Harry
Pov
Il
risveglio del mio primo giorno ad Hogwarts fu davvero illuminante.
Il
castello al mattino presto era ancora più magico del solito,
e grazie al
fatto che non ci fosse ancora nessuno sveglio ero riuscito ad
individuare il
settimo piano e la parete della Stanza delle Necessità quasi
al primo
tentativo.
La
Stanza mi fornì tutto ció di cui avevo bisogno, e
quando si fece l'ora
di andare a fare colazione in Sala Grande ebbi persino
l'opportunitá di farmi
una doccia veloce.
Ripetei
l'incanto del fascino per nascondere la cicatrice, presi la borsa
alla quale avevo applicato un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile
per
portarmi appresso i libri di tutte le materie e mi avviai, sicuro che a
quell'ora sarei stato l'unico della tavolata di Grifondoro ad essere
sveglio.
I
fatti mi diedero ragione, infatti oltre a me era presente solo un'altra
ragazza dai capelli rossi, seduta al tavolo dei Tassorosso.
Dopo
essermi chiesto quante persone in quella scuola avessero quel colore
di capelli, dal momento che ne avevo conosciute già quattro
(ed era più di
quante ne avessi mai incontrate prima), decisi di sedermi al tavolo con
lei.
Era
di spalle, quindi sobbalzó quando le diedi il buongiorno,
rovesciando
la tazza di tè che stava bevendo.
«Scusa,
non volevo spaventarti.» le dissi, rimediando al guaio che
avevo
causato con un rapido movimento di bacchetta.
«Mi
chiedevo se potevo sedermi accanto a te, dal momento che siamo gli
unici svegli a quest'ora.»
La
vidi guardarmi a bocca aperta per qualche secondo, e la sua espressione
fu talmente buffa che dovetti trattenermi dallo scoppiarle a ridere in
faccia.
Poi
si riscosse e mi fece segno di sedermi accanto a lei, arrossendo dopo
essersi resa conto della reazione che aveva avuto.
«Prego,
siediti pure. Mi chiamo Susan, Susan Bones, tu devi essere Harry Evans,
il nuovo arrivato, giusto?»
Feci
una breve risata, iniziando a servirmi delle leccornie che erano
comparse magicamente davanti a me.
«Mi
dichiaro colpevole. Immagino che dovró abituarmi a questo
appellativo
per un po'.»
La
vidi arrossire ancora, e pensai inconsciamente che fosse proprio carina
in imbarazzo.
«Come
mai giá alzata? Da quel che vedo ad Hogwarts non
è abitudine di
nessuno essere mattinieri.» commentai sorridendo, cercando di
prendere in mano
le redini della conversazione.
La
vidi esitare.
«Beh,
potrei farti la stessa domanda.»
«Touché.»
risposi sorridendo.
Non
avevo alcuna intenzione di rivelarle quello che facevo, e lei a quanto
pare era dello stesso avviso.
Davvero
interessante la ragazza.
Restammo
in silenzio per tutto il tempo finché la Sala Grande non
inizió a
popolarsi, e con l'arrivo dei professori mi alzai per andare a prendere
l'orario dalla mia capocasa.
«Erbologia
con i Tassorosso e Cura delle Creature Magiche con i
Serpeverde.
Due ore di Artimanzia nel pomeriggio.» mormorai sottovoce,
quindi salutai Susan e mi incamminai verso la Guferia per mandare una
lettera a
mio padre, dal momento che erano appena le sette e mezzo.
Ci
misi poco a trovarla, dopotutto bastava seguire i disegni base delle
costruzioni degli edifici del 993 d.c. per riuscire ad orientarsi, e
non
dovetti usare nemmeno l'incanto Quattro Punti.
Ci
misi poco a scriverla e il risultato mi lasció soddisfatto.
Ciao
pà,
Spero
che questa lettera non ti crei problemi nella tua missione.
Saró
breve, dal momento che fra poco devo andare a lezione.
Primo
giorno, Erbologia, Cura delle Creature Magiche e Artimanzia.
Speriamo
che dicano qualcosa che non so.
Ho
conosciuto molti ragazzi della mia etá, e per la maggior
parte hanno i
capelli rossi.
Mai
visti così tanti, sembra quasi che Hogwarts ne sia infestata.
La
Stanza delle Necessitá è fantastica a proposito.
Per
il resto tutto ok.
Ho
Alastor Moody come insegnante di Difesa, e quest'anno c'è
anche il
Torneo Tremaghi.
Divertente,
se non fosse che è riservato ai maggiorenni.
Spero
che la tua missione proceda bene, di qualunque cosa si tratti.
Con
affetto,
Tuo
figlio Harry
Ps.
Sono Grifondoro.
Lasciai
la missiva ad un gufo bruno della scuola e mi avviai verso le
serre.
Non
avevo mentito a mio padre, speravo davvero che a lezione gli insegnanti
dicessero qualcosa di cui io non ero a conoscenza.
Certamente
nella sua risposta alla mia lettera avrei avuto una ramanzina
circa la mia arroganza, ma come avevo previsto leggendo il piano di
studi di
ogni materia, le nozioni che avrebbero trattato quell'anno erano
davvero
elementari.
Alle
serre dovetti affrontare la strizzatura dei bubotuberi per la raccolta
del pus con la professoressa Sprite (Procedimento davvero schifoso che
avevo
giá affrontato a dieci anni), ma nel bosco mi ritrovai ad
entusiasmarmi davanti
ad un allevamento di Schiopodi Sparacoda appena usciti dall'uovo con il
mezzogigante Hagrid, o meglio professor Hagrid.
Era
la prima volta che allevavo degli Schiopodi in prima persona, anche se
conoscevo la teoria.
Di
solito mi ero sempre limitato ad ucciderli (in uno dei tanti
allenamenti
proposti da mio padre), ma la veritá era che li trovavo
davvero affascinanti,
nonostante gli altri li trovassero rivoltanti.
Francamente
preferivo quel tipo di lezione al disegnare asticelli.
Vedendo
che il professore non ne sapeva molto, mi fece piacere condividere
con lui quello che sapevo sull'alimentazione degli Schiopodi (sotto lo
sguardo
sbalordito di tutti), e lui ne fu talmente entusiasta da invitarmi per
un tè
non appena avessi avuto un pomeriggio libero.
Artimanzia,
nonostante lo scetticismo iniziale, fu davvero affascinante
spiegata dal professor Vector, perché si vedeva che amava
quella materia e
riusciva a coinvolgerti nei suoi discorsi senza problemi.
Fu
per di piú un ripasso, in realtá, ma mi piacque
notare come il
professore mettesse a disposizione anche i suoi tomi personali, colmi
di
nozioni extracurriculari che avrebbero sicuramente incrementato la mia
conoscenza della materia.
In
tutte queste ore di lezione mi ero tenuto quasi a distanza dagli altri
ragazzi, aggregandomi a loro solo quando me lo chiedevano.
Non
era per maleducazione o indifferenza nei loro confronti (dopotutto i
Grifondoro si erano dimostrati molto gentili e ospitali con me),
semplicemente
avevo altro per la testa durante quel primo giorno.
Artimanzia
con Hermione fu divertente peró.
La
riccia era una ragazza studiosa e si vedeva, ma si limitava ad imparare
senza apprezzare il fascino di ció che studiava.
Al
contrario delle mie aspettative, tuttavia, non era priva di senso
dell'humor, e fu divertente sentire i suoi aneddoti scolastici mentre
ci
riunivamo con gli altri suoi amici, Ron ed Elizabeth.
«Maledetta
vecchia pipistrella» disse Ron amaramente, mentre ci univamo
alla folla che scendeva le scale diretta alla Sala Grande.
«Ci
vorrà tutto il fine settimana, ci
vorrà...»
Da
quel che mi aveva detto Hermione, loro due avevano preferito seguire
Divinazione invece di Artimanzia.
«Tanti
compiti?» disse Hermione in tono vivace, raggiungendoli.
«Il
professor Vector a noi non ne ha dato nemmeno uno!»
«Be',
urrà per il professor Vector» disse Ron
imbronciato, e trattenni a
stento un sorrisetto.
Raggiungemmo
l'Ingresso, che era affollato di ragazzi in coda per la cena,
e ci eravamo appena messi in fila quando alle nostre spalle
risuonò una voce.
«Weasley!
Ehi, Weasley!»
Ci
voltammo tutti e vidi tre tizi di Serpeverde che parevano gongolare per
qualcosa.
Dalle
espressioni che vidi sui volti degli altri non mi sembrava fossero in
buoni rapporti.
«Cosa
c'è?» disse Ron asciutto.
«Tuo
padre è sul giornale, Weasley!» disse il biondino,
brandendo una copia
della Gazzetta del Profeta e parlando a voce molto alta,
cosí che lo sentissero
tutti nell'Ingresso gremito.
«Ascolta
un po'!»
ALTRI
ERRORI AL MINISTERO DELLA MAGIA
Pare
che i guai del Ministero della Magia non siano ancora finiti, scrive
Rita
Skeeter, inviato speciale. Recentemente sotto accusa per lo scarso
controllo
alla Coppa del Mondo di Quidditch, e ancora incapace di giustificare la
sparizione di una delle sue streghe, il Ministero è
sprofondato di nuovo
nell'imbarazzo ieri a opera di Arnold Weasley, dell'Ufficio per l'Uso
Improprio
dei Manufatti dei Babbani. Arnold Weasley, che due anni fa fu accusato
di
possesso di un'auto volante, ieri è stato coinvolto in una
zuffa con parecchi
protettori della legge babbani ('poliziotti') a causa di alcuni bidoni
della
spazzatura altamente aggressivi. Pare che il signor Weasley sia
intervenuto in
aiuto di Malocchio Moody, l'anziano ex Auror che è andato in
pensione dal
Ministero quando non è stato più in grado di
distinguere fra una stretta di
mano e un tentato omicidio. Com'era prevedibile, il signor Weasley,
all'arrivo
presso la casa strettamente sorvegliata del signor Moody, ha scoperto
che
quest'ultimo aveva ancora una volta dato un falso allarme. Il signor
Weasley è
stato costretto a modificare parecchie memorie prima di riuscire a
sfuggire ai
poliziotti, ma si è rifiutato di rispondere alle domande
della Gazzetta del
Profeta sul perché abbia coinvolto il Ministero in una scena
tanto indegna e
potenzialmente imbarazzante.
«Figuriamoci,
non sono nemmeno riusciti a dare il nome giusto, Weaasley: è
come se fosse una completa nullità, vero? E c'è
anche la foto!» disse Malfoy,
raddrizzando il giornale e reggendolo in alto. «Una foto dei
tuoi genitori a
casa loro, sempre che si possa chiamarla casa! Tua madre potrebbe anche
perdere
qualche chilo, no?»
Vidi
che Ron tremava di rabbia.
Gli
occhi di tutti erano puntati su di lui.
«Vai
al diavolo, Malfoy» disse Elizabeth. «Andiamo,
Ron...»
«Oh,
certo, sei stata da loro quest'estate, vero, Potter?»
sogghignò
Malfoy. «Allora dimmi, sua madre è davvero
così cicciona, o è solo la foto?»
«Hai
presente tua madre, Malfoy?» disse Elizabeth, che con
Hermione
tratteneva Ron per i vestiti, per impedirgli di scagliarsi su Malfoy.
Io
ero rimasto indietro, dal momento che non erano questioni che mi
riguardavano, ma per qualche ragione in quella situazione i miei sensi
si
allertarono.
Cercai
di capire cosa mi stesse sfuggendo, e nel frattempo prestai
più
attenzione a quello che stava accadendo davanti ai miei occhi.
«Quella
faccia che fa, come se avesse la cacca sotto il naso? Ce l'ha
sempre avuta o è solo perché era con
te?»
Il
volto pallido di Malfoy arrossì appena, ed io trattenni a
stento una
risata per l'ottima risposta.
«Non
osare insultare mia madre,Potter!».
«Tieni
la tua boccaccia chiusa, allora» disse Elizabeth, voltandosi.
Vidi
il biondino estrarre la bacchetta e lanciarle un incantesimo alle
spalle, e d'istinto evocai un Protego appena prima che un ruggito
echeggiò per
tutta la Sala d'Ingresso.
«OH
NO CHE NON LO FAI, RAGAZZO!»
Mi
voltai di scatto.
Alastor
Moody scendeva zoppicando la scalinata di marmo. Aveva estratto la
bacchetta e la puntava su un furetto di un bianco immacolato, che
tremava sul
pavimento di pietra, esattamente
nel
punto in cui prima c'era Malfoy.
Nell'Ingresso
calò un silenzio terrorizzato.
Nessuno
mosse un muscolo tranne Moody, che si voltò per guardarmi -
o
meglio, il suo occhio normale mi guardava, l'altro era rivolto verso
l'interno
della testa.
Sembrava
abbastanza compiaciuto.
«Bei
riflessi.» mi ringhió.
La
sua voce era bassa e rauca.
«Grazie,
Harry» mi disse invece Elizabeth, ed io le sorrisi
distogliendo
per un attimo lo sguardo dal professore.
«LASCIALO!»
gridò Moody.
«Lasciare...
che cosa?» chiese Ron, esterrefatto.
«Non
tu, lui!» ringhiò Moody, puntando il pollice sopra
la spalla per
indicare uno degli scagnozzi di quel Malfoy che si era appena
immobilizzato sul
punto di prendere in braccio il furetto bianco.
Moody
prese a zoppicare verso o due ragazzi e il furetto, che emise uno
squittio spaventato e scattò via, filandosela verso i
sotterranei.
«Non
credo proprio!» ruggì ancora il professore,
puntando la bacchetta di
nuovo verso il furetto, che volò in aria a tre metri di
altezza, cadde con un
tonfo al suolo e poi rimbalzò di nuovo in alto.
«Non
mi piace chi attacca quando l'avversario gli volta le spalle»
disse Moody,
mentre il furetto rimbalzava sempre più in alto e squittiva
di dolore. «È una
cosa sporca, vile e infima...»
Il
furetto volò per aria, le zampe e la coda che si agitavano
invano.
Era
brutto dirlo, dal momento che si trattava pur sempre di uno studente,
ma mi stavo decisamente godendo lo spettacolo visto quello che aveva
fatto poco
prima quel ragazzino.
«Non
- farlo - mai - più» disse Moody, pronunciando
ogni parola man mano
che il furetto colpiva il pavimento di pietra e rimbalzava di nuovo.
«Professor
Moody!» disse una voce stupefatta.
La
professoressa McGranitt scendeva la scalinata di marmo con le braccia
cariche di libri.
Trattenni
un sorriso.
Adesso
ne avremmo viste delle belle.
«Salute,
professoressa McGranitt» disse Moody tranquillamente,
spedendo il
furetto ancora più su.
«Che
cosa... che cosa sta facendo?» chiese la professoressa
McGranitt, gli
occhi che seguivano l'ascesa del furetto.
«Insegno»
rispose Moody.
«Insegna...
Moody, quello è uno studente?» strillò
la professoressa
McGranitt
mentre i libri le cadevano a terra.
«Già»
rispose Moody.
«No!»
urlò la professoressa McGranitt, scendendo la scala di corsa
ed
estraendo la bacchetta; un attimo dopo, con un forte schiocco,
ricomparve il
biondastro di prima, accasciato a terra, i lisci capelli biondi che
coprivano
la faccia rossa come un papavero.
Lo
vidi rialzarsi tremante.
«Moody,
noi non usiamo mai la Trasfigurazione per punire!» disse
debolmente
la professoressa McGranitt.
«Il
professor Silente deve averglielo detto di sicuro!»
«È
possibile che me l'abbia accennato, sì» disse
Moody grattandosi il
mento, tutt'altro che preoccupato, «ma ho pensato che un
bello spavento coi
fiocchi...»
«Noi
diamo dei castighi, Moody! O parliamo con il direttore della Casa del
colpevole!»
«Allora
farò così» disse Moody, fissando Malfoy
con enorme disgusto.
Malfoy,
i cui pallidi occhi lacrimavano ancora dal dolore e
dall'umiliazione, scoccò uno sguardo malevolo di sotto in su
verso Moody e
borbottò qualcosa in cui si distinsero le parole 'mio padre
lo verrá a sapere'.
«Ah
davvero?» disse Moody piano, zoppicando in avanti di qualche
passo, il
secco clunk della gamba di legno che echeggiava nell'ingresso.
«Be', conosco
tuo padre da molto tempo, ragazzo... digli che Moody tiene d'occhio suo
figlio
come si deve... digli questo da parte mia... ora, il direttore della
tua Casa è
Piton, vero?»
«Sì»
rispose Malfoy pieno di rancore.
«Un
altro vecchio amico» ringhiò Moody.
«Avevo proprio voglia di fare una
bella chiacchierata col vecchio Piton... vieni, tu...»
E
preso Malfoy per il braccio, lo trasse in piedi senza tanti complimenti
e
lo condusse verso i sotterranei, sotto lo sguardo giustamente
preoccupato della
professoressa McGranitt.
Moody
era una leggenda, mio padre ne parlava spesso.
Avevo
la certezza che le sue lezioni sarebbero state interessanti,
perché
lui era il primo ad esserlo, ed io avrei fatto di tutto per renderle
ancora piú
istruttive.
Sapevo
di certo che non ci avrebbe fatto lavorare sui libri di testo, e
quando il giorno della sua prima lezione arrivó
piú in fretta di quanto mi
aspettassi e lo sentii borbottare un 'potete metterli via' riferito ai
libri di
testo che avevano cacciato tutti tranne me, seppi di avere avuto
ragione.
«Allora,
cominciamo subito. Le maledizioni. Assumono forze e forme diverse.
Ora, secondo il Ministero della Magia dovrei insegnarvi le
contromaledizioni e
fermarmi lì. Non dovrei mostrarvi come sono fatti gli
Anatemi Oscuri illegali
prima del sesto anno. Si ritiene che non siate grandi abbastanza da
affrontarli
fino ad allora. Ma il professor Silente ha un'opinione più
alta dei vostri
nervi, pensa che possiate farcela, e prima sapete che cosa dovrete
fronteggiare
meglio è, dico io. Come potete difendervi da qualcosa che
non avete mai visto?
Un mago che sta per scagliarvi contro un anatema illegale non vi
dirà cosa ha
intenzione di fare. Non ha intenzione di comportarsi lealmente. Dovete
essere
preparati. Dovete essere vigili e attenti.
Quindi...
qualcuno di voi sa a quali maledizioni corrispondono le pene
più
gravi secondo la legge magica?»
Vidi
parecchie mani che si alzarono esitanti, comprese quelle di Ron e di
Hermione.
Io
rimasi fermo al mio posto, anche se sentii l'occhio magico di Moody
perforarmi.
Lo
vidi indicare Ron, anche se il suo occhio magico era ancora puntato su
di me.
«Ehm»
esordì Ron esitante, «papà me ne ha
spiegato una... si chiama la
Maledizione Imperius, mi pare?»
«Ah,
sì» disse Moody in tono di lode. «Tuo
padre dovrebbe conoscerla. Ha
procurato al Ministero un sacco di guai tutti insieme, la Maledizione
Imperius».
Moody
si alzò pesantemente sui piedi scompagnati, aprì
il cassetto della
scrivania ed estrasse un barattolo di vetro.
Dentro
zampettavano tre grossi ragni neri.
Moody
pescò nel barattolo, prese uno dei ragni e lo tenne nel
palmo della
mano in modo che tutti lo vedessero.
Poi
puntò la bacchetta contro di lui e borbottò:
«Imperio!»
Il
ragno si calò con un balzo dalla mano di Moody appeso a un
sottile filo
di seta, e prese a dondolarsi avanti e indietro come su un trapezio.
Tese
le zampe rigidamente, poi fece un salto all'indietro, spezzando il
filo e atterrando sulla scrivania, dove cominciò a fare la
ruota in cerchio.
Moody agitò la bacchetta, e il ragno si alzò su
due delle zampe posteriori e si
esibì in quello che era un inconfondibile passo di tip tap.
Tutti
risero: tutti tranne me e Moody.
«Vi
sembra divertente, eh?» ringhiò. «Vi
piacerebbe, eh, se lo facessi a
voi?»
Le
risate si spensero quasi all'istante ed io sorrisi.
Avrebbero
imparato qualcosa da quella lezione.
«Controllo
totale» disse Moody piano, mentre il ragno si appallottolava
e
cominciava a rotolare.
«Potrei
costringerlo a saltare fuori dalla finestra, ad affogarsi, a
ficcarsi giù per la gola di uno di voi... Anni fa, c'erano
un sacco di maghi e
streghe controllati dalla Maledizione Imperius» disse Moody,
ed io seppi che
alludeva ai giorni di massima potenza di Voldemort.
«Un
bel lavoretto per il Ministero, cercare di stabilire chi era costretto
a fare certe cose e chi le faceva di sua spontanea volontà.
La Maledizione
Imperius può essere contrastata, e io vi
insegnerò come, ma ciò richiede una
gran forza di carattere, e non tutti ce l'hanno. Meglio evitare di
esserne
vittime, se potete. VIGILANZA COSTANTE!» abbaiò, e
tutti sussultarono.
Moody
raccolse il ragno sobbalzante e lo rimise nel barattolo.
«Qualcun
altro ne sa una? Un'altra maledizione illegale?»
La
mano di Hermione scattò di nuovo, e salí anche,
con mia grande sorpresa,
quella di Neville, il ragazzino impacciato con cui condividevo il
dormitorio.
«Sì?»
disse Moody, l'occhio magico che roteava per fissarsi su Neville.
«Ce
n'è una... la Maledizione Cruciatus» disse
Neville, con la sua vocetta
acuta ma ben chiara.
Moody
guardò molto attentamente Neville, questa volta con entrambi
gli
occhi.
«Tu
sei Paciock?» disse, l'occhio magico che roteava in
giù per consultare
di nuovo il registro.
Neville
annuì nervoso, ma Moody non indagò oltre.
Ricordai
che verso la fine della Prima Guerra Magica c'erano stati due
coniugi torturati fino alla pazzia dalla Maledizione Cruciatus.
Lanciai
uno sguardo verso Neville.
Sembrava
terrorizzato.
Ricordai
che quella coppia faceva di nome Paciock, e mentalmente mi
ripromisi di andarci piú piano con i giudizi con quel
ragazzo.
Rivolto
a tutta la classe, Moody afferrò il secondo ragno nel
barattolo e
lo mise sulla cattedra, dove rimase immobile, in apparenza troppo
spaventato
per muoversi.
«La
Maledizione Cruciatus» disse Moody. «Dev'essere un
po' più grosso
perché possiate capire» disse, puntando la
bacchetta contro il ragno.
«Engorgio!»
Il
ragno si gonfiò. Ora era più grosso di una
tarantola.
Moody
alzò di nuovo la bacchetta, la puntò contro il
ragno e mormorò:«Crucio!»
D'un
tratto, le zampe del ragno si piegarono sotto il suo corpo; l'animale
si rovesciò e prese a contorcersi orribilmente, dondolando
da una parte
all'altra. Moody non spostò la bacchetta, e il ragno
cominciò a sobbalzare e ad
agitarsi più violentemente...
«Basta!»
esclamò Hermione con voce stridula.
Mi
voltai verso di lei e vidi che stava guardando non il ragno ma Neville,
e seguendo il suo sguardo vidi che le mani di Neville stringevano il
bordo del
banco, le nocche bianche, gli occhi spalancati e stravolti.
Moody
alzò la bacchetta e immediamente le zampe del ragno si
rilassarono,
pur continuando a contorcersi.
«Reducio»
mormorò Moody, e il ragno rimpicciolì fino a
tornare della sua
misura normale.
Moody
lo rimise nel barattolo.
«Dolore»
disse Moody dolcemente. «Non c'è bisogno di pinze
schiacciapollici
o coltelli per torturare qualcuno se sapete scagliare la Maledizione
Cruciatus... anche quella era molto popolare, una volta. Bene...
qualcuno ne
conosce altre?»
Vidi
che la mano di Hermione tremò appena mentre la alzava per la
terza
volta, ed io seppi in anticipo cosa stava per succedere.
Mi
avvicinai discretamente a Neville, che stava guardando ancora sconvolto
il professore, e gli dissi di abbassare gli occhi.
«Sì?»
disse Moody, guardandola.
«Avada
Kedavra» sussurrò Hermione.
«Ah»
disse Moody, un altro vago sorriso che gli torceva la bocca storta.
«Sì,
l'ultimo, e il peggiore. Avada Kedavra... l'Anatema che
uccide».
Infilò
la mano nel barattolo di vetro, e come se intuisse che cosa stava per
succedere, il terzo ragno corse freneticamente sul fondo del barattolo,
cercando di sfuggire alle dita di Moody, ma lui lo afferrò e
lo depose sulla
cattedra.
Il
ragno prese a zampettare affannosamente sulla superficie di legno.
«Avada
Kedavra!» ruggì Moody.
Ci
furono un lampo di luce verde accecante e un rumore improvviso, come se
un'entità enorme e invisibile galleggiasse nell'aria: il
ragno si rovesciò
sulla schiena all'istante, intatto ma inequivocabilmente morto.
Moody
spazzò via il ragno morto dalla cattedra, mentre tutti gli
studenti
si lasciavano andare ad esclamazioni di orrore.
«Non
è bello» disse tranquillamente. «Non
è piacevole. E non c'è
contromaledizione. Non c'è modo di fermarlo. Solo una
persona, che si sappia, è
mai sopravvissuta, e questa persona è seduta qui di fronte a
me».
Io
ero rimasto impassibile durante tutta la dimostrazione, dal momento che
ero stato istruito alle maledizioni tempo prima, ma a quelle parole
spostai lo
sguardo verso Elizabeth, trovandola arrossita per le troppe attenzioni.
Nella
mia memoria improvvisamente comparve un lampo di luce verde e
aggrottai le sopracciglia, prendendomi del tempo per osservare
piú attentamente
Elizabeth.
Capelli
rossi e occhi verdi come i miei.
Mio
padre mi aveva detto che io e la mia gemella eravamo sopravvissuti
all'anatema che uccide scagliato da Lord Voldemort quando avevamo
appena un
anno. I miei genitori erano sopravvissuti per miracolo ed io ero stato
rapito
da alcuni seguaci del Lord scomparso che avevano fatto degli
esperimento su di
me stravolgendo il mio nucleo magico e rendendomi un pericolo per me e
per gli
altri.
Mi
aveva trovato lui per caso, in mezzo ai cadaveri dei miei rapitori
uccisi da un mio scoppio di magia, e mi aveva allevato come figlio suo
perché
nelle condizioni in cui mi aveva trovato sapeva che era un rischio
affidarmi
alle autoritá magiche che probabilmente mi avrebbero
rinchiuso da qualche parte
nel tentativo di farmi tornare normale.
Ero
riuscito a ricostruire la mia storia dopo anni, perché prima
del mio
tredicesimo compleanno avevamo viaggiato in giro per il mondo e solo
quando
eravamo ritornati in Inghilterra mio padre era riuscito a scoprire
qualcosa su
chi veramente io fossi, e addirittura rimediare una fotografia della
mia
famiglia biologica.
Non
avrei mai rinnegato il mio padre adottivo perché per me era
lui la mia
famiglia, e probabilmente la notizia di avere dei genitori ancora in
vita mi
avrebbe lasciato indifferente se non fosse stato per la scoperta di
avere una
sorella gemella.
Avevo
scoperto anche che il mio vero nome era Harry James Potter.
Ed
Elizabeth… era stata apostrofata da Malfoy con quel
cognome...
Cercando
di tenere sotto controllo la moltitudine di emozioni che stavo
provando, mi concentrai sulla voce di Alastor Moody.
«Avada
Kedavra è una maledizione che ha bisogno di essere sostenuta
da un
grande potere magico: potreste estrarre tutti le vostre bacchette
adesso,
puntarle contro di me, e pronunciare le parole, e dubito che mi fareste
uscire
anche solo il sangue dal naso. Ma questo non ha importanza. Non sono
qui per
insegnarvi come si fa.
Ora,
se non esiste contromaledizione, perché ve l'ho mostrata?
Perché
dovete sapere. Dovete capire che cos'è il peggio. Non dovete
trovarvi in una
situazione in cui dobbiate affrontarlo. Vigilanza costante!»
ruggì, e tutta
quanta la classe sobbalzò di nuovo.
«Ora...
questi tre anatemi - Avada Kedavra, Imperius e Cruciatus - sono
noti come le Maledizioni Senza Perdono. L'uso su un essere umano basta
a
meritare una condanna a vita ad Azkaban. È questo che dovete
combattere.
È
questo che devo insegnarvi a contrastare. Avete bisogno di
preparazione.
Avete bisogno di essere attrezzati. Ma soprattutto, avete bisogno di
esercitare
una costante, incessante vigilanza. Fuori le penne...
ricopiate...»
Passammo
il resto della lezione a prendere appunti su ciascuna delle
maledizioni senza perdono, nonostante la mia mente fosse decisamente
altrove, e
nessuno parlò finché non suonò la
campana.
Quando
Moody ci congedó tutti si riversarono nel corridoio per
commentare
la lezione appena trascorsa.
Prima
che potessi seguirli, tuttavia, il professore mi chiamó
facendomi
segno di avvicinarmi alla cattedra.
Quando
la porta si chiuse dietro di me lasciandoci soli in aula, i miei
sensi si allertarono nuovamente, anche se non seppi spiegarne la
ragione.
«Hai
avuto ottimi riflessi l'altro giorno, con quel Malfoy. E il livello
del tuo Protego non è certo quello di un normale
quattordicenne… mi chiedo,
dunque, da chi tu sia stato allenato…»
Mi
ritrovai a irrigidire la mascella, osservando il modo in cui entrambi
gli occhi di Moody fissavano il punto il cui il fascino nascondeva la
cicatrice.
La
mia mano si strinse inconsciamente sulla bacchetta e Moody lo
notó.
Fece
un sorriso strano e cacció velocemente dal suo pantalone una
fiaschetta dalla quale bevve un sorso, senza smettere di guardarmi.
«È
stato mio padre ad allenarmi.» dissi con voce dura.
Moody
sorrise ancora.
«E
immagino dunque che persino le maledizioni non ti siano
nuove.»
La
sua sembrava più un'affermazione che una domanda.
Irrigidii
ancora la mascella per l'atmosfera che si era venuta a creare.
«Infatti,
signore. Mio padre mi ha insegnato a contrastare la maledizione
Imperius a dodici anni. E sono stato allenato a sopportare le torture
della
Cruciatus.»
Per
un attimo vidi un lampo di sorpresa balenare nello sguardo di Moody,
subito seguito da un ghigno di sfida.
«Vediamo
quanto questo corrisponde al vero! Imperio!»
ringhió al mio
indirizzo puntandomi contro la bacchetta, e immediatamente mi preparai
all'attacco mentale.
Era
da tanto che non venivo sottoposto all'Imperio e, dopo tutti i pensieri
che avevo avuto durante la lezione, fu una sensazione davvero
straordinaria.
Ebbi
l'impressione di galleggiare, come se tutti i pensieri e le
preoccupazioni dentro la mia testa venissero dolcemente cancellati,
lasciando
nient'altro che una vaga, indefinibile felicità.
Rimasi
lì, infinitamente rilassato, per qualche secondo prima di
respingere
brutalmente l'assalto mentale del mio professore, senza permettergli
neanche di
accedere ai miei pensieri e con una forza tale da farlo sbattere contro
la
scrivania.
Un
secondo prima di respingerlo, avevo sentito la sua voce nella mia testa
che diceva 'Dimmi cosa nascondi', e ne fui cosí sconvolto
che non aspettai che
si riprendesse ed uscii in fretta e furia dall'aula.
L'ultima
cosa che sentii, nel corridoio deserto, fu la voce di Moody.
«Ti
tengo d'occhio, ragazzo! Ricordatelo!»