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Autore: Jeo 95    31/05/2017    3 recensioni
[Saga del Filo Rosso; Storia 1- Destino Maledetto]
***
La leggenda del Filo Rosso del Destino è una romantica leggenda che racconta di come al mondo, per ogni persona, ve ne sia una predestinata, la cosiddetta Anima Gemella.
Eppure non è l'unico Destino che il Filo Rosso può creare. Ve ne è uno più cupo, crudele, che da secoli colpisce determinate persone, accomunate tutte da particolare accessori.
Lo sanno bene Tikki e gli altri Kwamii, o almeno dovrebbero, poichè quello stesso destino sta per bussare alla porta dei loro Prescelti, ancora una volta.
Memorie perdute, passati remoti, mentre le vecchie e le nuove generazioni di Eroi si incontrano, Marinette dovrà trovare il modo di sfuggire ad un fato che non desidera.
Perchè lei è Ladybug, ed il suo destino è scritto col sangue.
***
Spero che vi incuriosisca almeno un po? :3 non so quante saghe saranno, dipenderà dall'audience xD
Bacioni e ringraziamenti a chiunque mi seguirà
Jeo 95 =3 (o ArhiShay)
p.s. La storia verrà aggiornata ogni Mercoledì u.u
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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N.d.A- Come preannunciato, la storia verrà aggiornata ogni mercoledì, e se Dio vuole riuscirò a mantenere questa scaletta in maniera costante.
Abbiamo il secondo capitolo, e vi consiglierei si tenere d'occhio sia la prima che l'ultima parte (non che quella di mezzo lo sia di meno, ma le altre due lo sono di più) sarebbe presto per teorizzare, ma spero che anche questo secondo capitolo vi intrighi come il primo xD
Se vedere errori di sorta vi prego di farmelo sapere, in quanto non ho avuto tempo di ricontrollarlo più di una volta >-< chiedo venia.
Un bacione a tutti e alla prossima!


Jeo 95 =3 (o ArhiShay)

 

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Fil Rouge


Livre 1

~ Destin Maudit~

 

 

C'era silenzio nella villa degli Agreste.

Entrò senza troppe difficoltà all'interno della villa, furtiva e silenziosa come un'ombra, cauta a non lasciare alcuna traccia della sua visita all'abitazione di quella notte. Ghignò.

Gabriel Agreste non doveva avere chissà quali buoni sistemi d'allarme impiantati nell'enorme maniero. Aveva creduto che sarebbe stato più difficile, evidentemente si sbagliava.

Poi ci ripensò. Non erano gli allarmi ad avere dei difetti, semplicemente era lei ad essere troppo abile. Dopotutto era un'ombra, e quello che le ombre fanno meglio e scivolare silenziose nell'oscurità.

Non fu difficile raggiungere l'enorme sala da pranzo. Dopo la hall d'ingresso, sulla sinistra, agile ed invisibile. Il quadro di Julie Agreste dominava l'intera stanza, col suo color oro brillante rischiarato dal candore della luna, nel perfetto stile delle opere che Gustav Climbt dipingeva alla sua epoca.

Attraversò la stanza con agili balzi, evitando quei fastidiosi raggi di sicurezza che al solo sfiorarli avrebbero dato il via ad una moltitudine di suoni d'allarme che in poco avrebbero svegliato gli abitanti della casa. E l'ombra non voleva questo.

A lei non servivano altro che i suoi occhi per vedere nel buio, oltre l'invisibile fascio di raggi, perché il suo signore le aveva conferito la capacità di vedere. E per il suo signore avrebbe preso l'oggetto che tanto desiderava.

Si fermò a pochi passi dal quadro, mirandolo nella sua integrale bellezza. Julie Agreste era stata una donna bellissima. I capelli biondi come l'oro, gli occhi azzurri più limpidi dell'acqua, il sorriso gentile, di chi ha avuto un cuore grande da donare al mondo. Ora di lei non restava altro che l'ombra evanescente di un fantasma scomparso da tempo, perfino nei ricordi dei suoi cari di lei ormai restava poco.

Patetica, si ritrovò a pensare l'ombra. Quella donna che aveva avuto tutto, che ancora potrebbe avere qualunque cosa desiderasse, si era lasciata strappare alla vita ancor prima di poterla vivere davvero.

A lei non era stato concesso quell'onore. Nata dalle tenebre, destinata a vivere nell'oscurità per sempre. Se il suo padrone non l'avesse salvata, probabilmente ancora starebbe annegando in quel mare oscuro che più volte l'aveva trascinata a fondo.

Spostò il quadro con attenzione, sempre attenta a non far rumore, a non attivare il sistema di sicurezza mentre spostava il grosso dipinto, quel che bastava per raggiungere la cassaforte che vi era nascosta sotto. Fu semplice perfino scassinarla.

Sbuffò. Gabriel Agreste doveva essere uno sbruffone, oppure uno a cui non importa poi così tanto dei propri averi. Era stato fin troppo facile violare la sicurezza della sua dimora.

All'interno della cassaforte non vi erano molte cose: un libro descrittivo sul Tibet, un biglietto per il suddetto stato, una foto di Julie Agreste ed una spilla blu, simile alle piume di un pavone. Fu quest'ultimo che fece luccicare lo sguardo dell'ombra.

Finalmente l'aveva trovato. Senza troppe esitazioni lo prese e lo nascose, gioiosa di poter rallegrare il padrone con una buona notizia. Non se ne andò.

Rimase ad osservare il libro ed il biglietto per momenti interminabili. Tibet. Perché proprio per il Tibet? E perché chiudere in cassaforte quegli oggetti?

Per un attimo, temette che Gabriel Agreste sapesse. Ma non era certo possibile che avesse scoperto qualcosa, dopotutto lui era un semplice umano, nulla di quella faccenda avrebbe dovuto interessarlo più del dovuto. Probabilmente era soltanto una coincidenza.

Eppure, mentre si girava per imboccare l'uscita e tornare dal suo padrone, qualcosa le diceva che non fosse una mera casualità, che quell'uomo nascondeva qualcosa di più grande, che anche lui sapesse.

Forse Ladybug e Chat Noir non erano gli unici ostacoli di cui doversi preoccupare.



 

Plagg si era svegliato stanco quel giorno. Nulla di nuovo dal punto di vista di Adrien, che considerava il Kwamii nero la creatura più pigra dell'universo.

Eppure, per quanto incredibile potesse apparire agli occhi di chiunque, perfino il giovane modello si era accorto dell'insolita stanchezza che aleggiava sul partner.

«Sei sicuro di star bene?» era preoccupato.

«Ho sonno. Lasciami a casa.» ovviamente non poteva esaudire questa sua richiesta. E se un Akuma avesse attaccato mentre era a scuola? Doveva essere pronto a supportare la sua Lady in qualsiasi momento.

Adrien conosceva un unico modo per smuovere il suo Kwamii, ed anche se quella soluzione avrebbe portato la sua camera a puzzare più di una cantina, avrebbe fatto questo ed altro pur di non mancare ad un incontro con Ladybug.

«Che ne dici se ti faccio portare un'intera forma di camembert.»

Plagg si paralizzò. Non aveva voglia di alzarsi, accompagnare Adrien a scuola ed eventualmente affrontare qualche Akuma che sicuramente avrebbe minacciato la sicurezza di Parigi. Era stanco, durante la notte era successo qualcosa che non capitava da molti anni ormai, che lo aveva spossato quasi come fosse stato lui il protagonista della vicenda: aveva sognato. E per un Kwamii, sognare non era mai un segno positivo.

L'ultima volta era stato con il precedente Chat Noir, il giorno prima della battaglia che aveva posto fine ad un'altra generazione di eroi. Plagg dopotutto era il Kwamii della sfortuna, perfino i suoi sogni erano presagi nefasti, il più della volte.

Per questo avrebbe preferito ignorare i continui richiami di Adrien, voltarsi dalla parte opposta e continuare il suo pisolino ristoratore in santa pace. Però una forma intera di camembert... si poteva davvero resistere ad un richiamo così dolce ed invitante? Plagg ci provo.

«Te ne offro due, intere

«Cosa stai aspettando? Muoviti pigrone!» in un attimo, il Kwamii era dentro la borsa, che spronava il proprio portatore a muovere le regali chiappette quanto più veloce potesse.

No, al richiamo di ben due forme di camembert non si poteva resistere.

Provò a non pensare al sogno, ad ignorare il fastidioso pizzicore alla bocca dello stomaco che continuava ad infastidirlo senza tregua. Si disse, alla fine, che era stato soltanto uno stupidissimo sogno senza alcun significato.

Mentre uscivano però, la sgradevole sensazione di pericolo non volle sapere di abbandonarlo, nemmeno pensando al delizioso formaggio che lo aspettava una volta rientrato.



 

Marinette era felice quel giorno.

Camminare fianco a fianco con Alya verso la scuola, chiacchierando e ridendo assieme, erano il genere di cose che adorava. Rendevano l'inizio della giornata luminoso e splendente, fortunato quasi.

Non capitava spesso purtroppo. Colpa della sveglia, del suo sonno fin troppo profondo, di qualche Akuma che nemmeno la mattina le dava tregua, riuscire ad essere puntuale per andare a scuola con la sua migliore amica era l'impresa più difficile che Marinette si fosse mai trovata ad affrontare. E detto da colei che vestiva i panni di Ladybug, rendeva il tutto alquanto ridicolo.

Cancellò l'aggettivo fortunata dalla propria mente, perché nonostante fosse la portatrice del Miraculous della fortuna, Marinette si considerava la ragazza più goffa e sfortunata di Parigi, forse della Terra intera. Se avesse pensato un secondo di più alla fortuna che aleggiava su di lei quel giorno, probabilmente un meteorite l'avrebbe colpita dritta in testa, spedendola in coma per cinquant'anni per poi svegliarsi e trovare il suo amato Adrien sposato con quella strega di Chloè.

Non poteva pensarci.

«Sai hanno aperto un nuovo locale non troppo lontano da scuola, ti va se...» Alya non concluse la frase.

Non fu un meteorite ad investire Marinette, ma fu doloroso comunque. Come al solito non aveva prestato attenzione alla strada, persa nelle sue fantasticherie apocalittiche e nei discorsi di Alya, per questo non aveva visto la ragazza venirle addosso.

Aveva tre cartelle tra le braccia che le impedivano la visuale, per cui nemmeno lei aveva visto Marinette arrivare. L'impatto era stato inevitabile, e sfortunatamente per Marinette, gli zaini caddero tutti su di lei.

«Oh cielo! Va tutto bene Marinette?!» Alya le fu subito accanto, per sincerarsi delle sue condizioni fisiche. La sua amica cadeva spesso, ma non era altrettanto frequente che una pila di zaini le cadesse addosso.

«Un po' acciaccata ma sto bene.» Alya sospirò sollevata.

«M-Mi... d-dispiace... p-perdonami...» solo dal tono, si capiva che anche la ragazza causa dell'incidente era mortificata per quanto accaduto.

«Ah, non preoccuparti, anche io non guardavo...» Marinette si paralizzò nell'istante in cui i suoi occhi andarono a posarsi sulla ragazza che l'aveva urtata.

«I-Io... s-sono veramente... d-dispiaciuta...» balbettò ancora, raccogliendo con velocità gli zaini e rimettendosi in piedi. Guardò l'orologio, mentre due lunghe ciocche bionde le ricadevano ai lati, e sbiancò.

Si inchinò di nuovo, raccattò tutto ciò che aveva perso nello scontro e si scusò ancora.«S-Scusatemi ancora... s-sono in ritardo... a-addio!» e corse via, in direzione della loro scuola.

Marinette continuò a fissarla con la bocca spalancata, finché la lunga coda di capelli biondi e mossi non fu troppo lontana per vederla ancora ondeggiare ad ogni passo traballante ed insicuro compiuto dalla ragazza. Rimase immobile, ed Alya temette di averla persa per sempre.

«Terra chiama Marinette, Marinette sei tra noi??»

Passò più volte la mano sul viso dell'amica, che a bocca spalancata non dava segno di volersi riprendere. Finalmente il cervello di Marinette sembrò riattivarsi, e con fatica riuscì ad articolare qualche parola.

«Ma... Quella era...» Alya annuì.

«Si, in effetti ha stupito anche me.»

Marinette scattò in piedi e afferrò l'amica per le spalle, percuotendola avanti e indietro come se non capisse abbastanza la gravità della cosa.

«Alya ma non capisci?! Chloè Bourgeois si è appena scusata con me, capisci?! SCU-SA-TA!»

Alya si massaggiò un orecchio, assordata dall'urlo isterico dell'amica sconvolta.«L'ho vista Marinette, c'ero anch'io due secondi fa.»

«E allora perché sei così calma?! Non capisci cosa può significare questo?!»

La guardò con confusione, aspettando una risposta che sicuramente sarebbe sfociata in una delle deliranti teorie catastrofiche che erano solite popolare la mente dell'amica.

«Che sta preparando il più diabolico dei piani per farmi fuori! È la fine Alya! Se mi succede qualcosa, denuncia quella strega alla polizia, di sicuro è stata lei ad uccidermi per poi liberarsi del cadavere!»

Alya si mise a ridere, cercando di calmare l'amica e le sue folli fantasie mentali sui complotti terroristici che Chloè ordiva contro di lei. E per quanto potesse essere un'acida vipera senza cuore, dubitava che la viziata figlia del sindaco avrebbe avuto il coraggio di ucciderla sul serio con le proprie mani. Sporcarsi i vestiti di sangue e rischiare di rompersi un'unghia? Mai.

Marinette però non sembrava della stessa idea. Come poteva Alya non capire la gravità della situazione?! In quattordici, lunghissimi, anni che la conosceva, Chloè non si era mai scusata una sola volta. Specialmente non con lei.

Sospirando sconsolata, Marinette raccolse la cartella e continuò la sua camminata verso la scuola con il morale ormai distrutto, mentre la sua migliore amica provava in ogni modo a rincuorarla. Ma nulla sembrava funzionare.

E dire che si era svegliata bene quella mattina, tutto sembrava andarle bene, tanto che aveva quasi sperato fosse cominciato un giorno da poter definire fortunato. Evidentemente, aveva parlato troppo presto.

   
 
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