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Autore: Inevitabilmente_Dea    28/05/2017    0 recensioni
I Radurai, o quello che ne rimane, hanno finalmente attraversato il Pass Verticale che li ha catapultati in una nuova realtà che tutti ormai avevano dato per scomparsa.
Finalmente Elena, i Radurai e tutti gli altri Immuni hanno la possibilità di ricostruire la loro vita da zero, lontano dalle grinfie della W.I.C.K.E.D. e lontani dagli obbiettivi violenti del Braccio Destro.
Torture, esperimenti e sacrifici sono finalmente terminati.
Ora esiste solo una nuova vita da trascorrere in un luogo sicuro e privo di Eruzione. Un vero e proprio paradiso terrestre.
Ma se qualcosa arrivasse a turbare anche quello stato di quiete, minacciando nuovamente i ragazzi?
Se in realtà la corsa per la sopravvivenza non si fosse mai fermata?
Dopotutto nulla è mai come sembra.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gally, Minho, Newt, Nuovo personaggio, Teresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Gally era riuscito a convincere Matthew a farmi trasferire dall'infermeria a casa, anche se il realtà per accettare il dottore aveva voluto fare un compromesso: lui mi avrebbe lasciato andare se Gally gli avesse costruito un armadio dotato di sportelli in cui conservare tutte le piante con proprietà curanti. Inutile dire che il ragazzo accettò subito, sia per farmi contenta, sia perchè anche lui in realtà preferiva vedermi a casa in modo che potesse stare più tempo con me.

Le settimane seguenti a quella decisione tuttavia furono abbastanza monotone per me. Alla mattina mi svegliavo con la luce del sole che entrava dalle finestre e Matthew mi portava ogni giorno una pianta o una bacca diversa come colazione: se ne indovinavo il nome e gli usi potevo mangiarmela, altrimenti se la sarebbe divorata il dottore. L'uomo inoltre mi affidava un piccolo malloppo di pagine piene di disegni, parole in latino e descrizioni riguardanti le piante e i frutti che avrei potuto trovare, con il compito di impararle a memoria. perciò principalmente me ne restavo a studiare tutta la mattina o almeno fino a che Gally, verso l'ora di pranzo, veniva a portarmi la mia razione di cibo e rimaneva un'oretta a parlare con me di costruzioni, piante e aggiornamenti che avevano luogo all'infuori della mia abitazione. Il momento di pausa però terminava per entrambi quando Gally doveva tornare a lavorare, con la conseguenza che pure io dovevo riprendere lo studio. Ogni giorno, prima che si facesse sera, Matthew tornava a trovarmi insieme a Stephen –  che era stato di nuovo trascinato in quella faccenda dal medico – che mi portava in braccio in mezzo al bosco, seguendo le indicazioni di Matthew che, ad ogni passo, si fermava e mi indicava una pianta, chiedendomi il suo nome, le sue proprietà e il suo grado di velenosità.

Questa routine andò avanti per giorni e, sebbene sembrasse alquanto noiosa e pensante, in realtà io ero totalmente felice di seguire quei passi. Avere qualcosa con cui tenere la testa impegnata la maggior parte del tempo era quasi un sollievo dalle preoccupazioni e dai pensieri negativi, e sebbene nella mia mente ci fosse abbastanza confusione tra nomi e piante, in realtà tutto si metteva in ordine quando passavo alla pratica e quando potevo toccare le piante con le mie mani, annusarle e osservarle come fossero opere d'arte.

Mai avrei creduto che potessero esistere delle specie così uguali ma allo stesso tempo con proprietà e grado di nocività diversi. Addirittura mi era capitato di studiare un tipo arbusto noto con il nome di terebinto, le cui proprietà erano praticamente essenziali per la vita di tutti i giorni: dal tronco ad esempio si estraeva facilmente la resina, mentre le foglie erano ricche di una sostanza miracolosa per non fare deteriorare le pelli degli animali e per medicare ferite o scottature. Inutile dire che Gally impazzì quando gli rivelai che avevo appena scoperto un modo per mantenere le pellicce degli animali che gli Esploratori avevano continuato ad accumulare.

Non solo io stavo cambiando in quel periodo, ma anche il villaggio –  o almeno così mi raccontava Gally. Le case erano ormai state tutte costruite e ora Gally ed il suo gruppo si stavano impegnando a costruire tavolini e sedie che non erano mai abbastanza. In ogni casa oramai c'erano almeno due letti e un piccolo armadio privo di sportelli e siccome i compiti da fare stavano diventando sempre più particolari e piccoli, Gally aveva deciso di dividere i Costruttori in base a ciò che ogni gruppo decideva di fabbricare: c'erano i Pellicciari che creavano le pellicce; gli Intagliatori che mettevano insieme le assi per costruire tavolini e sedie; i Mastri d'Armi che fabbricavano armi di vario tipo per la caccia –  spesso aggiungendo pietre appuntite o creando archi; i Ludici che costruivano giocattoli per bambini come scivoli o bambole; ed infine i Conservatori che erigevano grandi case per contenere cibo coltivato o raccolto, dispense di acqua, sale e altre spezie per cucinare, frutti e verdure selvatiche e altro.

Anche coloro che lavoravano negli Orti si erano dati parecchio da fare, coltivando ogni centimetro di terra fertile e stando bene attenti a non sfruttare troppo le risorse del sottosuolo. In questo caso anche io diedi loro un aiuto enorme dato che, grazie alle mie indicazioni e spiegazioni, gli Esploratori avevano iniziato a fornire loro ogni tipo di frutta da cui raccogliere semi per ripiantarli. 

Per quanto riguardava i miei amici, non c'era molto da dire: Minho e Thomas, da come mi riferiva Gally, continuavano ad essere ostili l'uno all'altro; Frypan si era trovato un posto fisso in cucina, tornando a volteggiare tra fornelli e pentole, più felice e indaffarato che mai; Stephen continuava a tenere d'occhio i bambini, organizzando a volte piccole esplorazioni nel bosco e nel mare, anche se a volte qualcuno si distaccava dal gruppo e si perdeva, ed era proprio a questo punto che interveniva Teresa; Teresa infatti aveva scoperto un chip presente in ognuno dei bambini – sicuramente inserito precedentemente dalla W.I.C.K.E.D. – e tramite la sua intelligenza e praticità sul campo era riuscita a capire che tramite questo chip, i bambini avrebbero potuto comunicare tra di loro, come se fossero dotati di telepatia. Teresa mi rivelò che lei stessa aveva aiutato a progettarli quando ancora era una bambina e che quindi sapeva come funzionavano e per quale scopo erano stati creati, uno scopo di cui la Teresa bambina non era ovviamente al corrente, ma che crescendo aveva iniziato a collegare i pezzi e a capire: la W.I.C.K.E.D. stava progettando un altro dettaglio delle Prove, che avrebbe permesso ai ragazzi dotati di quel chip di comunicare tra di loro. I primi due soggetti prescelti erano stati proprio Teresa e Thomas, accompagnati poi da Aris e una certa Rachel, ma dato che Teresa non era mai entrata nel Labirinto, avevano deciso di tagliare il collegamento ad entrambe le coppie. Ma ovviamente la W.I.C.K.E.D. non si era fermata davanti a questo inconveniente e aveva deciso di continuare a costruire questi chip ed inserirli nei Soggetti successivi, ovvero i bambini. 

Nonostante ciò fosse una cosa orribile e allo stesso tempo stupefacente, Teresa aveva trovato il modo di entrare nel sistema dei chip ed inserire un collegamento fondamentale: la ragazza aveva semplicemente utilizzato gli auricolari che ci eravamo portati dietro dal piano del Braccio Destro ed era riuscita a creare un collegamento tra questi e i chip. Infatti, nonostante avessi compreso solo il dieci percento delle parole che la ragazza mi aveva vomitato addosso durante una visita, avevo compreso che tramite questi chip ogni bambino sarebbe stato capace di comunicare con chiunque avesse indossato l'auricolare, con la conseguenza che chiunque si fosse perso, avrebbe potuto comunicare la sua posizione e di conseguenza essere trovato in poco tempo.

Era incredibile come la ragazza fosse riuscita a creare un oggetto del genere con dei semplici auricolari e per di più lavorando da sola, senza l'aiuto di nessuno. In realtà Jorge e Brenda avevano provato più volte ad offrirle il loro aiuto, ma la ragazza aveva sempre rifiutato. Da come avevo potuto capire Teresa stentava a fidarsi di loro e per questo, nel profondo del mio animo, la stimavo.

Violet, invece, era quella che mi era stata più vicina ultimamente. Qualche giorno dopo il mio trasferimento nella casa era venuta a scusarsi per non essersi fatta viva prima e aveva promesso che si sarebbe fatta perdonare. Inutile dire che mi pentii di non averle creduto sulla parola, quando compresi che la ragazza avrebbe animato tutte le mie giornate, o almeno la maggior parte di esse. Infatti spesso veniva a trovarmi e si offriva di aiutarmi a studiare, interessandosi sinceramente a tutte le scartoffie con cui ogni giorno avevo a che fare. Ogni tanto veniva anche lei nel bosco con me, Stephen e Matthew, ma ciò capitava più di rado dato che spesso si ritirava per andare a passare del tempo con Minho. La ragazza mi aveva confidato che, oltre al piacere di venirmi a trovare, aveva deciso di aiutarmi con lo studio anche perchè aspirava anche lei a diventare un'Esploratrice per stare di più vicino al suo ragazzo.

I due si erano affiatati parecchi nell'ultimo periodo e una cosa che mi rassicurava era sapere che nemmeno Violet sapeva del litigio tra il suo ragazzo e Thomas – o almeno così mi aveva confessato. Eppure, nonostante la ragazza non fosse al corrente della storia, era sempre stata il più vicina possibile al Velocista, supportandolo e coccolandolo ogni volta che lui era giù di morale.

Violet e Minho formavano una bella coppia e da una parte li invidiavo. Li invidiavo perchè ero consapevole che loro avessero ancora la propria anima gemella al loro fianco, mentre la mia era dispersa chissà dove.

Perfino Thomas e Teresa si erano avvicinati con una velocità sorprendente. Forse Teresa aveva iniziato a raccontare al ragazzo dei suoi ricordi e lui aveva percepito in essi una leggera familiarità o comunque la sincerità e l'amore nelle parole della ragazza.

Ciò ovviamente non era piaciuto a Brenda che, da come Teresa mi aveva riferito, cercava sempre un modo per stare sola con Thomas o per mettersi nel mezzo delle questioni che riguardavano solo il ragazzo e Teresa. La cosa era alquanto fastidiosa per entrambi, ma nonostante il ragazzo facesse di tutto per far capire a Brenda che per lei provava solo amicizia e niente più, la ragazza continuava a chiedere attenzioni, risultando spesso esagerata e ingombrante.

A parte tutto questo, non era successo gran che nel villaggio e la cosa mi faceva comprendere che forse eravamo ormai veramente al sicuro dato che, se la W.I.C.K.E.D. – o quello che ne era rimasto – avesse voluto attaccare, non lo avrebbe fatto di certo dopo due mesi abbondanti passati in quel posto.

Tutto sembrava girare per il verso giusto e finalmente potevo dirmi tranquilla. Perfino il mio stato fisico stava migliorando di gran lunga e potevo affermare ciò non solo in seguito alle parole rassicuranti di Matthew, ma anche da ciò che percepivo: la costante sensazione di dolore alla gamba stava lentamente scemando e la ferita da pugnale si era praticamente rimarginata, lasciando una cicatrice bianca e abbastanza spessa. 

Mi sentivo anche più carica di energie e forse tutto quello era dovuto al fatto che i pensieri negativi ultimamente non mi avevano più sfiorato. Certo, Newt continuava a mancarmi, ma vivevo nella speranza di diventare Esploratrice e trovare un modo per trovarlo. In più i miei amici facevano di tutto per non lasciarmi quasi mai sola e questo mi aiutava a tenere la mente impegnata, passando così la maggior parte delle mie giornate a sorridere.

Ma, ad essere sincera, le visite che attendevo con più impazienza erano quelle di Matthew. Infatti speravo che il dottore un giorno mi avrebbe portato la notizia della mia completa guarigione, con la conseguenza che sarei potuta tornare a camminare.

Dovetti aspettare quasi due mesi prima che questo mio desiderio si avverasse, ma quando accadde la mia felicità fu incontenibile.

 Il dottore mi tolse dalla gamba tutte le fasciature e le due assi di legno e, ignorando le mie esclamazioni senza senso dovute alla felicità, mi controllò con attenzione la gamba.
Lo sentii tastare, massaggiare, picchiettare e poi mi chiese di muovere la gamba. La mia gioia divenne ancora più incontenibile quando mi accorsi che effettivamente riuscivo a muovere la gamba, anche se con un po' di fatica. La sentivo debole e stanca, come se fosse rallentata e ogni impulso di movimento che partiva dal mio cervello arrivasse ai muscoli della gamba solo dopo cinque minuti. 

Matthew mi disse che quella sensazione di intorpidimento era del tutto normale e che per un periodo avrei dovuto fare allenamento, cercando di camminare lentamente, piegando la gamba e stendendola, nuotando nell'acqua e massaggiando i muscoli per riscaldarli.
Inoltre, come era solito fare Matthew, si raccomandò di non buttare troppo peso sulla gamba tutto in una volta e di recuperare tutte le funzioni in modo graduale. 

A tal proposito, per aiutarmi con tutti i movimenti, Matthew mi portò un bastone intagliato e ben levigato, spiegandomi che avrei dovuto appoggiarmi ad esso ogni volta per camminare, portandomelo sempre dietro se volevo essere più indipendente negli spostamenti.

Dopo avermi affidato il bastone, Matthew mi aiutò ad alzarmi e mi chiese di camminare.
Feci come richiesto e non appena appoggiai il piede di nuovo funzionante per terra, un leggero brivido mi percorse la gamba. Non era nè dolore nè fastidio, semplicemente il mio corpo stava reagendo in modo familiare con una superficie fredda che non percepiva da un po'.

Sorrisi felice di riuscire a stare di nuovo in piedi e mi appoggiai con entrambe le mani al bastone, tenendolo ben saldo e stando attenta a non sbilanciarmi. Mi sentivo un po' strana ad avere entrambi i piedi a terra e ad un certo punto capii che c'era qualcosa che non andava.

Forse era solo una sensazione dovuta al fatto che non appoggiavo entrambi i piedi a terra da molto, ma mi sentivo come se mi mancasse qualcosa.

"Ora prova a camminare." mi incitò Matthew, indicandomi la stanza. 
Annuii indecisa e, tornando immediatamente seria, mossi i primi passi all'avanti, sentendo i miei muscoli tremare.
Zoppicai.
Aggrottai le sopracciglia e mi rassicurai pensando che forse zoppicare era solo un effetto dovuto alla debolezza della mia gamba destra che l'altra cercava di compensare.

Riprovai e mossi altri passi.

Quando anche questa volta mi accorsi di zoppicare, mi preoccupai. Non potevo controllarlo e non era dovuto al fatto che una delle mie gambe fosse più debole, lo sentivo.

"Matt?" chiesi dubbiosa, voltandomi verso il medico che stava fissando i miei piedi.
"Potrebbe esserci una complicazione." mormorò tra sè e sè, probabilmente intuendo già ciò che avrei voluto chiedergli. "Stenditi, per favore."
Feci come mi chiese e trattenni il fiato quando lo vidi abbassare lo sguardo lungo le mie caviglie.
"Mh... Interessante." biascicò iniziando a tastare la gamba destra e poi quella sinistra.

"Cosa? Cosa è interessante?" lo incalzai, sentendo la preoccupazione montare in me.

"A volte," iniziò il medico. "quando si rompono alcune ossa, può capitare che non si riformino correttamente e che la gamba rotta possa allungarsi o accorciarsi. In questo caso la tua gamba destra si è accorciata, con la conseguenza che ogni volta che camminerai sarà inevitabile per te zoppicare."
Trattenni il fiato e sbattei più volte le palpebre. Zoppicare?
"Non preoccuparti, non comporterà alcun tipo di problema, devi solo farci l'abitudine." mi consolò Matthew osservando preoccupato il mio sguardo.

Strinsi la mascella e sentii una nube nera vorticare dentro il mio stomaco. Finsi un sorriso. "Sì, sì, certo." mormorai annuendo e fingendo di non sentire quella pessima sensazione nello stomaco. "Non è nulla di che."
Mi morsi la lingua e cercai di annegare il ricordo che la mia mente stava cercando di proiettarmi davanti agli occhi. 
Respira. Mi ordinai. E' solo un ricordo, non può farti male.
Perchè ogni volta che le cose sembravano andare per il meglio qualcosa mi obbligava a ripensare a lui? Prima la quiete che avrei voluto condividere con lui, poi il desiderio di rivedere il suo volto quando aprivo gli occhi e in quel momento anche la caratteristica dello zoppicare.

Perchè dovevano per forza esserci così tante analogie tra noi due?

Perchè non potevo semplicemente cambiare e provare ad essere felice per una volta?

Cosa avevo fatto di così male da meritarmi quel continuo dolore?

"Oh, Gally!" esclamò il dottore aprendo le braccia e dando al ragazzo una o due pacche sulla spalla. "Arrivi giusto in tempo!"

Sbattei le palpebre e lo scorrere dei ricordi davanti ai miei occhi si dissipò nell'aria. Presi un respiro e mi misi a sedere sul letto, osservando il ragazzo che era appena entrato e il suo stupore nel vedere la mia gamba finalmente libera da tutte quelle bende e dalle assi.

"La sua gamba è finalmente guarita, ma..." il dottore si fermò e mi lanciò uno sguardo preoccupato. "Be' avrai modo di constatarlo tu stesso." si limitò a dire, forse per paura che ripetere il fatto che ora zoppicassi potesse creare in me nuovo turbamento. "Vi lascio soli, a dopo!"

Accennai un sorriso per salutare il medico e poi lanciai uno sguardo a Gally che mi osservò con occhi luccicanti di gioia come se fossi un'opera d'arte. "Quindi puoi camminare ora?" domandò entusiasta avvicinandosi a me.
Gli sorrisi incoraggiante e annuii, cercando di alzarmi in piedi di fronte a lui. Non appena fummo alla stessa altezza il ragazzo iniziò a ridere felice e mi abbracciò, indietreggiando poi di un passo e iniziando a girare su se stesso, causandomi una risata spontanea. Mi tenni salda al suo collo fino a quando il ragazzo non mi riappoggiò a terra, prendendomi le spalle e continuando a ridere.

"Quindi vorrà dire che puoi finalmente insegnarmi a nuotare?" domandò poi aprendo ancora di più gli occhi.
"Be' suppongo di sì." acconsentii facendo spallucce.
"Grandioso!" esclamò lui battendo le mani e strofinandole velocemente. "Iniziamo da subito?" domandò cogliendomi alla sprovvista.
"Non devi lavorare?"
"Oh, al diavolo il lavoro!" borbottò il ragazzo prendendomi per mano e tirandomi delicatamente verso la porta.
"Aspetta!" esclamai, affrettandomi poi a raggiungere il bastone e portandolo con me. Gally osservò l'oggetto per qualche secondo, poi sorrise e mi confidò di essere stato lui a crearlo per me.

Il ragazzo mi porse di nuovo la mano e sorridendomi mi fece segno di uscire da quella stanza.
Ricambiai quello sguardo spensierato e accettai il suo aiuto, appoggiando delicatamente il mio palmo al suo. 
Gally mi condusse all'aperto e la sensazione di prigionia che avevo percepito in quelle lunghe e interminabili settimane mi abbandonò all'istante.
Fui totalmente felice di abbandonare anche i pensieri negativi per trovare nuovamente la tranquillità e godermela con il mio migliore amico.

   
 
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