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Autore: Mary Evans    01/05/2017    0 recensioni
E se Harry avesse avuto una sorella?
E se lui venisse rapito la notte del 31 Ottobre?
E se Elizabeth Potter credesse di essere l’unica bambina sopravvissuta?
Storia scritta a quattro mani da me e fenice cremesi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Potter, Harry Potter, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Harry Pov

 

Il risveglio del mio primo giorno ad Hogwarts fu davvero illuminante.

Il castello al mattino presto era ancora più magico del solito, e grazie al fatto che non ci fosse ancora nessuno sveglio ero riuscito ad individuare il settimo piano e la parete della Stanza delle Necessità quasi al primo tentativo.

La Stanza mi fornì tutto ció di cui avevo bisogno, e quando si fece l'ora di andare a fare colazione in Sala Grande ebbi persino l'opportunitá di farmi una doccia veloce.

Ripetei l'incanto del fascino per nascondere la cicatrice, presi la borsa alla quale avevo applicato un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile per portarmi appresso i libri di tutte le materie e mi avviai, sicuro che a quell'ora sarei stato l'unico della tavolata di Grifondoro ad essere sveglio.

I fatti mi diedero ragione, infatti oltre a me era presente solo un'altra ragazza dai capelli rossi, seduta al tavolo dei Tassorosso.

Dopo essermi chiesto quante persone in quella scuola avessero quel colore di capelli, dal momento che ne avevo conosciute già quattro (ed era più di quante ne avessi mai incontrate prima), decisi di sedermi al tavolo con lei.

Era di spalle, quindi sobbalzó quando le diedi il buongiorno, rovesciando la tazza di tè che stava bevendo.

«Scusa, non volevo spaventarti.» le dissi, rimediando al guaio che avevo causato con un rapido movimento di bacchetta.

«Mi chiedevo se potevo sedermi accanto a te, dal momento che siamo gli unici svegli a quest'ora.»

La vidi guardarmi a bocca aperta per qualche secondo, e la sua espressione fu talmente buffa che dovetti trattenermi dallo scoppiarle a ridere in faccia.

Poi si riscosse e mi fece segno di sedermi accanto a lei, arrossendo dopo essersi resa conto della reazione che aveva avuto.

«Prego, siediti pure. Mi chiamo Susan, Susan Bones, tu devi essere Harry Evans, il nuovo arrivato, giusto?»

Feci una breve risata, iniziando a servirmi delle leccornie che erano comparse magicamente davanti a me.

«Mi dichiaro colpevole. Immagino che dovró abituarmi a questo appellativo per un po'.»

La vidi arrossire ancora, e pensai inconsciamente che fosse proprio carina in imbarazzo.

«Come mai giá alzata? Da quel che vedo ad Hogwarts non è abitudine di nessuno essere mattinieri.» commentai sorridendo, cercando di prendere in mano le redini della conversazione.

La vidi esitare.

«Beh, potrei farti la stessa domanda.»

«Touché.» risposi sorridendo.

Non avevo alcuna intenzione di rivelarle quello che facevo, e lei a quanto pare era dello stesso avviso.

Davvero interessante la ragazza.

Restammo in silenzio per tutto il tempo finché la Sala Grande non inizió a popolarsi, e con l'arrivo dei professori mi alzai per andare a prendere l'orario dalla mia capocasa.

«Erbologia con i Tassorosso e Cura delle Creature Magiche con i

Serpeverde. Due ore di Artimanzia nel pomeriggio.» mormorai sottovoce, quindi salutai Susan e mi incamminai verso la Guferia per mandare una lettera a mio padre, dal momento che erano appena le sette e mezzo.

Ci misi poco a trovarla, dopotutto bastava seguire i disegni base delle costruzioni degli edifici del 993 d.c. per riuscire ad orientarsi, e non dovetti usare nemmeno l'incanto Quattro Punti.

Ci misi poco a scriverla e il risultato mi lasció soddisfatto.

 

Ciao pà,

Spero che questa lettera non ti crei problemi nella tua missione.

Saró breve, dal momento che fra poco devo andare a lezione.

Primo giorno, Erbologia, Cura delle Creature Magiche e Artimanzia.

Speriamo che dicano qualcosa che non so.

Ho conosciuto molti ragazzi della mia etá, e per la maggior parte hanno i capelli rossi.

Mai visti così tanti, sembra quasi che Hogwarts ne sia infestata.

La Stanza delle Necessitá è fantastica a proposito.

Per il resto tutto ok.

Ho Alastor Moody come insegnante di Difesa, e quest'anno c'è anche il Torneo Tremaghi.

Divertente, se non fosse che è riservato ai maggiorenni.

Spero che la tua missione proceda bene, di qualunque cosa si tratti.

Con affetto,

Tuo figlio Harry

Ps. Sono Grifondoro.

 

Lasciai la missiva ad un gufo bruno della scuola e mi avviai verso le serre.

Non avevo mentito a mio padre, speravo davvero che a lezione gli insegnanti dicessero qualcosa di cui io non ero a conoscenza.

Certamente nella sua risposta alla mia lettera avrei avuto una ramanzina circa la mia arroganza, ma come avevo previsto leggendo il piano di studi di ogni materia, le nozioni che avrebbero trattato quell'anno erano davvero elementari.

Alle serre dovetti affrontare la strizzatura dei bubotuberi per la raccolta del pus con la professoressa Sprite (Procedimento davvero schifoso che avevo giá affrontato a dieci anni), ma nel bosco mi ritrovai ad entusiasmarmi davanti ad un allevamento di Schiopodi Sparacoda appena usciti dall'uovo con il mezzogigante Hagrid, o meglio professor Hagrid.

Era la prima volta che allevavo degli Schiopodi in prima persona, anche se conoscevo la teoria.

Di solito mi ero sempre limitato ad ucciderli (in uno dei tanti allenamenti proposti da mio padre), ma la veritá era che li trovavo davvero affascinanti, nonostante gli altri li trovassero rivoltanti.

Francamente preferivo quel tipo di lezione al disegnare asticelli.

Vedendo che il professore non ne sapeva molto, mi fece piacere condividere con lui quello che sapevo sull'alimentazione degli Schiopodi (sotto lo sguardo sbalordito di tutti), e lui ne fu talmente entusiasta da invitarmi per un tè non appena avessi avuto un pomeriggio libero.

Artimanzia, nonostante lo scetticismo iniziale, fu davvero affascinante spiegata dal professor Vector, perché si vedeva che amava quella materia e riusciva a coinvolgerti nei suoi discorsi senza problemi.

Fu per di piú un ripasso, in realtá, ma mi piacque notare come il professore mettesse a disposizione anche i suoi tomi personali, colmi di nozioni extracurriculari che avrebbero sicuramente incrementato la mia conoscenza della materia.

In tutte queste ore di lezione mi ero tenuto quasi a distanza dagli altri ragazzi, aggregandomi a loro solo quando me lo chiedevano.

Non era per maleducazione o indifferenza nei loro confronti (dopotutto i Grifondoro si erano dimostrati molto gentili e ospitali con me), semplicemente avevo altro per la testa durante quel primo giorno.

Artimanzia con Hermione fu divertente peró.

La riccia era una ragazza studiosa e si vedeva, ma si limitava ad imparare senza apprezzare il fascino di ció che studiava.

Al contrario delle mie aspettative, tuttavia, non era priva di senso dell'humor, e fu divertente sentire i suoi aneddoti scolastici mentre ci riunivamo con gli altri suoi amici, Ron ed Elizabeth.

«Maledetta vecchia pipistrella» disse Ron amaramente, mentre ci univamo alla folla che scendeva le scale diretta alla Sala Grande.

«Ci vorrà tutto il fine settimana, ci vorrà...»

Da quel che mi aveva detto Hermione, loro due avevano preferito seguire Divinazione invece di Artimanzia.

«Tanti compiti?» disse Hermione in tono vivace, raggiungendoli.

«Il professor Vector a noi non ne ha dato nemmeno uno!»

«Be', urrà per il professor Vector» disse Ron imbronciato, e trattenni a stento un sorrisetto.

Raggiungemmo l'Ingresso, che era affollato di ragazzi in coda per la cena, e ci eravamo appena messi in fila quando alle nostre spalle risuonò una voce.

«Weasley! Ehi, Weasley!»

Ci voltammo tutti e vidi tre tizi di Serpeverde che parevano gongolare per qualcosa.

Dalle espressioni che vidi sui volti degli altri non mi sembrava fossero in buoni rapporti.

«Cosa c'è?» disse Ron asciutto.

«Tuo padre è sul giornale, Weasley!» disse il biondino, brandendo una copia della Gazzetta del Profeta e parlando a voce molto alta, cosí che lo sentissero tutti nell'Ingresso gremito.

«Ascolta un po'!»

 

ALTRI ERRORI AL MINISTERO DELLA MAGIA

Pare che i guai del Ministero della Magia non siano ancora finiti, scrive Rita Skeeter, inviato speciale. Recentemente sotto accusa per lo scarso controllo alla Coppa del Mondo di Quidditch, e ancora incapace di giustificare la sparizione di una delle sue streghe, il Ministero è sprofondato di nuovo nell'imbarazzo ieri a opera di Arnold Weasley, dell'Ufficio per l'Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani. Arnold Weasley, che due anni fa fu accusato di possesso di un'auto volante, ieri è stato coinvolto in una zuffa con parecchi protettori della legge babbani ('poliziotti') a causa di alcuni bidoni della spazzatura altamente aggressivi. Pare che il signor Weasley sia intervenuto in aiuto di Malocchio Moody, l'anziano ex Auror che è andato in pensione dal Ministero quando non è stato più in grado di distinguere fra una stretta di mano e un tentato omicidio. Com'era prevedibile, il signor Weasley, all'arrivo presso la casa strettamente sorvegliata del signor Moody, ha scoperto che quest'ultimo aveva ancora una volta dato un falso allarme. Il signor Weasley è stato costretto a modificare parecchie memorie prima di riuscire a sfuggire ai poliziotti, ma si è rifiutato di rispondere alle domande della Gazzetta del Profeta sul perché abbia coinvolto il Ministero in una scena tanto indegna e potenzialmente imbarazzante.

 

«Figuriamoci, non sono nemmeno riusciti a dare il nome giusto, Weaasley: è come se fosse una completa nullità, vero? E c'è anche la foto!» disse Malfoy, raddrizzando il giornale e reggendolo in alto. «Una foto dei tuoi genitori a casa loro, sempre che si possa chiamarla casa! Tua madre potrebbe anche perdere qualche chilo, no?»

Vidi che Ron tremava di rabbia.

Gli occhi di tutti erano puntati su di lui.

«Vai al diavolo, Malfoy» disse Elizabeth. «Andiamo, Ron...»

«Oh, certo, sei stata da loro quest'estate, vero, Potter?» sogghignò Malfoy. «Allora dimmi, sua madre è davvero così cicciona, o è solo la foto?»

«Hai presente tua madre, Malfoy?» disse Elizabeth, che con Hermione tratteneva Ron per i vestiti, per impedirgli di scagliarsi su Malfoy.

Io ero rimasto indietro, dal momento che non erano questioni che mi riguardavano, ma per qualche ragione in quella situazione i miei sensi si allertarono.

Cercai di capire cosa mi stesse sfuggendo, e nel frattempo prestai più attenzione a quello che stava accadendo davanti ai miei occhi.

«Quella faccia che fa, come se avesse la cacca sotto il naso? Ce l'ha sempre avuta o è solo perché era con te?»

Il volto pallido di Malfoy arrossì appena, ed io trattenni a stento una risata per l'ottima risposta.

«Non osare insultare mia madre,Potter!».

«Tieni la tua boccaccia chiusa, allora» disse Elizabeth, voltandosi.

Vidi il biondino estrarre la bacchetta e lanciarle un incantesimo alle spalle, e d'istinto evocai un Protego appena prima che un ruggito echeggiò per tutta la Sala d'Ingresso.

«OH NO CHE NON LO FAI, RAGAZZO!»

Mi voltai di scatto.

Alastor Moody scendeva zoppicando la scalinata di marmo. Aveva estratto la bacchetta e la puntava su un furetto di un bianco immacolato, che tremava sul pavimento di pietra, esattamente

nel punto in cui prima c'era Malfoy.

Nell'Ingresso calò un silenzio terrorizzato.

Nessuno mosse un muscolo tranne Moody, che si voltò per guardarmi - o meglio, il suo occhio normale mi guardava, l'altro era rivolto verso l'interno della testa.

Sembrava abbastanza compiaciuto.

«Bei riflessi.» mi ringhió.

La sua voce era bassa e rauca.

«Grazie, Harry» mi disse invece Elizabeth, ed io le sorrisi distogliendo per un attimo lo sguardo dal professore.

«LASCIALO!» gridò Moody.

«Lasciare... che cosa?» chiese Ron, esterrefatto.

«Non tu, lui!» ringhiò Moody, puntando il pollice sopra la spalla per indicare uno degli scagnozzi di quel Malfoy che si era appena immobilizzato sul punto di prendere in braccio il furetto bianco.

Moody prese a zoppicare verso o due ragazzi e il furetto, che emise uno squittio spaventato e scattò via, filandosela verso i sotterranei.

«Non credo proprio!» ruggì ancora il professore, puntando la bacchetta di nuovo verso il furetto, che volò in aria a tre metri di altezza, cadde con un tonfo al suolo e poi rimbalzò di nuovo in alto.

«Non mi piace chi attacca quando l'avversario gli volta le spalle» disse Moody, mentre il furetto rimbalzava sempre più in alto e squittiva di dolore. «È una cosa sporca, vile e infima...»

Il furetto volò per aria, le zampe e la coda che si agitavano invano.

Era brutto dirlo, dal momento che si trattava pur sempre di uno studente, ma mi stavo decisamente godendo lo spettacolo visto quello che aveva fatto poco prima quel ragazzino.

«Non - farlo - mai - più» disse Moody, pronunciando ogni parola man mano che il furetto colpiva il pavimento di pietra e rimbalzava di nuovo.

«Professor Moody!» disse una voce stupefatta.

La professoressa McGranitt scendeva la scalinata di marmo con le braccia cariche di libri.

Trattenni un sorriso.

Adesso ne avremmo viste delle belle.

«Salute, professoressa McGranitt» disse Moody tranquillamente, spedendo il furetto ancora più su.

«Che cosa... che cosa sta facendo?» chiese la professoressa McGranitt, gli occhi che seguivano l'ascesa del furetto.

«Insegno» rispose Moody.

«Insegna... Moody, quello è uno studente?» strillò la professoressa

McGranitt mentre i libri le cadevano a terra.

«Già» rispose Moody.

«No!» urlò la professoressa McGranitt, scendendo la scala di corsa ed estraendo la bacchetta; un attimo dopo, con un forte schiocco, ricomparve il biondastro di prima, accasciato a terra, i lisci capelli biondi che coprivano la faccia rossa come un papavero.

Lo vidi rialzarsi tremante.

«Moody, noi non usiamo mai la Trasfigurazione per punire!» disse debolmente la professoressa McGranitt.

«Il professor Silente deve averglielo detto di sicuro!»

«È possibile che me l'abbia accennato, sì» disse Moody grattandosi il mento, tutt'altro che preoccupato, «ma ho pensato che un bello spavento coi fiocchi...»

«Noi diamo dei castighi, Moody! O parliamo con il direttore della Casa del colpevole!»

«Allora farò così» disse Moody, fissando Malfoy con enorme disgusto.

Malfoy, i cui pallidi occhi lacrimavano ancora dal dolore e dall'umiliazione, scoccò uno sguardo malevolo di sotto in su verso Moody e borbottò qualcosa in cui si distinsero le parole 'mio padre lo verrá a sapere'.

«Ah davvero?» disse Moody piano, zoppicando in avanti di qualche passo, il secco clunk della gamba di legno che echeggiava nell'ingresso. «Be', conosco tuo padre da molto tempo, ragazzo... digli che Moody tiene d'occhio suo figlio come si deve... digli questo da parte mia... ora, il direttore della tua Casa è Piton, vero?»

«Sì» rispose Malfoy pieno di rancore.

«Un altro vecchio amico» ringhiò Moody. «Avevo proprio voglia di fare una bella chiacchierata col vecchio Piton... vieni, tu...»

E preso Malfoy per il braccio, lo trasse in piedi senza tanti complimenti e lo condusse verso i sotterranei, sotto lo sguardo giustamente preoccupato della professoressa McGranitt.

Moody era una leggenda, mio padre ne parlava spesso.

Avevo la certezza che le sue lezioni sarebbero state interessanti, perché lui era il primo ad esserlo, ed io avrei fatto di tutto per renderle ancora piú istruttive.

Sapevo di certo che non ci avrebbe fatto lavorare sui libri di testo, e quando il giorno della sua prima lezione arrivó piú in fretta di quanto mi aspettassi e lo sentii borbottare un 'potete metterli via' riferito ai libri di testo che avevano cacciato tutti tranne me, seppi di avere avuto ragione.

«Allora, cominciamo subito. Le maledizioni. Assumono forze e forme diverse. Ora, secondo il Ministero della Magia dovrei insegnarvi le contromaledizioni e fermarmi lì. Non dovrei mostrarvi come sono fatti gli Anatemi Oscuri illegali prima del sesto anno. Si ritiene che non siate grandi abbastanza da affrontarli fino ad allora. Ma il professor Silente ha un'opinione più alta dei vostri nervi, pensa che possiate farcela, e prima sapete che cosa dovrete fronteggiare meglio è, dico io. Come potete difendervi da qualcosa che non avete mai visto? Un mago che sta per scagliarvi contro un anatema illegale non vi dirà cosa ha intenzione di fare. Non ha intenzione di comportarsi lealmente. Dovete essere preparati. Dovete essere vigili e attenti.

Quindi... qualcuno di voi sa a quali maledizioni corrispondono le pene più gravi secondo la legge magica?»

Vidi parecchie mani che si alzarono esitanti, comprese quelle di Ron e di Hermione.

Io rimasi fermo al mio posto, anche se sentii l'occhio magico di Moody perforarmi.

Lo vidi indicare Ron, anche se il suo occhio magico era ancora puntato su di me.

«Ehm» esordì Ron esitante, «papà me ne ha spiegato una... si chiama la Maledizione Imperius, mi pare?»

«Ah, sì» disse Moody in tono di lode. «Tuo padre dovrebbe conoscerla. Ha procurato al Ministero un sacco di guai tutti insieme, la Maledizione Imperius».

Moody si alzò pesantemente sui piedi scompagnati, aprì il cassetto della scrivania ed estrasse un barattolo di vetro.

Dentro zampettavano tre grossi ragni neri.

Moody pescò nel barattolo, prese uno dei ragni e lo tenne nel palmo della mano in modo che tutti lo vedessero.

Poi puntò la bacchetta contro di lui e borbottò: «Imperio!»

Il ragno si calò con un balzo dalla mano di Moody appeso a un sottile filo di seta, e prese a dondolarsi avanti e indietro come su un trapezio.

Tese le zampe rigidamente, poi fece un salto all'indietro, spezzando il filo e atterrando sulla scrivania, dove cominciò a fare la ruota in cerchio. Moody agitò la bacchetta, e il ragno si alzò su due delle zampe posteriori e si esibì in quello che era un inconfondibile passo di tip tap.

Tutti risero: tutti tranne me e Moody.

«Vi sembra divertente, eh?» ringhiò. «Vi piacerebbe, eh, se lo facessi a voi?»

Le risate si spensero quasi all'istante ed io sorrisi.

Avrebbero imparato qualcosa da quella lezione.

«Controllo totale» disse Moody piano, mentre il ragno si appallottolava e cominciava a rotolare.

«Potrei costringerlo a saltare fuori dalla finestra, ad affogarsi, a ficcarsi giù per la gola di uno di voi... Anni fa, c'erano un sacco di maghi e streghe controllati dalla Maledizione Imperius» disse Moody, ed io seppi che alludeva ai giorni di massima potenza di Voldemort.

«Un bel lavoretto per il Ministero, cercare di stabilire chi era costretto a fare certe cose e chi le faceva di sua spontanea volontà. La Maledizione Imperius può essere contrastata, e io vi insegnerò come, ma ciò richiede una gran forza di carattere, e non tutti ce l'hanno. Meglio evitare di esserne vittime, se potete. VIGILANZA COSTANTE!» abbaiò, e tutti sussultarono.

Moody raccolse il ragno sobbalzante e lo rimise nel barattolo.

«Qualcun altro ne sa una? Un'altra maledizione illegale?»

La mano di Hermione scattò di nuovo, e salí anche, con mia grande sorpresa, quella di Neville, il ragazzino impacciato con cui condividevo il dormitorio.

«Sì?» disse Moody, l'occhio magico che roteava per fissarsi su Neville.

«Ce n'è una... la Maledizione Cruciatus» disse Neville, con la sua vocetta acuta ma ben chiara.

Moody guardò molto attentamente Neville, questa volta con entrambi gli occhi.

«Tu sei Paciock?» disse, l'occhio magico che roteava in giù per consultare di nuovo il registro.

Neville annuì nervoso, ma Moody non indagò oltre.

Ricordai che verso la fine della Prima Guerra Magica c'erano stati due coniugi torturati fino alla pazzia dalla Maledizione Cruciatus.

Lanciai uno sguardo verso Neville.

Sembrava terrorizzato.

Ricordai che quella coppia faceva di nome Paciock, e mentalmente mi ripromisi di andarci piú piano con i giudizi con quel ragazzo.

Rivolto a tutta la classe, Moody afferrò il secondo ragno nel barattolo e lo mise sulla cattedra, dove rimase immobile, in apparenza troppo spaventato per muoversi.

«La Maledizione Cruciatus» disse Moody. «Dev'essere un po' più grosso perché possiate capire» disse, puntando la bacchetta contro il ragno.

«Engorgio!»

Il ragno si gonfiò. Ora era più grosso di una tarantola.

Moody alzò di nuovo la bacchetta, la puntò contro il ragno e mormorò:«Crucio!»

D'un tratto, le zampe del ragno si piegarono sotto il suo corpo; l'animale si rovesciò e prese a contorcersi orribilmente, dondolando da una parte all'altra. Moody non spostò la bacchetta, e il ragno cominciò a sobbalzare e ad agitarsi più violentemente...

«Basta!» esclamò Hermione con voce stridula.

Mi voltai verso di lei e vidi che stava guardando non il ragno ma Neville, e seguendo il suo sguardo vidi che le mani di Neville stringevano il bordo del banco, le nocche bianche, gli occhi spalancati e stravolti.

Moody alzò la bacchetta e immediamente le zampe del ragno si rilassarono, pur continuando a contorcersi.

«Reducio» mormorò Moody, e il ragno rimpicciolì fino a tornare della sua misura normale.

Moody lo rimise nel barattolo.

«Dolore» disse Moody dolcemente. «Non c'è bisogno di pinze schiacciapollici o coltelli per torturare qualcuno se sapete scagliare la Maledizione Cruciatus... anche quella era molto popolare, una volta. Bene... qualcuno ne conosce altre?»

Vidi che la mano di Hermione tremò appena mentre la alzava per la terza volta, ed io seppi in anticipo cosa stava per succedere.

Mi avvicinai discretamente a Neville, che stava guardando ancora sconvolto il professore, e gli dissi di abbassare gli occhi.

«Sì?» disse Moody, guardandola.

«Avada Kedavra» sussurrò Hermione.

«Ah» disse Moody, un altro vago sorriso che gli torceva la bocca storta.

«Sì, l'ultimo, e il peggiore. Avada Kedavra... l'Anatema che uccide».

Infilò la mano nel barattolo di vetro, e come se intuisse che cosa stava per succedere, il terzo ragno corse freneticamente sul fondo del barattolo, cercando di sfuggire alle dita di Moody, ma lui lo afferrò e lo depose sulla cattedra.

Il ragno prese a zampettare affannosamente sulla superficie di legno.

«Avada Kedavra!» ruggì Moody.

Ci furono un lampo di luce verde accecante e un rumore improvviso, come se un'entità enorme e invisibile galleggiasse nell'aria: il ragno si rovesciò sulla schiena all'istante, intatto ma inequivocabilmente morto.

Moody spazzò via il ragno morto dalla cattedra, mentre tutti gli studenti si lasciavano andare ad esclamazioni di orrore.

«Non è bello» disse tranquillamente. «Non è piacevole. E non c'è contromaledizione. Non c'è modo di fermarlo. Solo una persona, che si sappia, è mai sopravvissuta, e questa persona è seduta qui di fronte a me».

Io ero rimasto impassibile durante tutta la dimostrazione, dal momento che ero stato istruito alle maledizioni tempo prima, ma a quelle parole spostai lo sguardo verso Elizabeth, trovandola arrossita per le troppe attenzioni.

Nella mia memoria improvvisamente comparve un lampo di luce verde e aggrottai le sopracciglia, prendendomi del tempo per osservare piú attentamente Elizabeth.

Capelli rossi e occhi verdi come i miei.

Mio padre mi aveva detto che io e la mia gemella eravamo sopravvissuti all'anatema che uccide scagliato da Lord Voldemort quando avevamo appena un anno. I miei genitori erano sopravvissuti per miracolo ed io ero stato rapito da alcuni seguaci del Lord scomparso che avevano fatto degli esperimento su di me stravolgendo il mio nucleo magico e rendendomi un pericolo per me e per gli altri.

Mi aveva trovato lui per caso, in mezzo ai cadaveri dei miei rapitori uccisi da un mio scoppio di magia, e mi aveva allevato come figlio suo perché nelle condizioni in cui mi aveva trovato sapeva che era un rischio affidarmi alle autoritá magiche che probabilmente mi avrebbero rinchiuso da qualche parte nel tentativo di farmi tornare normale.

Ero riuscito a ricostruire la mia storia dopo anni, perché prima del mio tredicesimo compleanno avevamo viaggiato in giro per il mondo e solo quando eravamo ritornati in Inghilterra mio padre era riuscito a scoprire qualcosa su chi veramente io fossi, e addirittura rimediare una fotografia della mia famiglia biologica.

Non avrei mai rinnegato il mio padre adottivo perché per me era lui la mia famiglia, e probabilmente la notizia di avere dei genitori ancora in vita mi avrebbe lasciato indifferente se non fosse stato per la scoperta di avere una sorella gemella.

Avevo scoperto anche che il mio vero nome era Harry James Potter.

Ed Elizabeth… era stata apostrofata da Malfoy con quel cognome...

Cercando di tenere sotto controllo la moltitudine di emozioni che stavo provando, mi concentrai sulla voce di Alastor Moody.

«Avada Kedavra è una maledizione che ha bisogno di essere sostenuta da un grande potere magico: potreste estrarre tutti le vostre bacchette adesso, puntarle contro di me, e pronunciare le parole, e dubito che mi fareste uscire anche solo il sangue dal naso. Ma questo non ha importanza. Non sono qui per insegnarvi come si fa.

Ora, se non esiste contromaledizione, perché ve l'ho mostrata? Perché dovete sapere. Dovete capire che cos'è il peggio. Non dovete trovarvi in una situazione in cui dobbiate affrontarlo. Vigilanza costante!» ruggì, e tutta quanta la classe sobbalzò di nuovo.

«Ora... questi tre anatemi - Avada Kedavra, Imperius e Cruciatus - sono noti come le Maledizioni Senza Perdono. L'uso su un essere umano basta a meritare una condanna a vita ad Azkaban. È questo che dovete combattere.

È questo che devo insegnarvi a contrastare. Avete bisogno di preparazione. Avete bisogno di essere attrezzati. Ma soprattutto, avete bisogno di esercitare una costante, incessante vigilanza. Fuori le penne... ricopiate...»

Passammo il resto della lezione a prendere appunti su ciascuna delle maledizioni senza perdono, nonostante la mia mente fosse decisamente altrove, e nessuno parlò finché non suonò la campana.

Quando Moody ci congedó tutti si riversarono nel corridoio per commentare la lezione appena trascorsa.

Prima che potessi seguirli, tuttavia, il professore mi chiamó facendomi segno di avvicinarmi alla cattedra.

Quando la porta si chiuse dietro di me lasciandoci soli in aula, i miei sensi si allertarono nuovamente, anche se non seppi spiegarne la ragione.

«Hai avuto ottimi riflessi l'altro giorno, con quel Malfoy. E il livello del tuo Protego non è certo quello di un normale quattordicenne… mi chiedo, dunque, da chi tu sia stato allenato…»

Mi ritrovai a irrigidire la mascella, osservando il modo in cui entrambi gli occhi di Moody fissavano il punto il cui il fascino nascondeva la cicatrice.

La mia mano si strinse inconsciamente sulla bacchetta e Moody lo notó.

Fece un sorriso strano e cacció velocemente dal suo pantalone una fiaschetta dalla quale bevve un sorso, senza smettere di guardarmi.

«È stato mio padre ad allenarmi.» dissi con voce dura.

Moody sorrise ancora.

«E immagino dunque che persino le maledizioni non ti siano nuove.»

La sua sembrava più un'affermazione che una domanda.

Irrigidii ancora la mascella per l'atmosfera che si era venuta a creare.

«Infatti, signore. Mio padre mi ha insegnato a contrastare la maledizione Imperius a dodici anni. E sono stato allenato a sopportare le torture della Cruciatus.»

Per un attimo vidi un lampo di sorpresa balenare nello sguardo di Moody, subito seguito da un ghigno di sfida.

«Vediamo quanto questo corrisponde al vero! Imperio!» ringhió al mio indirizzo puntandomi contro la bacchetta, e immediatamente mi preparai all'attacco mentale.

Era da tanto che non venivo sottoposto all'Imperio e, dopo tutti i pensieri che avevo avuto durante la lezione, fu una sensazione davvero straordinaria.

Ebbi l'impressione di galleggiare, come se tutti i pensieri e le preoccupazioni dentro la mia testa venissero dolcemente cancellati, lasciando nient'altro che una vaga, indefinibile felicità.

Rimasi lì, infinitamente rilassato, per qualche secondo prima di respingere brutalmente l'assalto mentale del mio professore, senza permettergli neanche di accedere ai miei pensieri e con una forza tale da farlo sbattere contro la scrivania.

Un secondo prima di respingerlo, avevo sentito la sua voce nella mia testa che diceva 'Dimmi cosa nascondi', e ne fui cosí sconvolto che non aspettai che si riprendesse ed uscii in fretta e furia dall'aula.

L'ultima cosa che sentii, nel corridoio deserto, fu la voce di Moody.

«Ti tengo d'occhio, ragazzo! Ricordatelo!»

  
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