliendoli dai loro pensieri.
Fu in quel momento che Camus notò un particolare nel volto di lei, che prima non aveva notato per colpa della distanza tenuta da entrambi. Il roseo colore del labbro superiore della ragazza era interrotto da una piccola cicatrice pallida, che lui non poté non riconoscere. Era stato proprio lui a procurargliela nel loro ultimo scontro, con il colpo sferratole dopo che lei aveva inspiegabilmente bloccato il suo. Era grazie a quel colpo se poteva bearsi del titolo di Saint ed immaginò la rabbia della ragazza a dover fare i conti con quella consapevolezza tutti i giorni.
Ed ancora era lì a chiedersi il perché.
Buffo però come la sua mente tornasse a pensarci così intensamente, dopo che aveva cercato più e più volte di sopprimere quei ricordi, come l’inspiegabile senso di colpa che lo aveva accompagnato. Ma non era forse prerogativa dei Saint quello di chiudere il proprio cuore?
Anche se non era del tutto riuscito a chiudere tutti i ricordi nei recessi della sua mente, il destino lo aveva scelto come legittimo custode di quel sacro oro, guardiano dell’undicesima casa a difesa del Tempio, e se il fato aveva scelto lui ci doveva essere un motivo. Non avrebbe mai e poi mai lasciato che la vicinanza di quella donna potesse ancora far vacillare il suo animo, nonostante le tante domande.
Ippolita dal canto suo aveva notato il particolare interesse del suo ex compagno d’armi al suo labbro superiore ed in una morsa di stizza aveva serrato i pugni. Quella cicatrice era la sua eterna “vergogna”. Era sul suo volto da quel giorno a buttarle in faccia la cocente verità: il motivo per cui ad indossare la Cloth dell’Acquario era l’uomo glaciale di fronte a sé.
Alzò gli occhi in quelli penetranti di lui, osservandoli di nuovo così da vicino. Non si era resa conto di quanto fosse cambiato. Di come l’espressione del ragazzino che ricordava avesse lasciato spazio a lineamenti più maturi, dei capelli nettamente più lunghi e lo sguardo di un uomo in eterna lotta con sé stesso.
Fu in quel momento, ad osservare l’oceanico colore di quegli occhi che il suo cuore tradì ciò che si era sempre prefissata di reprimere. Iniziò a battere così forte che maledisse dapprima sé stessa per aver acconsentito di seguirlo e maledisse Atena per quel brutto tiro mancino nel volerla al Tempio a tutti i costi.
E come dimenticare di quella simpaticona di Ecate, che sembrava conoscerla più di quanto le costasse ammettere?
Prima di aprire bocca e porta, una domanda giunse spontanea nella sua mente.
Il passato è veramente tale o no?”
Non riusciva più a capirlo, a sentire le certezze ed i muri che si era costruita attorno in tutti quegli anni bui.
Di una cosa era assolutamente certa e cioè che odiava Camus come non aveva mai odiato nessuno uomo al mondo.
Fine capitolo 4



Angolo autrice:
Ben trovati cari lettori :3 Eccoci alla conclusione di questo quarto capitolo. Spero che questo incontro tra i due “rivali” vi sia piaciuto o, per lo meno, che non abbia deluso le vostre aspettative! Mi farebbe molto piacere sapere i vostri pareri, inoltre mi aiuterebbero a migliorarmi :3
Beh, inutile dire che i guai sono appena cominciati ehehe
Vado subito al punto e ringrazio le persone che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate, ma soprattutto ad Olivier_Rei per le recensioni <3
Un bacione
Al prossimo aggiornamento!
  
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