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Autore: Scarlet Jaeger    26/05/2017    2 recensioni
Dal capitolo 18:
"«Eh sì, io ti conosco bene…angelo sul volto, demone nel cuore!» sorrise, anche se una nuova consapevolezza e una nuova idea iniziò a farsi spazio nel cuore del colpito. Forse fu la disperazione del momento a muovere Kanon. La disperazione fa fare alla gente cose assurde…"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Nuovo Personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12
 
 
Percorsero la distanza che li divideva dal Tempio in religioso silenzio. Camus camminava di fronte ad Elena con passo svelto ed elegante, com’era solita vederlo nei loro passati allenamenti. Era diventato uomo adesso, e sulle spalle portava il carico delle molte battaglie passate. E non solo. Era tornato dall’Ade ben due volte, ma nulla di tutto ciò aveva incrinato la regalità che lo aveva sempre contraddistinto. E forse era stata proprio quella a far sì che la ragazza si innamorasse di lui e del suo buon cuore. In fondo, nonostante fosse un freddo calcolatore in battaglia, ed avesse un carattere chiuso e gelido, il suo cuore devoto alla giustizia aveva scaldato il suo.
Lei dal canto suo gli camminava dietro, mantenendo l’andatura che stava avendo lui pur di non costringerlo a voltarsi indietro. L'uomo sapeva che riusciva a stare al suo passo, sicuramente lo sentiva, e lei non era pronta a ritrovarsi di nuovo quello sguardo magnetico su di sé. I suoi occhi l’avevano sempre scossa fin nel profondo, era inutile negarlo. Quello sguardo oceanico era l’unica cosa che smuoveva l’animo battagliero di cui si era sempre vestita.
« Siamo quasi arrivati. » Gli sentì pronunciare, ma lo ringraziò mentalmente per non essersi minimamente voltato per dirglielo, come se non parlasse con lei. « Dobbiamo solo passare il paese di Rodorio e poi saremo al Tempio. » Si voltò leggermente questa volta, ma Elena non lo stava osservando. Aveva l’attenzione rapita da ciò che aveva intorno e dal via vai di persone che le passavano accanto, incuriosita dai composti saluti verso il Saint, ai quali lui ricambiava pacatamente. A lei però non stavano degnando di considerazione, a parte sguardi curiosi.
Sospirò, alla fine non poteva aspettarsi altro. Lei non apparteneva a quelle terre, come non poteva dire di appartenere a pieno al Santuario. Non ancora. Il suo secondo apprendistato non era neanche iniziato. Certo, era grata a Camus per il loro scontro, perché aveva permesso loro di chiarirsi, anche se molte domande continuavano ad aleggiare nella sua mente, ma in quel momento quello che le premeva di più era riuscire a conquistare una Cloth, anche se non era quella per la quale, anni addietro, aveva dato tutta sé stessa…o quasi.
Osservò il sole che si apprestava a tramontare dietro le casupole del villaggio, ricordando l’alba a cui aveva assistito qualche giorno prima nello stesso punto. Non si era neanche fermata ad osservare quel paese, in nessuna delle due volte in cui erano passati di lì, troppo presa dai suoi problemi, eppure era così bello. Le ricordava un po’ il suo paese, dove tutti si conoscevano e tutti parlavano tra loro.
« Rodorio? » Si voltò a chiedere a Camus, che nel frattempo si era fermato ad osservare i suoi lineamenti annuendo.
« E gli abitanti qua sanno di voi? » Chiese ancora lei, più per curiosità che per vero sapere e lui annuì di nuovo, con un sopracciglio alzato.
« Fin dai tempi antichi. » Le rispose solamente, facendola finalmente voltare nella sua direzione. Lui era in piedi a pochi passi da lei, con sguardo assorto e con indosso la lucente Cloth che mostrava meravigliosi giochi di luce sotto i riflessi arancioni del tramonto.
Si guardarono negli occhi per un lungo istante, senza che nessuno dei due riuscisse a dire nulla. Elena dal canto suo avrebbe voluto richiedere cosa gli fosse successo di così toccante da fargli chiudere irreparabilmente il cuore in quella maniera, ma era anche sicura che non sarebbe riuscita a tirargli fuori nemmeno mezza informazione, e Camus non aveva nulla da chiedere pur di non insinuare altra curiosità nella ragazza. Sapeva anche lui cosa lei volesse sapere, ma non era ancora pronto a darglielo. Era un capitolo della sua vita oramai passato, anche se non del tutto. Se l’era portato nella tomba e, volente o nolente, era resuscitato con lui.
Il vivido viso di lei in punto di morte, senza la maschera a protezione dei suoi lineamenti, ancora offuscava i suoi pensieri e disturbava i suoi sogni. Come poteva lasciarsi andare se ancora pensava a lei dopo tutti quegli anni? Aveva cercato di lasciarsela addietro, aveva odiato il Grande Sacerdote per quella missione, aveva dato tutto sé stesso nelle sue battaglie ed aveva riversato la sua rabbia contro il suo allievo, eppure nulla di tutto quello era servito a dimenticarla. Si era concesso ad Elena perché non era così stronzo da non provare nulla, ma non riusciva ad amare, non più. I sentimenti che lo avevano mosso in quei momenti non erano stati dettati dall’amore, purtroppo. Non si sentiva sporco però, perché non aveva la presunzione di dire che non gli fosse piaciuto. Semplicemente sentiva di aver fatto la cosa giusta per entrambi, perché finalmente lo sguardo di Elena non trasportava più rancore. Non si era più voluto soffermare sull’argomento, non era ancora pronto a darle spiegazioni. Quello avrebbe voluto dire ricadere di nuovo preda delle emozioni, ed era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare. Le emozioni lo avevano portato a corrodersi, giorno dopo giorno, e non aveva più la forza per farlo. Non avrebbe permesso a null’altro di corroderlo come l’acqua faceva con le rocce. Voleva essere come il suo ghiaccio, freddo ed eterno nella sua compostezza.
« Dobbiamo andare. » Disse il Saint dopo un momento di silenzio che sembrò infinito.
A quella presa di parole la ragazza annuì sommessamente, voltandosi verso la salita che l’avrebbe portata alle pendici del Tempio.
 
Quando entrarono era oramai quasi buio e la luna rischiarava la via che avrebbero dovuto percorrere. Di fronte alla prima Casa però, trovarono il Saint dell’Ariete a sbarrare loro la strada, ma le sue intenzioni non sembravano ostili. Sorrideva compostamente ai due come se fossero appena tornati da una lunga ed estenuante missione.
« Camus. » Disse Mu in segno di saluto, sentendosi salutare di rimando in tono pacato dal compagno d’armi. « Ippolita. » Finì poi, posando il suo sguardo magnetico sulla ragazza, che lo salutò con un piccolo inchino per omaggiare la posizione di Saint seconda solo al Grande Sacerdote.
« Dobbiamo conferire con Athena. Chiedo il permesso di passare dalla tua Casa. » Furono solo quelle le semplici parole dell’Acquario, dirette come solo lui sapeva fare e che non fecero perdere al proprietario di quella casa il tempo di spostarsi per farli passare.
« Permesso accordato. » Disse solamente l’Ariete doro, elegante e pacato come era solito essere.
Già dalla volta scorsa ad Ippolita era stato simpatico, ed era stato il primo Saint conosciuto in quel Tempio, a parte Camus. In più si era dimostrato cordiale e gentile con lei che non c’entrava nulla in quel luogo.
« Grazie. » Rispose lei per entrambi e quella parola fece alzare un sopracciglio al Saint, meravigliandolo.
« Non c’è bisogno di ringraziare, è la prassi. » Fu invece il commento freddo di Camus, che non si prese neanche la briga di voltarsi a guardarla mentre glielo diceva.
Lei dal canto suo fece spallucce. Aveva ancora molto da imparare delle usanze del luogo.
 
Avanzarono nella casa del Toro senza aspettare una risposta dal custode, apparentemente assente o addormentato nella zona notte, quindi sorpassarono la seconda casa per ritrovarsi sulle scalinate che precedevano la Terza, quella dei Gemelli.
Elena si voltò leggermente ad osservare i lineamenti di Camus, cercando di captare il suo stato d’animo nell’attraversare quella Casa così grande ed ombreggiata. Notò che, nonostante la camminata spedita e composta, i muscoli del suo corpo erano tesi come la sua mascella e quello la portò a chiedersi di nuovo quale dissapore ci fosse tra i due parigrado. Ovviamente, nonostante la curiosità che la muoveva, non si azzardò a chiederlo. Sapeva che, nonostante tutto, non le avrebbe risposto, quindi si limitò a camminargli accanto mentre entravano nel buio della Casa.
Sembrava stesse andando tutto liscio ed alla ragazza sembrò anche che il compagno avesse allungato il passo, quasi volesse raggiungere a tutti i costi l’uscita senza farsi notare, ma una voce alquanto contrariata ruppe il silenzio spettrale che aleggiava in quel luogo, immobilizzando entrambi sul posto.
« Sbaglio o si dovrebbe chiedere il permesso di passare di Casa in Casa? »
Camus arrestò il passo, facendo svolazzare il mantello dietro le sue spalle e continuando a mantenere una posizione eretta e vigile anche sotto il suo irrigidimento. Elena invece sussultò, cercando con lo sguardo la fonte di quelle parole, trovandolo tranquillamente poggiato ad una colonna poco distante dalle loro spalle, con le braccia conserte e l’aria contrariata.
« Il custode di tale casa dovrebbe anche palesarsi in modo che qualcuno possa chiedere, altrimenti potrebbe far presumere che la casa sia mal custodita. »
La frecciatina glaciale detta da Camus, senza minimamente voltarsi verso il suo interlocutore, fece gelare il sangue alla ragazza, che si spostò leggermente dalla sua posizione per avere a portata di sguardo entrambi gli uomini. La tensione che era calata tra i due era palese anche a lei, anche se i motivi non riusciva a comprenderli.
« Beh, adesso sono qua. » L’espressione ilare del Saint dei gemelli non passò inosservata all’inquisizione di Elena. Le sembrò che il gemello fosse infinitamente soddisfatto di far pronunciare quelle parole, quasi sottomesse, al suo accompagnatore. Alla fine, pensò lei, non ce ne sarebbe stato bisogno se lui non si fosse intromesso. Quindi era stato un gesto maledettamente intenzionale.
Tuttavia il francese non si fece scoraggiare dal parigrado e non si scomodò a guardarlo negli occhi nemmeno una volta, continuando a guardare la luce della luna che entrava dall’uscita della Casa.
« Chiediamo il permesso di passare dalla vostra Casa. »
Tale richiesta però, sotto la stizza di Kanon e la contraddizione di Camus, venne pronunciata dalla ragazza, che nel frattempo si era frapposta tra loro guardando il Gemelli quasi con sfida.
« Hai fegato ragazzina, tuttavia non ti permetto di rivolgerti così ad un tuo superiore, né di fare le veci del tuo maestro. » Il tono acido del padrone di Casa indispettì non poco la ragazza, che stava quasi per rispondere a tono, ma la mano di Camus, messa sulla sua spalla in segno di ammonizione, la fece desistere dal dire qualsiasi cosa.
« Adesso basta coi giochetti Kanon. » Lo ammonì l’acquario, facendo storcere un labbro al compagno d’armi per quel commento fin troppo privo di riguardo. « Ti chiediamo il permesso di passare. » Finì con tono autorevole, nonostante le parole calibrate e taglienti, dette con lo sguardo fisso sul suo interlocutore. Era lo stesso sguardo sprezzante che nei giorni addietro Elena si era vista addosso e che le aveva fatto accapponare la pelle. Ovviamente non sortì lo stesso effetto all’altro che, contrariato, alzò le spalle in un cenno di resa. Probabilmente, se non ci fosse stata lei come unico ago della bilancia ad interporsi tra loro, sarebbe scoppiato un feroce duello tanto erano carichi d’odio i due sguardi.
« Fate come vi pare. » Concluse con presunzione il padrone di casa, mantenendo le braccia conserte al petto ed osservandoli di sottecchi con espressione dura. Era ovvio che la questione non si era affatto conclusa lì.
Tuttavia, senza prendersi la briga di pronunciare altro, Camus voltò le spalle al Saint e, prendendo Elena per un braccio, la trascinò fuori da quella casa.
 
« Potrei avere delle spiegazioni? » Chiese lei d’un tratto, mentre salivano la scalinata che li avrebbe condotti alla casa del Cancro.
« Riguardo cosa? » Il tono che usò lui per risponderle era incredibilmente seccato, ma non bastò a far desistere la ragazza dall’indagare oltre. Quelle che prima potevano essere solo supposizioni adesso avevano un senso logico e la curiosità l’aveva di nuovo invasa come un treno incorsa. In più era sicura che tutto quello aveva a che fare con il modo di porsi al mondo da parte dell’uomo che aveva accanto.
« Quello che è successo nella Casa dei Gemelli. È chiaro che non corre buon sangue tra voi, posso sapere il motivo? » Continuò lei con convinzione, ma serrò la mascella nel momento in cui lo sguardo oceanico del Saint si posò su di lei.
« Non c’è nulla da dire, Kanon è così scontroso con tutti. » Rispose con le sue delucidazioni il francese, ma i pugni serrati non sfuggirono alla rapida occhiata della ragazza.
« Anche tu sei scontroso con tutti. » Si lasciò andare a quel commento, mordendosi la lingua subito dopo e dandosi della stupida per averlo fatto. Non aveva voglia di rialzare i muri che avevano costruito tra loro di anno in anno, non dopo che finalmente era riuscita ad abbatterli.
« Siamo dei guerrieri, è la nostra indole. » Fu solamente la secca risposta di Camus, ma Elena non era certo intenzionata a mollare.
« Il Saint dell’Ariete non mi è sembrato così scontroso. » Disse con fermezza, voltando volutamente lo sguardo su di lui, che si voltò a guardarla con freddezza.
« Non hai bisogno di sapere queste cose. Tu devi pensare a te stessa ed al tuo apprendistato, è quello che fanno i Saint in questo Tempio. »
« Volevo solamente sciogliere un po’ la coltre di ghiaccio in cui hai rinchiuso il tuo cuore. » Ammise con naturalezza lei, vergognandosi di quelle parole uscite con fin troppa veemenza.
« Non è compito tuo. » Fu la prorompente risposta dell’Acquario, che fece arrestare il passo della ragazza ad un metro dall’uscio della Casa del Cancro.
Ed ecco che i muri che tanto si vantava di essere riuscita ad abbattere si erano riformati tra loro. Era come se quella notte fosse stata buttata al vento, come se tra loro non ci fosse stato nulla. Sapeva però che quel suo comportamento era una conseguenza dello “scontro” avuto in terza Casa, ma quelle sue parole bruciavano nel cuore di Ippolita come veleno.
Tuttavia Camus si rese conto di aver osato troppo, quindi cercò di addolcire il tono come meglio poté, per riuscire a smorzare quella silenziosa tensione che si era abbattuta anche su di loro.
« Il tuo compito adesso è quello di sopravvivere all’apprendistato di chiunque Athena ed il Grande Sacerdote riterranno opportuno. Non farti carico anche dei miei problemi Elena, non giocarti anche questa possibilità. »
Quelle parole, pronunciate senza che il suo sguardo si posasse su di lei, riuscirono a scuoterla fin nel profondo.
Aveva ragione, non avrebbe permesso di nuovo ai suoi problemi di interferire con il suo stesso destino. Era intenzionata a diventare un Saint, e ci sarebbe riuscita.
Mandò giù un groppo amaro di saliva e, ripromettendosi di tornare sulla questione non troppo tardi, scrollò di dosso tutto il suo disappunto, rimettendo sul volto la sua solita espressione fiera.
 
Passarono così le altre Case che mancarono alla loro meta, entrando nella sala del trono dopo essere stati annunciati.
« Camus, Ippolita. » Scandì i loro nomi la Dea Athena, trasportando nel tono di voce una nota di preoccupazione. « Sento i vostri animi inquieti, è successo qualcosa? » Finì poi, osservando il suo Saint inginocchiato sul tappeto rosso che ornava il pavimento di quella sala.
« No mia signora, sono qui per sottrarmi al ruolo conferitomi da voi. » Disse l’Acquario, pacato e diretto come il suo solito, osservando la Dea con i suoi occhi di ghiaccio.
Tuttavia Saori Kido sorrise, non chiedendo minimamente spiegazioni, spostando solamente l’attenzione sulla ragazza che, sotto quella strana inquisizione, avvampò. Sembrava come se lo sguardo della donna potesse leggere il suo animo più inquieto. Come se riuscisse a vedere tutto quello che c’era stato con Camus la notte prima.
« Ma certo. Confido che sapremo trovare il giusto maestro per lei. » Spostò leggermente lo sguardo su Saga, che era rimasto con una mano sul mento con fare pensante.
« Non ho il minimo dubbio. » Finì il custode dell’undicesima Casa.
La Dea quindi osservò per un momento il volto tirato della ragazza, che stava dando una notevole importanza al pavimento. Era certa del tormento che le stava dando tutta quella situazione. Il non sapere in che mani sarebbe dovuta capitare le metteva ansia, così la massima autorità del luogo decise di non farla penare oltre.
« Ho trovato la persona adatta a questo incarico. » Annunciò infatti dopo alcuni secondi di silenzio, attirando tutta l’attenzione su di sé.
Lo sguardo di Saga si fece vigile, perché quella decisione presa così su due piedi, senza neanche interpellarlo, non gli piacque per niente.
Tuttavia Saori si rivolse al Saint di rango inferiore, che presidiava la porta in modo da non far entrare nessuno. Era uno dei messaggeri silenziosi del luogo, che erano incaricati di portare notizie direttamente alla Dea e tenersi diligentemente lontani dalle battaglie.  
« Va a chiamare il Saint dei Gemelli. » Continuò semplicemente lei.
A quelle parole il Sacerdote sgranò gli occhi e spalancò la bocca, mentre gli sguardi degli altri due erano a dir poco sconcertati. Nonostante Camus non avesse mostrato un particolare stato d’emotività, Ippolita sapeva che sotto sotto era incredibilmente contrariato come lei. Ma lei, più che la contrarietà, sentiva lo sconforto e lo sconcerto di quell’assurda situazione.
Furono le parole del Pope a sottrarla dai suoi deleteri pensieri.
« Mia signora, siete sicura della decisione che avete preso? » Provò a dire Saga, ma Athena lo ammonì con lo sguardo.
« Assolutamente. Dovresti avere fiducia in Kanon. » Gli rispose con un sorriso, ma l’ex Gemelli non era tranquillo.
« Mio fratello ha la mia piena fiducia. Non mi riferivo a quello. » Le disse quasi sottovoce, ma la mano di Saori sulla sua spalla bloccò ogni suo assurdo pensiero.
« Ha anche la mia. Ma forse è giunto il momento di mettere da parte vecchi rancori, non trovi? » Le sorrise lei e lui non poté fare altro che darle ragione, nonostante continuasse a sentire nel cuore una certa nota di inquietudine.
Nel frattempo Elena era rimasta a guardare il tappeto sotto i suoi piedi con espressione scioccata. Si chiedeva perché, tra tutti gli altri undici Saint di cui disponeva, la scelta della Dea fosse ricaduta proprio su quell’uomo. Cercò anche un qualche conforto dal suo ex compagno d’allenamento, ma il suo sguardo era perso lontano, chiaro segno che la sua mente stava elaborando dei pensieri a lei sconosciuti.
« Mia signora, visto che la mia presenza non è più richiesta, col vostro permesso faccio ritorno all’undicesima Casa. »
Senza preavviso le parole di Camus distolsero i presenti da ciò che stavano facendo, costringendoli a porgere a lui le loro attenzioni. Elena avrebbe voluto inchiodarlo sul posto, solo per avere un confronto che probabilmente non sarebbe mai arrivato, mentre le massime autorità annuirono con convinzione.
« Certo, vai pure. » Gli sorrise la Dea. « Grazie per la disponibilità che hai mostrato in questa missione. »
« Come sempre ai vostri servizi. »
Con un profondo inchino e senza prendersi la briga di dire ad Elena qualsiasi cosa, il francese si alzò dalla sua posizione e camminò a ritroso verso il grande portone.  La neo Saintia ne osservò il passo deciso fino a che non sparì dalla sua vista, facendole montare nel cuore un senso di vuoto che difficilmente sarebbe stato colmato.
Fine capitolo 12
 

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Angolo autrice:
Ben trovati anche in questo capitolo! Innanzitutto mi scuso sia per il ritardo nella pubblicazione, sia per l’ora tarda in cui l’ho fatto. Purtroppo non ero sicura di riuscire ad aggiornare in questo fine settimana, quindi per non farvi penare oltre l’ho fatto ora. Per questo mi scuso degli eventuali errori T.T
Siamo arrivati alla svolta, che come avete visto è arrivata con lo sconcerto generale :P Vi sareste mai aspettai Kanon come nuovo maestro di Elena/Ippolita? ;)
Mi farebbe piacere sapere le vostre impressioni!
Detto questo passo a ringraziare i recensori (davvero, grazie!), le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i silenziosi lettori che hanno a cuore questa storia (o almeno spero xD)
Non mi dilungo oltre, lascio parlare voi ;)
Un bacione a tutti
Alla prossima!
  
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