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Autore: Hell Storm    19/05/2017    1 recensioni
Da bambina papà mi diceva che dove c'era la luce, c'era la vita, la speranza ... e il pericolo. Solo nel 2077 mi fu ben chiaro il vero significato di quelle parole, quando le bombe caddero e il mondo bruciò. Io e altri miei commilitoni ci salvammo nascondendoci fra le mura della nostra base, ma quando uscimmo alla luce, il nostro mondo non c'era più. Rimasti soli e a guardia di uno dei più grandi tesori prebellici della storia, decidemmo di fondare il primo insediamento della Zona Contaminata. Un faro di speranza in un oceano di morte e buio che avrebbe attirato altri superstiti in cerca di aiuto e di conseguenza anche intere legioni di mostri nati dalle radiazioni e predoni senza scrupoli.
Io sono il sorvegliante Rocket Earp. Noi siamo i fondatori di Beacon City. La Zona Contaminata è il nostro mondo. E questa ... è la nostra storia.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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S.O.S.

Il primo dei tanti che ricevemmo

 

 

26/12/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/P1/Livello amministrazione

Ore 10:05

 

36°77’33.22”N 102°52’40.88”O

 

Il giorno dopo la missione al Red Oasis ero di nuovo in servizio. Stando al protocollo avrei dovuto ricevere un giorno di riposo. Ma ne io, ne gli altri avevamo intenzione di starcene con le mani in mano per la semplice scampagnata che avevamo fatto.

Amelia, Bud e Tony avevano passato l’intera mattinata a raccontare della missione e ad informare gli altri soldati su ciò che avevamo visto la fuori. Isaac e Baatar si erano messi al lavoro sui loro nuovi velivoli. I vertibird erano eccezionali, ma durante il volo i due piloti avevano avvertito svariate vibrazioni e suoni che a loro parere non erano accettabili. Tutta roba che per gli uomini senza ali era incomprensibile. Nick si era svegliato alle sei del mattino per unirsi alle squadre di ampliamento. Era troppo eccitato all’idea di usare una trivella perforante. I nuovi arrivati si stavano già ambientato con la nuova situazione. Alcuni non avevano ancora smesso di piangere per la gioia, e nessuno aveva problemi di claustrofobia. Nessuno si fece dei problemi a vivere sottoterra dopo aver visto cosa c’era in superficie. I tre bambini si erano sistemati a casa dei Rodriguez. Atom compreso. Maria era più che felice di ospitare altri tre diavoletti in casa sua. I due fratelli erano altrettanto felici di poter vivere con una casalinga così gentile e il suo figlio poco cresciuto. Al contrario il piccolo Zack non era molto allegro. Secondo la Davis stava affrontando la stessa fase di Isaac nei primi giorni di trasformazione, più la sofferenza dovuta al lutto dei suoi genitori. La psicologa aveva consigliato di farlo stare con gli altri bambini e farlo sentire ben accolto. Aveva solo bisogno di tempo e molto supporto.

Io invece non volevo dare il cattivo esempio standomene a letto come una pigrona. Baker e gli altri capi squadra si stavano riunendo nella sala briefing dell’amministrazione per una riunione a porte chiuse.

Mentre attraversavo il quartiere residenziale non potei fare a meno di buttare un occhio sulle vetrine degli spacci. Il negozio di alimentari aveva esposto in vetrina una pila di Salisbury Steak e la libreria era stata finalmente aperta al pubblico. La neve artificiale aveva coperto l’erba del parco pubblico e le decorazioni natalizie illuminavano le vie della piccola città sotterranea. I civili erano già al lavoro. Alcuni si erano specializzati nella manutenzione del bunker. Altri conducevano le loro attività commerciali nei locali adibiti. Qualcuno invece aveva deciso di intraprendere una carriera militare. Al servizio di sicurezza una mano in più non guastava mai.

Presi l’ascensore che conduceva all’amministrazione. Giunta a destinazione non mi servii neppure mostrare i documenti. Tutti mi conoscevano e nessuno faceva domande.

Il QG era situato esattamente al centro del piano. Proprio sotto alla piazzola di arrivo della sicurezza e ad altri venti metri di cemento armato. Costruita con lo stesso schema del laboratorio, era suddivisa anch’essa in vari piccoli blocchi dove gli impiegati stavano lavorando con i loro terminali, stampando documenti, archiviando informazioni, controllando il benessere della popolazione e svolgendo tanti altri compiti che rendevano l’amministrazione indispensabile. Come ogni altro settore naturalmente.

Sopra la porta d’entrata era stato costruito l’ufficio del comandante in capo. Molto simile a quello di Spectrum, solo che quello del colonnello aveva la forma della prua di una nave. L’ufficio era una balconata in cemento armato che svettava su tutti gli impiegati dell’amministrazione. Questo garantiva a Baker di osservare gli impiegati senza disturbarli. Praticamente lo stesso che Spectrum faceva con i suoi scienziati.

Salii le scale che conducevano ai piani alti. Arrivata in cima feci qualche svolta e giunsi finalmente nella sala briefing.

Ad attendermi c’erano già il colonnello ed altri capi squadra, più qualche altro illustre membro della base. Tutti seduti ad un lungo tavolo con il colonnello a capo tavola. Andai a sedermi sulla sedia girevole a fianco di Wright. Baker era intento ad osservare un fascicolo. Tolse gli occhi dalle carte solo quando altri due soldati entrarono nella stanza.

-Bene. Ora che ci siamo tutti possiamo iniziare.- Disse Baker.

Le luci nella stanza si spensero e dei proiettori olografici collocati sulle pareti si accesero. Sopra al centro del tavolo comparve l’immagine olografica della nostra base vista dall’alto.

-Posso informarvi che l’operazione di recupero svoltasi ieri sera ha avuto pieno successo. La squadra Vault ha recuperato il congegno e ventidue civili catturati da un gruppo di individui violenti.-

Sentendo le parole di Baker gli altri soldati si congratularono con la sottoscritta.

-Calma gente. È stato tutto un lavoro di squadra.- Risposi.

-E hanno anche scoperto una possibile minaccia.-

L’ultima frase fece tornare la serietà. Il colonnello inserì l’audionastro di Woden nel lettore di nastri della sala briefing e premette play. Tutti udirono la voce di Woden che ripeteva la tiritera sulla fine del mondo, sul nuovo Eden e sull’eliminare gli indegni. Quando la registrazione terminò restammo tutti in silenzio, aspettando che Baker dicesse qualcosa.

-Sembra che Trevor Weber abbia realizzato il suo sogno. Ha finalmente ottenuto il suo comando.-

-Chi?- Chiese un sottotenente.

L’ologramma della base sopra al tavolo venne sostituito dalla foto di un militare in primo piano. Un veterano con l’uniforme delle truppe d’assalto di Anchorage. Castano, con un paio di baffetti sottili ed uno sguardo poco amichevole.

-Maggiore Trevor Weber. Discendente di immigrati austriaci. Nato alla fine degli anni venti. Entrato nell’esercito a diciannove anni. Abbiamo frequentato lo stesso corso per ufficiali nel quarantasette e combattuto entrambi ad Anchorage, ma in due plotoni diversi. Ha ricevuto numerosi richiami per abuso di potere, azioni ingiustificate, incompetenza nel comando ed è stato sospettato per crimini di guerra.-

-Del tipo?- Chiesi.

-Esecuzioni sommarie e torture su prigionieri cinesi. Non c’è stata alcuna inchiesta. La battaglia era vinta, e secondo lo stato maggiore, l’esercito non poteva permettersi di rendere pubbliche le sue onte.-

Prima della Grande Guerra l’esercito e le varie forze dell’ordine non erano viste di buon occhio da tutti. Tra gli scontri in West Virginia per il programma di automatizzazione e le rivolte di Boston per la carenza di cibo, le forze dell’ordine avevano compiuto diverse violazioni ai danni del popolo americano.

-E come è andata a finire?- Chiese un altro soldato.

-Gli è stato affidato un incarico inerente alle sue competenze: Responsabile dei buoni di guerra alla BSO.-

-Hanno messo una simile carogna a proteggere la banca dello stato?- Chiesi incredula.

-No Red. Hanno messo un soldato in uniforme da parata a fare la guardia alla cassa delle offerte per i soldati al fronte. Ne avrete vista almeno una?-

Compresi che in effetti quel lavoro era davvero umiliante. Starsene a fianco di una grossa scatola a fare il saluto a tutti i civili che depositavano i loro buoni di guerra per finanziarie la campagna in Cina. Quello si che era uno schifo. Anche gli altri colsero il lato ironico della cosa.

-E lei pensa che questo Weber sia Woden?- Chiese il sottotenente di prima.

-Lord Woden.- Sottolineai io.

-Senza dubbio.- Rispose Baker. -Spectrum è riuscito ad eliminare le interferenze nell’audio, ha fatto un paragone e ha trovato un riscontro nel nostro database.-

-Quanto può essere grave la cosa?- Chiese Lopez.

Esclusa la sottoscritta era lui il caposquadra più giovane.

-Dipende da quanti seguaci si siano uniti alla sua causa.-

La foto di Weber venne a sua volta sostituita dalla proiezione olografica di un circuito. Era lo schema elettrico di un circuito molto complesso, non come quelli con cui ero abituata a lavorare nei cantieri prima dell’esame Vault-Tec. Decisamente fuori dalla mia portata.

L’unica cosa di cui mi accorsi, fu la mancanza di un componente nel complesso impianto elettrico.

-Doc?-

-Sono qui Roland. Aspettiamo solo il segnale.-

A fianco del circuito comparve l’ologramma di un vecchio scienziato col camice da laboratorio. Il vecchio stava in piedi a fianco del circuito, con le mani dietro la schiena e lo sguardo rivolto verso Baker.

-Procedete.-

Il vecchio collocò il componente mancante nel punto vuoto del circuito e usò un saldatore elettrico per saldare i collegamenti.

Odio ammetterlo, ma mi ci volle qualche secondo per riconoscervi il Dr Spectrum. Non ero abituata a vedere la sua forma umana. In ogni caso, la natura della sua trasformazione in eyebot era ancora un mistero per me.

L’ologramma sopra al tavolo continuò a lavorare sul circuito. Era chiaro che si trattava di una semplice simulazione a scopo illustrativo. Il vero Spectrum stava collocando il congegno in uno dei computer del centro scientifico con l’aiuto di un team composto da esperti di informatica e tecnologia.

-Tra pochi istanti avremo la piena connessione a tutti i trasmettitori su suolo americano ancora in funzione.- Continuò il colonnello. -Questo ci garantirà un'analisi più approfondita su ciò che rimane della nostra rete. Intanto abbiamo da mostrarvi questo.-

Sopra il tavolo comparve l'immagine olografica di un insetto. Era uno scarafaggio. Una piccola bestiola che ai miei occhi sembrava normale.

-Carino.- Commentò Lopez.

-Quello che state vedendo non è un semplice scarafaggio. Bensì una periplaneta americana che ha subito una mutazione evolutiva mai riscontrata fino ad oggi.-

-Che ha di così tanto speciale?- Chiesi.

-È grande come un gatto.- Mi rispose Wright.

-Può ripetere tenente?- Chiese uno dei capi squadra. -Credo di aver sentito male.-

-Alle quattro di stamattina, tre delle nostre sentinelle lo hanno trovato attaccato alle mura sud. Quando sono scesi per guardarlo questo gli è saltato addosso. È schizzato sopra a una delle guardie mordendogli la protezione del torace. Gli altri due lo hanno liberato all’istante e per fortuna non lo hanno eliminato. Lo hanno gettato in una cassa e portato al centro scientifico. Spectrum lo ha esaminato tutta la mattina.-

-Ma gli scarafaggi non dovrebbero essere refrattari alle radiazioni?- Chiese Lopez. -E poi non dovrebbero attaccare la gente.-

-A dire il vero gli scarafaggi mangiano tutto ciò che gli capita a tiro. Dalla materia in decomposizione fino agli insetti più piccoli.- Fece notare un altro caposquadra.

-E per quanto riguarda le radiazioni, si. Topi, scorpioni e scarafaggi possono resistere ad un’alta dose di radiazioni, ma secondo Spectrum non è questo che ha ingigantito quella bestiaccia.- Affermò il colonnello. -Le esplosioni in superficie hanno sicuramente distrutto buona parte dei laboratori e delle strutture di ricerca. Alcune di queste potrebbero essere state create per lo sviluppo di armi chimiche e batteriologiche disperse nell’atmosfera in seguito alla devastazione nucleare.-

-Come la Nuova Peste.- Pensai.

Non volevo aprire una discussione sul virus artificiale che aveva decimato migliaia di innocenti americani. Ero comunque sicura che anche gli altri ci avessero pensato.

-Sta dicendo che in superficie l’aria oltre ad essere contaminata dalle radiazioni potrebbe essere anche piena di certe schifezze?- Chiese sconcertato il sergente Jacob Smith.

Anche lui uno dei capo squadra.

-State tranquilli. Spectrum ha rilevato un certo numero di sostanze tossiche presenti soltanto in determinate zone del nostro perimetro. Nessuna delle quali vi danneggerà, purché non vi arrivino sulla pelle o le beviate. Il nostro capo scienziato continuerà a monitorare la situazione, ma per adesso vi invito a rispettare ogni singola norma sulla decontaminazione e la prevenzione contro le mutazioni durante le vostre uscite.- Ordinò il colonnello.

-Qui abbiamo finito Roland. L’ultimo neurone è stato collegato.- Lo informò Spectrum.

-Per chi ancora non lo sapesse, i neuroni sono dei sofisticatissimi microprocessori, anche noti come microchip, costruiti unicamente per formare una super rete di controllo logistico non senziente. Ogni pezzo di questo grande puzzle gestisce uno dei sistemi del P1. Quello recuperato dalla squadra Vault è in grado di gestire le nostre comunicazioni a lungo raggio meglio di qualsiasi squadra di tecnici umani.-

-Non è pericoloso affidarsi a delle macchine per queste cose?- Chiese il sottotenente di prima.

-No. I neuroni non sono delle IA. Possono solo migliorare la nostra efficienza e basta.-

-Lo abbiamo trovato colonnello.- Disse qualcuno utilizzando il canale radio.

Non era Spectrum.

-Come? Di già?-

-Si, è lui, senza dubbio. Sta trasmettendo su tutte le frequenze.-

Dalle casse negli angoli della stanza udimmo la registrazione di una trasmissione in codice Morse. Una delle tante cose che mi ero ripromessa di imparare era l’alfabeto Morse. Essenziale per gli addetti alle comunicazioni e utile per i soldati. Mi confortò vedere che neanche gli altri capi squadra non sembrarono capirne il significato.

-È una richiesta di soccorso. Proviene dalla base aerea di White Flat a nordovest. Se il mio Morse non si è arrugginito, credo che il testo sia il messaggio preregistrato della base.-

-Che stanno dicendo?- Domandai a Baker.

-Niente. É solo la solita registrazione di soccorso che si ripete ad intervalli regolari.-

-O sono tutti morti o non hanno avuto la possibilità di modificarlo.- Fece notare Wright.

-Lo scopriremo.-

-Quindi … stiamo parlando di un’altra operazione di recupero?- Chiese un capo squadra.

-Recupero ed esplorazione, se vogliamo essere più precisi. Oltre a prelevare il personale superstite, le squadre dovranno recuperare tutte le risorse possibili.-

-Che tipo di risorse?- Chiese Lopez.

-Munizioni, mezzi e informazioni.- Gli rispose Wright. -Stando ai nostri registri, la base era stata ben rifornita al momento dell’attacco. Abbiamo quindi motivo di credere che li ci siano ancora molte risorse che ci tornerebbero utili.-

-Abbiamo una lista più precisa?- Chiese nuovamente Lopez.

-Se saremmo fortunati troveremmo dei velivoli ancora utilizzabili con i quali poter riempire i nostri hangar in superficie. Questo ci garantirebbe di avere dei mezzi per le ricognizioni a lungo raggio meno costosi dei giocattolini di cui vi abbiamo informati ieri sera.-

-A proposito. Com’erano i vertibird la fuori?- Mi chiese un soldato in fondo al tavolo.

-Ci sono tornati molto utili. Sono sicura che in futuro faranno la differenza. Ma per adesso credo che appropriaci di qualche altro apparecchio più sacrificabile sarebbe meglio che mettere i nostri assi già in prima linea.-

I vertibird e gli altri mezzi nel Vaso erano belli, e al tempo stesso troppo preziosi per metterli in campo così presto.

-Vi ricordo che nella base potrebbero esserci ancora dei sopravvissuti da soccorrere. Non è solo per le risorse che andrete fin la su.- Fece notare il colonnello.

-Ci dovremmo aspettare dei ghoul?- Chiese sempre Lopez.

-Senza dubbio.- Gli rispose Wright. -Gli interni della base sono schermati dalle radiazioni, ma è probabile che all’esterno si sia radunato qualche gruppo di ferali arrivati da altri posti. Almeno stando a quanto riportato da Spectrum e gli altri strateghi.-

-Okay, ma per adesso basta con le domande. La riunione ha un tempo limitato e molti di noi devono tornare alle loro attività.- Tagliò corto il colonnello. -Ci servono tre squadre. Ci sono volontari?-

Nella stanza calò un silenzio tombale. Tutti i capi squadra stavano valutando i pericoli della missione. La base di White Flat era più lontana del Red Oasis, ma a preoccupare maggiormente i presenti erano i pericoli che avremmo potuto trovare in quel posto. E non credo che una banda di ghoul ferali senza cervello sarebbe stata il pericolo maggiore.

-Questa volta il premio per la riuscita della missione sarà di cinquecento dollari a persona.- Ci informò Wright.

Questo si che fece tornare il coraggio ai presenti. Ogni missione aveva un premio in dollari che veniva assegnato in base alla pericolosità. Quaranta dollari per un normale lavoro nella base in superficie, fino ai mille per le missioni ad alto rischio. Cinquecento dollari significava che la missione non era da considerarsi un viaggio di sola andata.

-Per cinque sacchi, io e i miei ce la facciamo e come.- Affermò Lopez.

-Altri?- Chiese il colonnello.

-I Coyote sono già pronti!- Esultò il sottotenente Grant.

Grant era un colosso della stessa taglia di Bud con la bandiera a stelle e strisce tatuata sul cuore. Tanto esaltato quanto nobile nello spirito.

Il colonnello guardò uno ad uno tutti gli altri capisquadra, ma nessun altro sembrò pronto ad entrare in azione già con una missione simile.

-Nessun altro?-

Il colonnello voleva almeno tre squadre. Due squadre non sarebbero state all’altezza del compito secondo gli strateghi dell’amministrazione.

Decisi quindi di fare un piccolo azzardo.

-La Vault potrebbe essere disponibile.- Affermai.

Tutti si voltarono verso di me. Baker compreso.

-Non per tarparti le ali Red, ma tu e la tua squadra siete appena rientrati da una missione abbastanza rischiosa. Forse gli altri non se la sentiranno.- Fece notare Wright.

-Non ho detto che gli altri mi seguiranno senza obbiettare. Ho solo bisogno di parlargliene e sapere cosa ne pensano. Se anche uno solo di loro dirà di no, allora lasceremo che sia qualcun altro a partire. Sempre che lei sia d’accordo signore, e che non ci siano altri volontari.-

Baker diede un’altra occhiata ai presenti. Nessun altro si fece avanti.

-Il posto rimarrà libero fino alle sette di stasera. Vorrei che ci pensaste tutti. Proceda tenente.-

-Per le informazioni e i dati inerenti alla missione Lopez e Grant si fermeranno venti minuti dopo il termine della riunione. Il terzo volontario riceverà una mail con tutte le informazioni appena confermata la disponibilità della sua squadra. Ora passiamo all’analisi sulla missione di ieri sera al Red Oasis.-

 

 

La riunione continuò come da programma. Venne letto il mio rapporto sulla missione, esaminammo ogni parametro che il mio Pip-Boy aveva registrato e tutti quanti giungemmo ad un’unica conclusione. Woden e la sua Orda non andavano sottovalutare. Se era vero che il suo quartier generale era a Dakota City e le sue truppe erano arrivate così lontano, ciò significava che in futuro lo avremmo dovuto affrontare. Lui e i suoi predoni. Ma fino a quel giorno ci saremmo potuti concentrare sulle nostre esplorazioni.

Fui sorpresa nello scoprire che agli altri l’invenzione di Beacon City piacesse. Perfino al colonnello piacque quella del faro nell’oceano radioattivo. Avrei pensato che al nostro ritorno la gente mi avrebbe deriso per essermi inventata una favoletta per bambini. Invece Beacon City diventò il soprannome del P1. Visto che la vecchia Boise ormai era andata persa e che il nome della base rientrava nei registri dell’esercito, fu deciso che d’ora in avanti si sarebbe parlato del bunker come un insediamento fantasma e leggendario. Se qualcuno ne fosse entrato a conoscenza, senza accettare di entrare a far parte della nostra comunità, sarebbe andato in giro raccontando di un favola su un insediamento di superstiti che molto probabilmente non esisteva.

Si discusse anche della “Grande Guerra”. Il soprannome con cui l’Orda aveva battezzato la fine del mondo. Gli usi e costumi del nemico erano un tabù per la nostra comunità, ma anche i superstiti del Red Oasis avevano preso la stessa abitudine. E in meno di poche ore dal loro recupero, si era già sparsa la voce della guerra globale che aveva distrutto il mondo in un solo giorno. Giungemmo quindi alla conclusione che quello della Grande Guerra era il nomignolo più appropriato per la fine del mondo. Era di sicuro più orecchiabile di: Bombardamento Atomico.

Ora però avrei dovuto chiedere ai miei compagni l’impossibile. E per farlo nel modo più svelto e sicuro c’era un solo modo. Incontrarli a pranzo.

A mezzo giorno in punto, la maggior parte della popolazione del P1 terminava le sue attività lavorative per dedicarsi al pranzo. Alcuni tornavano nel quartiere residenziale per mangiare con i loro famigliari e riposarsi in tranquillità. Altri invece optavano per la mensa dei militari o i ristoranti nei pressi del quartiere residenziale. Ero sicura che la mia squadra si sarebbe riunita al solito tavolo della mensa come ogni giorno.

Arrivata in mensa trovai il locale affollato come sempre. I tavoli erano occupati da tecnici, agenti di sicurezza, reclute fresche di accademia, marine e qualche pilota. Mi unii alla fila del self service e presi il mio vassoio. Il menù del giorno prevedeva pasticcio con cotolette e patate. Il pasticcio mi ricordò la piscina piena di resti umani che avevo visto la sera prima al Red Oasis. Presi solo il secondo e mi spostai ai dessert. Li trovai George, il Mister Handy che prima delle bombe era impiegato come capo sala alla mensa in superficie. Da quando la vecchia mensa era stata chiusa, anche lui era caduto nella depressione. Per lui ora c’erano giornate si e giornate no.

-Ehi George, come ti va?- Gli chiesi indicandogli una delle scodelle di macedonia.

-Male.- Mi rispose il robot abbattuto. -Oggi ho detto a uno degli altri Mister Handy di andare a buttare la spazzatura fuori. E lui cosa ha fatto? È andato in cerca dell’uscita per un’ora.-

Quella per George fu una giornata si.

-Dai George, si forte. Basta solo farci l’abitudine. Ci vediamo.-

-Ciao Red.-

Mi dispiaceva per George. Non bisognava essere un genio della robotica per capire che il suo simulatore emotivo gli poteva causare vero dolore. A livello sentimentale per lo meno.

Attraversai il salone con il vassoio in mano. I tavoli attaccati alle pareti erano riservati alle squadre di esplorazione. Solo quelli in eccesso erano a disposizione del personale generico. Il tavolo della Vault era attaccato ad uno degli angoli opposti all’entrata. Nel raggiungerlo vidi che molti dei presenti mi fecero cenni di saluto molto eloquenti. Essere a capo della sicurezza e al tempo stesso della squadra esplorativa al momento più efficiente era come essere una celebrità. Non al pari del colonnello Baker, ma comunque piacevole.

Al nostro tavolo trovai l’intero team, come era da aspettarsi. Nick aveva passato l’intera mattinata a trapanare con gli altri minatori e la sua uniforme da meccanico sporca di roccia polverizzata lo dimostrava.

-Ciao Red, come è andata la riunione?- Mi chiese il meccanico.

-Direi bene. A voi come è andata la mattinata?-

-Ci siamo vantati con gli altri della nostra escursione.- Mi rispose Amelia.

-Cioè?-

-Ci hanno chiesto tutti com’era in superficie, cosa avevamo visto … le solite domande.-

-È stato bello vedere come gli altri piloti ci chiedevano informazioni e cosa avessimo provato a volare con i vertibird.- Esultò Baatar tutto contento. -Non è vero Isaac.-

-Oh ma certo Mr. B. Ho sempre desiderato essere importunato costantemente mentre riassemblavo il computer di bordo di un apparecchio da mezzo milione di dollari.-

L’altro pilota ghoul era l’esatto opposto di Baatar. Indifferente all’euforia del compagno e concentrato nella lettura di un manuale di elettronica. Per lo meno non era cupo e triste come prima della missione.

-Beh comunque è stato bello.- Concluse Baatar.

-Ho una notizia buona e un domanda per voi.- Dissi iniziando a tagliare la mia cotoletta.

-Vai con la notizia.- Mi invitò Bud.

-La notizia buona è che …- Feci una pausa per inghiottire il boccone e aumentare la suspense. -Siamo la migliore squadra di esplorazione che questo bunker potrà mai vedere.-

-Siii!!!- Esultò Nick.

Bud fece il pugno con Tony, mentre Amelia batte le mani sul tavolo ad imitare un tamburo.

-Batti il cinque Isaac.- Disse Baatar al compagno pilota alzando la mano.

-Sopra a tutto.- Gli rispose Isaac battendogli il cinque, ma senza distrarsi dalla sua lettura.

-E la domanda?- Mi chiese Tony.

-Vi andrebbe di fare un altro viaggetto in un posto che potrebbe essere tanto irradiato quanto pericoloso?- Gli chiesi con un po di ironia.

Come previsto la domanda prese gli altri alla sprovvista. Perfino Isaac si distolse dalla lettura.

-Intendi dire … tornare in missione?- Mi chiese Bud.

-Il congegno di Reed ha riattivato le nostre comunicazione a lungo raggio. Baker ha messo gli operatori a setacciare l’etere con il pettine.- Volevo che tutta la squadra capisse l’importanza della missione. -Abbiamo già trovato la trasmissione di soccorso di una base aerea oltre le colline a nordovest. Tre squadre devono andare li a salvare chiunque sia ancora vivo e raccogliere tutto ciò che può esserci utile. Secondo gli strateghi la missione sarà molto pericolosa, tanto da garantire un premio di cinquecento dollari in caso di riuscita. Per tanto non sarà una scampagnata.-

Gli altri si presero un momento per rifletterci. Mi stupì la risposta che mi diedero tutti quanti.

-Per noi va bene.-

-Come?- Chiesi stupita.

-Si dai, a noi va bene.- Disse Bud.

-Calma ragazzi, calma. Avete capito che si tratta di un altro viaggio nel deserto?-

-Si, ma tanto non abbiamo niente di meglio da fare.- Continuò Bud.

-E poi siamo quelli con più esperienza.- Fece notare Amelia.

Capii che i miei compagni erano pronti a tutto. Nonostante le avversità della notte precedente, eravamo tutti pronti a tornare in azione. E ora che ne avevo la piena conferma, toccava solo a me dare la conferma definitiva.

-D’accordo. Informo Wright e stasera vi passo tutti i dettagli.-

-E questa volta spaccheremo il culo a qualsiasi ferale o predone che si metterà sulla nostra strada.- Esultò Nick.

-Puoi scommetterci MechaNick!- Gli rispose Bud alzando il bicchiere.

-Alla squadra migliore di questo bunker.- Brindò Tony.

Anche il resto del gruppo si unì al brindisi. Io compresa.

-Alla squadra migliore di questa dannata apocalisse.- Affermai orgogliosamente.

-E ai cinquecento dollari che ci aspettano.- Bisbigliò Nick.

 

Terminato il pranzo inviai la conferma dal terminale nel mio ufficio alla sicurezza. La risposte mi sarebbe arrivata entro sera.

Il resto della giornata lo trascorsi come al solito. Controllai gli ingressi e le uscite anomale nelle aree riservate, esaminai i registri di manutenzione, feci ispezionare il sistema di ventilazione alla ricerca di un’ostruzione causata da delle ghirlande risucchiate. La solita routine.

Tornai a casa verso le cinque. Le strade erano meno affollate rispetto alla mattina. Essendo lunedì pomeriggio c’erano solo dei bambini che giocavano nel parco e i soliti quattro passanti. Nel week end c’era sempre una gran folla. Il sabato sera si creava sempre un’atmosfera da fiera, con gran parte della popolazione del P1 che si svagava nei pressi dell’area pubblica e nei locali adibiti al divertimento. C’era anche una vasta gamma di scelta, tra cui la sala giochi, il cinema, i tre ristoranti a tema, la taverna e il pub dove una volta Nick aveva quasi rischiato un coma etilico. Tutto l’occorrente per non cancellare in nostro caro vecchio stile di vita.

Al contrario la domenica era più tranquilla. Prima che la neve artificiale coprisse tutto il parco, la gente amava trascorrere la giornata a fare il picnic sul prato di vera erba del parco. Molto costoso da mantenere direte voi, ma mezzo acro di verde con tanto di aiuole e qualche albero erano indispensabili per farci sentire a casa.

Tutti gli altri giorni invece c’era il solito e perpetuo viavai di gente. Niente di speciale. E quel freddo e silenzioso lunedì sera non faceva eccezione.

Mentre tornavo a casa passai davanti a quella dei Rodriguez. Mi rallegrò vedere i tre ragazzi intenti ad effettuare qualche lancio con la baseball. Zack e il suo coetaneo stavano ai lati del corridoio. Il più piccolo invece stava a metà tra i due in modo da poter ricevere e lanciare più facilmente. Vidi che Zack portava al polso l’orologio di suo padre. Tutto ciò che gli era rimasto della sua famiglia.

-Salve sorvegliante Earp.- Disse il piccolo Willy imitando un soldato sull’attenti.

-Saluti compagni d'avventura.- Gli risposi io con il saluto militare. -Come è andata la vostra prima giornata sotto terra?-

-Fantastica. Oggi abbiamo studiato l’antica Grecia e fatto una simulazione antincendio.- Mi rispose il fratello maggiore Carl.

-E te Zack come stai?- Domanda retorica.

-Bene.- Mi rispose il piccolo ghoul.

A sentirlo non sembrava.

-E con i nuovi compagni come vi trovate?-

-Bene. Sono a posto. Non hanno paura di me.-

Beh per lo meno era in buona compagnia anche a scuola. Mi si sarebbe spezzato il cuore a sapere che gli altri bambini lo avrebbero isolato solo per il suo aspetto.

La porta di casa Rodriguez si aprì e Maria ne uscì con in mano il vassoio della merenda.

-Oh ma c’è anche Rocket. Cara ti fermi anche te per una cioccolata e i biscotti?-

-No Maria, sto tornado a casa. Devo riposarmi. Domani giornata piena.-

-Per la trasmissione di soccorso?-

La segretaria del colonnello era quasi sempre un passo avanti a tutti. Tranne che a Baker ovviamente.

-Già. La su c’è chi ha ancora bisogno di noi.- Dissi indicando il soffitto.

-Mi raccomando sta attento al mio Nick.-

-Non c’è di che preoccuparsi. La squadra Vault è come una botte di piombo. Neanche i raggi gamma la possono scalfire.- La rassicurai.

-Ieri hanno distrutto un’intera armata di cattivi, ed erano soli.- Fece notare il piccolo Willy. -E poi un gigantesco cane feroce ha azzannato MechaNick alla gamba.-

-Nooo!- Gli rispose Maria appoggiando il vassoio sul davanzale della finestra.

Lei si che sapeva stare al gioco.

-Ma lui non si è fatto prendere dal panico e ha infilzato la bestia con il suo cacciavite.- Continuò Carl.

-Proprio come Grognak il Barbaro nelle tana del Divoratore?- Gli chiese Maria.

A forza di riordinare la cameretta del figlio, uno o due centinaia di fumetti le saranno passate sotto gli occhi.

-Esatto!- Confermarono i due fratelli.

-E poco prima di decollare ha sparato agli ultimi cattivi rimasti con il suo fucile. Non ne ha risparmiato nessuno.-

Prima o poi avrei dovuto parlare con MechaNick e la sua superabilità nel narrare le sue gesta.

-Si. È proprio andata così.- Confermai io.

-E poi c’è la neve qui.- Disse allegramente Willy. -Non l’avevo mai vista a Dalhart.-

-Si però non fateci troppo l’abitudine. La faremo soltanto per altri due giorni. Poi rialzeremo il riscaldamento e la temperatura tornerà normale.- Spiegai.

-Ma perché? È bellissima.-

-Perché la neve è fatta con acqua filtrata, i cannoni a neve consumano corrente e l’umidità non fa bene alla struttura.-

-Però il prossimo anno la rifaremo?- Mi chiese Carl tutto speranzoso.

-Ma certo. Solo che qui da noi la primavera deve arrivare un po prima.-

La mia spiegazione sembrò convincere i ragazzi. Era dura quando non si poteva incolpare madre natura per le previsioni meteo.

-E Atom? Non era anche lui con voi?- Chiesi ricordandomi del cane.

-Il povero Atom non ama molto la neve. Mi ha fatto compagnia durante tutta la giornata e ora si sta riposando vicino alla stufa.- Mi rispose Maria. -L’ho visto molto a disagio sulla neve. Credo che gli manchi il caldo del deserto.-

Atom. Un eroico cane sbucato dal nulla nel momento del bisogno, che però aveva paura della neve. Quel cane era un mistero.

Salutai Maria e i ragazzi e mi incamminai nuovamente verso casa. Non incontrai nessun altro per la strada.

La mia casa era un appartamento per single simile a molti altri appartamenti nel P1. Avevo il mio salotto, il bagno, la cucina e una camera da letto molto confortevole. Il tutto arredato in modo simile alla mia vecchia abitazione. Per abbellire la mia magione ci sarebbe voluta ancora qualche busta paga.

Dopo essermi tolta gli stivali la prima cosa che feci fu accendere il riscaldamento e prepararmi per il bagno. Passai una buona ventina di minuti in ammollo nell’acqua calda della vasca. Stress e tensione finirono giù per lo scarico, mentre io mi asciugai i capelli con il fon che avevo acquistato da poco allo spaccio delle varietà. Quello vecchio lo avevo lasciato in superficie insieme a tanti altri oggetti non indispensabili per la mia nuova vita. Quelli che però non avrei mai potuto sostituire gli avevo portati alla camera di decontaminazione e lavati meticolosamente. Cose come il mio diploma, le foto dei miei genitori, il mio orsacchiotto. Certe cose non le si potevano trovare in un semplice spaccio.

Finito il bagno mi vesti con la tuta da casa e mi stravaccai sul divano con una birra presa dal frigo. Accesi il televisore e regolai la manopola del volume. L’amministrazione si occupava anche dell’intrattenimento del bunker. Erano stati creati due canali per la popolazione. Il primo per le informazioni divulgabili, cioè il nostro notiziario. Il secondo ritrasmetteva i vecchi film e serie televisive degli ultimi quarantanni. Le trasmissioni terminavano dopo la mezzanotte e riprendevano alle sei del mattino. Durante questo lasso di tempo l’unica cosa che compariva sugli schermi era il solito test di prova con la testa dell’indiano e il suono acuto e costante. Se il televisore perdeva il segnale delle stazioni televisive bastava smanettare con le manopole fino al ritrovo del segnale. Tutto inutile se le stazioni erano state rase al suole. Eppure alcuni speravano di poter tornare un giorno a rivedere i programmi aggiornati. Io per adesso mi godevo la vecchia e classica soap opera di Chicago in Amore. Bella come sempre.

Dopo un’ora e un sandwich fatto a mano stavo ancora guardando la TV. Stavano trasmettendo una puntata del commissario Murray. Una serie poliziesca di qualche anno fa.

Stavo per dare l’ultimo morso al panino quando avvertii delle lievi scosse di natura sismica. Sapendo che Boise City non si trovava in zona sismica e che nessuno aveva dato l’allarme, conclusi che a far dondolare lievemente il mio lampadario fosse stato Nick con il suo trapano da dieci tonnellate.

Quindici minuti più tardi il telefono squillo. Pregando che non si trattasse di un emergenza grave, mi allungai verso il tavolino e mi portai la cornetta all’orecchio.

-Sorvegliante Earp.-

-Red, sono Wright. L’hai sentita?- Dal tono di voce il tenente non sembrava in preda al panico.

-Se parli delle vibrazioni di poco fa sta tranquillo. Nick e i ragazzi di Castillo si stanno divertendo da stamattina con le trivelle.-

-Non direi.-

-Perché?-

-Perché l’ultima squadra ha finito il turno circa mezz’ora fa.-

Una scarica elettrica mi attraversò dalla testa ai piedi. Pensai allo scenario peggiore e alle conseguenze più catastrofiche.

-Ti prego! Dimmi che non abbiamo subito un attacco.- Supplicai Wright.

-Cosa? No, no! Il P1 è al sicuro. Era una scossa di terremoto lontana.-

Se il tenente mi avesse informato del terremoto con un altro secondo di ritardo, avrei avuto un collasso.

-Un terremoto?- Chiesi sperando che questa novità non avesse ripercussioni su tutti noi.

-Già. Noi lo abbiamo appena percepito, ma Spectrum lo ha registrato e analizzato.- C’era qualcosa che quello scienziato non studiasse. -Si tratta di una scossa sismica di magnitudo sei della scala Richter. L’epicentro è White Flat.-

-White Flat? Sul serio?-

-Qualcosa da quelle parti ha fatto muovere la terra. Qualcosa di grosso.-

-Una bomba?-

-Spectrum non ne è sicuro, ma una cosa è sicura. Si dovranno rifare le mappe dell’intera zona.-

-E non solo di quella.- Pensai.

-E quindi? Missione annullata?-

-No. Baker intende comunque mandare tre squadre in esplorazione. La Vault ci sta ancora?-

-Secondo te gettiamo la spugna al primo cataclisma che ci si mette sulla strada?- Chiesi con un filo di ironia.

-Era solo per sapere. Ti ho inviato le informazioni al terminale di casa. Presentatevi domani mattina alle sei in armeria.-

-Ci saremo tenente. A domani.-

Terminata la telefonata, mi alzai e buttai nel cestino la bottiglia di birra. Andai a sedermi alla scrivania in camera mia per accedere al terminale. Oltre alla copia del rapporto giornaliero nella finestra delle mail trovai il pacchetto dati riguardanti la missione.

Fenice consiste nel recupero di tutte le risorse possibili e dei superstiti nei pressi della base aerea di White Flat. Difficoltà di quinto livello. Premio per il completamento di cinquecento dollari. Livello di radiazioni nella zona: alto. Anomalie presenti nell’area: ignote. Anomalie di altro genere rilevate: sismiche.

Rilessi i dati almeno due volte prima di spegnere. Quando il monitor si spense rimasi per un quarto d’ora a fissare il nulla e a perdermi tra i meandri della mia mente. Negli ultimi due mesi erano successe un sacco di cose. Le bombe, la mia nomina a capo della sicurezza, Emersione, i segreti del P1, il Red Oasis. Una valanga di pericoli aveva investito tutti noi e nonostante tutto, eravamo ancora disposti a gettarci nella mischia. Prima o poi qualcuno avrebbe fatto il passo più lungo della gamba e quando questo sarebbe accaduto, avrebbe trascinato con se tutte le sue responsabilità. Voglio dire … un soldato semplice di sorveglianza al centro medico non avrebbe potuto commettere un errore così devastante da ucciderci tutti.

Ma se a farlo fosse stato il Sorvegliante? Se a commettere l’errore fossi stata io cosa sarebbe accaduto? Se Baatar non mi avesse salvata durante Emersione? Se Spectrum non avesse fermato l’assaultron in tempo? Se tra i superstiti ci fosse stato un sabotatore?

I miei errori avrebbero potuto causare non solo la mia morte, ma anche quella della squadra Vault e dell’intero P1. All’inizio non era stato facile accettare tutte quelle responsabilità, ma dopo un po me ne ero fatta una ragione. Solo che di tanto in tanto avevo delle ricadute in questi attimi di angoscia. Attacchi di panico durante i quali il mio autocontrollo abbassava la guardia e lasciava che gli incubi prendessero il sopravvento. Non era affatto piacevole svegliarsi nel cuore della notte con simili pensieri. Anche quando ero sveglia non era piacevole.

Presi gli ansiolitici prescritti dal Dr. Brown. Solo lui e Baker erano a conoscenza dei miei attacchi di ansia. Se la voce si fosse sparsa, di sicuro la gente avrebbe messo in dubbio tutto il nostro operato. Le pillole erano degli psicofarmaci che influivano in alcune determinate aree del cervello, impedendo all’ansia di distruggermi dall’interno. Non era uno scherzo.

Aspettai che le pillole iniziassero a fare effetto e dopo dieci minuti ero tornata alla normalità.

Guardai l’orologio e vidi che erano solo le sette. Il Dr Brown aveva detto che per prevenire le ricadute dei miei attacchi c’era un sistema infallibile. Indossai la mia uniforme militare da campo e uscì di casa.

-E ora al pub!-

   
 
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