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Autore: Signorina Granger    02/05/2017    4 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Agli occhi di molti la Cimmeria Academy è solo l'ennesima scuola privata, con le sue divise perfette e i suoi brillanti e ricchi studenti. La scuola ospita i figli delle più influenti e importanti famiglie di tutto il mondo, i ragazzi più promettenti e destinati a ricoprire ruoli di spicco nella società, come i loro genitori.
Ma mai giudicare un libro dalla copertina: la Cimmeria è molto di più e nasconde dei segreti, come alcuni suoi studenti già sanno... e presto anche altri se ne renderanno conto.
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Night School '
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Capitolo 35: Scacco 


 
Giovedì 14 Aprile


 
Sollevò leggermente lo sguardo, osservando per un attimo il cielo azzurro mentre continuava a camminare, conoscendo ormai a memoria la strada da percorrere.
Era felice che ci fosse bel tempo finalmente… la primavera era sempre un po’ restia ad arrivare, in Inghilterra. 

Era felice, in effetti, che ci fosse bel tempo proprio quel giorno. 

In realtà aveva un nodo allo stomaco fin dalla sera prima, ma cercava di non pensare a come sarebbe stato quel giorno se le cose fossero andate in maniera diversa. 
Qualche volta, dopo quello che era successo due settimane prima, si era ritrovato a pensare che se Isabelle avesse trovato il libro prima qualche morte sarebbe stata risparmiata… specialmente una in particolare. 

In fin dei conti però sapeva che non era colpa sua… anzi, di certo la stessa Isabelle si sentiva in colpa. E probabilmente incolparla non era giusto, non dopo averle sentito raccontare tutta la storia. 
Ma era così che andavano le cose, no? Si cercava sempre un responsabile.


Continuò a camminare sulla ghiaia finché non riuscì a vederle, le lastre che quasi luccicavano sotto il sole. Sorrise leggermente, ricordando tutte le volte in cui l'aveva sentita lamentarsi, sostenendo che al suo compleanno pioveva quasi ogni anno, benché fosse piena Primavera.

Le cose quell'anno erano andate in modo diverso, e non sapeva se esserne felice o pensare a quanto fosse tristemente ironico. 

Solo la sera prima, in effetti, si era reso conto di una cosa… aveva pensato ad una domanda che non le aveva mai fatto. Triste pensare che probabilmente non avrebbe mai conosciuto la risposta, o ancor più pensare che non avrebbero mai più passato un compleanno insieme… in effetti non ne avevano mai passato uno da fidanzati, purtroppo.


Si fermò davanti alla quinta e ultima lastra, sorridendo leggermente prima di chinarsi e appoggiarcisi sopra i fiori viola che teneva in mano, accanto a quelli che altri ci avevano lasciato sopra da quella mattina.  


No, non le aveva mai chiesto quale fosse il suo fiore preferito. Si era chiesto, quindi, a che fiori lasciare sulla sua lastra… e la sera prima era andato a finire in Biblioteca, prendendo l'unico libro che mai avrebbe pensato di leggere. 
Ci aveva messo un po’ a scegliere, ma alla fine si era deciso. 

Sistemò leggermente i petali delicati prima di sorridere appena, gli occhi grigi fissi sul nome inciso sul liscio marmo davanti a lui:

“Buon compleanno, Frankie.” 


Rosmarino: ricordo.


                                                                                     *


“È una pecora!” 
“Secondo me è una capra, non vedi che ha le corna?” 
“Io non le vedo, le corna! E poi la capre e le pecore sono parenti, non lo sai?” 


Alastair rotolò su un fianco per guardala in faccia, sgranando gli occhi castano-verdi mentre Isabelle scuoteva il capo:

“Ma che dici, non sono parenti!” 
“Secondo me sì, entrambe brucano l'erba, e fanno il latte…” 

“Comunque secondo me è una pecorella.” 

Isabelle incrociò le braccia al petto con decisione, accennando alla nuvola che stava sopra di loro mentre, accanto al suo migliore amico, se ne stava stesa sull'erba, in mezzo ai tulipani. 

“Vado a chiederlo a tua mamma. Zia!” 

Il bambino sfoggiò un sorriso mentre si alzava, trotterellando verso il tavolino bianco sistemato all'ombra di un ciliegio, dove Amelie Van Acker stava prendendo il thè mentre teneva sott’occhio i due bambini. 

“Si, tesoro?”     La donna sorrise, appoggiando con delicatezza la tazza di porcellana sul piattino e guardando il bambino con sincero affetto, mentre Isabelle si era alzata per imitarlo e seguire la conversazione. 

“Secondo te che cos’è quella nuvola?” 
“Non saprei… secondo te che cos’è?” 
“Una capra. Ma Isabelle dice che è una pecora…” 

“Secondo ke quella nuvola può essere di tutto… dipende da gli occhi di chi la guarda. Anche io guardavo le nuvole da piccola, ma io non lo faccio più.” 
“Come mai?” 
“Sai tesoro, quando diventi grande perdi la bellissima immaginazione che avete voi.” 

Amelie sorrise, accarezzando con affetto i capelli lisci e castani del bambino mentre Isabelle approfittava della distrazione della madre per prendere qualche pasticcino prima di trotterellare via, annunciando che sarebbe andata a raccogliere qualche tulipano arancione per farci una collana. 



Da bambina aveva passato diverso tempo, quando il clima lo permetteva, stesa sull'erba nel giardino di casa sua, in mezzo ai tulipani… osservando le forme strane delle nuvole insieme ad Alastair quando andava a trovarla, o anche da sola. 
Con il tempo Isabelle Van Acker si era resa conto che stare da sola non le dispiaceva… ogni tanto sentiva il bisogno di stare con gli altri, ma di tanto in tanto le piaceva anche riflettere e basta. 


Osservò il cielo incredibilmente azzurro con un lieve sorriso stampato sul volto, consapevole che in mezzo a quella tranquillità e con la piacevole sensazione del Sole sulla pelle avrebbe anche potuto addormentarsi. 

Erano passate due settimane, ma a lei sembravano molte di più… due settimane da quando Morgan Shafiq l'aveva raggiunta insieme a due uomini che lavoravano per lui e ad una donna che non vedeva da tanto tempo ma decisamente familiare, che l'aveva abbracciata quasi in lacrime. 

Due settimane da quando aveva raccontato finalmente a Morgan cosa era successo e lui era andato in Olanda per liberare un amico di vecchia data dall’incantesimo che la stessa figlia gli aveva lanciato contro. 


Isabelle sorrise, comodamente stesa sul prato mentre un braccio le cingeva delicatamente la vita.

Incredibile pensare che fosse finita davvero… ci era rimasta dentro per così tanto che aveva dimenticato come fosse non vivere nell’ansia e preoccupazione costante, quando i suoi unici pensieri erano la scuola, la Night School e i suoi amici. 


Nono sapeva nemmeno da quanto fossero lì, lei e Jude… ma non le interessava, all'improvviso le sembrava di avere tutto il tempo del mondo davanti a sé. 

“Comoda?” 
“Sì. Grazie per esserti offerto di farmi da cuscino.” 
“Io non mi sono offerto, tu mi stai sfruttando, semmai.” 

Jude quantomeno provò a sbuffare e ad usare un tono seccato, ma finì col sorridere a sua volta quando Isabelle si sollevò leggermente, appoggiando un gomito sull'erba per poterlo guardare in faccia e rivolgergli un piccolo sorriso:


“La senti?” 
“Che cosa dovrei sentire? Non sento nulla.” 

“Appunto Jude… la pace, senti la pace, finalmente.”  

I capelli castani della ragazza le scivolarono dalla spalla e Jude per qualche istante non disse monete, limitandosi ad attorcigliare una ciocca di capelli intorno al dito. 


“In effetti è strano, dopo l'anno che abbiamo passato. E questo mi ricorda che abbiamo anche gli esami di fine anno… forse la pace non durerà.” 
“Credo che dopo quest'anno gli esami non mi spaventino poi molto… credo che le vere difficoltà saranno altre.” 

L'espressione della ragazza s’incupì per un attimo ma Jude le sorrise, parlando con il tono più rilassato del mondo:

“Lo so, fa paura… ma vedrai, ce la faremo… andrà tutto bene.” 
“Lo spero. Non si prospetta un periodo facile, una volta terminata la scuola. Credi che tornerà a cercare il libro?” 
“Spero di no… ma se anche dovesse succedere, per allora noi saremo lontani da qui.” 

Jude abbozzò un sorriso, sperando di convincerla: era davvero troppo una bella giornata per lasciarsela rovinare. 
In realtà anche lui aveva qualche pensiero per la testa… sulla sua famiglia, principalmente. 
Ma entro un paio di mesi avrebbe rivisto suo padre e aveva intenzione di discuterne con lui… forse era vero, aveva passato tutta la vita pensando di aver portato via l'amore a suo padre. Ma forse di mezzo c'era davvero la vecchia megera…

Jude si costrinse ad interrompere il flusso di pensieri, dicendosi di non pensarci. Avevano finalmente un po’ di pace, tanto valeva godersela. 

Isabelle, che nel frattempo era rimasta in silenzio, continuò a guardarlo per qualche istante come se stesse pensando a qualcosa prima di parlare di nuovo, mormorando una breve frase a bassa voce:


“Ti amo, Jude.” 

In realtà glielo aveva già detto una volta, due settimane prima. L'aveva fatto nella sua lingua sapendo che lui non avrebbe capito le sue parole, l'aveva fatto forse anche perché pensava che magari non lo avrebbe più rivisto… e anche se gli aveva lasciato la traduzione non era la stessa cosa. 


Di riflesso Jude rimase in silenzio per qualche istante, limitandosi a guardarla di rimando mentre pensava a quando lui le aveva detto quelle esatte parole… solo che lei non lo sapeva. In effetti, quando aveva letto quelle parole su un foglio di pergamena era quasi caduto dalla sedia, ma non teneva a farglielo sapere. 

Una vocina nella sua testa gli disse che era finalmente arrivato il momento di dirlo di nuovo, solo questa volta davanti a lei… probabilmente se non l'avesse fatto la sua coscienza lo avrebbe preso a cazzotti mentali. 

Lei però non disse nulla, limitandosi a guardarlo con gli occhi verdi carichi di quella pazienza che sapeva di dover portare… ma non le dispiaceva, anzi. 

“Ti amo anche io.” 


La guardò sorridere, e mentre Isabelle si chinava per baciarlo Jude pensò a due cose: la prima era che, molto probabilmente, lei era la prima e unica persona a dirgli quelle parole. La seconda era che, di sicuro, lei era la prima e l'ultima a cui lui le avrebbe dette. 


                                                                                 *


“Perciò, ricapitoliamo… nel corso di sette mesi sono morti cinque studenti, un libro che non veniva preso in mano da decenni è stato trovato e non uno, ma ben due Mangiamorte si aggiravano per la scuola, confermando praticamente che Voi-Sapete-Chi è davvero tornato… e uno di questi è stato ucciso da una studentessa che, guarda caso, era sua nipote. Ho dimenticato qualcosa?” 

“Credo di no.” 

“Bene… e allora qualcuno mi spiega perché non ci hanno esonerato dagli esami? Ho sentito che ad Hogwarts spesso e volentieri lo fanno, non è giusto!” 

Faye Cassel sbuffò sonoramente, tamburellando la piuma che teneva in mano sul rotolo di pergamena, era dove avrebbe dovuto scrivere un saggio per Storia della Magia.

“La speranza è l'ultima a morire, ma a questo punto dubito che lo faranno…” 
“Che rottura. … e ci hanno persino fatto scrivere un tema infinito su quello che è successo e sul significato che ha avuto per noi! Ci scommetto il rossetto che l'idea è stata di Jefferson…” 

“Beh, se ci scommetti il rossetto allora deve essere proprio importante…” 

Sebastian annuì, restando perfettamente serio prima di sorridere, quando Faye si sporse per colpirlo sonoramente sul copino. 

“Cretino! Dammi una mano a finire i compiti invece di prendermi in giro.” 
“Perché io? Non mi sembra che Phoebe si stia impegnando più di me?” 
“Non mettermi in mezzo, sono impegnata…” 

Phoebe si strinse nelle spalle, parlando con un tono piuttosto neutro mentre si limava le unghie con nonchalance, ignorando deliberatamente i compiti che avrebbe dovuto fare. 


“Oh signore, mancano ancora due mesi… come faremo ad andare avanti così?” 
“Ho avuto un lampo di genio.” 
“Fammi indovinare, proporrai ad Hamilton uno scambio equo? Il tuo prezioso rossetto contro gli esami?” 
“Hai poco da ridere, sai quanto costa il mio rossetto? E comunque no… però potremmo rapire Hamilton e convincerlo a non farci fare gli esami! E se ci beccano diremo che se ci puniranno noi faremo trapelare i nomi che abbiamo letto nel libro… quelli della Orion.” 

Faye sfoggiò un sorriso quasi trionfante mentre Sebastian e Phoebe invece si scambiarono un’occhiata perplessa, chiedendosi reciprocamente se la ragazza fosse seria… in effetti la conoscevamo entrambi molto bene, quindi sapevano perfettamente quale fosse la risposta.

“Faye… Da quando sei un genio del crimine?” 
“Da sempre, che domande! Ti ricordo che quando avevamo 5 anni ho rovinato il vestito da cerimonia nuovo di tua madre e ho fatto ricadere la colpa su tuo fratello.” 


                                                                             *


“Cami?” 
“Mh?” 

“Andiamo a fare una passeggiata?” 
“Mh…” 

Mathieu sospirò, voltandosi verso l'amica che era ancora china sulla sua tazza di cappuccino, disegnando chissà cosa con il cucchiaino usando la schiuma.

“Smettila di mugugnare… è una bellissima giornata!” 
“Vero, ma sai che sono molto pigra… e stasera abbiamo anche l'incontro, faticherò abbastanza.” 

“Lo so che non ami l'attività, ma a me stare all'aria aperta piace… coraggio, andiamo.” 

Camila stava per finire la sua opera d'arte quando si sentì strattonare e il tavolo iniziò ad allontanarsi progressivamente da lei… strano, e pensare che era ancora seduta. 
L'americana si voltò verso l'amico, sbuffando e guardandolo male mentre Mathieu aveva afferrato lo schienale della sedia e la stava trascinando verso la porta:

“Mat! Ma che fai?” 
“Beh, ti costringo a venire fuori… con le buone non ci riesco mai, quindi ti ci porto di peso direttamente.” 


                                                                                     *


Domenica 14 Giugno 



“Maledizione, possibile che l'unica volta in vita mia in cui sono in orario disperdo le compagne di classe?” 

Phoebe Selwyn sbuffò sonoramente mentre, tenendo un lembo della sua tunica blu per evitare di inciampare e schiantarsi sul pavimento, trotterellava lungo il corridoio alla ricerca di Isabelle. 

“VAN ACKER! Dove caspiterina ti sei cacciata? Sono finalmente in orario, non ti permetterò di farmi arrivare in ritardo persino al nostro ultimo giorno alla Cimmeria!” 

Phoebe sbuffò, ma quando ebbe svoltato l'angolo si fermò, tirando quasi un sospiro di sollievo… sì, quasi: perché effettivamente aveva trovato la sua migliore amica, peccato però che fosse impegnata a slinguazzarsi con Jude Verrater.

“Ah, eccovi qua… c'era da aspettarselo. Ehm… scusate? Dovremmo andare a prendere i diplomi, sapete? Quella cosa per cui abbiamo sudato sette anni?” 

Phoebe alzò leggermente il tono di voce e roteò gli occhi mentre Isabelle si staccava dal ragazzo con una debole risata, mentre invece Jude sbuffò e si voltò verso la ragazza tenendo ancora le braccia strette intorno alla vita di Isabelle, fulminando Phoebe con lo sguardo:

“Ti ho mai detto che sei una gran guastafeste, Selwyn?” 
“Non so, forse sì… ma non ho tempo di pensarci, dobbiamo andare, quindi muovetevi, potrete amoreggiare quando saremo diplomati ufficialmente!” 


                                                                                   *


“Signore, ma non finisce più… ho fame, quando inizia il rinfresco?” 
“Immagino quando sarà finita questa tortura…” 

Adrianus sbuffò leggermente, continuando a tamburellare le dita sulla propria gamba mentre, accanto a lui, Camila stava praticamente sonnecchiando sulla sedia e Mathieu sembrava morire dalla voglia di alzarsi e uscire dalla stanza.

Le famiglie di praticamente tutti gli studenti dell'ultimo anno erano sedute alle loro spalle… anche se Adrianus non era particolarmente entusiasta dell’assenza di suo fratello, ma ad Hogwarts gli esami erano ancora in corso. 

“Cami! Svegliati, tra poco dobbiamo alzarci per prendere il diploma?” 
“Eh? Si, sono sveglissima…” 

Camila sbuffò, continuando a tenere gli occhi chiusi con ostinazione mentre Mathieu sbuffava, scrollandola leggermente: se la conosceva almeno un po’ la sera prima non aveva dormito dall’emozione, oppure era stata sveglia per ore per testare tutti i colori possibili ed immaginabili per il gran giorno. 


Adrianus invece teneva gli occhi fissi sulle cinque sedie lasciate vuote di proposito, in prima fila… come molti altri, in effetti.  Isabelle, seduta davanti a lui tra Jude e Phoebe, stava facendo esattamente lo stesso. 
Anzi, probabilmente Hamilton stava parlando anche a proposito dei cinque studenti disgraziatamente morti durante l'anno… ma non stava seguendo granché del discorso. 

Quasi non riusciva a credere che quel giorno fosse arrivato… era felice certo, ma anche stranito perché quei due ultimi mesi di scuola erano praticamente volati. E poi era anche amareggiato, perché continuava a non essere giusta l'assenza di quelle cinque persone. 

Pensò a Frankie e ad Alexa, ad Alastair e Jackson… due coppie di migliori amici, triste ma vero. 
Beh, almeno avevano, forse, trovato un po’ di felicità ovunque si trovassero. 


                                                                         *

“Mamma!” 
“Cami!” 

Camila partì praticamente in quarta non appena mise gli occhi su sua madre, correndo verso la donna che le stava sorridendo allegramente prima di abbracciarla.

“Sono felice di vederti, mi sei mancata.” 
“Anche tu tesoro… e sono molto orgogliosa di te.” 

“Grazie… ma per te non è strano essere qui?” 

Camila inarcò un sopracciglio, accennando silenziosamente ai genitori di Phoebe… certo, Elizabeth Selwyn sapeva da sempre della relazione che suo marito aveva avuto anni prima, ma probabilmente per Melanie non era comunque particolarmente piacevole visto che lei non aveva saputo, al tempo, del matrimonio di Nathaniel Selwyn. 

“Magari un po’, ma niente mi avrebbe impedito di venire qui, oggi…”
“Mi fa piacere. Dai, ti presento i ragazzi! Mat smettila di mangiare, ti presento mia madre! Steb, vieni qui anche tu!” 

    
                                                                                        *


“Perché ti stai nascondendo qui dietro?” 

Faye inarcò un sopracciglio mentre abbassava lo sguardo sul cugino, seduto in un angolo e con una bottiglia in mano.

“Secondo te? Non muoio dalla voglia di vedere mio padre…” 
“Lo immagino… ti faccio compagnia?” 
“Direi di si… tieni, condividiamo.” 

Faye sedette accanto al cugino, facendo tintinnare il calice che teneva in mano contro la bottiglia di Sebastian… si scambiarono un debole sorriso prima che gli occhi del ragazzo saettassero nuovamente sulle sedie rimaste vuote e intoccate, anche quando il discorso di commiato di Hamilton era finito. 

“Lo so, mancano anche a me… vorrei anche io che fossero qui, con Jackson ci saremmo di certo divertiti molto.” 
“Già… ma è andata così. E forse abbiamo già rimuginato abbastanza… oggi finiamo la scuola ufficialmente cuginetta, brindiamo alla porta che, spero, si aprirà da domani.” 

“Cin-cin.” 


                                                                                  *


“Sono davvero felice di vedervi qui.” 


Isabelle sorrise, gli occhi verdi quasi luccicanti mentre davanti a lei suo padre le sorrideva, guardandola con affetto e accennando all’uomo che gli stava accanto:

“In realtà Morgan si è auto-invitato.” 
“Taci Jakob, non sarei mancato per niente al mondo, Isabelle è la mia figlioccia… e il mio regalo per il diploma ti aspetta a casa.” 

“Che cos’è?”  Gli occhi verdi di Isabelle scintillarono, esattamente come quando aveva sei anni e lo zio le diceva più o meno la stessa cosa… ma come sempre Morgan non disse nient’altro, limitandosi a sorriderle e a strizzarle l’occhio prima di bere un altro sorso di vino bianco. Accanto a lui invece Jakob Van Acker si stava guardando intorno attentamente, scrutando la folla:

“Senti Morgan… non pensi che dovremmo andare a cercare il ragazzo di Isabelle e presentarci?” 
 “ZIO! Lo hai detto a papà?” 
“Ops… beccato. Comunque non preoccuparti Jake, te lo indico subito…” 



Poco distante, nel frattempo, Jude si era appena voltato per chiedere alla signora accanto a lui se poteva passargli un bicchiere quando rimase come pietrificato, esitando per qualche istante mentre i suoi occhi saettavano su un volto in un certo senso familiare. 


“Certo caro, tieni pure.”     La donna gli sorrise, porgendogli il bicchiere mentre Jude continuava ad osservarla, mentre la somiglianza con un viso piuttosto conosciuto si faceva sempre più lampante. Il ragazzo prese il calice e accennò un sorriso, sicuro di sapere chi avesse di fronte. 

“Grazie. Scusi, lei è la Signora Van Acker per caso?” 
“Sì… sei un amico di Isabelle?” 

“Mamma! … e Jude. Vi siete conosciuti senza di me?” 

Isabelle comparve accanto al ragazzo, prendendolo sottobraccio mentre Jude annuiva e sorrideva, porgendo la mano ad Amelie per tutta risposta:

“Salve signora Van Acker, sono Jude Verrater, uno dei ragazzi che ha aiutato sua figlia, e le ha salvato la vita, non ché il suo ragazzo, ma per comodità può sempre chiamarmi 'genero', se preferisce.”  (Cit. Phebe Nda)


                                                                                   *


“Scacco.” 

Isabelle Van Acker sorrise, muovendo la sua Regina bianca verso il Re nero di Alastair. 
Il ragazzo alzò lo sguardo dalla scacchiera e le sorrise di rimando, allungando una mano e fermando il tempo sull’orologio che, come sempre, era stato sistemato accanto alla scacchiera. 

“Brava Belle… ci hai messo un po’, ma i miei complimenti comunque.” 
“Sai che come si dice, no? Chi va piano va sano e va lontano… anche se ammetto che forse avrei potuto metterci meno tempo… Forse Francisca non sarebbe morta.” 

“Non puoi saperlo amica mia… Ormai è andata così, tanto vale farsene una ragione. L'importante è che alla fine tu abbia vinto… non importa quanto la partita sia durata.” 


Alastair sorrise e Isabelle annuì leggermente, continuando a tenere gli occhi fissi sul volto dell'amico prima di parlare a bassa voce:

“Immagino che ora dovrei salutarti una volta per tutte Al.” 
“Forse sarebbe meglio… credo che tu sia pronta, a questo punto.” 


Alastair le sorrise, allungando una mano per appoggiarla su quella dell'amica che annuì, sbattendo le palpebre per non piangere. Buffo, si poteva piangere nei sogni? 

“Mi mancherai Al. Mi manchi già ora, a dire il vero.” 
“Non c’è peggior vita se non quella passata nel rimpianto… Hai tutta la vita davanti a te Isabelle, goditela. Jude Verrater non mi è mai piaciuto, ma se ti renderà felice allora ben venga. Hai ancora tantissime partite da giocare e sono sicuro che le vincerai… anche se non contro di me, temo.” 






Poteva vedere chiaramente le persone che riempivano parte del giardino, da lassù. Le piaceva avere quella prospettiva, poter controllare tutto… le aveva sempre dato una sensazione di tranquillità, come se tutto stesse andando nel modo giusto. 

Aveva fatto le valige, il suo baule era chiuso nella sua camera e pronto per essere trasportato fuori dall’edificio… ma prima di andare aveva preferito dare un ultimo saluto alla Cimmeria. Come? Con una passeggiata sui tetti, ovviamente. 


Si alzò, sporgendosi ulteriormente e guardando giù, dritto al suolo. Una lieve sensazione di nausea la pervase ma si costrinse a non fare un passo indietro e a rimanere ferma… pensando a quando, due anni prima, Alastair Shafiq le aveva insegnato a combattere la sua paura.

Isabelle Van Acker soffriva di vertigini… ma aveva imparato a non pensare all'altezza e ormai riusciva a muoversi tranquillamente sui tetti, solo grazie a lui, al ragazzo che sosteneva di non sopportare i limiti. E la paura è uno di questi, diceva, quindi va superata. 

Aveva ragione? Odiava ammetterlo, ma ancora una volta sì… Al aveva ragione. 

Ripensò, per un attimo, a come fosse arrivata alla Cimmeria nove mesi prima… la paura era già in allerta, il sentore che quello non sarebbe stato un anno come tutti gli altri. 
Pensò poi a come se ne stesse andando… c'erano meno persone accanto a lei, si sentiva privata di qualcosa ma allo stesso tempo infinitamente più arricchita. 

Aveva sistemato la giacca di Alastair e il suo orologio in cima al baule… non se ne sarebbe mai andato del tutto, questo no, ma aveva comunque altro a cui aggrapparsi. 

“Che fai, la vedetta?” 

Si voltò sentendo la voce di Jude, e lo vide fare capolino dalla finestra della sua camera, guardandola con espressione accigliata. Lei gli sorrise e annuì prima di spostarsi, raggiungendolo in fretta e scavalcando la scrivania come ormai era abituata a fare. 

“Già… mi piace tenere tutto sotto controllo. Ci ho provato per tutto l'anno… che ci fai in camera mia?” 
“Ero sicuro che fossi o qui dentro o a gironzolare da qualche parte… e come sempre ho avuto ragione. Coraggio Van Acker, portiamo la tua roba di sotto.” 


Isabelle annuì, guardandolo far lievitare il suo baule a mezzo metro da terra prima di farlo planare fuori dalla sua camera. 
“Ok… vai pure, ti raggiungo.” 


Lo guardò uscire dalla porta aperta prima di voltarsi, trovandosi davanti alla scrivania ormai vuota e alla finestra bianca spalancata. Isabelle rimase immobile per un attimo ma poi si mosse, avvicinandosi alla finestra prima di chiuderla con un gesto secco. Sì, ora poteva andare. 













……………………………………….......................................................
Angolo Autrice in lacrime:

Non è possibile che io mi commuova al penultimo capitolo! Questa storia mi ha sempre fatto effetti strani… ad ogni modo, non pensavo di aggiornare così presto ma il capitolo si è proprio scritto da solo, quindi… eccolo qua, spero che vi sia piaciuto. 
Ci sentiamo presto con l'ultimo capitolo… vedremo quanti fazzoletti vi farò utilizzare. 


Buonanotte, 
Signorina Granger 









   
 
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