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Autore: Chainblack    27/05/2017    0 recensioni
In fuga dalla disperazione dilagante della Hope's Peak Academy, sedici talentuosi studenti vengono rapiti e rinchiusi in una località sconosciuta, costretti a partecipare ad un nuova edizione del Gioco al Massacro senza conoscerne il motivo.
Ciò che sanno è che, per scappare da lì, dovranno uccidere un compagno senza farsi scoprire.
Guardandosi le spalle e facendo di tutto per sopravvivere, i sedici ragazzi tenteranno di scoprire la verità sul loro imprigionamento sapendo che non tutti potrebbero giungere illesi fino alla fine.
Ambientata nell'universo narrativo di Danganronpa, questa storia si svolge tra i primi due capitoli della saga.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Judith si versò del thè caldo in una tazza, l'unica cosa che riusciva davvero a digerire al mattino.
Trovò il primo posto libero per sedersi, accomodandosi vicino ad Elise.
Il ristorante era piuttosto rumoroso, ma alla ragazza la cosa non dispiaceva. Il fatto che i suoi compagni fossero riuniti non poteva che essere un bene.
Notò che Elise aveva già iniziato ad utilizzare la videocamera trovata da Vivian; negli ultimi due giorni era stato impossibile vederla senza di essa.
Il tavolo di Lawrence e Rickard era il più chiassoso; i due sembravano aver trovato diversi interessi in comune.
June e Vivian sembravano discutere placidamente di qualcosa; notò addirittura Hillary unirsi sporadicamente alla conversazione.
Judith diede un altro sorso e socchiuse gli occhi come per riposarli.
"Per ora va tutto bene" pensò soddisfatta.
Come sua abitudine, ogni mattino faceva una rigorosa conta dei presenti; una sorta di piccolo rito personale per tranquillizzarsi.
Cercò con lo sguardo i compagni, contandoli uno ad uno e, una volta finito, scoprì di averne elencati tredici.
Tre persone mancavano all'appello: Karol, Hayley e Michael.
Non si sorprese dell'assenza del ragazzo occhialuto; il terrore nei suoi occhi ogni volta che lo incrociava nei pressi del dormitorio le aveva fatto capire che non era ancora pronto a vivere in gruppo. Judith pregò affinché il compagno cessasse di temere di essere aggredito non appena messo piede fuori dalla stanza.
- Dove sono Hayley e il Prof? - domandò all'intera sala.
- Karol è nella classe B del primo piano - le rispose Alvin - Sono quasi le nove, quindi probabilmente starà preparando una lezione -
- Oh, giusto! - ricordò Vivian - Ieri aveva detto di voler organizzare qualche sessione di studio -
Rickard storse il naso.
- Studiare...? - si lamentò - In questa situazione!? Non riuscirei mai a concentrarmi! -
- Però, uhm... - Elise cercò di esprimere il suo concetto - Come dire...? Non capita tutti i giorni di poter seguire una lezione dell'Ultimate Teacher, no? -
- Approfittarne è una buona idea - asserì Pearl - Credo che andrò a dare un'occhiata -
Judith annuì, decisa a sentire ciò che Karol aveva da insegnare. 
- E quanto ad Hayley? -
Lì vi fu il silenzio. A risponderle fu l'espressione palesemente imbronciata di Refia.
- Uff...! - brontolò la ciclista - E' in ritardo! Eravamo d'accordo per fare altri test con la bici...! -
June tossicchiò come per esprimere in maniera non troppo velata il suo dissenso.
- E' in ritardo...? - Judith tentennò - Strano, in genere è parecchio mattiniera... -
Avvertì un senso di disagio. Sentì il bisogno di chiedere conferma.
- Qualcuno la ha vista? -
- Io sono stato il primo a svegliarmi - disse Alvin - Ho visto uscire praticamente tutti dopo di me e Karol. Michael e Hayley non hanno mai lasciato la stanza -
Judith e Refia si guardarono; entrambe riuscirono a vedere nell'altra una sensazione spiacevole.
Refia scattò in piedi.
- Io vado a controllare -
- Non farti prendere dal panico - la tranquillizzò Xavier - Se Alvin ha visto tutti noi uscire dalle nostre stanze non vi è motivo di credere che qualcuno le abbia fatto qualcosa -
- Ma c'è ancora Michael...! - gemette la ciclista - E ad ogni modo questo suo ritardo è sospetto. Io voglio andare a vedere come sta! -
- Vengo con te - le disse Judith - Andare da soli non è prudente. Voi altri rimanete qui, d'accordo? -
Un velo di insicurezza si sparse rapidamente lungo tutta la sala. Alvin si prese la libertà di parlare a nome di tutti.
- Va bene, noi tutti attenderemo qui il vostro ritorno senza muoverci - affermò - Qualcuno ha obiezioni? -
Nessuno ebbe da ridire, e Refia e Judith si precipitarono verso il dormitorio.
Superarono in fretta il piazzale e si diressero verso la stanza di Hayley, la numero sette.
Refia, più che bussare alla porta, batté con forza.
- Hayley! Mi senti? - esclamò - Sei lì dentro? -
Non vi fu risposta.
Le due si guardarono all'unisono. Judith afferrò istintivamente la maniglia della porta e la girò.
Con sua sorpresa, si rese conto che era aperta.
Un brivido le percorse la mano mentre apriva la porta, fiondandosi all'interno. 
La stanza era in ordine, niente era fuori posto. Il loro sguardo vagò febbrilmente in cerca di qualsiasi segno di vita.
Lo trovarono appena davanti.
Trovarono Hayley ancora stesa sul letto; respirava.
Il suo colorito non era dei migliori, e pareva stare sentendo dell'acuto malessere.
- Hayley! - Refia le poggiò delicatamente una mano sotto il capo e la mise a sedere. 
L'Ultimate Hiker aprì gli occhi.
- Refia...? -
- Come stai? Ci siamo preoccupate...! -
La ragazza scosse il capo.
- Mi sono sentita... parecchio male -
- Ti capita spesso? - le chiese Judith - Hai una faccia tremenda. Dobbiamo portarti in infermeria -
La ragazza mise i piedi a terra scuotendo il capo.
- No, no, non vi è bisogno - gemette - Mi basterà fare due passi e la nausea andrà via. E' già successo -
- Vieni, fatti aiutare ad alzarti -
Refia e Judith le afferrarono le braccia e la sollevarono da entrambi i lati. Hayley necessitò qualche altro secondo, ma riuscì a tenersi da sola in piedi in breve tempo.
- Grazie, ragazze... - sorrise lei.
Judith scosse il capo, facendole cenno di non ringraziarla.
- Dai, usciamo -
Fecero per recarsi fuori dalla stanza quando una sagoma sbarrò loro la strada. Le tre ragazze distinsero la figura di Michael.
Il suo volto era contratto in un'espressione di dubbio.
- Che cosa state facendo, voi tre? - chiese.
- Aiutiamo Hayley a rimettersi in sesto - rispose Refia - Ci daresti una mano? -
- Una... una mano!? - Michael pareva quasi adirato a causa di quella proposta - Ma vi sentite!? State aiutando qualcuno che potrebbe tranquillamente pugnalarvi alle spalle domani stesso! -
Judith non riuscì a credere alle proprie orecchie.
- E dovremmo lasciarla qui, incapace di muoversi, senza importarcene!? - lo aggredì l'Ultimate Lawyer - Sei forse impazzito? -
- Una rivale in meno di cui preoccuparci... - gli occhi di Michael fissarono Hayley con sdegno - Se continuate a fidarvi di chiunque, finirete uccise! -
Judith si accorse che Refia era già pronta a scattare e travolgere Michael, ma fu abbastanza pronta da tenerla a freno.
Sentì il sangue della ciclista pulsare più rapidamente che mai; la sua pelle era diventata rossa, divampante come la sua chioma.
- Refia... la priorità è Hayley, non Michael -
- Ma lui...! -
Il ragazzo diede loro le spalle e fece per andarsene.
- Fate ciò che volete... io vi ho avvertite - disse loro rintanandosi nuovamente nella sua stanza.
Una piccola lacrima scese lungo la gota di Hayley Silver.
- Mi dispiace... -
Refia le scrollò le spalle con vigore.
- Non dirlo nemmeno! Non sei tu il problema! - poi il suo sguardo si rivolse verso la stanza numero quattro - Quel ragazzo è un mostro...-


La mattina trascorse senza che l'esplorazione andasse avanti.
Le condizioni di Hayley migliorarono a vista d'occhio nel momento in cui uscì dalla stanza. Dopo una breve passeggiata e una buona tazza di thè caldo, il suo volto tornò di un colore normale e Judith riuscì a tirare un sospiro di sollievo.
- Ci siamo davvero spaventati... - disse Karol, tornato non appena la notizia gli era giunta.
- Vi chiedo scusa, ragazzi - sorrise Hayley con imbarazzo - Non volevo allarmarvi -
- Vedi di evitare le tue gare di corsa mattutine con Refia, almeno per un po'... - la rimproverò June - O starai male di nuovo -
L'avventuriera fu costretta a promettere di rimanere a riposo. Refia la consolò come poteva.
- Non temere, farò anche la tua parte! -
- Piantala, tu... - fu il commento acido dell'arciera.
- Beh, come pensiamo di fare adesso? - Xavier si intromise, richiamando tutti - Capisco che Hayley debba rimanere a riposo, ma noi faremmo meglio a procedere con le ricerche -
L'idea fu accolta da tutti.
- Non è un brutto piano, ma qualcuno deve rimanere con lei - osservò Lawrence.
- Ci penserò io - disse June - Refia mi darà una mano. Nel tenere d'occhio queste due sono un'esperta, oramai -
A Hayley Silver scappò da ridere.
- Va bene, mamma! - le rispose - Ma a stare ferma mi verrà di nuovo la nausea. Facciamo una passeggiata qua attorno -
- Bene - concluse Pearl - Riorganizziamo i team e dividiamoci. Ci rivediamo qui al ristorante verso sera -
L'intero gruppo passò di nuovo a sparpagliarsi lungo la scuola.
A gruppi di tre, uscirono dal ristorante per recarsi ad esaminare le parti restanti del secondo piano.
Un unico gruppo rimase indietro, tra tutti quelli presenti.
Elise Mirondo e Hillary Dedalus si fermarono per qualche minuto al ristorante sotto richiesta del loro compagno di squadra.
Alvin Heartland si avvicinò a loro con fare pensieroso.
- Vorrei parlarvi di qualcosa - sussurrò.
Elise ed Hillary lo squadrarono.
- Di che si tratta? - fece la Camerawoman.
- Vorrei il vostro aiuto - rispose secco lui - Mi era venuta un'idea, e credo di aver bisogno della vostra assistenza -
Hillary si strinse nelle spalle, ma fu propensa ad ascoltare.
Elise era altrettanto incuriosita. 
Il grosso ragazzo avvicinò il capo verso di loro. Notò come Alvin si era posizionato di fronte ad Hillary, rendendo ancora più evidente la loro differenza di altezza. Alvin doveva essere alto più di un metro e novanta, mentre Hillary a malapena raggiungeva il metro e sessanta.
- Vorrei visitare con voi la sala computer - disse - Vivian ha detto che c'erano delle altre videocamere e numerosi pezzi di ricambio, giusto? -
- Giusto - rispose Elise.
- Tu sei esperta nel loro uso, Elise - disse - E, da quel che ricordo, Hillary è l'Ultimate Clockwork Artisan. Intuisco che tu sia familiare con congegni di quelle dimensioni. Dico bene? -
La ragazzina raschiò il dorso della mano sinistra con le unghie dell'altra.
- La mia specialità è la realizzazione di orologi... - rispose - Ma conosco la fattura basilare di qualsiasi congegno elettronico, sì... -
- Saresti in grado di distinguere le componenti di una videocamera con l'aiuto di Elise? -
- Sì, credo di sì -
- Qual'è la tua idea, Alvin? - chiese infine Elise.
Il grosso ragazzo si schiarì la voce.
- Se riuscissimo a farne funzionare un buon numero potremmo creare un nostro sistema di videosorveglianza - disse loro - I rischi diminuirebbero drasticamente, non trovate? -
Elise si massaggiò il mento.
- Non sembra un brutto piano... -
- Se ci sbrighiamo riusciremo a concludere entro oggi - le incitò Alvin - Le prenderemo e le posizioneremo in punti strategici, in modo da coprire quanto più spazio possibile. Cosa ne dite? -
Le altre due parvero rifletterci.
- Va bene, mi sembra sensato - affermò Elise - Lo diciamo agli altri? -
- A lavoro finito, sì -
Seppure scarsamente convinta all'inizio, Hillary dovette ammettere a se stessa che sembrava un piano razionale. Annuì flebilmente, dando un cenno di assenso.
- Ok, facciamolo... -
I tre si strinsero la mano.


Le ricerche erano durate fino a sera tarda. Il gruppo non era riuscito a trovare un piano oltre il secondo, ma l'ispezione era stata eseguita con minuzia.
La scuola aveva iniziato a prendere una sua forma ben definita nella mente di Xavier.
Dopo aver cenato ed essersi coricato, il ragazzo si accorse di essere più stanco del solito.
Era il quinto giorno dall'inizio della loro reclusione, e la stanchezza e lo stress cominciavano a farsi sentire.
Xavier Jefferson dormì malissimo quella notte. Si svegliò che erano appena le sette del mattino; il suo viso presentava un bel paio di occhiaie scure.
Si alzò dal letto e si stiracchiò.
Dopo la routine mattutina fece per uscire dalla stanza, quando notò che il suo cestino dei rifiuti aveva accumulato qualche cartaccia di troppo.
Negli ultimi giorni aveva preso molti più appunti sulla propria situazione di quanto ve ne fosse bisogno.
Chiuse il sacchetto e lo portò con sé.
Il piazzale era completamente vuoto.
Lo superò in fretta, e passò davanti al ristorante senza entrarvi. Notò che dentro non vi era quasi nessuno, appena una o due figure.
Ripercorse mentalmente la strada fino al deposito di imballaggio rifiuti.
Si trovava nei pressi dell'angolo in fondo all'ala ovest del primo piano, vicino al corridoio della caldaia.
Impiegò diversi minuti per raggiungerlo a piedi, rallentato dalla stanchezza accumulata.
Passando davanti alle classi, dove Karol aveva tenuto alcune lezioni mattutine, notò un dettaglio differente.
Su dei ripiani sopraelevati del colonnato che seguiva i corridoi vi erano posizionate delle videocamere, estremamente simili, se non uguali, a quella usata quotidianamente da Elise.
- Cosa ci fanno lì...? - si chiese.
Appuntò nella lista di cose da fare il chiedere spiegazioni al riguardo, e passò oltre.
Il deposito era a portata di vista.
Ne aprì la porta solo per notare la presenza di Pierce Lesdar al suo interno. Questi si girò di scatto, spaventato.
- Ah! Xavier...! -
- Ciao, Pierce - gli disse con nonchalance, gettando il sacchetto in mezzo agli altri rifiuti - Già sveglio? -
- S-sì... - disse lui, guardando altrove - Non riuscivo a dormire -
- Siamo in due - Xavier lo fissò col suo unico occhio - Non dovresti stare qui da solo, lo sai bene -
Pierce abbassò lo sguardo.
- Ma anche tu sei da solo, Xavier... - rispose con un filo di voce - Non hai paura? -
- Ma a differenza tua sono capace di difendermi un minimo - gli rinfacciò lui - Nella giungla sopravvivono i forti, e i deboli si fanno difendere. Tienilo a mente -
Pierce assunse un'espressione contrariata, ma non si pronunciò ulteriormente.
Xavier sospirò.
"Provocarlo non serve a nulla. Non è come Pearl" constatò.
- Dai, non prendertela - si scusò Xavier, ma con tono poco interessato - Torniamo insieme al ristorante e mangiamo qualcosa -
- Sì. Sì, va bene... -
I due uscirono dal deposito. Xavier notò un altro paio di videocamere sparse per la zona. 
Il sentirsi osservato non gli parve una sensazione gradevole.
- Pierce, sai qualcosa riguardo a quelle? - disse, indicandole.
- Le ho notate - rispose l'altro - Ma non ho idea di chi le abbia piazzate. Sarà stata Elise? -
- Plausibile. Dovremo chiedere spiegazioni - 
Decise di dare un'occhiata più da vicino al modo in cui erano state posizionate. 
Erano fissate in una singola direzione; Xavier intuì che il loro raggio di azione era limitato.
- Credi siano su entrambi i piani? -
- Non saprei - Pierce parve pensieroso - Ad esempio, guarda laggiù. Sul corridoio della caldaia non sembra essercene una -
Xavier fece qualche passò lungo la stradina verso la caldaia. Osservò con cura dietro l'angolo, con lo sguardo rialzato verso il soffitto.
Una videocamera era presente anche lì, ma era nascosta dietro l'angolo.
Soddisfatto della sua risposta, tornò con lo sguardo per terra.
Fu lì che accadde.
Notò qualcosa di strano, o per meglio dire: fuori posto.
In fondo al corridoio, davanti alla porta della stanza della caldaia all'angolo dell'ala ovest, vi era una sagoma distesa sul pavimento.
Xavier tentennò per un istante.
Si accorse di stare sudando copiosamente.
Si stropicciò l'occhio e lo riaprì. Non era un'allucinazione.
- Xavier...? - lo chiamò Pierce - Cosa c'è? -
L'altro non rispose. Avanzò verso quel qualcosa con un volto neutro, sembrava ipnotizzato.
Le braccia si contrassero. Il respiro gli venne lentamente a mancare. Avvertì un prurito innaturale lungo tutto il corpo.
Più si avvicinava, più quell'atroce sospetto natogli nella mente acquisiva forma e realtà.
Si fermò di colpo, incapace di credere alla sua stessa vista.
Davanti a lui si erse uno spettacolo agghiacciante.
Una bicicletta nuova di zecca era a terra, immobile. Poco avanti, Refia Bodfield giaceva in una pozza del suo stesso sangue.
Un oggetto oblungo era conficcato nel suo addome.
La mente di Xavier processò rapidamente ciò a cui aveva appena assistito; la sua pupilla si dilatò, le mani non smisero di tremargli. 
Per un istante, il suo intero corpo si era rifiutato di muoversi, incapace di far fronte ad un evento talmente improvviso.
Avvertì un rumore sordo alle proprie spalle.
Le gambe di Pierce avevano ceduto; il ragazzo tentò di urlare, ma non ci riuscì.
- Pierce... - la voce di Xavier era strozzata, ridotta ad un sussurro - Chiama gli altri -
L'Ultimate Sewer balbettò qualche parola incomprensibile.
- Xa... vier... lei... Re-Refia.... -
- CHIAMA GLI ALTRI, HO DETTO! -
Non ebbe bisogno di ripeterlo una seconda volta. Pierce scattò in piedi e corse via, in lacrime.
Nella mente di Xavier ritornò ciò che aveva pronunciato poco prima.
"Nella giungla sopravvivono i forti, e i deboli si fanno difendere..." ripensò, avvicinandosi al cadavere "A meno che non siano già diventati prede..."
Tastò con la mano il collo della ragazza. Non vi era più alcuna pulsazione, nessun respiro.
Il colore della pelle era già iniziato a svanire. I suoi capelli, di un rosso fiammante, erano come carboni di un focolare appena spento; come un fuoco soffocato e lentamente ucciso.
- E' cominciato... -
 
 
   
 
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