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Autore: baby80    01/04/2017    15 recensioni
Ho voluto immaginare un epilogo differente della puntata "accusa di tradimento". Cosa sarebbe successo se...
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un rumoreggiare lontano mi conduce alla realtà con una sveltezza disarmante, lasciandomi stordita e quasi senza fiato.
Fisso lo sguardo in un punto indefinito davanti a me, so d'avere gli occhi aperti ma è come se fossi divenuta cieca, perché la mente è incantata nel ricordo che da poco ho abbandonato.
Priva della vista ma non dell'udito odo il vociare delle persone che stanno vivendo al di fuori di questa casa e mi domando che ora del giorno possa mai essere, primo mattino o tardo pomeriggio? Poi qualcosa attira la mia attenzione, appagando senza ch'io l'abbia chiesto la curiosità di un istante prima. Dischiudo le labbra e volgo il capo incontro a quel suono, in un movimento quasi impercettibile che mi consente, però, di origliare la vita che c'è al di fuori di queste luride mura e che mi si presenta sotto forma di urla d'ogni genere, dalle oscenità dei pescivendoli, a quelle più delicate delle venditrici di fiori e dal vocio sommesso dei bambini che, mi pare, si stiano offrendo per chissà quale servigio.
Immagino quindi che queste altro non siano che solo le prime ore del giorno e che mi trovi, quasi con certezza, in prossimità d'un luogo di scambio, un mercato, in un quartiere di Parigi, dio solo sa quale, tra i tanti sorti negli ultimi tempi, ma non voglio soffermarmi su questo, non ora.
Mi sollevo dalla seduta con fin troppa forza da spingere la poltrona all'indietro, producendo un rumore irritante, mai quanto la sensazione che provano i miei piedi nudi a contatto con il pavimento, d'un legno grezzo e sporco da far accapponare la pelle.

“Stai bene Oscar?”
mi domanda André con un velo d'apprensione, spaventandomi a morte. Neppure rammentavo la sua presenza qui, strano, perché la sua figura è ad un soffio dalla mia.
Poggia la mano sulla mia spalla per indurmi a parlare ed io perpetuo il mio mutismo, e lui la propria verbosità, pronunciando per l'ennesima volta il mio nome.
Si sto bene André, dammi solo un istante per riordinare i pensieri, credo di aver bevuto come mai prima d'ora, durante la notte appena trascorsa, dammi un momento, te ne prego.
Innalzo il viso verso il suo, muovendo la teste su e giù un paio di volte, un segno per rassicurare la sua apprensione e mettere fine ad un interrogatorio che non ho intenzione di subire e lui pare rasserenarsi un poco, quel tanto da cancellare il contatto della sua mano e liberarmi da quella costrizione.
Mi lascio cadere sulla poltrona, ancora, soffiando fuori il respiro mentre adagio le braccia sulle gambe.

“Dove siamo?”
mormoro, seguendo con gli occhi la corsa di un piccolo scarafaggio nero, tra i pannelli di legno del pavimento.

“Siamo a Les Halles, non te lo ricordi Oscar?”
mi rispondi con l'ovvio in ogni sfumatura della voce, mentre ti sento camminare per la stanza, e nonostante non ti stia guardando comprendo i tuoi movimenti dallo scricchiolio degli scuri delle finestre che si aprono, facendo penetrare nella stanza ciò che avevo udito un attimo fa, insieme ad un olezzo nauseante, una mescolanza di profumi e odori che hanno sviluppato una fragranza mortale.
Il terrore mi si infilza nello stomaco e prego che tu non mi abbia portata dove credo potremmo essere. No André, non qui.
Il ticchettio dei tuoi stivali si fa sempre più prossimo, fino a quando anche la presenza fisica si palesa con l'immagine del tuo passo sollevato, poco prima di spingersi al suolo ed arrestare il cammino dell'insetto, poco distante dal mio piede destro.

“Dannati scarafaggi! Nelle camerate della caserma non facciamo che lottare contro pulci e pidocchi ed ora anche questo! Non ne posso più, davvero!”
si lamenta André, strisciando la scarpa sul tavolato nel tentativo di liberarsi dei resti della blatta.
Sollevo le gambe verso la seduta del sofà poggiando i piedi sul cuscino e lascio che la postura si porti verso il bordo, così da consentire alla schiena di adagiarsi contro lo schienale e permettermi di reclinare la testa all'indietro, stancamente. Una nuova visione si presenta al cospetto delle mie iridi, sotto forma di un soffitto ingiallito e pregno d'umidità, impreziosito di tanto in tanto da qualche ragnatela.
Rifletto sulle informazioni avute da André e sugli indizi che sono emersi, come fossero funghi, dall'ambiente circostante, e non mi rimane che giungere ad una evidente conclusione riguardante la zona che ci ospita.

“Ci troviamo nei dintorni del Mercato degli Innocenti, non è vero?”
ti chiedo, anche se conosco di già la risposta. Dove altro potrebbe esserci un tale puzzo di morte, fango ed un ventaglio così differente di individui?
E questo fastidioso rumore di morte, lo senti anche tu André? Non molto distante da qui mi sembra di udire i versi degli animali più disparati; galline, cavalli, asini e maiali. Il grugnito d'un maiale mi sta togliendo la ragione, non si può nemmeno definire un verso, no, è un lamento, un grido disperato.
Serro gli occhi sperando di cacciare dalle mie orecchie quello che da grido è mutato in un urlo soffocato, quasi gutturale, che troverà il proprio epilogo in una sola spiegazione: il povero animale è alla mercé di uno dei tanti macellai della zona e quello straziante suono altro non è che il suo ultimo istante di vita, mentre, dopo essere stato sgozzato, tenta di implorare pietà.  
Assistetti ad una scena analoga durante una vacanza estiva ad Arras, io ed André eravamo soliti perlustrare i luoghi sconosciuti della zona, che erano anche quelli a noi proibiti, e ci imbattemmo in un piccolo villaggio di contadini, molto caratteristico. Ci intrufolammo in una stalla con la speranza di trovarvi dei conigli ma ciò che ci si parò dinnanzi nulla aveva a che vedere con la delicatezza che poteva regalarci il soffice manto d'un coniglio, vi trovammo invece un grosso maiale tenuto fermo da quattro uomini, ed un altro, il quinto, gli stava di fronte con un coltello stretto nella mano destra. Non avemmo il tempo di fare alcunché, che fosse scappare o gridare il nostro sgomento, perché tutto avvenne in un battito di ciglia: l'uomo che impugnava l'arma tra le mani, con un movimento rapido, conficcò la lama nella gola dell'animale, incidendola fin dentro la carne, e quando la estrasse con essa venne fuori un fiume di sangue e da quello stesso punto anche il grido soffocato e vischioso del povero maiale.
André ed io scappammo appena riuscimmo a rinsavire e corremmo come folli senza quasi trarre respiro, ma continuavamo ad udire quel lamento, ancora e ancora, riuscimmo a farlo smettere solo tappandoci le orecchie con i palmi delle mani.
Quella scena mi colpì fin dentro l'anima ed ancora oggi è in grado di rivoltarmi lo stomaco.

“Si, Oscar. Non siamo molto distanti dal Mercato degli Innocenti e...”
confessi quasi con imbarazzo, lo sento dalla flessione che rende lievi le parole man mano che queste abbandonano la tua lingua ed ho quasi timore che perderai la voce una volta terminato il discorso, ma non ti do modo di proseguire. Mi alzo in piedi con decisione e con la medesima foga ti urto con l'intento di crearmi un varco per raggiungere la porta d'entrata.
Afferro la maniglia e compio l'esatto numero di passi che mi permette di imboccare il vicolo, incurante della ragionevolezza che, data la fanghiglia che mi sta insudiciando i piedi fin quasi alle caviglie, mi avrebbe ricordato di indossare un paio di scarpe. Osservo ogni dettaglio della via, le persone che mi cammina accanto, le insegne delle locande, i banchetti del mercato poco lontano dalla mia visuale, ma ciò che desidero sapere è dove ci troviamo con esattezza.

“Rue de la Lingerie...”
sussurro appena e comprendo d'essere finita nel pieno centro dell'inferno Parigino.
Siamo realmente qui? Nel sobborgo più disgraziato di Parigi, dove un tempo si ergeva il suo cimitero più grande?
Il cimitero, raso al suolo meno di un anno prima e rimpiazzato dall'ampliamento dei mercati, ha barattato la propria luttuosa sporcizia, fatta di liquami maleodoranti e brandelli di cadaveri, con un velo di fasullo splendore. Io stessa ho avuto per le mani i progetti di tal lavoro e fu chiaro fin dal principio che si sarebbe potuto scavare fin solo ad un certo livello, il che, per logica, spiega il motivo per cui fra queste strade aleggia il medesimo fetore d'un tempo.
Molti corpi sono ancora qui, sotto i nostri piedi, al di sotto dei rinnovati selciati.
Proprio lungo la Rue de Lingerie si ergeva uno dei muri che circondavano il camposanto, su cui vennero aggiunti in seguito degli ossari sovrastati dai charniers, degli archi che servivano a ripararli.
Mi soffermo un istante a riflettere sulla macabra ironia del caso che ci ha visti trovar rifugio, dopo essere scampati alla morte per mano di mio padre, in quella che era stata la tomba di Parigi per eccellenza.
Alla morte siamo fuggiti e nella morte ci ritroviamo. Memento mori (1), rammentava un antico affresco.
Un improvviso tremore mi solletica le braccia malgrado la calura estiva, colpa dei pensieri funesti che cerco di allontanare dalla mente, in fin dei conti sono viva, siamo vivi, ed è questo ciò che realmente ha importanza.
Ripercorro il tratto calpestato poc'anzi e li dove lo avevo lasciato vi ritrovo André, seduto sulla poltrona, a copiare la mia postura, perso anche lui in chissà quale preoccupazione. Lo intuisco dal capo abbandonato sui palmi e dalla presa delle dita tra le ciocche dei suoi capelli, che si fa più serrata di secondo in secondo.
Giungo a ridosso della seduta lasciando alle mie spalle impronte di sporcizia, delle quali non mi do pensiero, non sarà questa mia noncuranza a guastare la reputazione della casa. Blocco poi il cammino flettendo lievemente la mia figura di modo che possa trovarmi quasi allo stesso livello del volto di André e prima che l'intelletto possa farmi desistere poso la mano sul dorso della sua a testimonianza d'un affetto lontano. La conseguenza di questo mio gesto è una reazione che non avevo previsto, una debolezza che mi coglie impreparata quando dopo aver colpito la mia mano con un gesto iroso della sua, me lo ritrovo davanti, a pochi centimetri dal viso. Così vicino da percepire sulla mia bocca il calore del suo respiro.

“Non devi toccarmi Oscar.”
sputa veleno sotto mentite spoglie, quello che risponde al nome di André Grandier, ma che fatico a riconoscere.
Non devo toccarti? Per quale bizzarro motivo non dovrei farlo quando sei tu che non fai altro da quando mi sono destata in questa catapecchia? Ho intrecciato le mie dita alle tue qualche ora addietro, confermandoti che ti avrei seguito con piena fiducia e ora tu... tu mi stai dicendo, anzi me lo stai ordinando, di non toccarti.
Sono esausta ma non ho alcuna intenzione di vestire i panni della donnicciola sottomessa, perché poi mi stia paragonando ad una figura del genere non riesco a comprenderlo, sarà dipeso dalla mia decisione di seguire André, come una qualunque fanciulla seguirebbe un principe? Spazzo via questi sciocchi vaneggiamenti e sono di già pronta a sferrare il mio attacco.

“Cosa vorresti dire con...”
tento di proferire il mio disappunto, che rimane però in bilico tra la lingua e le labbra, arrestato sul nascere dalla mossa di André nell'istante in cui mi afferra per le braccia con una veemenza tale da farmi mancare un respiro.
E prima ch'io possa ribattere in qualche modo è lui ad esporre le condizioni della guerra.

“Pensavo d'essere stato sufficientemente chiaro questa notte. Sbagliavo, ma voglio essere buono e ripeterlo un'altra volta, ma bada bene che sarà l'ultima.  
Non devi toccarmi Oscar, a meno che non sia io a permetterlo.”
ascolto senza fiatare, con le labbra socchiuse e lo sguardo vacuo, mentre cerco con tutta me stessa di ritrovare il capo nel groviglio dei ricordi ma è l'ennesimo verso di un animale che ha il potere di dipanare la nebbia.
Il banale nitrito di un cavallo mi restituisce a Palazzo Jarjayes in un salto a ritroso nel tempo, tra le ombre più celate della mia anima, la dove con piena coscienza m'ero strappata di dosso il titolo nobiliare e tutte quelle definizioni che avevano fatto di me, fino ad allora, solo un nobile soldatino. Null'altro.  
Nel preciso istante in cui voltai le spalle a tutta la mia esistenza e scelsi di seguire André, trascurando ingenuamente ciò che quella mia scelta avrebbe comportato.



(1) memento mori (ricordati che devi morire) è un riferimento al significato di una antica raffigurazione, la Danza Macabra. Una delle più antiche raffigurazioni conosciute della "Danza macabra" è senza dubbio quella che venne realizzata, a Parigi, lungo una delle mura del vecchio Cimitero degli Innocenti, nel 1424.
  
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